Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

EDITORIALE
GLOBALIZZAZIONE FAUNISTICA O BIODIVERSITÀ? RISCHI E SFIDE PER IL FUTURO
18/02/2014
di Francesco Petretti

Ci aspetta un futuro di globalizzazione faunistica: un  mondo popolato da poche specie animali con grandi numeri per salvare la meravigliosa biodiversità.

 
 

Globalizzazione faunistica o Biodiversità? Rischi e sfide per il futuro

Si calcola che il ritmo con cui animali e piante si  stanno estinguendo è oggi da cento a mille volte più rapido di quanto  dovrebbe essere.Tra i candidati all’estinzione la tigre, di cui  restano meno di 3200 esemplari, il panda gigante, il rinoceronte nero  e, tra le piante, le grandi sequoie americane.
Caccia indiscriminata,cambiamenti climatici,urbanizzazione selvaggia,congiurano per rendere quasi impossibile la lotta contro l’estinzione. Ovunque,tranne che nel nostro paese.L'Italia infatti va in controtendenza,con un incremento della presenza di animali mai verificato negli ultimi cento anni.I lupi,per esempio,sono comparsi nelle Alpi occidentali negli anni Ottanta e  si sono moltiplicati.Oggi ce ne sono almeno 150 esemplari, stanno insediandosi anche in provincia di Bolzano. E non ci sono solo loro. 
Sulle Alpi non ci sono mai stati tanti animali come in questi anni,o almeno così sembra. Cervi,caprioli,cinghiali scendono addirittura in pianura e bussano alla porta delle città. Gli avvoltoi degli agnelli veleggiano con i loro tre metri di apertura alare dalle Marittime allo Stelvio, dopo quasi un secolo di assenza. L’ultimo di questi rapaci  era stato ucciso nel 1913 in val di Rhemes e c’è stato bisogno di  trent’anni di attività di un consorzio di zoo e associazioni austriache, tedesche e svizzere per riportarlo nella sua antica  patria. Ma una volta aperte le voliere, i grandi uccelli non si sono  fatti pregare per riprendere possesso di rocce e ghiacciai, tornando a fare quello che hanno sempre fatto: smembrare le carcasse degli  animali travolti dalle valanghe. Gli orsi bruni, prelevati dalle  foreste della Slovenia e liberati  nel parco trentino dell’Adamello,  hanno raggiunto l’Austria e la Germania e lì sono stati abbattuti  perché ritenuti dannosi e pericolosi.
Dei cervi non si tiene più neanche il conto: solo 40 anni fa erano un’esclusiva tutta straniera, oggi rappresentano una minaccia per boschi e colture in Trentino, in Lombardia e in Piemonte, tanto che il  parco nazionale dello Stelvio ha deciso di eliminarne una quota  consistente per ripristinare l’equilibrio ecologico compromesso dal proliferare di questi grandi animali erbivori, che non fanno  distinzione fra arbusti selvatici, granturco, meli e peri..Se le Alpi vivono questa festa zoologica, allora perché l’allarme  dell’Unione europea sulla biodiversità è così forte? Il fatto è che non tutti gli esseri viventi sono uguali. Anzi, la biodiversità è proprio il trionfo della differenza. Da una parte  aumenta la grande fauna: cervi, cinghiali, lupi, avvoltoi, linci. 
Dall’altra scompare a ritmo crescente una moltitudine di piante e animali della cui esistenza pochi si rendono conto. Chi si preoccupa  della pernice bianca o del piviere tortolino, della salamandra nera o  del proteo? Fanno meno effetto dell’orso, del lupo, del camoscio,  dello stambecco e dell’avvoltoio. La differenza è che lupo, orso,cervo e avvoltoi, per quanto grandi e bisognosi di spazio hanno esigenze meno specifiche della salamandra, del proteo e del piviere  tortolino, perché si adattano a vivere in diversi luoghi, approfittando del bestiame domestico e delle colture. Al contrario salamandre, ululoni (un piccolo rospo), sassifraghe,  pernici bianche, protei e rosalie alpine vivono in spazi molti più  angusti. Il proteo, per esempio, è una salamandra priva di occhi che vive solo nelle acque fredde e ossigenate di un torrente sotterraneo, con una temperatura inferiore  ai dieci gradi e buio perenne. Se  la temperatura salisse di qualche  grado, o l’acqua venisse inquinata da uno scarico o una luce fosse  accesa nella grotta per mostrare le stalattiti ai turisti, il proteo sarebbe finito e la biodiversità segnerebbe meno uno.
I candidati all’estinzione nelle nostre regioni sono migliaia, mentre  le specie che aumentano sono poche decine, ma di grande peso e impatto mediatico.
Ci aspetta un futuro di globalizzazione faunistica: un  mondo popolato da poche specie animali con grandi numeri per salvare la meravigliosa biodiversità.
Sarebbe un peccato, ma soprattutto significherebbe porre una seriaipoteca sul nostro futuro.
 

 

FRANCESCO PETRETTI
DIRETTORE SCIENTIFICO