7. Le Nazioni Unite e l'evoluzione del Diritto Umanitario

Il percorso logico sin qui tracciato impone tuttavia di fare un passo indietro, nella successione temporale degli eventi, soffermandosi su alcuni momenti che rappresentano importanti punti di riferimento per l’evoluzione del diritto internazionale.
In primo luogo, il 26 giugno 1945 a San Francisco veniva sottoscritta la Carta delle Nazioni Unite ove venivano formalmente dichiarati i fini istituzionali dell’ONU di “mantenere la pace e la sicurezza internazionale” nonché di “promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”; si andava così delineando quel sistema di sicurezza collettiva - incentrato sulle misure del Consiglio di Sicurezza previste dai Capi VI,VII e VIII della Carta- che rappresenta il cardine delle relazioni internazionali del secondo dopoguerra ed il principio-guida dei poteri d’intervento della comunità internazionale nella risoluzione delle controversie fra Stati e interne agli Stati(60).

Fu proprio in seno alle Nazioni Unite che venne costituita la International Law Commission, un gruppo di 34 esperti di diritto internazionale eletti dall’Assemblea Generale con il mandato di promuovere il progressivo sviluppo del diritto internazionale e della sua codificazione. Ed in effetti, in ottemperanza alla Risoluzione n.177 del 21 novembre 1947, la stessa Commissione giunse a statuire come principi generali di diritto internazionale quelli definiti nello Statuto e nelle sentenze del Tribunale di Norimberga, circostanza che dunque mirava a superare, almeno nelle intenzioni, le riserve sui limiti giurisdizionali di quell’organismo; tale conclusione fu peraltro recepita dall’Assemblea Generale che adottò una specifica risoluzione il 29 luglio 1950(61). Sempre al periodo dell’esordio delle Nazioni Unite si deve l’approvazione della Convenzione sulla Prevenzione e la Punizione del Crimine di Genocidio del 9 dicembre 1948(62), nella quale si prevede - all’art.6- che i responsabili di genocidio debbano essere processati dai tribunali dello Stato nel cui territorio l’atto sia stato commesso “o dal tribunale penale internazionale competente rispetto a quelle Parti contraenti che ne abbiano riconosciuto la giurisdizione”. E con l’adozione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 10 dicembre 1948(63), due giorni dopo l’Assemblea delle Nazioni Unite emanò la Risoluzione n. 260 (III) che conferiva alla Commissione per il Diritto Internazionale l’ulteriore mandato di studiare l’ipotesi di istituire una Corte Penale Internazionale, nella forma di una Camera penale dell’ Alta Corte di Giustizia, e di elaborare una codificazione delle violazioni contro la pace e la sicurezza.

Non meno significativa era stata, intanto, l’adozione delle quattro Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 che dovevano costituire il nucleo centrale del diritto internazionale umanitario(64) . Difatti, si può dire che finalmente viene definito il primo strumento di diritto convenzionale che affermi il principio e disciplini il meccanismo di repressione dei crimini di guerra: nell’introdurre la distinzione tra infrazioni ed infrazioni gravi (65), gli Stati contraenti venivano chiamati ad assumersi l’impegno di impedire e reprimere tutte le violazioni alle Convenzioni, ribadendo dunque il divieto di esonero delle responsabilità degli Stati; ma per le infrazioni gravi (in particolare, “gli atti commessi contro le persone protette che sono in potere del nemico: malati, prigionieri, naufraghi, civili dei territori occupati”(66)) sorgeva l’obbligo per gli Stati di configurare, nei rispettivi ordinamenti, specifiche fattispecie di reato(67) e, come tali, perseguibili con adeguate sanzioni penali sul piano della responsabilità penale individuale.

