Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

TECNOLOGIA 
TTIP: QUALI SFIDE PER IL COMPARTO AGROALIMENTARE ITALIANO?
26/11/2015
Graziani Tiberio, Presidente IsAG (Istituto Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie
Romeo Filippo, IsAG (Direttore del programma “Infrastrutture e Sviluppo Territoriale”) Novembre 2015

Dal 2013 Stati Uniti e Unione Europea stanno portando avanti un negoziato sul commercio e gli...

  

Riassunto

La scarsa fruibilità di elementi riguardanti le trattative in corso sul Trattato Transatlantico tra Europa e Stati Uniti rendono complesso il campo dell'analisi e delle previsioni circa i reali benefici che un tale accordo potrebbe realizzare. Certo è che sul tema si sono formati pareri  fortemente dissonanti. Da alcune indiscrezioni fatte veicolare e da alcune notizie fuoriuscite parrebbe che l’efficacia, positiva o meno, del TTIP  sarebbe diversa a seconda dei comparti dell’economia presi in considerazione: quello automobilistico e chimicofarmaceutico di entrambe le sponde dell’Atlantico potrebbero avere dei tornaconti positivi, mentre il settore agroalimentare, ed in particolare quello dell'area mediterranea, sarebbe destinato a soffrire. Con riferimento a quest’ultimo, si ritiene infatti che l’armonizzazione degli standard potrebbe provocare un livellamento verso il basso della qualità dei prodotti alimentari, scatenando una corsa al ribasso sui costi di produzione e quindi sul prezzo finale del prodotto stesso. Ciò, oltre a cagionare seri danni al consumatore e all'ambiente, farebbe tabula rasa delle piccole e medie imprese i cui prodotti avrebbero serie difficoltà a collocarsi sui mercati.
É compito, dunque, degli attori in campo condurre le trattative in modo scrupoloso per evitare che un tale accordo crei degli ulteriori squilibri geopolitici e depotenzi settori, come quello dell'agroalimentare, di indubbio valore strategico anche per la tenuta del nostro sistema paese.

Parole chiave: TTIP – Agroalimentare – Tipicità dei prodotti – Tutela dei Marchi

Abstract
TTIP: which challenges for the italian agribusiness industry?
The scarce usefulness of elements regarding the current negotiations on the Transatlantic Treaty between Europe and the United States complicate the field of analysis and forecasts on the real benefits such an agreement could create. Very discordant opinions have certainly been formed on the matter.
Some rumours put about and released news could imply the positive (or otherwise) efficiency of the TTIP is different according to the economic departments considered: the automobile and chemical-pharmaceutical one from both banks of the Atlantic could have positive results, while the  agricultural-food one, especially in the Mediterranean area, is destined to suffer. With reference to the latter, it is actually believed that standard harmonization could cause a downward levelling in food product quality, triggering a rush to lower production costs and so the actual product’s final price. So as well as causing serious damage to the consumer and the environment, it would be tabula rasa for small and medium-sized companies whose products would struggle to be placed on the markets.It is, then, for the actors in play to carry on the negotiations scrupulously so such an agreement does not create further geopolitical imbalance and weaken sectors, like the agricultural-food one, doubtlessly valuable strategically, not least to maintain our country system.



Key words: TTIP – Agri-food – Typicality of the products – protection of the brand.

 
 
 
 

TTIP: pareri dissonanti.

