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Materiale per una storia dell'Arma

Ten. Col. Benedetto Parziale

RIVISTA DEI CARABINIERI REALI
Anno I - n. 1 - novembre-dicembre 1934

Visite di sorpresa e pratiche “emarginate”

Diamo con molto piacere ospitalità a questo brioso articolo del tenente colonnello Parziale. Come ben a proposito avvertiva pochi mesi or sono una rivista consorella, non è detto che una pubblicazione periodica, perché militare, debba aver solo scrittori gravi, metodici, compassati. È bene ne abbia anche di ardenti, di battaglieri, di spigliati. La frase arguta, la battuta polemica ravvivano l’interesse, fanno più piacevole la lettura, danno freschezza di vita all’argomento.
Sovente poi, come nel caso nostro, attraverso l’arguzia e la frase ironica fa capolino una lieve tonalità malinconica. È inevitabile che ciò avvenga perché, quando si è vissuti per tanti anni in un ambiente, si finisce per sentire che qualche cosa di esso resta pur sempre in noi, attraverso la trama sottile dei ricordi. Allora il tono leggero non si avverte più, l’ironia si attenua, lo scritto assume un alto valore educativo e fa pensare. L’autore ha raggiunto il suo scopo.
N. d. D.

«Castigat ridendo mores»

Leggevo l’altro giorno in una rivista francese, la «Revue de la gendarmerie» (fasc. 42) un interessante studio del comandante Bon sulle ispezioni che gli ufficiali della gendarmeria compiono alle dipendenti brigate. E la mia attenzione, in special modo, si soffermò su di un particolare veramente «spassoso» che richiamò alla mia memoria «usi e costumi» ormai sorpassati.
Vi fu un’epoca - così presso a poco scrive il comandante Bon - in cui divertenti complicità intervenivano, per annunziare al personale delle brigate l’ispezione dell’ufficiale.
La signorina del telegrafo avvertiva i componenti della stazione dell’arrivo di due colli se si trattava del tenente, di quattro se del capitano, ed il postiglione della diligenza, il viaggiatore di commercio, il ciclista non mancavano di accelerare l’andatura per raggiungere al più presto la caserma, quando sulla strada era apparso l’ufficiale.
Ho sempre creduto che un tale sistema informativo fosse stato una prerogativa di pura marca italiana, e confesso che, nel leggere quelle parole, ho sorriso di compiacenza, ho sorriso per ...le vecchie usanze dei nostri fratelli latini, ho sorriso per i nostri... sistemi di un tempo che, pur senza trovare conforto in una norma regolamentare, ammonivano, specie ai giovani ufficiali - così, mi dicevano quelli più vecchi di me, che ero alle prime armi -: la visita alle stazioni deve essere come un fulmine a ciel sereno.

Ed infatti gli effetti e le conseguenze erano proprio quelle di una improvvisa e fragorosa scarica elettrica in una giornata limpida ed infocata di luglio! Subitaneo sbattimento di porte, corse all’impazzata per le scale, per le camerate, capovolgimento di sedie, ma unica era la mèta di tutti: dal comandante alla vecchia domestica, raggiungere al più presto ...il posto di combattimento... per i tardivi ripari, quasi sempre, però, inutili ed inefficaci. Ed allora la tonante voce dell’ufficiale «fermi tutti» echeggiava per le fredde e squallide camerate e, sovrastando ogni altro fragore, si ripercuoteva sulle anime di quei due o tre militari presenti che, senza un perché preciso, ma con la netta sensazione della vicina bufera, si irrigidivano nella posizione di attenti, in attesa della scrosciante grandinata! Questa, il più delle volte, non veniva, ma non importa, l’ufficiale era riuscito a giungere all’improvviso, inaspettato e, perciò poteva sentirsi soddisfatto della sua abilità! Non dico, poi, quello che succedeva quando l’ufficiale riusciva a penetrare nella caserma per la porta secondaria, lasciata malauguratamente aperta dalla domestica, indebita custode della seconda chiave, o quando, addirittura, entrava nelle camerate attraverso il balcone, raggiunto mediante la scala a pioli abbandonata - poca accortezza, anche questa, del comandante della stazione - nelle immediate adiacenze della caserma!

