Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

STORIA 
Evoluzione storica dell’igiene degli alimenti ​
30/08/2023

di Samuele PULZE

Ten. Col. CC RT (vet) Capo della 1^ Sezione del Servizio per la Veterinaria del Dipartimento per l’Organizzazione Sanitaria e Veterinaria del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri e Ufficiale addetto dell’Ufficio Comando del Centro Nazionale di Accoglienza degli Animali Confiscati Carabinieri (CNAAC)


Dall’iniziale contesto iniziatico-sacerdotale, l’igiene degli alimenti, attraverso i secoli, matura da mito a scienza, trasformandosi progressivamente da una tutela “economica” del consumatore (prevenzione delle frodi) alla garanzia della salubrità delle filiere agroalimentari. La presente trattazione ripercorre le tappe essenziali di questa maturazione storica, fino all’attuale svolta in materia di legislazione e sicurezza alimentare.

From the initial initiatory-priestly context, food hygiene, over the centuries, matured from myth to science, progressively transforming itself from an "economic" protection of the consumer (fraud prevention) to the guarantee of the wholesomeness of the agri-food chains. This discussion traces the essential stages of this historical maturation, up to the current turning point in the field of legislation and food safety.


FIGURA 2Il codice di Hammurabi e le prime forme di lotta alle frodi agroalimentari

Il termine “igiene” deriva dal greco “Hygieia” (traducibile con “salute”, “rimedio”, “medicina”), divinità della mitologia greca prima e, successivamente di quella romana (“Igea”), il cui culto era strettamente associato a quello del padre Asclepio (Esculapio, nell’adattamento latino), dio della medicina. Igea, oltre che dea della salute (o del risanamento, in generale), era la divinità di ogni cosa pulita e, a differenza del padre, direttamente associato alla cura delle malattie, veniva associata alla prevenzione delle stesse e dei danni fisici, nonché al mantenimento dello stato di salute[1].

Chi, ai giorni nostri, si trovasse a percorrere i corridoi e a visitare le sale dell’University College of London[2],  potrebbe avere il privilegio di ammirare il papiro di Khaun, scritto in caratteri geroglifici e così chiamato dall’omonima città in cui venne ritrovato, che viene fatto risalire, presumibilmente, al XX sec. a.C.. Il documento, pur notevolmente (e comprensibilmente, visti i quasi 4.000 anni trascorsi…) danneggiato, costituisce la prima testimonianza scritta di sanità pubblica veterinaria, riflesso dell’evoluzione che caratterizzò in quel periodo storico l’antica Civiltà Egizia, con il passaggio dalla medicina rituale alla medicina razionale, tramite la fase dell’applicazione delle pratiche empiriche. Lo storico greco Erodoto[3], nel secondo libro della sua celebre opera, le “Storie”, in cui vengono esposte tutte le curiosità della “terra d’Egitto”, descrive la figura di una sorta di ispettore veterinario ante litteram impegnato in una accurata visita ante mortem del bovino da macellare (compreso un esame della lingua), seguita dall’applicazione di un complesso sigillo (sorta di bollo), senza il quale i sacerdoti non potevano poi procedere alla macellazione dell’animale, funzionale al sacrificio rituale: la mancata osservanza delle prescrizioni comportava la pena di morte[4].

L’ispezione delle carni veniva effettuata con estremo rigore, precorritrice di moderne procedure, quali la valutazione delle condizioni igieniche dei locali e del personale (ad es., il frequente lavaggio delle mani richiesto), nonché la visita post mortem effettuata su sangue e visceri[5], valutandone le caratteristiche visive e olfattive, finalizzata ad assicurare l’assenza di tracce riconducibili a malattie organiche e/o ascrivibili alle infermità, elencate nei Libri Sacri, che rendevano le carni impure.