Dal 2013 Stati Uniti e Unione Europea stanno portando avanti un negoziato sul commercio e gli investimenti – noto come partenariato transatlantico – finalizzato ad incrementare gli scambi di beni tra questi due macro blocchi attraverso l’eliminazione delle barriere esistenti. 
Tra i principali obbiettivi prefissati dai negoziatori vi è la riduzione delle tariffe in tutti i settori, l’abbattimento delle barriere non tariffarie (tra cui le differenze tra regolamenti tecnici, normative e procedure di omologazione) e l’apertura di entrambi i mercati ai servizi, agli investimenti e agli appalti pubblici (NOVY D.).
Le due parti, che hanno incaricato i loro emissari a condurre trattative in via del tutto segreta, rappresentano da sole il 50% del Prodotto Interno Lordo mondiale e valgono circa un terzo dei flussi commerciali globali. Tali dati, che le descrivono come due maggiori economie del mondo, rappresentano il maggiore punto di forza che le ha spinte ad avviare il negoziato nella convinzione che l'eventuale conclusione dell'accordo potrebbe senz'altro rappresentare uno stimolo per la crescita e l’occupazione. La segretezza delle trattative, tuttavia, rende molto difficile la formulazione di previsioni attendibili sui reali benefici che un tale accordo potrebbe produrre, al punto che sul tema si registrano pareri molto diversi fra loro, in taluni casi fortemente dissonanti. Si dovrà, dunque, attendere l'esito dei negoziati per capire se si è inteso sviluppare un accordo di carattere globale, con una vera e propria liberalizzazione delle barriere non tariffarie, oppure un accordo un po’ più “leggero”, consistente in un semplice taglio dei dazi (NOVY D.).
Nonostante ciò, sono molti gli studiosi e gli analisti che avanzano delle valutazioni sul negoziato in corso. Se, infatti, si dovesse procedere ad una, ancorché sommaria, analisi comparata degli studi economici e statistici che hanno provato ad effettuare delle proiezioni, si evincerebbe che mentre secondo alcuni il partenariato migliorerebbe le performance economiche e sociali di ambo i blocchi, secondo altri si tratterebbe, invece, di un aumento modesto o, ancor peggio, di una vera disfatta economica per l'Europa. Al fine di chiarire alcuni aspetti del TTIP, la Commissione Europea ha redatto un documento attraverso il quale ha risposto ad alcuni legittimi interrogativi e ha rassicurato sulla capacità di tale accordo di produrre uno sviluppo in termini occupazionali e di crescita economica nonché di contribuire a fissare standard elevati per il commercio in tutto il mondo (Direzione Generale del Commercio della Commissione Europea). Dunque, un vero punto di svolta per i futuri scambi commerciali.
Di simile avviso è lo studio realizzato dal Centre for Economic Policy Research dal quale emerge che, nello scenario migliore, una famiglia media dell’Ue composta da quattro persone potrebbe vedere crescere di 545,00 euro all’anno il proprio reddito netto entro il 2027, proprio grazie ad un abbassamento dei prezzi e ad una maggiore produttività (HOEKMAN B., 2014).
Anche Confindustria si è espressa sul tema. Dai suoi calcoli, con ampia probabilità, saranno quattro le scelte che caratterizzeranno il futuro scenario: la liberalizzazione tariffaria del 100%; la riduzione del 25% delle NTB (Barriere Non Tariffarie); la riduzione del 25% della protezione nei servizi; la liberalizzazione del 50% per gli appalti pubblici. Ciò porterebbe ad una crescita dello 0,44% del PIL europeo e dello 0,39% di quello statunitense.
Tali dati, comparati con quelli odierni, predicono che il varo di tale Trattato, con la sua espansione relativa degli scambi, eguaglia l’attuale crisi della crescita economica europea (VALORI G.E.).
Una parte degli analisti si è poi interrogata su un ulteriore aspetto da tenere in considerazione, ossia sulle modalità di pagamento attraverso cui verranno effettuate le transazioni, questione che risulta essere di importanza cruciale se solo considera che, in assenza di una compensazione delle valute, si potrebbe correre il rischio di un'eventuale esportazione dell'inflazione statunitense in Europa (è quanto accadde dopo la fine degli accordi di Bretton Woods) che comporterebbe un indebolimento dell'Euro negli scambi internazionali e un apprezzamento del Dollaro; se ciò accadesse Washington acquisirebbe una posizione di indubbio vantaggio (VALORI G.E.).

