Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

TECNOLOGIA 
Ecosistemi forestali gestiti dal Cufaa: approccio integrato per il monitoraggio della loro funzionalità
28/02/2024
Giacomo CORVARO 
Ten. CC RF - Comandante N.I.P.A.A.F. di Verona

Il monitoraggio degli ecosistemi forestali è una delle più importanti azioni per migliorarne la resilienza nell’ottica della lotta al cambiamento climatico. Infatti, foreste in salute sono in grado di incrementare il livello di carbonio sequestrato, uno degli obiettivi universalmente riconosciuti dai governi a scala mondiale. Anche le politiche nazionali ed internazionali del settore (Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile, Strategia forestale europea e Strategia forestale nazionale) individuano il monitoraggio forestale come uno delle azioni cruciali per la protezione di questi ecosistemi. In conclusione, la chiave per incentivare la lotta al cambiamento climatico è innanzitutto la conoscenza, seguita dal monitoraggio delle dinamiche biologiche, con l’obiettivo di individuare strategie per il miglioramento della resilienza forestale. Questo studio ha come obiettivo l’introduzione di un approccio integrato per il monitoraggio degli ecosistemi forestali situati in aree protette. In Italia, molte di queste aree sono gestite dal CUFAA (Comando Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri). Lo studio è stato portato avanti ricorrendo ai dati della Riserva Naturale Statale di “Duna Feniglia” nella provincia di Grosseto (centro Italia). Trattasi di una foresta artificiale dominata dal pino domestico e gestita dal Reparto Carabinieri Biodiversità di Follonica. L’approccio integrato è stato costruito accoppiando le tradizionali tecniche di analisi dendrocronologiche con il remote sensing. L’indice di vegetazione multispettrale derivato da satellite come l’NDVI è stato valutato come predittore della produttività dell’ecosistema forestale, con l’obiettivo di valutare gli andamenti temporali dei fenomeni di greening e browning dell’intera area forestale della riserva. Questo studio può essere considerato un primo passo per futuri modelli di monitoraggio in altre riserve naturali gestite dal CUFAA, sviluppando come risultato strategie e piani di conservazione. 

The monitoring of forest ecosystems is one of the most important actions to improve their resilience consequently the climate change fight. In fact, healthy forests are able to increase the level of carbon sequestration that’s one of the worldwide government’s goals. Also the international and national policies in this field (UN’s 2030 Agenda for Sustainable Development, EU Forest Strategy, National Forestry Strategy) pinpoint forest monitoring as one of the crucial actions for the protection of these ecosystems. In conclusion, the key to fostering climate change fight is firstly knowledge, followed by the monitoring of biological processes, with the aim to find strategies for the improvement of forest resilience. This study aims to introduce an integrated approach for the monitoring of forest ecosystems in protected natural areas. In Italy, an important amount of these areas is managed by CUFAA (Comando Unità Forestali Ambientali and Agroalimentari of Arma Carabinieri). The activities were carried out using the data of the state natural reserve “Duna Feniglia” in the province of Grosseto (central Italy). It is a restored forest ecosystem dominated by the stone pine (Pinus pinea L.) and managed by the Reparto Carabinieri Biodiversità of Follonica. The integrated approach was built coupling traditional dendrochronological analysis and remote sensing. Satellite derived multispectral vegetation index such as normalized difference vegetation index (NDVI) was evaluated as a proxy of forest productivity with the aim to evaluate browning and greening trends of the entire reserve’s forest. This study may be considered the first step to future models in other natural reserves managed by CUFAA and as a result, develop strategies and conservation plan.