In particolare, secondo le Convenzioni di Ginevra, tutte le Parti contraenti - anche se Stati neutrali - hanno il dovere di ricercare e processare i colpevoli delle infrazioni gravi: viene dunque in rilievo formalmente un principio di universalità della giurisdizione «internazionalmente imposta»(68) secondo il brocardo aut dedere aut punire (ovvero, secondo altra formula “garantista”, aut dedere aut iudicare). Lo Stato in cui si trova il colpevole ha l’obbligo di processarlo, anche qualora non abbia un particolare titolo di giurisdizione rappresentato dalla connessione tra il crimine ed il suo ordinamento giuridico, che di norma sono individuati nel locus commissi delicti o nella nazionalità del reo e della vittima. Rimane dunque nella discrezionalità dello Stato in cui il colpevole si trova decidere se consegnarlo allo Stato che eventualmente lo richieda, vantando un particolare titolo di giurisdizione. La “consegna” deve però avvenire in conformità alla legislazione dello Stato in cui si trovano i responsabili e sempre che “la parte richiedente possa far valere contro dette persone prove sufficienti” (art.49 Conv. I). In proposito, è stato osservato come tali previsioni di fatto si siano rilevate non incisive per l’affermazione effettiva di una idea di giustizia non condizionata da elementi esterni, riconducibili anche alla particolare natura “politica” dei rapporti fra gli Stati. In fin dei conti, “ lo Stato in cui il reo si trova può rifiutare di processarlo per mancanza di prove. Nello stesso tempo può rifiutare di estradare il reo allo Stato che è in possesso delle prove, perché la propria legislazione non lo consente”(69). Si trattava dunque, anche in questo caso, di una fase embrionale del principio di giurisdizione universale, in cui però non va sminuito il valore delle Convenzioni di Ginevra; ad esse va riconosciuto, soprattutto se si considera il contesto storico ed internazionale in cui erano state originate, il senso grandemente innovativo delle previsioni: l’affermazione comunque formalmente sancita di un principio di responsabilità penale individuale per i crimini di guerra, imposto internazionalmente dal diritto convenzionale.

Nel frattempo, con non poche difficoltà i lavori delle Nazioni Unite(70) approdavano ad un progetto di uno Statuto del Tribunale Penale Internazionale(71) presentato nel 1951 dal Comitato Speciale sulla Giurisdizione Penale Internazionale, che però non trovò consensi, nell’impostazione tecnica e politica, da parte dell’Assemblea Generale. I tempi per un tale iniziativa non erano ancora maturi: anche i tentativi degli anni successivi (1953,1954) non ebbero esiti felici, e soltanto venti anni dopo l’Assemblea Generale, su approvazione unanime, adottò la Risoluzione n.3314 (XXIX) del 14 dicembre 1974 sulla definizione del crimine di aggressione, recependo finalmente i lavori conclusivi di un altro Comitato costituito ad hoc :«Aggressione è l’uso della forza armata da parte di uno Stato contro la sovranità e l’indipendenza politica di altro Stato o in qualsiasi altro modo in contrasto con la Carta delle Nazioni Unite »(72).

Ma il percorso principale verso la Corte Penale Internazionale era ancora molto lungo da compiere, nonostante il diritto internazionale comunque stesse segnando delle tappe importanti, con l’adozione di fondamentali strumenti di fonte convenzionale: la Convenzione del 1951 e il Protocollo del 1967 sullo status dei rifugiati, il Protocollo Addizionale alle Convenzione di Ginevra del 1953 e la Convenzione del 1956 per la soppressione della schiavitù, la Convenzione contro l’Apartheid del 1965, i Patti internazionali sui diritti civili e politici del 1966, i Protocolli Addizionali alle Convenzioni di Ginevra del 1977, la Convenzione contro la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti del 1984, la Convenzione contro la cattura di ostaggi del 1979, la Convenzione per la soppressione dei sequestri illegittimi di aeromobili del 1970, la Convenzione per la prevenzione e la repressione dei crimini commessi contro le persone internazionalmente protette, compresi gli agenti diplomatici del 1973(73).