 

L'Agroalimentare: comparto vulnerabile.

La difficoltà di ipotizzare con adeguato margine di attendibilità gli scenari da un punto di vista generale si riduce sensibilmente quando si procede in riferimento a singoli settori e comparti dell’economia. Sul punto si osserva che mentre l’industria automobilistica di entrambe le sponde dell’Atlantico e le industrie chimiche e farmaceutiche del Regno Unito, che parrebbe potranno  avere dei tornaconti positivi, guardano all’accordo con maggior favore, quella agro-alimentare dei paesi mediterranei si mostrano molto più preoccupate dal momento che sarebbero destinate a soffrire dovendo accettare un livellamento al ribasso degli standard di qualità di cui, al contrario, ne rappresentano un baluardo (NOVY D.). Il comparto agroalimentare, infatti, sarebbe soggetto ai criteri del “free market” USA che indubbiamente avvantaggerebbe le aziende statunitensi a scapito di quelle europee, di cui quelle italiane e francesi avrebbero la peggio per quanto riguarda la tutela del marchio e la tipicità dei prodotti. Tra le varie voci che si sono pronunciate sulla rischiosità di tale accordo vi è quella di Joseph Stiglitz, premio Nobel per l'economia (2001), che in un discorso tenuto nel settembre del 2014 presso l'aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati (1), ha messo in guardia l'Europa dal siglare il TTIP definito dal noto economista “iniquo” in quanto potrebbe minare in modo inesorabile e irreversibile il comparto alimentare di tutto il continente europeo. L’armonizzazione degli standard potrebbe, infatti, provocare un livellamento verso il basso della qualità dei prodotti alimentari scatenando una corsa al ribasso sui costi di produzione e, in ultima istanza, sul prezzo finale del prodotto stesso. Ciò, oltre a cagionare seri danni al consumatore e all'ambiente, farebbe tabula rasa delle piccole e medie imprese i cui prodotti avrebbero serie difficoltà a collocarsi sul mercato, non solo statunitense, ma anche europeo. Tale ipotesi si rivela ancor più verosimile e allarmante se si considera che proprio gli Stati Uniti, producendo il doppio del loro fabbisogno alimentare, di cui una buona percentuale viene perduta, non incontrerebbero alcuna difficoltà ad invadere i mercati europei.

 
1) Martedì 23 settembre 2014, alle ore 16, presso la Nuova Aula dei gruppi parlamentari, si è svolta la Lectio Magistralis di Joseph Stiglitz dal titolo "La crisi dell'euro: cause e rimedi". Di seguito si riporta uno stralcio del discorso: «Un’altra cosa che l’Europa non deve fare è sottoscrivere il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (Ttip). Un accordo di questo tipo potrebbe rivelarsi molto negativo per l’Europa. Gli Stati Uniti, in realtà, non vogliono un accordo di libero scambio, vogliono un accordo di gestione del commercio che favorisca alcuni specifici interessi economici. Il Dipartimento del Commercio sta negoziando in assoluta segretezza senza informare nemmeno i membri del Congresso americano. La posta in gioco non sono le tariffe sulle importazioni tra Europa e Stati uniti, che sono già molto basse. La vera posta in gioco sono le norme per la sicurezza alimentare, per la tutela dell’ambiente e dei consumatori in genere. Ciò che si vuole ottenere con questo accordo non è un miglioramento del sistema di regole e di scambi positivo per i cittadini americani ed europei, ma si vuole garantire campo libero a imprese protagoniste di attività economiche nocive per l’ambiente e per la salute umana. La Philip Morris ha fatto causa contro l’Uruguay perché l’Uruguay vuol difendere i propri cittadini dalle sigarette tossiche. La Philip Morris nel tentativo di contrastare le misure adottate in Uruguay per tutelare i minori o i malati dai rischi del fumo si è appellata proprio ai quei principi di libero scambio che si vorrebbero introdurre con il Ttip. Sottoscrivendo un accordo simile l’Europa perderebbe la possibilità di proteggere i propri cittadini. Questo tipo di accordi, inoltre aggravano le disuguaglianze e, in una situazione come quella europea, rischierebbero di approfondire la recessione».
 

