Marcello Guarducci

Un fuoriclasse del nuoto sceso dalle montagne

Medagliere Per capire la popolarità di cui godette Marcello Guarducci occorre tornare indietro di venticinque anni. Il nuoto italiano non era quello dei Rosolino, dei Fioravanti, dei Rummolo, dei Brembilla. E neppure quello dei Lamberti e dei Sacchi. Oggi siamo la patria di grandi campioni, come è giusto per un Paese che si sporge sul Mediterraneo e ha un enorme sviluppo di coste. Ma i talenti non crescono in mare, si allevano in piscina. Un quarto di secolo fa le piscine erano molte meno di oggi; le madri non portavano i bambini a nuotare, fin da piccoli, perché fa bene alla spina dorsale e sviluppa tutti i muscoli giusti.

Venticinque anni fa i campioni erano merce rara. C'era stata una ventata di entusiasmo quando Novella Calligaris, una ragazza mingherlina e dolce, aveva stabilito il nuovo record del mondo negli 800 metri stile libero. Ma i maschi, niente: arrancavano nelle posizioni di retroguardia, non riuscivano neppure a entrare in finale nelle competizioni di alto livello.
Marcello GuarducciBisognava tornare indietro di quasi vent'anni per trovare due campioni veri: Paolo Pucci, un autentico fuoriclasse sulle distanze brevi, e Angelo Romani, forte nei 400 e negli 800 stile libero. Dopo di loro una immane tragedia aveva stroncato la nuova generazione di campioni: a Brema, negli anni Sessanta, in un incidente aereo, erano morti tutti i componenti della nazionale, facendo tornare nella memoria di tutti il rogo di Superga, con la fine del Grande Torino.

Nel 1972, finalmente, fece la sua comparsa sulla scena (indossando la maglia azzurra alle Olimpiadi di Monaco) un ragazzone biondo e longilineo, con gli occhi azzurri e un'aria garbata.
Veniva da Trento (dove era nato nel 1956). Un campione di nuoto che scendeva dalle montagne. Si stabilì presto a Roma, una città che offriva maggiori opportunità di allenarsi.
Guarducci con la tuta del Centro Sportivo Carabinieri dopo aver ricevuto un riconoscimento per la sua attività sportiva.I tecnici si resero subito conto che Marcello Guarducci aveva un talento superiore. Gli spettatori anche. Prometteva di colmare un vuoto durato troppo a lungo. Aveva tutte le doti giuste per rilanciare un settore depresso, come il nuoto di allora. L'aspetto fisico lo agevolava ulteriormente. Anche per questo divenne subito famoso. Lo invitavano in televisione, lo fotografavano sui settimanali, gli offrivano contratti pubblicitari, che era costretto a rifiutare perché (altri tempi) il dilettantismo non ammetteva deroghe.
Come atleta della Nazionale di nuoto (e atleta di punta) Guarducci guadagnava 50 mila lire al mese, una somma che non sarebbe stata sufficiente neppure per prendere in affitto un monolocale in periferia. Nel 1975 entrò nell'Arma. «Mi trovai benissimo», racconta oggi: «gli atleti militari erano privilegiati perché godevano di uno stipendio, a differenza di quelli tesserati con altre società sportive. Ma il servizio militare lo feci sul serio: i primi cinque mesi svolsi regolare servizio in caserma, e si era alla vigilia delle Olimpiadi di Montreal. Lavoravo e mi allenavo: era molto faticoso».

Il classo stile di Marcello Guarducci, con le braccia lunghissime a fendere l'acqua.Pochi mesi prima di entrare nell'Arma, Guarducci aveva stabilito il suo primo record italiano (ne avrebbe fissati altri quindici nel corso della sua carriera) e aveva vinto un meeting internazionale a Parigi. Era già qualcosa di più di una promessa. Due anni prima si era aggiudicato due medaglie d'oro (nei 100 e nei 200 stile libero) ai Giochi del Mediterraneo.
A Montreal entrò in finale sia nei 100 che nei 200, ma non riuscì a salire sul podio. E fu una mezza delusione, soprattutto per le speranze alimentate alla vigilia. La gara più corta merita di essere ricordata. Marcello fu svantaggiato dal fatto di aver ottenuto il secondo tempo assoluto nella semifinale. Questo risultato lo portò ad occupare la corsia 5, accanto a quella del superfavorito, l'americano Montgomery, che correva nella 4. Guarducci commise l'errore di tentare di stargli dietro: Montgomery stabilì il nuovo record del mondo, e Marcello pagò lo sforzo nella seconda vasca, finendo al quinto posto.
L'anno successivo - agli Europei, disputati a Jönköping, in Svezia - ottenne due medaglie di bronzo nelle gare individuali e l'argento nella staffetta 4x100. 20 giorni dopo (l8 settembre 1977, ai Campionati italiani di Chiavari) stabilì il nuovo record europeo nei 100 con il tempo di 51"25. Se solo avesse raggiunto il massimo della forma tre settimane prima...

