La presenza dei carabinieri in Turchia vista dal pittore Ireno Janni.Carossini lasciò la Gendarmeria ottomana non appena terminato il vero scopo della sua presenza in Anatolia. Nonostante i suoi particolari compiti e impegni in quella regione, riuscì comunque, come si è visto, a dare un contributo molto valido anche ai progetti di riorganizzazione della Gendarmeria, che videro gli ufficiali italiani dell'Arma lavorare con molta abilità e professionalità.
In particolare Carossini doveva provvedere a formare, nell'ambito della Gendarmeria in Anatolia, un reggimento la cui circoscrizione corrispondesse alla zona di occupazione italiana e doveva fare in modo che la gendarmeria esistente nella nostra zona di influenza non dipendesse da autorità residenti nella zona greca. La situazione era particolarmente delicata, perché l'Occupazione militare italiana non sospendeva in alcun modo la sovranità ottomana nei territori occupati, ma doveva affiancare l'amministrazione locale, Polizia compresa, anche nel quadro di quanto si faceva a Costantinopoli, per dare una coesione e una modernità amministrativa alle obsolete strutture ottomane, nel tentativo di assicurarne la sopravvivenza. Sarebbe stato utile, ai fini istituzionali, poter disporre dei gendarmi turchi della zona greca, che avrebbero dovuto essere richiamati in servizio per colmare le deficienze di organico nella zona italiana.
L'11 giugno 1919, in una relazione al Comando Generale sul riordinamento della Gendarmeria ottomana, il Comando del Regio Corpo di Spedizione in Anatolia così scriveva:

«(...) per quanto riguarda la gendarmeria, il Maggiore dei RR.CC. cav. Carossini procurerà di ottenere che sia formato un reggimento la cui circoscrizione corrisponda alla zona della nostra occupazione; quantomeno che la gendarmeria esistente nella nostra zona di influenza non dipenda da autorità residenti nella zona greca.
I gendarmi e i militari rimasti in tale zona, ed ora ivi inutilizzati anche perché terrorizzati dai greci, potrebbero essere richiamati a colmare le deficienze di organico.
Il concorso della gendarmeria turca sulla quale il Maggiore Carossini e in genere i carabinieri italiani hanno acquisito molto ascendente, ci potrebbe tornare molto utile, specialmente per tutti quei servizi che debbono emanare dall'autorità ottomana, che ha la sovranità legale.
Considerando però che i gendarmi hanno una paga misera e precaria, converrebbe sussidiarli a carico del bilancio italiano, salvo a rivalersi della spesa prelevandone poi il rimborso sulle tasse da percepire destinate allo stato (...) tali provvedimenti di portata non molto gravosa sarebbero utilissimi per assicurarsi la cooperazione della gendarmeria turca».


Da ogni parte si notava come i gendarmi turchi fossero male in arnese, non pagati, non armati e con problemi di sopravvivenza giornaliera, situazione che li aveva portati ad essere corruttibili e continuamente corrotti. Tutto l'Impero era in pieno disfacimento: i nazionalismi balcanici e quello arabo ormai avevano quasi vinto la loro lotta contro il Sultano. Mustafà Kemal cercava di costruire una Turchia ridotta nel territorio, ma forte e indipendente, con uno spiccato senso del nazionalismo turco.

Una carta dell'Anatolia.Ovviamente era indispensabile anche creare le premesse per una solida sfera d'interessi italiana, nella nuova situazione della regione. Ed era vivo desiderio del Governo di Roma che negli accordi bilaterali con i nuovi leader politici si inserisse la clausola che la Gendarmeria turca dovesse essere ricostituita nella zona dell'Anatolia da una Missione di ufficiali dell'Arma dei Carabinieri, considerato che la zona doveva rimanere sotto un mandato politico di influenza economica italiana. E in effetti, nei quasi tre anni di occupazione, l'Arma espletò servizio di Polizia militare e di Gendarmeria locale, coordinando questa attività con quanto veniva svolto a Costantinopoli, ma in modo autonomo.
Compito principale dei Carabinieri fu di garantire in Anatolia la sicurezza e l'ordine pubblico; gli ufficiali organizzarono anche un efficiente servizio informativo politico, militare ed economico per il Comando del Corpo di Spedizione, al quale furono di concreto e valido aiuto. Questi compiti non distolsero l'Arma dal proprio incarico istituzionale di Polizia militare: dovette assicurare la correttezza disciplinare delle truppe italiane, in un territorio difficile e in una situazione giuridica di truppe d'occupazione, con la legislazione ottomana ancora vigente.