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Immagine 1 – Inquadramento geografico della Riserva di Protezione “Duna Feniglia”. La Riserva è delimitata dal poligono verde. Scala 1:25.000. SR WGS84/EPSG 4326

Premessa
È ormai noto che gli ecosistemi forestali costituiscono componenti territoriali di fondamentale importanza dal punto di vista ambientale, economico e sociale. Rappresentano, inoltre, uno dei pilastri fondanti delle principali politiche gestionali, attuali e future, nel settore ambientale, assumendo così una valenza di prim’ordine sia a livello nazionale che internazionale. Tale centralità deriva dall’ormai consolidata conoscenza delle funzioni che le foreste assicurano, tra cui l’erogazione dei molteplici servizi ecosistemici oltre quelli di approvvigionamento (legname, piccoli frutti, semi, ecc.). Tuttavia, affinché le foreste siano in grado di espletare al meglio queste potenzialità, è necessario che siano foreste resistenti, resilienti e funzionali. Tali tematiche risultano attualissime non solo nel mondo accademico, tant’è che nella COP27 di Sharm el-Sheikh in Egitto del novembre 2022 il Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen ha affermato che “Solo foreste in salute possono stoccare carbonio ed in questo modo aiutarci a combattere il cambiamento climatico”.
Per questi motivi, riconoscerne l’importanza non è più sufficiente, bensì risulta fondamentale monitorare costantemente la qualità di tali cenosi, soprattutto di quelle che si trovano all’interno di aree di particolare valore ambientale, ecologico e paesaggistico. Tra queste spiccano sicuramente le riserve naturali statali, aree che il CUFAA gestisce tramite il Raggruppamento Carabinieri Biodiversità. In questo contesto, si comprende come il monitoraggio degli ecosistemi forestali rappresenta oggi una delle più importanti competenze affidate ai Carabinieri Forestali, in grado di consolidare e guidare verso le future sfide ambientali, le molteplici attività che tradizionalmente vengono espletate dai diversi Reparti operanti sul territorio. Nel merito, utilizzando le moderne tecnologie di remote sensing e le tradizionali tecniche dendrocronologiche, è possibile introdurre un nuovo approccio integrato al monitoraggio della funzionalità di tali superfici forestali. La funzionalità degli ecosistemi forestali, espressa in termini di produttività, può essere analizzata in un arco temporale ovvero, grazie allo studio dei suoi trend di crescita (o decrescita), è possibile acquisire informazioni fondamentali per la loro gestione. 
Questo nuovo approccio integrato al monitoraggio degli ecosistemi forestali gestiti dal CUFAA è stato introdotto dallo studio sviluppato all’interno del percorso formativo del corso Ruolo Forestale della Scuola Ufficiali Carabinieri, attraverso il primo Master di II livello in “Conservazione della biodiversità e contrasto dei crimini ambientali – C.O.B.C.R.A.” dell’Università degli Studi di Viterbo-Tuscia. 

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Immagine 2 – Mappa NDVI derivante dall’analisi dell’Indice di Vegetazione per l’intero popolamento. La mappa è stata realizzata attraverso il software QGIS. Scala 1:5.000. SR WGS84/EPSG 4326.