Napoleone, forse, dopo una vittoria, non era così felice come quell’ufficiale acrobata. Egli poteva, a ragione, dichiararsi il salvatore... della Patria. Per la verità e soprattutto, per fortuna, furono pochissimi i salvatori... di tanto calibro, ma, purtroppo, bastarono quei pochi a dar vita ad una ridda di leggende e di fantasticherie che, dilagando da stazione a stazione, contribuirono a formare, nei nostri carabinieri, uno stato di ansietà e di trepidazione, nell’attesa della visita del superiore.
Questi furono, innanzi tutto, i risultati del sistema! Ma, come in ogni epoca, il pericolo, anche allora, aguzzava le intelligenze, e così anche presso di noi, come già presso i nostri colleghi francesi, una fitta rete informativa, invisibile, impalpabile, che aveva le sue maglie agganciate ad ogni angolo di strada, ad ogni cascinale di campagna, ad ogni innocuo viandante, riusciva a rendere quasi sempre - come la signorina francese del telegrafo - del tutto nulli gli effetti della sorpresa.
Ed a proposito di simili collegamenti, mi ritorna alla mente la collaborazione prestata da un volenteroso capo stazione di una di quelle linee ferroviarie... di cartone - di felice memoria - il quale faceva dare, dal macchinista dell’ansimante locomotiva, tre prolungati fischi, per annunziare al comandante della brigata... il pericolo imminente! Anche, però, se la sorpresa, riusciva del tutto, quasi mai giovava per far mettere le... cose a posto; l’occhio.... clinico dell’ufficiale subito comprendeva, nonostante gli affrettati rimedi, se la stazione effettivamente funzionava, se il servizio era eseguito e con quali risultati, se l’ordine interno era curato, se l’uniforme era in ordine, se il comandante della stazione rispondeva alla fiducia in lui riposta anche se, nell’imminenza della sovrastante tempesta, addensatasi tutto d’un colpo sul suo capo, aveva affrettatamente apportato al brogliaccio, suo implacabile accusatore, modificazioni al servizio di pattuglia, che ancora si indugiava sotto le coltri bucherellate e mai sostituite dall’ostinato fornitore del casermaggio! Ed allora perché ammantare di tanto mistero una delle operazioni più importanti e anche più elevate dell’ufficiale? Perché arrampicate per i balconi e per le finestre, perché travestimenti, se era, per altro facile, ad un occhio esperto, conseguire gli stessi risultati? Col deprecato sistema, i risultati - anzi - non erano uguali, ma notevolmente meno brillanti. Oggi l’ufficiale non più avanza... verso la stazione, come contro un baluardo da espugnare.

Egli sa, invece, di andare incontro a suoi fedeli ed affezionati collaboratori che prestano con amore e con zelo, la loro opera, di giorno e di notte, sempre e dovunque superando sacrifici e pericoli. Egli sa che è atteso con gioia, perché sa che è ben voluto, perché egli è l’animatore e l’educatore. Egli sa accostarsi all’animo semplice dei carabinieri, confortarli, animarli, lodarli, comprenderne le necessità, i desideri, parlare al loro cuore prima che alla loro mente. Non udrà più sbatacchiamenti di porte, non provocherà corse folli per la caserma, in cerca di un qualsiasi rifugio, ma vedrà brillare negli occhi dei suoi uomini quel lampo di commossa gioia, più eloquente di qualsiasi parola che è al tempo stesso assicurazione e promessa.
D’altra parte tante e tante piccole cose, talvolta insignificanti, parlano all’ufficiale del funzionamento della stazione: un semplice particolare è sufficiente a dimostrare l’interessamento del comandante della stazione nel disimpegno di tutti i suoi compiti. Un ufficiale dei nostri, che oggi riveste un alto grado, uno dei più brillanti e provetti nostri comandanti, dalla mente fervida ed effervescente e dal cuore d’oro... per rendersi subito conto dell’interessamento che il comandante della stazione riponeva verso i dipendenti, si limitava a domandargli, appena gli si presentava, che cosa aveva stabilito che, quel giorno, mangiassero i suoi carabinieri! Questa domanda semplice e naturale, talvolta produceva effetti disastrosi! Sudore freddo, pallore improvviso, balbettamenti: il «menu» improvvisato, che aveva talvolta addirittura del fantasioso, era, poi immediatamente smentito dal carabiniere di spesa, il quale, quel giorno si era limitato - ben lungi dall’appetitosa bistecca - ad acquistare l’umile e modesto baccalà! Dimostrazione inequivocabile: quel comandante di stazione trascurava uno dei suoi principali doveri; il vitto dei suoi dipendenti. E per giungere a tutto questo non c’era stato bisogno del fischio della locomotiva, del solerte viandante, della signorina del telegrafo.