Mustafà Kemal, detto Atatürk, Padre dei turchi. Sarà lui, nel 1922, ad abolire il sultanato, e a dichiarare, l'anno seguente, la Repubblica Turca.I primi a sbarcare in territorio turco furono proprio i reparti dell'Arma che costituivano la Compagnia dell'Anatolia, comandata dal capitano Raffaele Giordani: esattamente il 379° Plotone mobilitato, comandato dal tenente Ugo Luca; la 166a Sezione, comandata dal tenente Tommaso Gandini, e la 33a Sezione, comandata dal tenente Ottorino Bozza. Tutti questi ufficiali ebbero, insieme a Carossini e a Caprini, un ruolo primario nella presenza italiana in Anatolia.
L'operato dei Carabinieri fu apprezzato dal Comando del Corpo di Spedizione, e nel gennaio del 1920 vennero formati altri due plotoni, il 379° bis, comandato dal tenente Luigi Rubbi, e il 379° ter, agli ordini del tenente Guglielmo Risi. Nell'aprile del 1920 il Comandante della Compagnia, Raffaele Giordani, fu avvicendato per motivi di salute, e assunse il comando il capitano Salvatore Mauceri, che lo resse fino alla fine della missione.
Nel luglio del 1921 le truppe italiane si ritirarono da alcune zone dell'Anatolia e l'occupazione italiana si ridusse alla Vallata del Meandro e alla città di Adalia: vennero sciolti la 166a Sezione e il 379° ter, mentre il 379° bis assunse la denominazione di 460° Plotone mobilitato. Nel mese di settembre anche la zona di Adalia fu abbandonata, e la 33a Sezione sciolta. Un nucleo di carabinieri rimase però presso il Regio Consolato in Adalia. Poiché i presidi dell'interno erano composti da drappelli di carabinieri, il Comando della Spedizione decise di far venire dall'Italia un reparto dell'Arma composto solo da militari a cavallo, sempre anche in supporto alla Polizia locale, che potessero agevolmente e autonomamente spostarsi in caso di necessità: a novembre giunse in Anatolia la 169a Sezione a cavallo, comandata dal sottotenente Pietro Mazzeo.
Il 30 aprile del 1922, però, le truppe italiane si ritirarono definitivamente dalla zona anatolica di Adalia. Con loro partirono anche i reparti dei Carabinieri, che rientrarono tutti in Italia, ad eccezione del 379° Plotone. Questo si trasferì a Rodi con un Battaglione di Fanteria in attesa di sbarcare a Smirne per presidiare quella città insieme agli alleati: avrebbe così permesso lo sgombero pacifico delle truppe greche e l'occupazione, in un secondo tempo, di quelle turche. Ma queste ultime sconfissero le truppe greche, che furono costrette a ritirarsi precipitosamente da Smirne, rendendo inutile un intervento alleato.
Anatolia, 1920: Due donne del popolo nei costumi tradizionali.Quasi contemporaneamente, il 2 novembre 1922, l'Assemblea Nazionale turca destituiva il Governo di Istanbul (così ormai veniva chiamata Costantinopoli), che cessava pertanto di avere capacità legale. Il Governo turco di Ankara faceva subito presente agli Alleati che era sua intenzione inviare in quella città un contingente di truppe kemaliste atte ad assicurare il mantenimento dell'ordine pubblico e quindi i governi alleati dovevano ritirare i propri contingenti di occupazione. Non fu facile l'accordo fra il forte Governo di Ankara e le potenze europee, ma ormai la moderna Turchia era uno Stato sovrano, riconosciuto dal Trattato di Pace di Losanna del 1923, e aveva diritto all'esercizio della sua completa sovranità su ogni lembo di territorio turco. Quindi tutte le truppe furono progressivamente ritirate, compresi quei reparti che si stavano occupando di riorganizzazione della Polizia

Nell'ottobre del 1922 erano stati sciolti a Rodi sia la Compagnia Carabinieri dell'Anatolia che il 379° Plotone, e il 15 novembre tutti i militari furono rimpatriati.
L'impegno dei Carabinieri Reali non fu però dimenticato dai dirigenti della nuova Gendarmeria turca; così come non era stato dimenticato dalle autorità greche. Al contrario, fu tenuto quale esempio da studiare e da imitare: solo pochi anni più tardi vi furono visite ufficiali turche alle varie Scuole ufficiali e sottufficiali dell'Arma, per continuare nell'opera iniziata dai Carabinieri con la Gendarmeria macedone e poi con quella turca, nel solco della professionalità e della correttezza indicato dai militari dell'Arma nei vari periodi di attività in quelle terre.