L’idea alla base del nuovo approccio
Una foresta che cresce nel migliore dei modi è anche in grado di sequestrare una maggior quantità di carbonio, incrementando così i livelli di carbon stock e carbon sink, i principali parametri presi in considerazione nel processo di carbon sequestration. Per questo motivo, risulta fondamentale monitorare costantemente la qualità di tali ecosistemi, soprattutto di quelli che si trovano all’interno di aree di particolare valore ambientale, ecologico e paesaggistico. La stessa EU Forest Strategy rivolge particolare attenzione proprio alle aree protette, che dovrebbero essere quelle in condizioni migliori e che necessitano, sulla base dei report annuali, di un miglioramento significativo del loro stato di conservazione. A tal riguardo, la comprensione delle dinamiche ecologiche e di sviluppo dei soprassuoli boscati si fonda sulla conoscenza delle modalità con le quali tali cenosi forestali si accrescono o meglio, evolvono nel tempo e come rispondono ai principali input climatici, anche in virtù di fenomeni di disturbo che mettono sempre più frequentemente alla prova le loro funzionalità. 
Tra le diverse metodologie di analisi, lo studio degli anelli legnosi ovvero la disciplina della dendroecologia, rappresenta oggi uno degli strumenti migliori per la descrizione ecologica degli alberi e delle foreste, contribuendo, inoltre, a migliorare la conoscenza e valutazione della loro risposta ecologica e biogeografica. Attualmente, le più moderne strumentazioni di raccolta e analisi dei dati hanno aumentato le potenzialità e applicabilità di questi studi, garantendo così un approccio multidisciplinare e sicuramente più performante allo studio di questi ecosistemi così complessi. Tra queste nuove metodologie si deve tener conto sicuramente delle tecniche di telerilevamento satellitare (remote sensing), ampiamente utilizzate nelle discipline ambientali già da alcuni anni. L’utilizzo dei dati acquisiti con le tecniche di telerilevamento, infatti, è stato ampiamente diffuso in questo settore poiché si è dimostrata la loro efficacia nella valutazione di alcuni parametri fondamentali. Il loro utilizzo, tuttavia, potrebbe essere reso ancora più efficiente dall’associazione delle metodiche tradizionali (rilievo a terra dei principali parametri dendrometrici e produttivi) che in ogni caso rappresentano e permangono il primo e fondamentale approccio allo studio degli ecosistemi forestali. 
Lo studio sperimentale è stato sviluppato proprio con questa finalità, ossia fornire le basi metodologiche per un approccio integrato, pragmatico e replicabile, al monitoraggio degli ecosistemi forestali. Questo nuovo approccio si basa quindi sull’integrazione del metodo dendrocronologico classico, con quello più avanzato delle tecnologie di remote sensing. In particolare, è stato proposto un approccio multidisciplinare per la valutazione delle funzionalità ecosistemiche dei soprassuoli forestali nelle aree protette, potenzialmente sviluppabile anche attraverso un protocollo di utilizzo in campo applicabile dai competenti Reparti del CUFAA.

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Immagine 3 – Mappa del trend NDVI. Scala 1:5.000. SR WGS84/EPSG 4326

