Ulteriori impegni in Albania: professionalità - specializzazione.

Allied Harbour: l'Italia ne assume il Comando.
Durazzo, 1999: Nel campo italiano i Carabinieri dell'SMU-AFOR eseguono l'alzabandiera. Insieme al tricolore viene issato il vessillo della NATO.Nel febbraio-marzo del 1999 migliaia di kosovari si erano rifugiati in Macedonia, in Montenegro e in Albania per sfuggire alla dura repressione che nel loro territorio stavano attuando le forze della Repubblica Federale di Jugoslavia (Serbia e Montenegro). Per l'Albania il principale punto di ingresso era quello di Kukes, dove i profughi attendevano i soccorsi; ai primi di aprile ne erano stimati presenti 200.000, con un afflusso giornaliero di circa 35.000. Un ulteriore esodo di caratteristiche "bibliche" in una vasta area che, come si è visto, aveva già avuto dal 1991 problemi gravissimi di spostamenti di masse della popolazione civile, per guerre interetniche e interreligiose. Gli Stati che ricevevano questi profughi non erano assolutamente in grado di accoglierli, in quanto le loro capacità di ricezione erano enormemente al di sotto dei numeri effettivi.
Il Governo italiano, su base bilaterale, stava già assistendo il Governo albanese con personale e mezzi della Missione Arcobaleno (v. pag. 172), sotto l'egida della Presidenza del Consiglio. Il Consiglio Atlantico autorizzò in quel momento il Comandante Supremo delle Forze Alleate in Europa (Saceur, Supreme Allied Commander in Europe) a creare una Forza militare per compiti umanitari. Gli Stati membri della Nato, che avevano indicato al Saceur la loro volontà di partecipare, dovevano dare un contributo di unità nazionali alla Forza Nato già operante in Albania (Afor, Albania Force, lett.: Forza per l'Albania), di supporto alle autorità albanesi e alle organizzazioni internazionali impegnate con i rifugiati kosovari. Fu stabilito un Quartier Generale della Nato in Albania per le attività di coordinamento, per garantire la sicurezza del territorio nello svolgimento delle operazioni umanitarie e la libertà di movimento del contingente nazionale. Importante sottolineare che per questa missione le Forze della Nato non ebbero in alcun caso compiti di polizia civile.
In attesa che la Forza Nato si costituisse, il Governo italiano decise di inviare il contingente previsto, come ulteriore aiuto per le autorità albanesi; in seguito, per l'emergenza relativa ai profughi kosovari, le unità italiane si sarebbero integrate con quelle alleate nella Operazione Allied Harbour. Operativamente, l'Italia trasferì in Albania una Brigata di circa 1.800 unità e un Reparto della Msu (Multinational Specialized Unit, Unità Multinazionale Specializzata), per garantire l'assistenza umanitaria. Come sempre, un Nucleo Avanzato si trasferì a Tirana per avviare la composizione della Forza nei suoi aspetti principali, dalle date del dispiegamento alla necessaria logistica. L'invio della Forza fu coordinato dalla Nato. La Die (Delegazione Italiana di Esperti, v. pag. 173 e segg.), a Tirana, assicurò il coordinamento iniziale fra le organizzazioni umanitarie e la Nato, e contribuì all'organizzazione logistica relativa all'arrivo dei materiali in Albania. Le altre Forze Armate italiane partecipar ono per la parte di competenza nell'operazione umanitaria con la consueta professionalità.
Il Reparto Msu fu inserito nella Forza a guida Nato, con il compito di assistere le autorità albanesi nella deterrenza; ove possibile, limitare il contrabbando delle armi e svolgere attività di addestramento nei confronti delle Forze di Polizia. Suo compito principale sarebbe stato il controllo capillare del territorio per garantirne la sicurezza, in concorso con la Forza Nato.

Il simbolo di MSU per AFOR insieme a quello NATO. Felice sintesi di una complessa missione.Le prime 50 unità arrivarono in Albania il 15 marzo 1999; il 4 maggio tutto il contingente si era costituito. Insieme alla Msu arrivò un Plotone di 21 unità dell'Arma, per la Polizia Militare del Comando di Afor. L'Unità si articolò in tre componenti: una di comando, una di manovra e una operativa per il controllo del territorio. Il Modulo operativo era costituito da un Battaglione mobile, come struttura base dell'Unità Specializzata.