Quadro geopolitico.

Analizzando la questione sotto un profilo strettamente geopolitico risulta evidente che gli Stai Uniti, ormai in parabola discendente, mirino attraverso tale accordo e al già siglato Trans Pacific Partnership, ad ottenere una ristrutturazione della propria leadershipa livello globale.
Essi, infatti, contrariamente alle aspettative dei teorici che alla fine del conflitto bipolare decretarono la nascita dell'unipolarismo perfetto a guida statunitense, hanno perso palesemente terreno su più aree geografiche del globo. Tale nuova tendenza negli ultimi anni ha reso effettivo un sistema geopolitico articolato ormai su poli continentali; un sistema multipolare o più precisamente un «uni-multipolarismo»(2)  generato dalla commistione di differenti elementi che, come dei fiumi carsici, hanno camminato sotto traccia per poi riemergere quasi improvvisamente.

Fig. 1 - Geopolitica Brics

Tra questi, oltre al ridimensionamento dell'egemonia statunitense, vi è l’irrompere sulla scena di potenze quali Cina, Russia, India, Brasile, Sudafrica – meglio noti come BRICS – che, divenendo dei poli regionali con un ruolo di primato nella loro area di influenza (si pensi, a titolo di esempio, alla Russia in Eurasia o al Brasile in Sud America), hanno avuto l’abilità di coniugare legami politici ed interessi economici, fattori questi che, interconnessi alla dimensione geografica, ne hanno consentito l’organizzazione all’interno di un nuovo quadro internazionale.
I BRICS, considerati fino a poco tempo fa paesi emergenti, hanno gradualmente acquisito una rilevanza strategica, polarizzando l'interesse economico, finanziario e politico di altre nazioni in vari quadranti del pianeta. Tale situazione, che ha inoltre favorito l'instaurazione su scala mondiale di altri raggruppamenti quali l'Unione doganale Euroasiatica e l'UNASUR, ha generato iniziative di carattere del tutto innovativo, destinate a rivestire un ruolo determinante nella configurazione del nuovo assetto mondiale. A tal proposito, si pensi all'istituzione della Banca dei BRICS finalizzata al conferimento di grandi opere infrastrutturali per la modernizzazione di circa un terzo del pianeta che potrebbe creare una valida alternativa al sistema finanziario statunitense e fronteggiare le eventuali future crisi finanziarie internazionali, adoperando un paniere di valute che possa fare da contraltare al dollaro(3) .
Il descritto sostanziale cambiamento degli equilibri ha, dunque, dettato la necessità per gli Stati Uniti di realizzare un'unione transatlantica e transpacifica con l’esplicito intento di garantirsi le sfere di influenza sulle due sponde degli oceani, nonché quell'aurea di eccezionalità che li ha caratterizzati nel corso della loro storia.

 
 
2) Espressione con la quale si è inteso indicare l’attuale momento di transizione tra la caduta dell’unipolarismo e il consolidarsi del multipolarismo. . 
3) Annunciatane la creazione nel 2013 a Durban, durante il V vertice dei BRICS, l'accordo per la realizzazione è stato siglato durante l'incontro del luglio 2014 a Fortaleza, mentre nel luglio 2015 a Shanghai (dove è stata istituita la sede del nuovo istituto) i rappresentanti dei cinque hanno varato la loro Nuova Banca di Sviluppo (New Development Bank o NDB). Il nuovo organismo, presieduto proprio dall'indiano Kundapur Vaman Kamath, ha l’obiettivo di finanziare la collaborazione tra nazioni che rappresentano il 25% del Pil globale. I BRICS, inoltre, fanno percepire la loro presenza con grande determinazione anche nelle tematiche scottanti dello scenario internazionale concernenti le tensioni e i conflitti.
 