L’area di studio
Come noto, un ruolo chiave negli equilibri ambientali e climatici viene espletato dalle foreste localizzate all’interno di aree e riserve naturali. Per questa particolare tipologia di soprassuoli e in virtù della loro localizzazione, il CUFAA svolge un ruolo di vitale importanza. In particolare, il Raggruppamento Carabinieri Biodiversità è responsabile della gestione di tali foreste e, considerando le sempre più incombenti sfide nonché richieste socio-ambientali, si trova al centro di importanti attività di studio tra cui il monitoraggio di questi stessi ecosistemi. Per questo studio è stata individuata la Riserva Naturale statale di “Duna Feniglia”, gestita dal Reparto Carabinieri Biodiversità di Follonica (GR), in Toscana. Questo soprassuolo forestale, infatti, è stato oggetto di precedenti studi da parte dell’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo- Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali, in collaborazione con lo stesso Reparto Carabinieri Biodiversità. Di conseguenza, il presente lavoro può essere considerato anche un positivo esempio della sinergia realizzabile tra il mondo accademico e nel caso di specie, una forza di polizia ambientale unica nel suo genere a cui sono demandate, tra le altre funzioni, la tutela e la gestione delle riserve statali.
La Riserva di “Duna Feniglia” situata nel Comune di Orbetello in provincia di Grosseto, occupa una stretta fascia di circa 474 ettari di territorio pianeggiante tra la laguna di Orbetello e il Mar Tirreno, fungendo da congiunzione ambientale, ecologica e paesaggistica con il promontorio dell’Argentario. L’area protetta, occupa il tombolo meridionale della laguna di Orbetello ed è soggetta, soprattutto nei mesi di maggior afflusso turistico, a una pressione antropica significativa. La Riserva, è frutto di un rimboschimento risalente ai primi del 1900 che sorge su “dune dell’Olocene prossime ad un lago salmastro” (PIRAINO et al., 2013). Nel 1910, successivamente a interventi di esproprio, la duna passò nelle mani del Demanio Forestale (Azienda Speciale per le Foreste Demaniali) che iniziò degli importanti lavori di rinsaldamento e rimboschimento principalmente con finalità sanitarie e protettive. Tali lavori si basarono su semine o piantagioni di pino marittimo (Pinus pinaster Aiton) verso il mare e di pino domestico (Pinus pinea L.) nell’interno, protette con piantagione o semine di specie erbacee idonee. Tutti questi interventi sono stati realizzati in un arco temporale di 50 anni, garantendo così la creazione di un bosco avente l’attuale estensione di circa 474 ettari, 320 dei quali di pineta di produzione di pino domestico e 124 ettari di pineta di protezione. Considerando le sue peculiarità, nel 1971 la Duna Feniglia è stata dichiarata Riserva Forestale di Protezione, proprio per l’importante funzione di barriera naturale contro l’erosione esercitata dai venti marini. 
