Solo a partire dalla metà del XIX secolo, di pari passo con lo sviluppo della scienza positivista, i primi antropogeografi (non è una brutta parola...),
utilizzando variabili come l’altitudine, la temperatura media, le precipitazioni medie annue, il tipo e l’andamento dei raccolti, le caratteristiche di flora e fauna, rilevate statisticamente, tentarono di scoprire una possibile correlazione, positiva o negativa che fosse, con il grado di sviluppo economico e sociale dei gruppi umani, tuttavia ancora còlto nelle sue dimensioni puramente materiali come la distribuzione e la densità della popolazione, la ripartizione delle razze umane, la diversità nelle colture, la diversità dei regimi di alimentazione e così via.
Solo in una seconda fase, o per meglio dire, in una fase molto avanzata del precedente approccio scientista, lo studio delle (allora ritenute soltanto possibili) influenze tra l’ambiente naturale e l’uomo cominciò ad essere proposto in una prospettiva completamente rovesciata rispetto alla precedente: più che all’influenza e al condizionamento che l’ambiente naturale sembrava avere sulle società umane, si cominciarono a studiare (quindi si cominciò a prenderne consapevolezza) gli effetti che un certo tipo di sviluppo delle società umane, quello industriale, poteva avere sull’ambiente naturale prendendo, diremmo finalmente, in esame l’impatto macroscopico delle moderne società umane sull’ambiente stesso sotto la forma di disboscamenti, estensione ed espansione delle terre coltivate, attività estrattive minerarie, costruzione di grandi vie di comunicazione terrestre, sbancamenti costieri, bonifiche territoriali e perfino della caccia o dell’addomesticamento di animali ecc.
Una terza o, se vogliamo, semplicemente l’ultima in ordine di tempo fase della riflessione sul rapporto tra società ed ambiente naturale, si sta invece svolgendo sotto il segno dell’ecologìa, cioè dello studio dei complessi rapporti che mettono in collegamento tra loro tutti i sistemi organici viventi, animali e vegetali, entro la biosfera (ecosistema). In un primo momento, situabile grosso modo nell’arco temporale degli ultimi 30 anni del XX secolo, ciò è avvenuto focalizzando l’attenzione su alcuni macroscopici aspetti del rapporto comunità umane/ambiente: da un lato fattori culturali veri e propri, come l’”ideologia di rapina” (la credenza cioè che le risorse naturali - acqua, aria, spazio - fossero infinite), dall’altro più specifici fattori strumentali allo sviluppo economico, come lo sviluppo del sistema industriale e perfino le esigenze della geopolitica.
E’ soltanto negli ultimi decenni, in particolare proprio in questo scorcio di inizio del XXI secolo, che il concetto di ambiente naturale è stato collegato piuttosto, nell’uso corrente come in quello degli esperti, a fenomeni critici di assai vasta portata come l’inquinamento, la sovrappopolazione, la carenza di risorse del pianeta, la mutata percezione del rischio tecnologico, i cambiamenti climatici ed altro ancora.
A questi suoi inizi, intorno agli ultimi anni del XX secolo, la teoria sociale dell’ambiente è quindi una teoria della crisi ambientale, costretta cioè, di fronte alle emergenze imposte dalla crisi ambientale nonché dall’affermarsi dell’ecologismo come movimento sociale sempre più esteso, a produrre un processo di ricostruzione teorica fondato su un cambiamento di paradigma, indispensabile per ripensare i rapporti dialettici tra società ed ambiente naturale.
L’interesse per l’ambiente, i suoi temi ed i suoi problemi nelle società avanzate (diremmo post-moderne) è cresciuto sensibilmente. Sono anche sorti movimenti sociali ed associazioni ecologiste che rivendicano la tutela delle risorse naturali e dei paesaggi come una delle vie qualificanti verso un possibile ulteriore sviluppo della società, sono stati predisposti vincoli legislativi (un esempio fra mille la riduzione/eliminazione dei gas CFC, HCFC e alcuni HFC, gas refrigeranti fluorurati che costituiscono la maggior parte dei fluidi utilizzati nelle applicazioni di refrigerazione e condizionamento dell’industria per contrastare l’ampliarsi del buco dell’ozono) e nuovi comportamenti collettivi stanno sviluppandosi un po’ ovunque per ridurre il degrado ambientale. La lotta allo smaltimento illecito ed indiscriminato dei rifiuti è stata potenziata, implementate le azioni di tutela e salvaguardia della biodiversità animale e vegetale.