La Msu fu autosufficiente per quanto riguardava la mobilità, quindi utilizzò i propri mezzi, ma al di fuori di questo fu sollevata da ogni problema logistico, che venne assicurato dalla Brigata italiana che faceva parte della Forza. Il Comandante della Msu ebbe anche le funzioni di Consulente giuridico e di Comandante della Polizia Militare della Forza Nato.
I criteri di selezione per gli uomini da inviare previdero per i quadri ufficiali una priorità di scelta tra coloro che avevano già esperienza di missioni all'estero o di servizio presso la Nato e una buona conoscenza della lingua inglese. Fu stabilito che la Forza Nato, nell'Operazione Allied Harbour, avrebbe avuto solo compiti di aiuto e sostegno alle autorità albanesi per la stabilità del territorio, in relazione alle vicende dei rifugiati kosovari e del vicino Kosovo. La Forza operò sotto guida Nato con la leadership dell'Italia che ne assunse il Comando: schierò una Brigata su base "Taurinense" e un Reparto, 300 unità, del Battaglione "San Marco".
Afor risultò composta in totale da circa 8.000 uomini di 25 diverse nazionalità e fu organizzata nelle seguenti componenti: sette Task Forces (Squadre Speciali), una Task Force Aerea, una Forza di ospedale da campo, una Msu con sede a Durazzo. Di interesse per l'Italia ricordare che la Task Force Nord, sempre con sede a Durazzo, era agli ordini del Comandante della "Taurinense" (con 1.946 militari), con competenza sull'Albania centro-settentrionale e con il controllo tattico su un Battaglione austriaco, uno degli Emirati Arabi Uniti oltre che su altre unità minori.
La Msu svolse compiti di controllo specializzato del traffico; garantì in coordinazione con le locali autorità e l'Alto Commissario per i Rifugiati delle Nazioni Unite il mantenimento della sicurezza nelle aree di accoglienza dei profughi. Si occupò inoltre dell'attività informativa, con lo scopo di difendere il territorio posto sotto la responsabilità della Forza Nato. In sostanza, dovette assistere i profughi nel loro afflusso e proteggerne i movimenti e la permanenza.
Alla fine dell'aprile 1999 la Msu lasciò definitivamente l'Italia per l'Albania: era formata a livello di Battaglione, articolato come previsto in un Modulo comando, un Modulo di manovra e un Modulo operativo, composta da 217 unità, delle quali 102 provenienti dal 7° Battaglione "Trentino-Alto Adige". Le altre unità provenivano dai quadri territoriali. Era previsto l'impiego complessivo di 8 ufficiali e 40 marescialli provenienti anch'essi dalla organizzazione territoriale. Dovendo assicurare in proprio la mobilità, essa fu dotata complessivamente di 60 automezzi e mezzi speciali, con apparecchiature informatiche, radio e telefoni satellitari.
Il programma di addestramento di queste Unità Specializzate si è affinato ed è divenuto sempre più intenso: in una settimana, oltre alle nozioni di Diritto internazionale con particolare riferimento al settore umanitario, furono impartite lezioni sulle tecniche nella raccolta, analisi e valutazione delle informazioni, conferenze di approfondimento sull'Albania, con particolare riferimento agli aspetti politici, militari e sociali e alla presenza delle varie organizzazioni internazionali. Furono impartite lezioni anche sulle procedure Nato e furono fatte esercitazioni di tiro.
La Brigata italiana si schierò in Albania, con Comando a Durazzo, dove si stabilì anche il Comando Afor, per controllare le aree a rischio e garantirne la sicurezza e soprattutto per garantire l'arrivo, lo stoccaggio e la distribuzione degli aiuti umanitari. Tra i suoi molti compiti operativi e logistici vi furono anche l'attività sanitaria, la manutenzione delle infrastrutture e della rete viaria e la costruzione di campi profughi.