Dal punto di vista forestale, la riserva è oggi considerabile una pineta di pino domestico e di pino marittimo di origine artificiale. Dal punto di vista cronologico, si tratta di un soprassuolo coetaneo su vaste superfici, ottenuto grazie al susseguirsi di articolate attività selvicolturali, avviate con azioni di consolidamento e ricolonizzazione delle sabbie, tipiche dell’ingegneria naturalistica. Questo per massimizzare, come detto, la funzione protettiva, ma anche per introdurre all’epoca un importante funzione produttiva (legname, pinoli, resina). Attualmente, il grande valore paesaggistico ed ecologico del bosco è messo in pericolo da una serie di criticità di natura fitosanitaria, climatica e bio-statica. Infatti, alla crisi del pino contribuisce significativamente l’ingresso del cuneo salino dal lato laguna, derivante da una modifica del regime idrico per finalità di pescicoltura. A questo si è aggiunto un evento meteorico estremo, un downburst, che nel 2019 ha causato lo schianto di circa 2.600 metri cubi di legname nonché le attività trofiche di insetti e mammiferi (ungulati), serio problema per la rinnovazione delle due specie forestali principali. L’area della riserva, inoltre, rientra all’interno dell’habitat protetto della Direttiva Habitat dell’UE in quanto di notevole interesse per il suo rischio di scomparsa dal territorio europeo, (ZPS IT51A0028 “Duna di Feniglia”- Dune con foreste di Pinus pinea e/o Pinus pinaster) e sostanzialmente collegata all’altra area protetta ai sensi della Direttiva Habitat, la ZSC-ZPS IT51A0026 “Laguna di Orbetello”.


Obiettivi dell’approccio innovativo
L’approccio integrato per il monitoraggio della funzionalità dell’ecosistema forestale, è stato sviluppato e testato basandosi sulla possibile correlazione statistica tra l’indice di vegetazione NDVI (Normalized Difference Vegetation Index) e l’incremento di area basimetrica BAI (Basal Area Increment). L’NDVI, infatti, è stato riconosciuto dalla bibliografia scientifica come un ottimo parametro per verificare i trend vegetativi degli ecosistemi forestali, valutandone cioè un miglioramento o peggioramento nel tempo. L’incremento di area basimetrica, invece, è un parametro che fornisce indicazioni di quanto la pianta cresce nel corso del tempo e di conseguenza, permette di analizzarne il trend di produttività. Questi due parametri, rilevati uno a terra (BAI) e l’altro tramite l’utilizzo di tecniche di remote sensing (NDVI) possono essere correlati tra loro per verificare una corrispondenza nei trend di crescita di produttività (cd. “greening”) o diminuzione di produttività (cd. “browning”). Infatti, in caso di correlazione statisticamente significativa, può essere sviluppato un approccio integrato per valutare la produttività delle foreste in quelle aree non investigate, ovvero procedere a una spazializzazione dei risultati del modello stesso. Per questi motivi, la finalità dell’approccio di monitoraggio proposto, è stata anche quella di valutarne l’adattabilità in altri contesti forestali (caratterizzati da altri indici e parametri), ovvero la sua applicabilità in altre riserve naturali gestite dal CUFAA. In conclusione, gli obiettivi specifici prefissati dello studio sono stati:
a) valutazione dell’effetto delle condizioni stazionali sulla produttività, in termini di incremento in area basimetrica, del soprassuolo forestale;
b) verifica dell’applicabilità, nelle riserve gestite dal CUFAA, di un nuovo approccio alla valutazione della funzionalità degli ecosistemi forestali.

