Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

ACQUE
UN EQUILIBRIO DA NON STRAVOLGERE: LA DIVERSITÀ DELLE ACQUE
01/07/2014
di Pamela Colatosti  Commissario Capo del Corpo forestale dello Stato

I laghi di cui si parla in questo intervento hanno un’origine relativamente recente. Si sono formati infatti nel tardo Quaternario, in seguito all’emersione di cordoni sabbiosi che isolarono due grandi lagune, dai confini incerti e indefiniti, una traTorre Astura ed il Circeo, l’altra tra Terracina e Sperlonga

 

Riassunto

I laghi di cui si parla in questo intervento hanno un’origine relativamente recente. Si sono formati infatti nel tardo Quaternario, in seguito all’emersione di cordoni sabbiosi che isolarono due grandi lagune, dai confini incerti e indefiniti, una traTorre Astura ed il Circeo, l’altra tra Terracina e Sperlonga. L’azione del mare e del vento, il depositarsi di materiali alluvionali hanno poi determinato un progressivo frastagliarsi delle due lagune fino a portare al delinearsi dei laghi di Fogliano, Monaci, Caprolace e Sabaudia a nord del promontorio del Circeo, e dei laghi di Fondi, San Puoto e Lago Lungo a sud. Il primo gruppo è poi stato inserito nel Parco.

Abstract
A balance not to be disturbed
The lakes of which this paper is about have a quite recent origin. Infact, they were formed in the late Quaternary, following the emergence of sandbars that isolated two large lagoons, with uncertain and indefinite boundaries,one between Torre Astura and Circeo, the other between Terracina and Sperlonga.The action of wind and sea and the sediment of alluvial materials have alsoresulted in a gradual jagging of the two lagoons to lead to the shaping of the lakesof Fogliano, Monaci, Caprolace, Sabaudia, in the North of Circeo promontory, andthe lakes of Fondi, San Puoto and Lungo, in the South. The first group of lakeswas then inserted into the Park.

 
 
 

Nel luglio del 1975, a quarant’anni dalla sua istituzione, venivano modificati i confini del Parco Nazionale del Circeo, inserendo nel territorio protetto anche i laghi costieri di Caprolace, Monaci e Fogliano con le zone umide intercluse. Sulla carta, un cambiamento forse poco significativo, una strisciolina di territorio che andava a incunearsi tra le due zone protette, quella costiera e la foresta, già esistenti; in realtà, una vera rivoluzione.
Attualmente, nel territorio del parco sono inclusi tutti e quattro i laghi costieri: Sabaudia, Caprolace, Monaci e Fogliano. In comune hanno la profondità relativamente ridotta rispetto all’estensione e l’assenza di una comunicazione naturale con il mare.  I laghi di Fogliano e Sabaudia sono i più grandi, ma hanno caratteristiche nettamente diverse. Fogliano ha una profondità media prossima ai due metri; le sue sponde, negli anni cinquanta, sono state rettificate ed arginate. Il lago di Sabaudia ha un profilo molto più complesso, con profonde insenature che risalgono nella pianura; la profondità raggiunge, in alcuni punti, i dieci metri.

Fig. 1 lavorieri

I laghi hanno un’origine relativamente recente. Si sono formati infatti nel tardo Quaternario,  in seguito all’emersione di cordoni sabbiosi che isolarono due grandi lagune, dai confini incerti e indefiniti, una tra Torre Astura ed il Circeo, l’altra tra Terracina e Sperlonga. L’azione del mare e  del vento, il depositarsi di materiali alluvionali hanno poi determinato un progressivo frastagliarsi delle due lagune fino a portare al delinearsi dei laghi di Fogliano, Monaci, Caprolace e Sabaudia a nord del promontorio del Circeo, e dei laghi di Fondi, San Puoto e Lago Lungo a sud. Il primo gruppo è poi stato inserito nel parco.  
Si tratta quindi di lagune costiere salmastre, con caratteristiche di salinità diverse tra loro a seconda della profondità del lago e dell’andamento della stagione. Tutti e quattro i laghi risentono fortemente delle maree, che determinano intrusioni di acqua marina nelle fasi di alta marea e la fuoriuscita delle acque dei laghi verso il mare nei momenti di bassa.   Il movimento delle acque avviene attraverso dei canali artificiali che li collegano al mare. (Fig.1)
All’ossigenazione dei bacini costieri contribuisce l’azione del vento; il movimento favorisce l’ingresso di nutrienti e di organismi e regola la salinità dei bacini interni. Le precipitazioni e gli apporti di acqua dolce dall’entroterra tendono a controbilanciare la tendenza alla salinizzazione dovuta all’intensa evaporazione estiva, creando un meccanismo molto complesso.