Nella ricca e florida Mesopotamia, culla di una civiltà accurata e complessa, a cui si rimandano, per lo sviluppo di arti e scienze, gran parte delle origini del mondo occidentale, trova collocazione, durante il regno di Hammurabi, illuminato sovrano di Babilonia dal 1792 al 1750 a.C., la redazione del famoso Codice omonimo (1790 a.C. circa), fra le più antiche raccolte di leggi scritte[6], i cui principi giuridici non solo sono stati ripresi da analoghi documenti di epoche successive (ad. es., il Codice di Giustiniano, 529 - 534 d. C.), ma sono presenti anche nei sistemi costituzionali moderni. Il corpus legale, composto di 282 paragrafi o articoli, testimonia come fin dall’Antichità fosse sentita l’esigenza di emanare norme tese a sancire una disciplina per le filiere agro-alimentari e per la tutela dei consumatori nei confronti delle frodi nel settore; nello specifico, si trovano riferimenti al grano, all’olio d’oliva e alla birra, con disposizioni riguardanti la violazione dei requisiti stabiliti per la sua produzione e per la vendita in locali privi della prevista concessione. La relativa disciplina sanzionatoria era molto severa[7] e prevedeva, in molti casi, la pena di morte.

FIGURA 3Il Macellum: l’urbanistica funzionale alla vigilanza

Nella Grecia e nella Roma antiche era consolidata la forte valenza purificatrice dell’igiene, posta alla base di tutte le pratiche legate al culto delle divinità dei rispettivi pantheon. Nell’urbe era particolarmente vigile la sorveglianza attuata sui generi alimentari, con particolare riguardo per il grano e la carne: nella Roma di età Repubblicana (dal 509 al 31 a.C.), le derrate alimentari (carni comprese) poste in commercio venivano verificate da apposite autorità statali, gli Edili Curuli[8] (in numero di 2, di estrazione patrizia), tra i cui compiti vi era, appunto, il controllo delle carni, ma anche l’attività ispettiva presso i negozi dei commercianti in generi alimentari. Gaio Giulio Cesare, assunta la carica di dictator perpetuus nel 44 a.C., nello stesso anno affiancò ai Curuli, gli Edili Ceriali (di estrazione plebea), con lo specifico compito di occuparsi dell’annona[9]. Con la nascita del Principato, l’incarico passò ad una apposita magistratura creata da Ottaviano Augusto, i Prefetti dell’annona, funzionari di rango equestre preposti alla supervisione dei rifornimenti di grano. Il macellum[10], il mercato specializzato nella vendita al dettaglio delle carni e del pesce, comparso a Roma nella seconda metà del III sec. a.C. e rimasto un unicum fino al 179 a.C., divenne un elemento imprescindibile dell’urbanistica romana in epoca imperiale[11], diffondendosi anche al di fuori del territorio strettamente urbano[12].


I Secoli del Medioevo non erano poi così “oscuri”

Con la caduta della pars occidentalis dell’Impero Romano, avvenuta formalmente con la deposizione dell’imperatore Romolo Augusto da parte del generale Odoacre, re degli Eruli, il 4 settembre 476 d.C. e la successiva nascita dei c.d. Regni romano-barbarici (Alto Medioevo), il popolo abbandona le città e si disperde nelle campagne circostanti, in fuga dalle guerre e dalle speculazioni: la decadenza dell’igiene personale e pubblica che accompagna queste dinamiche demografiche sarà la principale causa delle frequenti epidemie che decimeranno nei secoli successivi la popolazione europea[13].

In quest’epoca di guerre, carestie, stenti e difficoltà, emerge il contributo scientifico della Scuola Medica Salernitana, le cui origini sono fatte risalire al IX-X sec. d.C.[14] e il cui massimo splendore viene raggiunto con il riconoscimento, da parte dell’imperatore Federico II, di essere l’unica Facoltà medica ufficiale del Regno delle Due Sicilie (1231).

Il documento prodotto dalla Scuola è il Regimen Sanitatis Salerni, il cui titolo può essere tradotto “Regola per la Salute (della Scuola Medica) di Salerno”, che rappresenta la summa di tutti i principi igienici greca, araba e latino-salernitana; di particolare interesse, per quanto concerne la relazione con la moderna medicina veterinaria pubblica, sono i capitoli dedicati all’igiene degli alimenti di origine animale, dei quali si evidenziano le notazioni circa i rapporti tra i fattori alimentari e le patologie da essi condizionate.