Guarducci con due grandi campioni, Mark Spitz e Alberto Tomba, a Cortina all'inizio degli anni Novanta.Una carriera da autentico fuoriclasse. Con un solo neo: neppure una medaglia olimpica (la prima, per il nuoto italiano, l'avrebbe conquistata Battistelli a Seul, nel 1988). La grande occasione avrebbe potuto essere Mosca, nel 1980. Guarducci aveva allora 24 anni, l'età giusta, la maturità atletica e agonistica. Ma ci si mise di mezzo la politica. L'Unione Sovietica aveva invaso l'Afghanistan: gli Stati Uniti decisero di boicottare le Olimpiadi.
Il governo italiano si espresse nello stesso senso, ma il Coni ritenne comunque opportuno mandare una rappresentativa a Mosca. Furono tagliati fuori gli atleti militari - 44 in tutto - per i quali l'orientamento del governo fu (ovviamente) giudicato preminente. Soltanto uno, il judoka Ezio Gamba, prese parte ai Giochi conquistando l'oro, avendo ottenuto il congedo dall'Arma dei Carabinieri poche settimane prima. Per molti degli atleti militari fu un sacrificio grave: mesi e anni di preparazione e di allenamenti vanificati da un veto.

Marcello GuarducciGuarducci gareggiò per il Centro Sportivo dei Carabinieri dal 1975 al 1983, gli anni migliori della sua carriera agonistica. L'ultima sua presenza in Nazionale risale al 1987, in Coppa Europa. Due anni più tardi divenne un tecnico. Oggi dirige una scuola di nuoto a Roma, dove vive con la moglie Raffaella e il figlio Francesco, ed è titolare di un'agenzia che si occupa di pubbliche relazioni e ricerca di sponsor per manifestazioni sportive.
È rimasto un uomo di sport, anche se è molto critico riguardo a molti aspetti dell'agonismo esasperato dei giorni nostri. I primi sintomi di una degenerazione si intravedevano già venticinque anni fa. «C'erano campioni», ricorda Guarducci, «che si prendevano qualche vantaggio, che avrebbero poi pagato in termini di salute». In quegli anni esplose lo scandalo delle nuotatrici della Germania Est, cariche di ormoni maschili. C'era anche chi si aiutava con metodi ai confini del lecito, senza destare sospetti. Oggi i controlli sono molto più accurati, ma molti allenatori - con l'aiuto di medici e di chimici - si sono fatti enormemente più scaltri. Non era affatto facile, neppure allora, per chi restava pulito, conquistare medaglie olimpiche.

Guarducci sul podio dei Mondiali Militari del 1982.Era un personaggio, Guarducci. Che fosse un atleta vero gli si leggeva in faccia, quella faccia pulita da montanaro. L'uniforme gli andava a pennello (come a D'Inzeo o a Maffei, gli altri due campioni dell'Arma di quel periodo), simbolo di un'integrità umana e sportiva. Piaceva, ai tifosi, la scioltezza delle sue bracciate che solcavano l'acqua azzurra della piscina. Ma piaceva anche la scioltezza con la quale si esprimeva in televisione quando veniva intervistato, ospite d'onore in molti programmi. La sua timidezza appariva disarmante e limpida, la passione con la quale parlava dei risultati sportivi era lo specchio di un impegno forte.
I tifosi capivano che era un campione di cui era lecito fidarsi, che costruiva le sue vittorie e i suoi record con la fatica, senza ricorrere mai a trucchi o sotterfugi. Teneva più alle vittorie che ai record, consapevole che lo sport è soprattutto competizione con l'atleta che corre nella corsia accanto. Le vittorie, in uno sport duro e in continua evoluzione come il nuoto, restano; i primati sono destinati comunque ad essere cancellati. Anche se il progressivo superamento di limiti che apparivano invalicabili genera sospetti e discussioni. In venti anni o poco più, i velocisti hanno imparato a correre i duecento stile libero in dieci secondi in meno. Dieci secondi in meno sono troppi per legittimare raffronti fra il passato e il presente. È come tentare di mettere a confronto i tempi con i quali si correva una gara ciclistica cinquant'anni fa con quelli di oggi: le strade sono diverse, i mezzi meccanici sono diversi, la preparazione atletica, l'alimentazione, i metodi di allenamento sono diversi. Pensare che Fausto Coppi fosse meno forte di Pantani o di Armstrong è una bestemmia. E lo stesso vale per il nuoto. Guarducci era un campione negli anni Settanta. Rosolino è un campione oggi. Il primo non è migliore del secondo, e viceversa.