Non risultò facile trovare, tra i brigadieri e i marescialli d'alloggio e a cavallo dell'Arma, candidati che riunissero tutti i requisiti richiesti. Per questa ragione il Comando Generale ritenne possibile, per il designando Comandante della Stazione, non insistere sul requisito relativo allo stato civile di ammogliato, avendo individuato un brigadiere celibe di ottime qualità, che riuniva in sé tutti gli altri. Il Ministero della Guerra accettò il punto di vista del Comando Generale, facendosene interprete con il Ministero degli Affari Esteri, che si allineò alle decisioni.
Venne quindi prescelto per quell'incarico il brigadiere Enrico Cavedagni, di trent'anni, in forza alla Legione di Palermo, molto stimato dai suoi superiori. Il sottufficiale avrebbe dovuto finire la sua ferma il 3 febbraio 1885. La sua condotta, dopo nove anni di servizio, era considerata «ottima» e non aveva ricevuto alcuna punizione. La salute era considerata «molto sana e robusta»; quanto alla presenza, era ritenuto di bell'aspetto: risulta agli atti che fosse alto m 1.79. Essendo Assab una «stazione isolata» e di difficile residenza, tanto più occorreva una persona che desse piene garanzie. Il Cavedagni, «sia per intelligenza e capacità letteraria, che per autorevolezza, condotta intemerata e zelo indefesso nel servizio», garantiva le aspettative e avrebbe tenuto alto il nome dell'Arma anche in quella lontana Stazione. Egli aveva, tra l'altro, ricevuto un encomio solenne per distinto servizio, che gli era valso la richiesta di avanzamento a scelta: ricevette infatti la promozione a maresciallo, poco prima della sua partenza dall'Italia.
Tra gli zaptiè eritrei e i carabinieri dislocati ad Assab, si stabilì ben presto un buon rapporto.Cavedagni aveva trent'anni quando iniziò questa sua interessante avventura in terra coloniale, ove poi avrebbe svolto gran parte del suo servizio. Fu accompagnato dai carabinieri: Albino Ghitta, ventottenne, della Legione di Napoli, con otto anni di servizio; Enrico Piazzi, anche lui molto giovane, della Legione di Roma e Pasquale Iervolino, coetaneo del precedente, che proveniva dalla Legione di Torino.
Il 27 aprile 1883, su un vapore della Società Generale di Navigazione in partenza da Napoli, il maresciallo Cavedagni e i suoi uomini si imbarcarono alla volta di Assab, dove arrivarono il 16 maggio, accolti con entusiasmo dal Regio Commissario ivi residente, rappresentante il Governo italiano. Secondo la relazione che il Comando della Legione di Napoli inviò al Comandante Generale dell'Arma il 22 giugno, i militari erano giunti «in perfetta salute, tranquilli e contenti», e con grande ansia di iniziare a svolgere il proprio servizio. In breve tempo, fra loro e la popolazione di Assab si stabilì un buon rapporto, «un naturale ricambio di simpatia e benevolenza». Non era certo facile il compito assegnato a questi pionieri: dovevano aver cautela negli approcci con la popolazione locale e particolare cura nei servizi di notte, insomma dovevano svolgere il proprio dovere con il massimo della professionalità, tenendo conto del fatto che si trovavano in un territorio molto diverso dalla madrepatria e avevano a che fare con popolazioni che in quel tempo venivano considerate «di indole feroce».
A sua volta il Comandante Generale dell'Arma, nel dare notizia al Ministro dell'Interno dell'avvenuto impianto della Stazione ad Assab, rilevava con soddisfazione che il 3 giugno dello stesso anno (1883), «festa nazionale dello Statuto», i militari dell'Arma, in grande uniforme, erano stati ricevuti con tutti gli onori dal Regio Commissario, alla presenza del Comandante della Regia Nave stazionaria nelle acque di quel porto, cavalier Resario, di connazionali e di delegazioni di arabi e beduini.
Pochi anni dopo, quando fu chiaro che il Kedivè (ovvero la massima autorità) d'Egitto (che faceva parte, anche se nominalmente, dell'Impero Ottomano, fruendo di larga autonomia) non avrebbe più potuto mantenere il controllo di Massaua, il Governo di Roma mandò in quel porto un Corpo di Spedizione, espandendo così la sua influenza sul Mar Rosso. Massaua ed Assab erano gli sbocchi più importanti dell'Etiopia in quelle acque, ma erano ormai sotto la sovranità italiana.
La Stazione dell'Arma di Assab, la prima impiantata, non fu che una delle numerose dell'Arma in quella che era divenuta la Colonia Eritrea. Nell'ambito della permanenza delle Regie Truppe d'Africa in quella regione si era infatti costituita a Massaua una Compagnia Carabinieri. L'11 gennaio 1894 la relazione annuale sul servizio dell'Arma nella colonia, relativa all'anno precedente, veniva firmata, per il capitano Comandante la Compagnia in licenza, da un giovane tenente, che avrebbe svolto gran parte della sua brillante carriera fuori dal territorio metropolitano, Federico Craveri. Ottimo ufficiale e buona penna, Craveri aveva eccellenti doti di analisi della realtà che lo circondava ed ha lasciato numerosi rapporti, che danno non solo la possibilità di sapere quali fossero i servizi compiuti dall'Arma e con quali risultati, ma che gettano anche una luce assai interessante sulla società civile dell'epoca.
Nei vari rapporti annuali che il Comandante la Compagnia di Massaua scriveva al Governatore della colonia, si rileva in generale che i servizi dipendenti da quel Comando avevano funzionato regolarmente nell'anno considerato. La situazione della pubblica sicurezza era definita soddisfacente, anche per un certo grado di benessere al quale erano giunte le popolazioni con lo sviluppo dell'agricoltura e della pastorizia. Il miglioramento generale delle condizioni economiche, anche se molto ristretto, e un'oculata prevenzione della criminalità di piccolo calibro facevano sì che il numero di malfattori e ladruncoli si fosse notevolmente ridotto.