In epoca medievale, a differenza di quanto si pensi tradizionalmente, il consumo delle carni raggiungeva livelli piuttosto elevati nella dieta della popolazione urbana, di tutti i ceti sociali, nonostante il calendario liturgico imponesse numerosi giorni c.d. “di magro”; la domanda da parte dei consumatori e la necessità di vigilare sia sulle operazioni di macellazione degli animali, sia sull’attività di vendita delle carni, costituivano un impegno prioritario da parte delle Autorità cittadine, chiamate a favorire il rifornimento dei mercati  e, al contempo, garantire la tutela dei consumatori nei confronti delle potenziali frodi e speculazioni poste in essere dagli esercenti. La macellazione avveniva comunemente all’interno delle botteghe dei macellai, aperte sulle strade e sulle piazze principali del tessuto urbano, poste le une accanto alle altre, al fine di garantire non solo l’attività di controllo da parte delle predette Autorità e dalle Organizzazioni di mestiere sui prezzi e sulla qualità dei prodotti in vendita, ma anche favorire dinamiche virtuose di concorrenza, ostacolando, di conseguenza, le dinamiche speculative.

Le aree destinate alle operazioni connesse con la macellazione degli animali osservavano determinati requisiti di natura infrastrutturale e impiantistica: erano, infatti, dotate di fontane e di fognature per il deflusso dei reflui e delle acque di scarico, al fine di garantire gli standard minimi di igiene nella lavorazione delle carni e le periodiche operazioni di pulizia ambientale. Per quanto concerne, poi, i banchi di vendita, il macellaio doveva assicurare una idonea separazione tra carni provenienti da animali di specie diversa; vi doveva essere esposta, inoltre, l’intera carcassa dell’esemplare macellato, comprensiva della testa, affinché il compratore ne potesse verificare il genere e, sulla base dello sviluppo della tavola dentaria, l’età.

Con il passaggio tra l’Alto e il Basso Medioevo, tra l’XI e il XII sec., si costituiscono forme volontarie di associazionismo, fondato su regole rigide a cui attenersi (c.d. “statuti”), con un elenco preciso degli aderenti iscritti (c.d. “matricole”).

FIGURA 4In particolare, nella Firenze di epoca comunale, con l’organizzazione dei Mestieri e delle Arti[15], prende forma la  Corporazione dei Beccai (già presente nel 1200, ma successivamente statuita nell’anno 1346), inquadrata nelle 14 Arti Minori[16] e costituita da macellai, pescivendoli e gestori di osterie e taverne. Il loro corpus statutario fissava aspetti quali, a titolo di esempio, il divieto di vendita all’esterno della bottega, le tempistiche e le stagioni in cui effettuare la macellazione delle diverse specie animali, nonché le dimensioni stesse del banco di vendita. La disciplina sanzionatoria era piuttosto severa anche nel caso di trasgressione delle norme igienico-sanitarie, quali la mancata separazione di carni di specie e/o sesso diversi e l’assenza di garanzia sulla loro provenienza: tali prescrizioni volevano impedire la vendita di carni animali deceduti, sia per cause naturali, sia per patologie.

