Il Moretto e il Biondin (Brigantini Subalpini)

La foto che permise al carabiniere Cappella di arrestare 'il Moretto'. Andato in licenza al suo paese Alpe (Pavia), il carabiniere credette di riconoscere in un vicino il temuto brigante 'Moretto', di cui nelle caserme circolava questa foto, che lo ritraeva insieme al suo compagno 'il Biondin'. Con due carabinieri, di cui uno in borghese, il Cappella si recò al cascinale dove 'il Moretto' stava sistemando paglia e fieno. Immobilizzato e interrogato, confessò dichiamarsi Luigi Fiandri e aggiunse con orgoglio di essere il famoso 'Moretto'. (Da ' L'Illustrazione Italiana ' dell'8 febbraio 1903)

Da qualche tempo a questa parte non c'è modo d'aprire un giornale politico senza ritrovarci, fra uno scandalo principesco e l'altro, parecchie righe, quando non son mezze colonne, dedicate a due fra le più volgari figure che mai abbiano occupato di sé il tempo dei giornalisti e la noia del pubblico: il Biondin e il Moretto.

Un anno e mezzo fa, nel Vercellese, un branco di tristi soggetti, di cui era capo il Biondin, aveva costituito, non ciò che fu detto una banda di briganti, ma una vera e propria associazione di ladri delle campagne. Vivevano a sé, oziosamente, ma quando l'occasione del furto si presentava, lavoravan di concerto e si dividevano il bottino: e rubavan di tutto senza guardar troppo pel sottile se davvero il bottino valesse il rischio dell'impresa; e così svaligiavano spacci di tabacchi e pollai, e rubavan nelle cascine quanto era a tiro di mano, dal lardo alle pezze di tela, dalle bottiglie alle calze faticosamente tessute dalle donne nelle sere d'inverno. Un bel giorno, in seguito appunto ad un furto di lardo e di calze, i carabinieri arrestano il Moretto (che si chiama di vero nome Luigi Fiandri) e un altro della banda. Sembrò che un po' di quiete venisse ai contadini da quell'arresto, ma per uno di quegli equivoci che sembrano solo degni dei romanzi d'appendice e che invece capitano qualche volta anche nella vita giudiziaria, quell'anima candida del Moretto che pur aveva tanti processi in contumacia da filare in prigione per dieci anni, viene rilasciato libero e inaspettatamente ridato alla compagnia degli amici.

L'accaduto non era tale da toglier loro l'agio e la volontà idi continuare in un sistema che dava così buona prova e ritrovava tanta compiacenza persino fra i giudici: la banda si riorganizzò e passò nel Novarese e nella Lomellina. E qui comincia il secondo periodo della sua storia: e la commedia pleblea assume atteggiamento di dramma.

Per evitare il pericolo d'un nuovo arresto i malandrini si provvedono di rivoltelle e si propongono di difendere ferocemente la loro invidiabile libertà. Già una volta a Carpignano Sesia, sorpresi di nottetempo dai carabinieri mentre svaligiavano una bottega, il Biondin aveva sparato contro a una guardia, ferendola, quando il triste episodio di Ferrera Erbognone pone un suggello di sangue e di morte sulle loro gesta e li consacra briganti nella credenza e nella fantasia popolare.

Il fatto è noto. Una notte della fine del settembre ultimo il carabiniere Capuani e la guardia campestre Baldi, avvisati della presenza dei due ladri, s'eran posti alla loro ritraccia, quando improvvisamente, di dietro a una siepe, due individui che essi avevan sorpresi, levano le lucide canne delle rivoltelle e al primo colpo li freddano. Da quell'ora comincia la caccia ai due assassini, la quale, pel Moretto, terminò col suo recente arresto ad Alpe e dura tuttavia infruttuosa e interminabile pel Biondin.

(Da "L'Illustrazione Italiana" dell'8 febbraio 1903)