Immagine 4Immagine 4 – Mappa della produttività (BAI) dell’intero popolamento forestale della Riserva di Duna Feniglia. Scala 1:5.000. SR WGS84/EPSG 4326.

 



Materiali e metodi
I metodi di analisi si sono basati sull’iniziale raccolta, in campo e tramite remote sensing, di dati relativi ad aree di saggio selezionate, con l’obiettivo di valutare la correlazione statistica tra NDVI (Normalized Difference Vegetation Index) e BAI (Basal Area Increment). È stato poi sviluppato un modello statistico per l’approccio integrato al monitoraggio della produttività e valutato come questo possa essere applicato su scala spaziale nell’intera riserva di “Duna Feniglia”. Nello specifico, sono stati selezionati due siti di analisi, con differenti caratteristiche stazionali e produttive. Precedenti studi, infatti, hanno individuato che “la costituzione di un’area protetta ha favorito il processo di greening ma i disturbi locali, come quelli nelle aree dunali vicino al mare o alla laguna, possono causare fenomeni di browning e di degradazione ecosistemica” (SOLANO et al., 2022). Sinteticamente, è stato possibile localizzare nella riserva un’area in cui vi sono condizioni ideali per lo sviluppo della specie, chiamata sito in “greening” e un’area dove per effetto di limiti stazionali (vicinanza del mare, salsedine, cuneo salino) le condizioni di vegetazione e di accrescimento sono più contenute, chiamata sito in “browning”. L’utilizzo dei termini “greening” e “browning” deriva dalla consuetudine scientifica, adottata nelle attività di monitoraggio e controllo ambientale delle superfici forestali, di denominare fenomeni e soprattutto trend di crescita o di declino della vegetazione sulla base di alcuni parametri e in particolare dei cosiddetti indici di vegetazione (risposte spettrali delle superfici forestali tramite NDVI dalle quali si ricavano immagini a “falsi colori” generalmente tendenti dal verde al marrone). Nello specifico, all’interno del sito in greening sono state individuate a loro volta due aree, una con presenza di macchia mediterranea (Phillyrea angustifolia L., Pistacia lentiscus L.) e una senza macchia mediterranea. Il disegno sperimentale ha previsto l’individuazione di 8 piante campione per ciascuna delle aree di studio, per un totale di 24 piante campionate dalle quali sono stati prelevati campioni legnosi (carote) utilizzando una trivella di Pressler. Sono state rilevate anche le informazioni spaziali, ovvero le coordinate geografiche di ciascuna pianta (con sistema GNSS) nonché realizzate fotografie e assegnati codici identificativi univoci, redigendo una scheda di rilievo individuale (diametro e altezza misurati tramite cavalletto dendrometrico e ipsometro). Le carote legnose sono state oggetto di una classica analisi dendrocronologica poiché “l’analisi degli anelli degli alberi è uno strumento potente per l’identificazione delle più importanti relazioni tra la crescita radiale degli alberi e il clima” (FRITTS, 1976). Da questa analisi, è stata quindi determinata la produttività delle piante campionate in termini di accrescimento annuo di area basimetrica (BAI). In particolare, tramite la lettura degli anelli e del relativo spessore ovvero della loro ampiezza anulare, cd. ring width, (grazie al sistema CCTRMD – CATRAS), è stato possibile risalire con precisione anche all’età delle piante e, soprattutto, calcolare il BAI (BAI= π/4 (D2-(D-2i)2)). In sostanza, l’operazione fondamentale dell’analisi di laboratorio è stata quella di misurare le ampiezze anulari per poi ricostruire gli incrementi di area basimetrica di tutte le piante campionate. 
Per quanto riguarda l’NDVI, trattasi di un indice adimensionale che rientra nella categoria dei cosiddetti indici spettrali ed in particolare degli indici di vegetazione, ampiamente investigato poiché assicura una buona rappresentatività dei trend di vegetazione. Ciò significa che è considerabile, come altri dati derivanti da informazioni spaziali, “un buon proxy della produttività della vegetazione potendo garantire prolungate registrazioni osservative di molte parti del mondo” (SOLANO et al, 2022). Nello studio, l’NDVI delle aree investigate è stato rilevato per un periodo di 21 anni, dal 2000 al 2022, utilizzando la piattaforma open source “Earth map” (www.earthmap.org). Da questa piattaforma sono stati estrapolati i dati (NDVI/anno) permettendo così di scaricare un andamento annuale dell’indice di vegetazione e rendendolo così associabile al ring width, esso stesso riferito al singolo anno di crescita della pianta. Di conseguenza è stato possibile verificare la corrispondenza temporale tra queste due variabili, confrontando così le serie di NDVI e le serie di BAI. Le successive fasi dello studio sono state l’analisi dei trend di produttività e la modellizzazione della produttività, basandosi su metodi statistici in grado di verificare la correlazione tra i due parametri. La costruzione di una relazione tra i due parametri si è basata poi sulla scelta dell’NDVI come predittore e BAI come variabile di risposta, analizzandone i principali parametri statistici. Utilizzando infine, in ambiente GIS, i coefficienti della relazione statistica ottenuta, è stato possibile procedere alla spazializzazione dei valori predetti di BAI, a partire dai valori di NDVI.