Un’altra realtà che costituisce un importante osservatorio per la legislazione dell’epoca, è il Comune di Bologna, una delle città più popolose d’Europa, grazie alla sua Università, che richiama all’interno delle mura numerosi docenti e studenti, con le connesse necessità di un puntuale approvvigionamento alimentare, adeguato ai consumatori presenti; in tal quadro, sulla base del rischio concreto di carestie (naturali o “pilotate”), l’Autorità cittadina vietò alle categorie che si occupavano della forniture di derrate, quali “carrettieri, barcaroli, abburattatori, facchini, brentatori, osti, tavernieri ed ortolani”[17] di riunirsi in corporazioni, al fine di prevenire eventuali manovre speculative, e, al contempo, attivò una rete capillare di controlli ispettivi da parte di Ufficiali cittadini, appositamente eletti. Come già visto per Firenze, anche a Bologna l’Autorità cittadina emanò una serie di disposizioni inerenti alla regolamentazione della produzione e della vendita delle derrate alimentari, funzionali prioritariamente alla prevenzione delle frodi nei confronti degli acquirenti, piuttosto che alla reale verifica dell’igiene del prodotto; tuttavia, erano vigenti anche norme che vietavano specificamente la vendita di carne alla domenica e nei giorni festivi, al fine di garantire la vendita di carni fresche e non in stato di putrescenza. Per quanto riguarda, poi, i prodotti ittici, si evidenzia che nel Medioevo costituivano un alimento molto apprezzato e consumato, considerato il fatto che circa un giorno ogni tre era vietato il consumo di carni, per motivi di carattere religioso[18] . Negli Statuti cittadini del 1250 le norme destinate ai piscatores erano di gran lunga meno numerose di quelle rivolte ai commercianti di prodotti carnei, ma avevano, comunque, l’obbligo sia di allestire i loro banchi di vendita solamente all’interno dell’area individuata per il mercato del pesce, sia di garantire la freschezza giornaliera.

L’esperienza della “peste nera” di metà XIV sec. determinò la nascita di una nuova coscienza critica in materia di sanità pubblica, non solo correlata alla salute degli individui, ma anche all’ambiente in cui le stesse si trovano a vivere, come testimonia l’istituzione a Venezia dei “Provveditori di Sanità” (1485), successivamente a Firenze, del “Magistrato di Sanità”. Il rapporto tra Sanità e le attività di macelleria si estrinsecava nella vigilanza sull’introduzione e lo stanziamento degli animali nel contesto cittadino, sulla loro uccisione e macellazione, nonché sullo smaltimento dei rifiuti derivanti dalle predette attività.

FIGURA 5Il Rinascimento e la “Rivoluzione culturale” del XIX Secolo

 Nella Firenze medicea del XVI sec. venne creata la figura del “Magistrato della Grascia”, cui era affidata la sovrintendenza sui rifornimenti e la vigilanza sui mercati, sui prezzi al minuto, sui pesi e misure, etc.; lo Statuto della Grascia del 1560, in particolare, regolamentava l’epoca e l’età della macellazione dei diversi tipi di bestiame, le caratteristiche dei locali in cui svolgere le operazioni di macellazione, lo smaltimento del sangue e degli scarti di lavorazione. La produzione normativa nell’ambito delle attività di controllo si intensificò progressivamente, ma non impedì, comunque, il verificarsi di trasgressioni, punite con sanzioni che variavano dalla semplice multa pecuniaria alla chiusura (c.d. “serrata”) della bottega, nel caso di reiterazione della trasgressione, fino anche alla galera e/o all’esilio.

Il XIX sec. apporta una ingente innovazione delle nozioni in materia di igiene, in particolare grazie allo sviluppo degli studi epidemiologici, correlati, in particolar modo, al frequente verificarsi delle ondate di colera (ben otto tra il 1835 e il 1910), e alle ricerche effettuate dal medico ungherese Ignac Semmelweis, dal francese Louis Pasteur e dallo scozzese Joseph Lister, considerati di diritto i “padri” dell’igiene moderna, fondata sui principi della prevenzione, disinfezione e vaccinazione; contestualmente al nuovo apparato ideologico e scientifico, si assiste alla nascita dei mattatoi centralizzati e delle c.d. “condotte” veterinarie.

A dare avvio alla serie dei macelli moderni, seppure questa costituisca ancora una prima fase sperimentale, fu Vienna, cui seguì, a breve distanza, Parigi nel 1818, Roma nel 1825 (“stabilimento della pubblica mattazione”, per la parte che “risguarda la salubrità ed innocuità delle carni”[19]),  Lione nel 1830, Milano nel 1863, Torino nel 1867 e via dicendo.