Conclusioni

Alla luce di quanto precede non si può che raccomandare che l'Europa conduca le trattative sul TTIP in modo scrupoloso e lungimirante, tenendo conto dei possibili risvolti, positivi e negativi, in tutti i settori e comparti dell’economia su cui l’accordo andrebbe ad impattare.
Sarebbe, dunque, auspicabile che l'Europa, proprio tenendo conto del multipolarismo ormai in atto formatosi, diversificasse i suoipartners, ipotizzando la conclusione di accordi per l'interscambio di beni e servizi anche con la parte asiatica del globo, ed in particolare con la Cina e con i paesi della Federazione Euroasiatica. Tale scelta, infatti, consentirebbe di rafforzare il collante economico con questi nuovi mercati e al contempo, sotto il profilo geopolitico, di creare un contrappeso che sicuramente le garantirebbe più ampi margini di manovra e una maggiore valenza su scala globale.
L'Italia dal canto suo, come è stato rimarcato nel corso dell'Expo 2015 dalle parti istituzionali, non deve perdere di vista il fatto che la Sicurezza Alimentare rappresenta una delle principali sfide con le quali il nuovo sistema internazionale dovrà confrontarsi. Gli alimenti, infatti, a cui è stato conferito al pari dell'energia, dell’acqua e degli armamenti un valore di fondamentale importanza strategica, diventano sempre meno accessibili e qualitativamente meno sicuri per larga parte della popolazione mondiale. Tale inaccessibilità, che nel biennio 2007/2008 ha già prodotto una drammatica crisi alimentare dagli effetti devastanti, scaturisce da una serie di criticità quali la trasformazione delle commodities agricole in prodotti finanziari con le relative e annesse speculazioni, il fenomeno dei cambiamenti climatici, l'impiego intensivo di monocolture e, non da ultimo, gli stravolgimenti geopolitici che stanno via via sviluppando una classe media con abitudini alimentari in evoluzione. È ormai pacifico che se non si trovasse il modo di affrontare adeguatamente simili criticità, quest’ultime potrebbero nel medio periodo produrre effetti oltremodo devastanti sia per gli uomini che per l'ecosistema.
L'Italia, che rappresenta un'eccellenza nel settore alimentare, dovrebbe prioritariamente pensare a come ben garantire e tutelare il proprio patrimonio agro-alimentare (evitando di commettere errori che già hanno penalizzato e depotenziato altri comparti industriali fortemente strategici per la sua economia) e dotarsi di un'opportuna visione strategica capace di porla come Paese modello, in grado di offrire soluzioni innovative e fronteggiare con successo le sfide future.

 

Bibliografia

Direzione Generale del Commercio della Commissione Europea, Il TTIP Visto da vicino, Partenariato transatlantico tra progetti e investimenti (TTIP) Verso un accordo commerciale UE-USA.
HOEKMAN B. (2014), Supply Chains, Mega-Regionals and Multilateralism: A Road Map for the WTO, CEPR, London, 19 May 2014.
NOVY D., A che punto è il mercato comune Europa USA, http://www.lavoce.info/archives/21202/a-che-punto-e-mercato-comune-eu-usa/
STIGLITZ J., "La crisi dell'euro: cause e rimedi", Camera dei Deputati Martedì 23 Settembre 2014 ore 16:00. http://webtv.camera.it/archivio?id=6830&position=0
The Grenns/European Free Alliance in the Europian Parliament (2015), Consequences of the Transatlantic Trade and Investiment Partnership, Arguments and Cuntraarguments, March 2015.
VALORI G.E., Ttip, incognite e punti di forza del nuovo trattato transatlantico, http://formiche.net/2015/01/25/usa-ue-ttip/