Anni Sessanta. A parte qualche caso isolato, la figura del carabiniere nei film realizzati negli anni Sessanta è abbondantemente secondaria ed in molti film appare solo in poche inquadrature, vedasi ad esempio tutti i carabinieri che assediano il paesino di Montelepre o che presidiano il gabbione in cui si trova Pisciotta insieme ai compagni briganti, in "Salvatore Giuliano" (1962); corposo ritratto del bandito nell'efficace regia di Francesco Rosi. Anche secondaria, seppur necessaria, la presenza di un generale e di un capitano dei carabinieri, impersonati rispettivamente da attori di carattere come Armando Furlai e Mario Milita presenti nelle scene iniziali del serio e serrato "Il processo di Verona" (1963) di Carlo Lizzani, che li mostra antifascisti, fedelissimi al Re, pronti ad obbedire quando si è deciso di sostituire il Duce con il generale Badoglio e che sorridono forzatamente annotando nella loro mente che "il fascismo è finito e che il saluto fascista sta per essere abolito".

Anche se pochi, i più importanti film degli anni Sessanta sono "Il Gobbo" (1960) di Lizzani, sulla tragica storia di un teppistello delle borgate romane cui un maresciallo dei carabinieri (Bernard Blier) dà la caccia, coadiuvato dalla polizia, per rimettere ordine nei quartieri depredati anche sanguinosamente.

Una inquadratura di "Salvatore Giuliano", regia di Francesco Rosi, 1962E' poi la volta di un altro film di Lizzani, sul versante semiserio di una commedia di costume, primo film in cui il termine carabiniere appare nei titoli. Si tratta di "Il carabiniere a cavallo" (196 1) in cui con misurata satira si narrano le disavventure di un giovane graduato (Nino Manfredi) alla ricerca spasmodica del proprio cavallo, rubato da alcuni zingari. Nella divisa di carabiniere non poteva certo mancare il re dei comici, Totò, che la indossa al posto del vero maresciallo (Vittorio De Sica) per nascondere la sua identità di ladro da strapazzo nel movimentato e grottesco "I due marescialli" diretto da Sergio Corbucci nel 1961. Ed è proprio la divisa, in cui si nasconde sotto mentite spoglie il ladro, che gli procurerà un sacco di noie (siamo all'alba dell'8 settembre) quando i tedeschi, sentendosi traditi, vorranno fare piazza pulita inviando ad esecuzione tutti gli uomini in divisa "militare". Il film è, comunque, in chiave brillante, si ride e non si offende alcuno. Ed ancora in chiave brillante e grottesca, è la figura del brigadiere dei carabinieri disegnata da un altro mattatore della commedia italiana, Alberto Sordi, che nel film "Il disco volante" (1964) conduce una indagine accurata sulla presenza, in un paesino del Veneto, dell'atterraggio di un disco volante.

Ma, a parte queste dissertazioni su film brillanti degli anni Sessanta, il film più serio, più importante e più robusto del decennio è fuor di dubbio "Il giorno della civetta" che Damiano Damiani trae nel 1968 dal romanzo omonimo di Leonardo Sciascia, aiutato nella sceneggiatura dalla penna di Ugo Pirro.

Riccardo Garrone in "Un killer per Sua Maestà", regia di Richard Owen,1968Un film decoroso, dignitoso, con bellissime pagine ambientali e con la figura del capitano dei carabinieri Bellodi (Franco Nero) in primo piano nella lotta contro l'omertà e le cosche mafiose pur fra difficoltà d'ogni genere che lo costringeranno a desistere. Un importante film d'impegno civile, con i carabinieri dediti al dovere e all'ordine sociale, pronti ad ogni intervento in nome della giustizia e della legge.

Un altro dramma sociale, attualissimo, nel 1969, è quello descritto, da un fatto vero, dal regista Gian Vittorio Baldi in "Fuoco", un film stile "cinema-verità" in cui un carabiniere (Giorgio Maulini) aiutato da suoi colleghi riesce ad arrestare un uomo che, improvvisamente, è uscito di senno, dopo aver sparato sulla statua della Vergine Maria durante una processione e ucciso la moglie mentre stava chiuso in casa.