Fino alla proclamazione dell’Unità d’Italia (legge 17 marzo 1861, n. 4671), la questione della sanità pubblica venne affrontata in modo diverso da Stato a Stato; con l’Unità nazionale, l’amministrazione centrale della Sanità fu affidata a una Sezione amministrativa della Divisione per le Opere Pie presso il Ministero dell’Interno, con articolazione periferica presso ciascun Ufficio di Prefettura. La prima normativa organica in materia di Sanità Pubblica è il Regio Decreto (R.D.) 20 marzo 1865, n. 2248 (c.d. “Legge Lanza”, dal nome dell’allora Ministro dell’Interno), che confermava la visione della tutela della salute collettiva quale problema di ordine pubblico[20].

Una ulteriore evoluzione in materia si ebbe con la promulgazione del R.D. 22 dicembre 1888, n. 5849 (c.d. “Legge Crispi-Pagliani”), che disciplinava l’igiene degli alimenti e delle bevande, indicando le norme generali per le pratiche di macellazione, per la vigilanza sui mattatoi e sugli spacci alimentari, al fine di impedire la commercializzazione di prodotti insalubri e/o adulterati nella loro naturale composizione; il Veterinario Provinciale venne chiamato a vigilare sui macelli e sulle carni macellate, con facoltà di effettuare ispezioni senza preavviso presso gli spacci di vendita.

FIGURA 6I pilastri normativi dell’igiene e della sicurezza alimentare delle filiere agroalimentari moderne

La pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 36 del 12 febbraio 1929 del R.D. 20 dicembre 1928, n. 3298 “Approvazione del Regolamento per la vigilanza sanitaria delle carni” determinò l’abrogazione di tutte i precedenti provvedimenti normativi in materia: la direzione e l’ispezione dei pubblici macelli viene affidata ai Veterinari Municipali;  carni e visceri idonei al consumo umano vengono bollati «V.S.», ovvero “Visita Sanitaria”; gli spacci devono presentare idonee caratteristiche infrastrutturali, quali pareti e pavimenti lavabili, nonché superfici di lavoro in marmo; aumenta l’attenzione per l’etichettatura, con prescrizione di indicare, a favore del consumatore, non solo il contenuto, ma anche l’indicazione del nome della ditta produttrice e della marca di fabbrica. Di poco successiva è la pubblicazione del R.D. 24 giugno 1929, n. 1994, relativo all’approvazione del regolamento sulla vigilanza igienica del latte destinato al consumo diretto.

Come già premesso, il Ministero della Sanità venne istituito con la Legge 13 marzo 1958, n. 296, finalizzata a dare attuazione ai contenuti dell’art. 32 della Costituzione Italiana, in materia di tutela della salute. Con l’adozione di tale norma, le competenze in materia di sanità pubblica, espletate fino a quel momento da parte dell’Alto Commissariato e dalle altre Amministrazioni, vengono assorbite, a livello centrale, dal neo-istituito Ministero della Sanità, mentre a livello periferico rimane la figura del Veterinario Provinciale, coordinata in primis dal Prefetto.

La prima svolta “moderna” dal punto di vista non solo normativo, ma anche metodologico e di tutela penale extra-codicistica in materia di sicurezza alimentare, avviene con l’emanazione della Legge 30 aprile 1962, n. 283 “Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande” e con la Legge 23 dicembre 1978, n. 833, che istituisce il Sistema Sanitario Nazionale (SSN).
La seconda svolta epocale per quanto concerne la tutela del consumatore è costituita dall’entrata in vigore del Reg. (CE) n. 178/2002 “che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare”, “traduzione” normativa degli enunciati del Libro Bianco dell’anno 2000 della Commissione della CE e prodromico rispetto ai regolamenti costituenti il c.d. “Pacchetto Igiene”, esecutivi in ambito comunitario dal 1° gennaio 2006.

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[1] La dea viene indicata come “Salus” o “Valetudo”, sinonimi, in latino, di “buona salute”.

[2] Nota con la sigla di UCL, è la terza più antica università britannica (1826)

[3] V sec. a.C..

[4] Erodoto, “Storie”, Libro II, cap. 38.