 
Fig. 2 attività di pesca pre-bonifica

Da sempre, i laghi costieri hanno rappresentato un elemento fondamentale nell’economia della zona; ricchissimi di pesce, rifornivano le mense dei nobili romani prima e del papato poi; le tecniche di pesca sfruttavano la conformazione naturale della zona e il materiale vegetale disponibile; un’altra, originale tecnica di pesca era legata alle mandrie di bufale, che, spinte nei canali, contribuivano sia a ripulire gli stessi dalle alghe che a spingere il pesce verso le reti.
Queste lagune costiere hanno uno strettissimo legame con l’uomo. Già gli antichi romani le sfruttavano come bacino di pesca; in seguito, la ricchezza di uccelli ne ha fatto un luogo privilegiato di caccia. Anche la poverissima economia del periodo pre-bonifica ruotava intorno ai laghi, nonostante la presenza dell’anofele che diffondeva la malaria. (fig.2 )

 

Gli anni trenta furono, per  le paludi pontine, un momento di grande cambiamento. Sulla successione di pantani, acquitrini, boschi che si sviluppavano sulle antiche dune si intervenne scavando canali e livellando le depressioni naturali, creando un paesaggio ordinato e uniforme. La selva centenaria  venne abbattuta, le ceppaie fatte saltare con la dinamite; intere popolazioni furono innestate su un territorio per loro sconosciuto, mentre scomparivano gli abitanti di sempre. Fu in questo contesto che nacque il parco nazionale del Circeo. Per decenni il più piccolo d’Italia, fu a suo modo “rivoluzionario”: si trattava infatti di un parco nato non per salvare un animale “simbolo” quale l’orso o lo stambecco, ma un insieme di ambienti. Il primo nucleo era costituito da un residuo della selva di Terracina, dal promontorio, dalla duna costiera e dal lago di Sabaudia. Gli altri laghi, compreso Fogliano, erano esclusi. Solo nel 1975, la prima legge di ampliamento del parco inseriva nel territorio protetto Fogliano, Monaci, Caprolace e le zone umide circostanti. (fig.3).

Fig. 3 Confini del Parco all'istituzione ed attuali - variazione confini
 

Qualche anno dopo, anche l’isola di Zannone entrerà a farne parte, fino agli attuali 8484 ettari di superficie. Una “piccolezza” se rapportata ad altre aree protette, ma contraddistinta da una straordinaria ricchezza di tipologie ambientali (gli esperti ne individuano 17) che conferisce al parco la sua unicità, ampiamente sottolineata dai riconoscimenti internazionali.
L’inserimento nella rete delle riserve della Biosfera, nell’ambito del programma MAB dell’UNESCO risale al 1977, e riguarda, in una prima fase, la sola foresta. Le zone umide, a cui oggi si rivolge la nostra attenzione, assumono invece un ruolo preminente a seguito della Convenzione di Ramsar, firmata in Iran nel 1971 da 123 diversi paesi. A Ramsar venne evidenziata e sottolineata  l’importaza di tali ambienti ai fini della salvaguardia dell’avifauna migratoria; tra le zone meritevoli di protezione l’Italia inserì anche il comprensorio di Fogliano, determinandone l’inclusione nel parco.