(60) - Il tema è qui soltanto accennato, anche per la ricca bibliografia sull’argomento. In particolare cfr.: B.Conforti, Le Nazioni Unite, Padova, CEDAM, 1986; N. Bobbio, Le Nazioni Unite dopo quarant’anni (1985) in Il terzo assente, Milano Sonda, 1989; P. Picone (a cura di), Interventi delle Nazioni Unite e diritto internazionale, Padova, CEDAM, 1995; N. Ronzitti, Il sistema di sicurezza collettiva delle Nazioni Unite in Diritto Internazionale dei Conflitti Armati, Torino, Giappichelli, 1998.
(61) - UN, Doc. A/1316 (1950). Cfr.: Cherif Bassiouni, International criminal law convention. p. 210.
(62) - Posta all’esecuzione in Italia con l. 11 marzo 1952 n. 153 (G.U. n.74 del 27 marzo 1952), l. cost. 21 giugno 1967 n.1 e l. 9 ottobre 1967 n. 962. Cfr.: R. Luzzatto - F. Pocar, Codice di diritto internazionale pubblico, Torino, Giappichelli, 1998, p.153-502.
(63) - La Dichiarazione non è una vera e propria fonte di diritto convenzionale; tuttavia essa, essendo stata adottata con Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite n. 217/A(III), UN, Doc. A/810,71,1948, ha dato impulso ad una serie di convenzioni universali e trattati regionali vincolanti per gli Stati parte (es.: i Patti internazionali delle Nazioni Unite del 1966,etc.) cfr.: La tutela dei diritti dell’uomo in Il Diritto Internazionale Umanitario nel 50° Anniversario delle Convenzioni di Ginevra, in Rass. Arma dei Carabinieri, n. 4/1999 p.17; E. Fanelli, La protezione dei diritti umani a 50 anni dalla Dichiarazione universale, in Rass. Arma dei Carabinieri, n.4/1998. Più ampiamente sul tema: Cassese, I diritti umani nel mondo contemporaneo, cit. e Lattanzi, Garanzie dei diritti dell’uomo nel diritto internazionale generale, cit.
(64) - Cfr.: Il Diritto Internazionale Umanitario nel 50° Anniversario delle Convenzioni di Ginevra in Rassegna dell’Arma dei Carabinieri, n. 4/ott. –dic. 1999; N. Ronzitti, op. cit.
(65) - La distinzione - nota tra i principi generali del diritto umanitario - è evidenziata incisivamente in: G. Ferrari, Polizia Militare e Diritto dei conflitti armati in La Polizia Militare. Profili storici, giuridici e d’impiego, Suppl. al n. 2 della Rassegna dell’arma dei Carabinieri, Apr. Giu. 1993.
(66) - L’efficace sintesi della definizione è in N.Ronzitti, op. cit., p. 149. Nel dettaglio si cita ,ad es., l’art. 50 della Convenzione I, che individua tra le infrazioni gravi espressamente i seguenti atti di violenza commessi contro i feriti e i malati: omicidio intenzionale, tortura, trattamenti inumani, esperimenti biologici, il fatto di cagionare intenzionalmente grandi sofferenze o di attentare gravemente all’integrità fisica o alla salute, la distruzione e l’appropriazione di beni non giustificate da necessità militari e compiute in grande proporzione ricorrendo a mezzi illeciti ed arbitrari. L’art. 51 della Convenzione II prevede analoghe fattispecie se commesse a danno dei feriti e malati del mare, ovvero di naufraghi. L’art. 130 della Convenzione III, sulla tutela dei prigionieri di guerra, prevede in sostanza la stessa casistica, includendo anche la costrizione a prestare servizio nelle forze armate della Potenza nemica e la privazione del diritto ad essere giudicato regolarmente e imparzialmente. La Convenzione IV, sulla tutela della popolazione civile, all’art.147 ripete le precedenti previsioni, includendo come altre infrazioni gravi la deportazione e il trasferimento illegali, la detenzione illegale e la presa di ostaggi .
(67) - È di rilievo segnalare l’opinione di molti secondo cui il legislatore italiano anticipò la previsione del diritto internazionale introducendo, con il R.D. 20 febbraio 1941 n. 303, nel testo del Codice Penale Militare di Guerra il Titolo Quarto “Dei reati contro le leggi e gli usi della guerra”.
(68) - N. Ronzitti, op. cit., p.151.
(69) - Draper, The Geneva Conventions of 1949, RC, 1965.
(70) - Alla International Law Commission - verosimilmente per “frenare” l’iniziativa che ora si trovava in pieno periodo di Guerra Fredda - si erano aggiunti altri organismi, tra cui un Comitato per la Definizione del Crimine di Aggressione e un Comitato sulla Giurisdizione Penale Internazionale, costituiti da personalità di formazione politico-diplomatica piuttosto che giuridica; cfr.: Reale, op. cit., p. 81.
(71) - UN, Doc. A/2136 (1952).
(72) - UN, Doc. A/9946 (1974); cfr.: Reale, op. cit., p.82; Cherif Bassiouni, International Criminal Law Convention, p. 225.227.
(73) - Cfr.: Luzzatto-Pocar, Codice di diritto internazionale pubblico, cit.; per una disamina dell’iter evolutivo del diritto internazionale convenzionale, cfr.: Il Diritto Internazionale Umanitario nel 50° Anniversario delle Conv. di Ginevra, cit.