[5] Anche presso i Sumeri e gli Ebrei l’arte divinatoria, operata in particolar modo sul fegato dell’animale, è stata interpretata, a posteriori, come antesignana della moderna attività di controllo ispettivo delle carni.

[6] Testo in scrittura cuneiforme, inciso su stele in diorite, alta 2,25 m circa, conservata al Louvre di Parigi.

[7] Non c’è da stupirsi, considerato che il Codice fa un largo uso del principio della “Legge del Taglione”.

[8] Dal nome della sedia ornata d’avorio su cui sedevano, chiamata sella curulis.

[9] Le riserve di grano. Nella mitologia romana, Annona, incorporata nel pantheon delle divinità romane, ma di più antica derivazione italica, rappresentava l’abbondanza e gli approvvigionamenti; era una sorta di dea “annuale”, in quanto presiedeva al raccolto di ogni singolo anno, per cui andava essenzialmente propiziata nelle fasi di semina e di germogliazione.

[10] Citato nei passi di vari autori latini, tra i quali si ricordano Terenzio (“Comediae”) e Orazio (“Sermones”, ma più note come “Satire”).

[11] Il Macellum Liviae sul colle Esquilino e il Macellum Magnum sul Celio, di età neroniana, ne sono esempi.

[12] Ostia, Pompei, Morgantina (Italia meridionale).

[13] Ad es. la “peste nera”, che, giunta dall’Oriente veicolata dai topi che infestavano le navi mercantili, causerà, tra il 1346       e il 1353, oltre 20 milioni di morti, riducendo di un terzo l’intera popolazione europea.

[14] Non esiste alcun documento che ne possa certificare con precisione una data di riferimento.

[15] Le c.d. “gilde”, nate per regolamentare e tutelare le attività degli appartenenti a una medesima categoria     professionale. Il compito primario di ogni corporazione era la difesa del monopolio dell'esercizio del proprio mestiere e di colui che lo praticava.

[16] Non ottenne mai il riconoscimento di Arte Maggiore (tra le quali si ricordano l’“Arte della Lana” e l’“Arte dei Medici Speziali”), ma i suoi iscritti, grazie alla specifica mansione svolta, erano piuttosto potenti e degni di considerazione, non foss’altro per il timore reverenziale originato dal loro comportamento notoriamente rissoso e aggressivo, all’origine di numerosi tafferugli e tumulti nella città di Firenze.

[17] Antonio Ivan Pini, “Norme igieniche sulla carne e sul pesce nei comuni italiani del duecento: il caso di Bologna”, in Atti del I convegno nazionale di storia della medicina veterinaria, Reggio Emilia 18-19 ottobre 1890, a cura di  Carmelo Maddaloni, Fondazione Iniziative zooprofilattiche e zootecniche, Brescia, 2011, pp 65-72.

[18] L’astinenza dalle carni è un precetto generale della Chiesa Cattolica che impone di non mangiare carne nei c.d. “giorni di magro”, ossia il venerdì, scelto in considerazione della Passione di Cristo, e gli altri giorni proibiti; le norme sono fissate dalla costituzione apostolica “Paenitemini” di Papa Paolo VI (17 febbraio 1966) e dal Codice di Diritto Canonico.

[19] Luigi Metaxà, Regolamenti di sanità proposti e adottati fin dal 1825 nello Stabilimento di mattazione in Roma, Roma, 

 Tipografia della R.C.A., 1836, p. 52. Il manuale è diviso in capitoli per specie animale ed elenca una serie di patologie classificate tra alteranti della carne e non alteranti, a loro volta distinte in acute o croniche, descrivendone la patogenesi, le alterazioni da verificare all’arrivo dell’animale al macello e quelle anatomo-patologiche da controllare nell’ ispezione post mortem.

 

[20] Affidata al Ministero dell’Interno a livello centrale e, alle dirette dipendenze, ai Prefetti e ai Sindaci, a livello periferico.  

    La situazione si mantenne sostanzialmente inalterata fino all’istituzione del Ministero della Sanità (1958).