Il Corpo Forestale valutò che l’ampliamento di per sé, pur avendo eliminato il problema della caccia, non era però sufficiente a garantire la gestione del territorio secondo gli indirizzi e le prescrizioni della Convenzione di Ramsar; pertanto  venne avviato un provvedimento di esproprio per cause di pubblica utilità che portò, nel 1984, all’acquisizione al patrimonio demaniale dei laghi di Fogliano, Monaci e Caprolace ed i terreni circostanti. Operazione definita di portata storica, che ha visto lo Stato italiano adottare, per la prima volta, uno strumento definitivo per assicurare alla collettività un bene  di assoluto valore ambientale. Oltre al riconoscimento Ramsar, il comprensorio è infatti area IBA, SIC (sito di importanza comunitaria ai sensi della direttiva CEE 92/43 “Habitat”) mentre tutto il territorio del parco è ZPS (zona a protezione speciale, direttiva CEE 79/409 “Uccelli”). (fig.4)

Fig. 4 osservazione avifauna
 
 

L’esproprio ha comportato una “rivoluzione” anche nell’attività dell’Ufficio, che si è trovato di fronte alla necessità di mantenere gli equilibri ecologici dell’area attraverso operazioni complesse, che vanno dalla sospensione delle immissioni ad opera di alcuni canali di bonifica agli interventi di pompaggio, alla regolamentazione delle attività di allevamento del bufalo e di pesca preesistenti. (fig. 5 e 6)

 

Fig. 5 attività di pesca                                                                   Fig. 6 marcatura orate


 

A partire dal 1287 la famiglia Caetani aveva ottenuto da papa Bonifacio VIII la proprietà dell’area, e  lo “ius piscandi ed exigendi responsionem” (per tutto il periodo medioevale erano stati i fornitori ufficiali del papato, avendo diritto anche alla scorta dell’esercito per portare il pescato a Roma). Fino al 1930, periodo in cui la proprietà venne ceduta, buona parte delle attività economiche dei Caetani nella zona vertevano sulla gestione della pesca, tanto che nel 1700 il Duca Leone Caetani fece aprire una nuova foce sulla sponda del lago di Fogliano (foce del Duca, attualmente l’unica in attività).
Negli anni ’30 il lago di Fogliano aveva una superficie che variava dai circa 400 ettari (pari all’attuale) nel periodo primaverile, a quella quasi doppia nei periodi piovosi, a causa degli apporti sia delle precipitazioni, sia di quelli derivanti dal Rio Martino e dal Cicerchia, che determinavano l’impaludamento delle rive e delle aree circostanti. Attraverso il Canale Mastropietro notevoli apporti di acqua dolce raggiungevano il lago.  A seguito della bonifica, le sponde vennero arginate, il fondo del lago venne dragato e lungo la sponda occidentale venne realizzata la “fossa circondariale”. Le acque di deflusso, provenienti dai campi, vennero regimate attraverso una rete di canali di bonifica; la comunicazione con il mare venne regolamentata attraverso la realizzazione di impianti idrovori. Negli anni 90 si rese necessario un ulteriore intervento: i canali di bonifica attraversano infatti aree ad elevato sviluppo agricolo, e l’immissione delle acque, ricche di inquinanti e nutrienti, nel lago determinava forti squilibri e frequenti fenomeni di anossia, con imponenti morie di pesce. Per tale motivo le loro acque non sono più state utilizzate per la regolamentazione delle acque dei laghi, privandoli degli immissari di acqua dolce.
Di conseguenza, si è assistito ad una progressiva salinizzazione delle acque, dovuta sia al diminuito apporto di acqua dolce, sia al progressivo interrimento dei bacini, con conseguenti mutamenti anche nelle comunità di specie presenti all’interno dei laghi. Il lago di Fogliano è attualmente un bacino chiuso, i cui scambi con l’esterno avvengono in maniera sistematica solo attraverso la foce del Duca, e in maniera molto meno incisiva, attraverso la Focetta di Capo Portiere. La salinità delle acque del lago varia in maniera molto consistente nelle diverse stagioni. Per anni, si è provveduto anche alla sfalciatura  delle macrofite acquatiche per ridurre il rischio di anossia.
Situazioni simili si verificano in tutti e tre i laghi costieri gestiti dall’Ufficio Territoriale per la biodiversità di Fogliano: Monaci è il più piccolo, con una superficie di circa 95 ha, ed una profondità media inferiore al metro; non ha una foce diretta, ma le acque vengono convogliate in un canale che raggiunge poi il Rio Martino. Venendo a mancare l’azione dolcificante delle acque del Rio Martino, anche qui si è avuta una notevole variazione nella salinità, che nel periodo estivo può addirittura superare i valori di quella marina. E’ estremamente interessante dal punto di vista naturalistico; è stato oggetto, negli anni, di diversi studi legati soprattutto alla presenza dell’anguilla, con la costruzione di una “scaletta di risalita” per le ceche e la marcatura di diversi esemplari. (fig 7 e 8)