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Immagine 5 – Carota legnosa prelevata da una pianta campione.

Risultati e considerazioni 
Dai risultati delle analisi si è osservato come nei due siti potenzialmente più produttivi gli individui arborei hanno manifestato valori dimensionali maggiori (diametro e altezza medi). Per quanto riguarda i valori di incremento di area basimentrica (BAI), lo studio ha rilevato che la produttività è diminuita progressivamente nel corso del periodo temporale oggetto di analisi. Aspetto interessante, il raggiungimento degli stessi livelli produttivi tra le piante sane e quelle deperienti nel corso degli anni ’40: i due trend, infatti, a partire da quel decennio si sono poi definitivamente distanziati, con livelli di produttività delle piante deperienti (in browning) assestati a valori sempre inferiori di quelle sane (in greening). Relativamente all’indice NDVI, lo studio ha dimostrato come i valori del sito in deperienza sono stati sempre inferiori a quelli dei due siti in greening nel corso di tutto l’arco temporale dell’analisi. 
Uno degli obiettivi dello studio è stato quello di procedere alla spazializzazione dei valori di NDVI ovvero ad analizzare l’indice di vegetazione dell’intero popolamento forestale della Riserva di Duna Feniglia. Tale processo, infatti, è stato reso possibile grazie alla derivazione dei dati satellitari dell’intera serie temporale scelta (2000-2022) sull’intera superficie forestale. Grazie al software QGIS è stato possibile ottenere un prodotto cartografico per l’analisi su larga scala dell’indice di vegetazione della riserva, vale a dire una mappa, interrogabile in formato digitale, in cui ogni pixel riporta il valore di NDVI. Stesso procedimento è stato effettuato per il trend di NDVI, ovvero la variazione temporale di NDVI di ogni area della pineta. Da quest’ultima mappa cartografica si osserva come i trend crescenti (valori di NDVI positivi) sono concentrati soprattutto nelle aree più interne della pineta mentre trend negativi ovvero decrementi dell’indice si localizzano, soprattutto, in prossimità della laguna e comunque nelle fasce più esterne del popolamento.
Dai risultati ottenuti è stato possibile utilizzare l’NDVI come proxy di produttività e, la successiva analisi statistica, ha mostrato come il modello abbia un sufficiente potere predittivo. Di conseguenza, in ambiente GIS, si è proceduto alla spazializzazione della produttività (BAI) su tutto il popolamento di Duna Feniglia, utilizzando proprio la variabile indipendente (NDVI). Tale processo, infatti, è stato reso possibile grazie all’applicazione del modello costruito a partire dai soli dati rilevati a terra nei tre siti campione. In conclusione, la modellizzazione è stata utilizzata per spazializzare i valori di BAI, a partire dai valori di NDVI dell’intera serie temporale scelta. Infine, sempre in ambiente GIS, è stato possibile ottenere un prodotto cartografico per l’analisi su larga scala della produttività della riserva, ovvero una mappa in cui ogni pixel descrive il valore predetto di BAI. Dall’analisi di questa mappa della produttività, si osserva come l’ecosistema forestale della riserva è caratterizzato da una diversificazione sensibile dei valori di BAI. In particolare, i livelli più alti (colore tendente al rosso) si localizzano principalmente nella zona più interna della pineta, essendo inoltre caratterizzati da una importante frammentazione spaziale. Al contrario, le zone di minor produttività (colore tendente al viola) si localizzano nelle due fasce più esterne del popolamento, ovvero sia in direzione della laguna (nord) che del mare (sud). 
La mappa evidenzia, inoltre, che i valori di BAI stimati descrivono in maniera chiara una condizione di produttività inferiore, ovvero di sofferenza, delle fasce più esterne della pineta. Queste risulterebbero infatti sottoposte a un’azione più intensa sia di fattori di disturbo abiotici (aerosol marino, cuneo salino, velocità e forza del vento) sia legati alle condizioni microclimatiche (insolazione, evapotraspirazione). Tali caratteristiche micro-ambientali, sono in sostanza da considerare sensibilmente differenti rispetto a quelle delle aree più interne. In queste ultime, infatti, i livelli di BAI osservabili dalla mappa, testimoniano la presenza di condizioni di produttività migliori, anche per un probabile effetto protettivo reso proprio dalle fasce più esterne della pineta. In conclusione, le differenti condizioni di produttività evidenziate dalla mappa, trovano corrispondenza anche con quanto mostrato dalla mappa del trend di NDVI. In quest’ultima, infatti, si osservano dei valori di indice fotosintetico ripartiti a livello spaziale nella stessa modalità dei valori di BAI. Per avere un riscontro pragmatico di questi risultati ovvero sulla gestione della riserva, grazie ai prodotti cartografici ottenuti (mappa del trend di NDVI e mappa dei BAI), è possibile indirizzare una maggiore attenzione a quelle zone della pineta in cui la produttività ovvero la funzionalità delle aree forestali, risulta maggiormente in sofferenza.  