Ma poi, poi, per la scappatella c’è sempre... la forza del destino! Ci sono il podestà, il segretario comunale, il farmacista, il parroco (vigile custode della moralità) e qualche indiscrezione è sempre facile cogliere nei loro discorsi. Una sola parolina, un semplice colpo di tosse, un’occhiatina significativa, una domanda senza risposta, danno subito la sensazione precisa che qualche cosa non va... ed allora, è sufficiente questo semplice indizio per poter chiarire, sempre tra le mura della caserma, in famiglia, ogni cosa e per poter provvedere se occorre.
Provvedere... altra parola terribile che una volta faceva tremare le vene ed i polsi! Dare inizio ad una pratica disciplinare? Ma non era meglio uno di quegli incidenti di strada che tolgono il malcapitato per alcuni giorni dalla circolazione? Quanta trepidazione, quante ansie, quante notti insonni, quante... acrobazie, qualche volta mentali, per inquadrare con i più minuziosi particolari le responsabilità del manchevole e, quelle riflesse, dei superiori, che difficilmente, anzi quasi mai riuscivano a salvarsi dalla lunga sfilza di tambureggianti e talora inconcepibili ed inverosimili chiarimenti. Tempi passati, se pur di tanto in tanto qualche... temporeggiatore, ancora ligio all’antico sistema, nonostante le chiare, precise e ripetutissime disposizioni dei comandi superiori, ritorna a... riprendere l’offensiva e a riaprire il fuoco martellante delle chiarificazioni, nella ricerca affannosa delle minuzie e dei più ascosi moventi intenzionali.

Non potrò mai dimenticare quando, giovane ed inesperto, andai ad assumere, per la prima volta, il comando di una compagnia; trovai il mio predecessore, una di quelle brave persone, anziane, che avevano raggiunto, per merito della guerra, il grado di capitano, quasi sepolto da una miriade di fogliettini spiegazzati, che, sdraiato sull’unico divano duro come una pietra, continuava a metter fuori dalle tasche dei pantaloni e della giubba! Sono rovinato - mi disse, senza nemmeno salutarmi - un carabiniere della principale l’ha fatta grossa! Ed, intanto, continuava la... pesca miracolosa, mentre stille di sudore gli imperlavano la fronte! Ed eravamo in pieno dicembre, su, nella parte più settentrionale dell’Italia! Non osai, giovane ed inesperto, profferire parola, ma gli occhi miei avevano dovuto, meravigliati, domandar qualche cosa, ed allora in uno slancio di confidenza mi gridò «Queste sono motivazioni di mancanze», già approvate, e che ho racimolate e custodite durante tutta la mia vita! Sono il mio vangelo: ed io le adatto ogni volta al mio caso, così, capisci - continuava - riesco a mettere su la «dizione che mi evita la richiesta della pratica in comunicazione!».
Così parlò... guardandomi con gli occhi luccicanti, e con un nodo di pianto nella strozza! Durante tutto l’espletamento di quella pratica disciplinare... le attività dell’ufficio sono, nel vero senso della parola, completamente paralizzate. Nessuno, durante quei giorni, violò quella soglia, e tutti, cercando di non distrarre e disturbare il compilatore del rapporto, silenziosi, quasi fosse un lutto comune, portarono in giro la loro malinconia!
Anche io ne fui impressionato, pensando a quello che avrebbe dovuto essere la mia vita di comandante di compagnia, e dovetti faticare molto, specie nei primi giorni, per allontanare da me quella tristissima visione che appariva ogni volta che la posta in arrivo mi portava la richiesta della «pratica in comunicazione ».

Sono così giunto alla fine, ma prima di prendere commiato dai miei cortesi lettori è doverosa da parte mia anche una parola di serena riabilitazione di questi idolatri della forma, della pratica a posto. Perché, dopo tutto, pur nella loro rigida intransigenza, quei superiori furono degli onesti, dei galantuomini e ad essi l’Arma molto deve se ha potuto conservare integro quello spirito austero di disciplina, quel forte sentimento del dovere che ne costituiscono ancora oggi il vanto migliore.
La strada che ora si apre dinanzi ai giovani è alquanto diversa dalla nostra perché sono cambiati i tempi e gli eventi; essi sapranno certo percorrerla con animo nuovo e trovare in se stessi insperate energie, sospingendo innanzi, fiduciosi, anche quei pochi che credessero di potersi attardare e rivolgere indietro. È giusto sia così per il continuo rinnovarsi della vita. Ma a noi non più giovani, e che già vediamo profilarsi dinanzi il termine di una laboriosa giornata, a noi sia lecito un momento di sosta e di commozione perché, dopo tutto, a quegli uomini sono legati lontani, indimenticabili ricordi, e richiamare le loro figure vuol dire ridare a noi stessi la dolce illusione della gioventù.