 

Fig.7  Ceche di anguilla                                                                       Fig. 8 Scala di risalita di ceche


 

Mentre la superficie dei laghi di Monaci e Fogliano prima della bonifica era molto maggiore rispetto all’attuale, tanto che a volte confluivano fin quasi a formare un unico specchio d’acqua, il lago di Caprolace aveva invece un’estensione più ridotta rispetto agli attuali 290 ha. Anche la profondità, che attualmente raggiunge i 2 m, non superava i 30-40 cm, mentre le rive si espandevano irregolarmente in una rete di pantani e acquitrini in cui confluivano le acque del Nocchia. Durante la bonifica il fondo fu dragato ed il materiale di risulta posizionato a formare un isolotto, attualmente coperto da una lussureggiante vegetazione tipicamente mediterranea. A differenza degli altri laghi, il fondale è tutt’altro che uniforme, con depressioni e zone rialzate che rendono molto più variegata la situazione. Ha due foci, una diretta ed una indiretta; la salinità è molto vicina a quella del mare.

Negli anni, le attività di gestione si sono incentrate sulla riduzione degli apporti inquinanti, sul controllo delle macrofite e sulla vivificazione delle acque attraverso pompaggio di acqua salata; la pesca è stata regolamentata, passando da un’attività di tipo intensivo ad un prelievo decisamente più ridotto e limitato nei periodi e nel numero di specie, e sono stati attivati numerosi studi in collaborazione con Università ed Enti di ricerca.

Recentemente, la Provincia di Latina ha promosso un progetto LIFE, il Rewetland, che ha interessato anche il territorio gestito dall’UTB, con l’individuazione di due aree, una in prossimità dell’antico borgo di Fogliano, l’altra nella zona di Cicerchia.

Fig. 9 Cannucciate

Qui sono stati realizzati piccoli impianti di fitodepurazione che consentiranno di riutilizzare le acque reflue, che, opportunamente depurate, potranno essere reimmesse nei laghi riportando riducendone la salinità e riportando i laghi ad una situazione più equilibrata.
In corrispondenza delle due aree pilota sono stati realizzati anche cannicciate e capanni per il birdwatching, per migliorare la fruizione naturalistica dell’area. (fig.9)
Il motivo fondamentale dell’inclusione del comprensorio nel territorio protetto è infatti strettamente legato alla sua straordinaria ricchezza di specie, particolarmente evidente nei periodi di passo.
I laghi ed i pantani offrono lo spettacolo più affascinante durante le migrazioni, quando migliaia di uccelli acquatici sostano nell’area. Alle presenze ormai “scontate” si associano spesso specie rare e difficili da osservare, che entusiasmano gli appassionati.
E’ sorprendente vedere come, in pochi giorni, le acque apparentemente immobili dei laghi si popolino all’improvviso di migliaia di uccelli, numerose specie di anatre, cormorani, folaghe, grandi trampolieri come aironi ma anche specie più rare come la cicogna nera, o più comuni come la cicogna bianca, le gru ed i fenicotteri ed altre specie ancora di uccelli limicoli.

 
Fig. 9 Area Rewetland

Questo patrimonio ambientale costantemente minacciato dallo sviluppo umano, dall’inquinamento, dal prelievo indiscriminato di acqua dolce, necessita di sforzi ulteriori per essere salvaguardato.
Sicuramente le linee di gestione da seguire sono quelle intraprese con il Progetto LIFE Rewetland, in cui attraverso sistemi naturali come quello della fitodepurazione si immettono nei bacini le acque reflue depurate.
Servono degli investimenti iniziali che rafforzino la capacità degli ecosistemi di auto regolarsi, di indirizzarli verso la autopoiesi.
In un territorio dove l’uomo, nonostante le numerose difficoltà, c’è sempre stato deve tornare ad esserne parte integrante, inserendosi nel delicato equilibrio senza perturbarlo.