Le uniformi bianche impiegate in Africa dai Carabinieri alla fine dell'Ottocento: al centro, un maresciallo d'alloggio; in basso, due tenenti.I Carabinieri, in particolare nel 1893, dopo il Regio Decreto dell'8 dicembre 1892 sul commercio e la detenzione delle armi nella colonia, avevano sequestrato un certo numero di armi da fuoco, rendendo più sicuro il territorio, e avevano recuperato un cospicuo numero di schiavi: quest'ultima operazione era stata condotta dagli stessi zaptiè eritrei, elementi arruolati localmente e istruiti dall'Arma nel servizio di istituto, senza la guida di alcun graduato italiano, segno che l'istruzione era stata ben condotta: il «discernimento» e la «prudenza» dimostrati facevano vedere come anche gli zaptiè sapessero «mantenere alto ed inconcusso il prestigio dell'Arma».
Le carceri erano sotto la diretta sorveglianza del capitano comandante la Compagnia in Massaua e funzionavano così come funzionavano in Italia: ai detenuti, «colla severità della pena», era «assicurato un trattamento umano».
Dal punto di vista sociale, la prostituzione era

«sul suo decrescere; buona parte di quelle disgraziate calate a Massaua dal Tigré e dall'Amhara ai tempi della carestia, sono ora rientrate ai loro paesi, ed in città, tranne quelle del cosiddetto ferro di cavallo in Taulud, ben poche sono coloro che sfuggono alla sorveglianza continuata che su di esse si esercita, applicando quando occorra e con tutto il rigore le disposizioni del Decreto governativo inserto nel Bollettino Ufficiale della colonia n. 2 del 1 giugno 1892»:

così scriveva Craveri in una delle sue relazioni.
Per quanto riguardava l'esercizio della giustizia, molte erano le cause presso il giudice conciliatore; segno questo, secondo il Craveri, che gli abitanti della colonia, indigeni ed europei, guardavano con fiducia all'Ufficio del Giudice Conciliatore. I rapporti dei comandanti la Stazione erano esaurienti anche per quanto riguarda statistiche e cifre di vario genere, naturalmente rispetto agli strumenti conoscitivi dell'epoca.
Dunque, dal piccolo porto di Assab sotto sovranità italiana, l'Arma, con sole quattro unità, iniziò a farsi conoscere anche in quel lontano e, per l'epoca, sperduto angolo d'Africa. La sua presenza in Africa Orientale si sarebbe poi sviluppata e ampliata negli anni Trenta con la conquista dell'Etiopia. Nel quadro generale dell'amministrazione coloniale italiana, i carabinieri svolgevano gli stessi servizi istituzionali che dovevano svolgere sul territorio metropolitano: ma era servizio coloniale, e non servizio all'estero. Acquisirono comunque un'ottima conoscenza dei luoghi e delle popolazioni; esperienze che si rivelarono preziose nelle loro successive missioni, una volta che questi territori divennero indipendenti.