Prospettive future
L’obiettivo dello studio è stato quello di approntare e proporre una modalità innovativa al monitoraggio degli ecosistemi forestali gestiti dal CUFAA, basata su dati rilevati a terra e su dati provenienti da immagini satellitari. Questo nuovo approccio al monitoraggio degli ecosistemi forestali sviluppato nella Riserva naturale statale di Duna Feniglia, ha dimostrato come a partire da dati satellitari è possibile spazializzare, sulla base di un modello costruito da analisi puntuali in campo, i valori di produttività dell’intero soprassuolo. Il modello, infatti, è stato sviluppato integrando informazioni derivanti dalla tecnologia satellitare e dalle tradizionali tecniche dendrocronologiche. Proprio da questo binomio deriva una grande potenzialità dell’approccio proposto, in considerazione anche della semplicità complessiva nell’acquisizione delle informazioni di base. Da un lato, infatti, l’approccio integrato prevede misurazioni e prelievi “in campo” ordinariamente effettuati o facilmente realizzabili dai Reparti operanti sul territorio, impiegando pochi e tradizionali strumenti riconducibili alla disciplina selvicolturale (rilievo dendrometrico, prelievo di carote legnose). Dall’altro, la possibilità di scaricare dati da analisi satellitari liberamente messi a disposizione in rete ovvero con software open source non richiede particolari competenze nel settore del remote sensing. La grande potenzialità di questo nuovo approccio risiede, quindi, nella capacità di restituire informazioni su larga scala, a partire da dati puntuali rappresentativi del popolamento forestale oggetto di studio (BAI e NDVI). Tutto ciò contribuisce a ribadire la validità in termini di efficacia ed efficienza dello strumento e, di conseguenza, la sua completa applicabilità nei più diversi contesti operativi. Sono stati proposti e descritti in altre sedi, diversi spunti operativi sull’applicabilità del metodo, che potrebbero diventare stimolo per future attività di monitoraggio, utili per l’ordinaria attività istituzionale dei Carabinieri Forestali. Tra questi:
1. Monitoraggio dei soprassuoli forestali nelle aree protette;
2. Sviluppo di un manuale/protocollo sulle tecniche di monitoraggio della funzionalità degli ecosistemi forestali;
3. Monitoraggio dei soprassuoli forestali a seguito di disturbi antropici connessi ad illeciti ambientali (es. incendi, inquinamento, tagli abusivi ecc.);
4. Monitoraggio dei progetti di ripiantumazione nelle aree protette;
5. Monitoraggio dei boschi vetusti;
6. Monitoraggio delle foreste urbane; 
7. Monitoraggio degli alberi monumentali. 

In conclusione, la principale potenzialità di questo approccio è individuata nella possibilità di monitorare un intero popolamento forestale ovvero di attenzionare velocemente le eventuali differenze tra piante/stazioni deperienti e altre con maggiore produttività. Tutto questo a partire da attività di campo e rilievi su singole aree e piante campione. Considerando le basi costruttive del modello, infatti, le metodologie adottate risultano a tutti gli effetti adeguabili ai diversi contesti di operabilità ovvero alle necessità e richieste di tutti quegli enti che si occupano a vario titolo della gestione degli ecosistemi forestali nelle aree protette. Sulla base di tali considerazioni si comprende come l’idea del modello, adattabile in altri contesti e con altri indici, è quella di poter essere sviluppato ed utilizzato in altre riserve gestite dal CUFAA. Ci si rivolge in particolare a quei reparti che, su tutto il territorio nazionale, si occupano di pianificazione degli interventi e gestione degli ecosistemi forestali, soprattutto alla luce delle future sfide legate al cambiamento climatico e agli adeguamenti normativi, nazionali e sovranazionali, del settore.

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Bibliografia
-Fritts HC, 1976. Tree Rings and Climate. Academic Press. London, UK. 576. 
-Piraino, S., Camiz, S., Di Filippo, A. et al. A dendrochronological analysis of Pinus pinea L. on the Italian mid-Tyrrhenian coast. Geochron 40, 77–89 (2013). https://doi.org/10.2478/s13386-012-0019-z
-Solano, F., Praticò, S., Modica, G., Quilghini, G., Piovesan, G. (2023). Multi-Temporal Satellite Imagery for Monitoring Productivity Trend in Mediterranean Coastal Forest Ecosystems: The Study Case of the State Natural Reserve "Duna Feniglia" (Italy). In: Ferro, V., Giordano, G., Orlando, S., Vallone, M., Cascone, G., Porto, S.M.C. (eds) AIIA 2022: Biosystems Engineering Towards the Green Deal. AIIA 2022. Lecture Notes in Civil Engineering, vol 337. Springer, Cham. https://doi.org/10.1007/978-3-031-30329-6_126