Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

STORIA 
1923-2023: CENTO ANNI DALLA “LEGGE SERPIERI”, STRUMENTO PER LA TUTELA, LA GESTIONE E LA VALORIZZAZIONE DEI BOSCHI ITALIANI
24/03/2023
di Italo FRANCESCHINI[1]


foto 1Nel 1923, il Regio Decreto 30 dicembre n. 3267 ‘Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani’, noto come Legge Serpieri, offrì una prima sistemazione organica delle diverse disposizioni in materia forestale.

L’obiettivo era coniugare l’attenzione all’economia montana con la necessità di difendere il suolo e il territorio attraverso l’ausilio delle competenze e delle professionalità dell’organizzazione forestale dello Stato.

In 1923, the Royal Decree of 30 December n. 3267 'Reorganization and reform of the legislation concerning forests and mountain lands', known as the Serpieri Law, offered a first organic arrangement of the various forest regulations.

The goal was to combine attention to the mountain economy with the need to defend the soil and the territory through the help of the skills and professionalism of the state forestry organization. 

Quest’anno è l’occasione per ricordare la Legge Serpieri, la prima norma organica per la difesa del suolo: commenti, dibattiti, tavole rotonde (virtuali o meno) e tanta accademia sono già in programma.

La legge Serpieri, il RDL 30.12.1923 n. 3267, "Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani", rappresenta a livello nazionale il testo fondamentale che ha permesso negli anni, la restaurazione delle montagne attraverso il Corpo Forestale dello Stato.

Il compito principale del Corpo Forestale dello Stato all’epoca del Regio Decreto Legge denominato Corpo Reale delle Foreste, riguardava soprattutto la difesa del suolo. Con la Legge Luzzatti del 1910, vennero attribuiti all’amministrazione forestale, compiti di custodia e difesa del patrimonio forestale, stante l’importanza del bosco quale bene collettivo anche per la sua funzione idrogeologica.

Questo era insegnato nelle scuole forestali di Cittaducale e di Sabaudia e, alla fine del corso le domande d’esame più importanti erano relative a questa competenza (“Come si calcola il periodo di corrivazione? Qual è la prima operazione da effettuare in un pascolo? Cosa recita l’art.1 del Rdl 3267/1923?” ecc.).

L’assegnazione ad un Comando Stazione forestale comportava mettere in campo questa competenza: conoscere la giurisdizione e le zone sottoposte a vincolo idrogeologico ai sensi dell’art. 1 della commemoranda legge; i cosiddetti “elenchi di vincolo” sono stati redatti dagli Ispettori Forestali in tutte le regioni. Nelle aree soggette a vincolo era necessario premunirsi dell’autorizzazione forestale prima di effettuare qualunque opera di trasformazione del terreno (art.7). I progetti presentati venivano studiati e al Comando stazione forestale veniva chiesto un parere dal punto di vista idrogeologico, incluse eventuali prescrizioni e l’ammontare di un deposito cauzionale per la garanzia dell’esecuzione dei lavori prescritti.

Il C.F.S. segnalava i bacini fluviali da delimitare con Decreto del Ministro dell’Agricoltura e Foreste; su quei bacini, gli Ispettori forestali (avevano la qualifica di Funzionario agrario) redigevano i progetti di sistemazioni montane, i quali venivano inviati al Comando stazione forestale interessato; questo aveva il compito di studiare il progetto, assumere gli operai, trattenendo i libretti di lavoro che anche una Guardia Forestale firmava in qualità di datore, segnalava i nominativi all’INPS  e compilava i listini. Gli operai si assumevano il primo e si licenziavano il trenta di ogni mese (si trattava di lavoratori avventizi e si faceva attenzione a non superare le centocinquantuno giornate per evitare il ricorso alla cassa integrazione).

Il personale del Comando stazione forestale seguiva i lavori con periodici sopralluoghi e quantificava l’avanzamento degli stessi, cercando di far rispettare i tempi previsti nel progetto; si misuravano e si cubavano le opere in esecuzione: strade e stradelli, recinti, briglie, difese spondali, superfici rimboschite, rigovernate o ricostituite, ecc. A fine lavori interveniva il Capo del Ripartimento o un Ispettore Forestale per il collaudo. L’Ispettore Forestale progettava briglie fino a nove metri di altezza, il progetto e l’esecuzione di opere più alte competeva al Genio Civile.

foto 2Si curava l’inventario delle attrezzature di cantiere e del materiale necessario alla realizzazione del progetto; si gestivano le esigenze presentate dal capo operaio e gli eventuali infortuni che potevano accadere. Tutto questo era incluso nelle altre attività quotidiane di una pattuglia del C.F.S. tra le quali: rilevazione delle tagliate con aree di saggio e stima delle utilizzazioni utilizzate anche per la raccolta dei dati necessari alla redazione della statistica forestale; sorveglianza degli argini, con ricerca dei frontisti per indicare loro le necessità di intervento onde evitare problemi di sbarramento e di esondazione; controlli mensili dell’estrazione di ghiaia e sabbia dagli alvei e verifica delle autorizzazioni rilasciate per i movimenti di terra e delle prescrizioni dettate.

Al Comando stazione forestale si teneva aggiornato un registro con l’elenco dei beni pubblici (estremi catastali, superfici, ubicazioni, qualità di coltura, titolari di proprietà) per le segnalazioni degli interventi necessari all’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste e per la gestione dei soprassuoli nonché  per la stima della provvigione e della ripresa al fine di stabilire la base d’asta per l’offerta dell’utilizzazione, si curava la redazione del capitolato d’oneri e dei controlli periodici, con l’applicazione degli articoli del capitolato e il parere sulle eventuali proroghe. Tra gli enti che potevano avere necessità di mettere in vendita il legname, vi erano enti religiosi, enti morali, comuni e beni frazionali (comunaglie).  Nel campo privato si promuovevano incoraggiamenti alla selvicoltura e si consigliavano interventi in caso di aree degradate o a rischio (per incendio, per fitopatie, per movimenti franosi o rischi di esondazioni).

La difesa dell’albero, principale sostegno del suolo, costituiva dunque l’attenzione quotidiana per il servizio d’istituto di una Guardia, la quale, pur potendo essere anche l’unico componente di un Comando stazione forestale, interveniva nella prevenzione e nello spegnimento degli incendi boschivi, andando anche la notte dove era in atto un incendio. L’art. 26 del Rdl prevedeva le pene da applicare anche per questo tipo di danneggiamento; si doveva quindi operare per “impedire che il reato fosse portato ad ulteriori conseguenze”, pena l’omissione di atti. Si procedeva quindi all’assunzione di operai che intervenivano sull’incendio, licenziandoli alla fine delle operazioni. Successivamente all’incendio, si cartografava l’area percorsa dal fuoco e si stimava il danno arrecato stilando i listini di pagamento.

La segnalazione di un focolaio di infestazione o di un’infezione patologica, comportava la diffida verbale al proprietario ad intervenire immediatamente per evitarne la diffusione (già nel 1926 erano stati redatti diversi decreti di lotta obbligatoria a malattie di piante) e, a seguito della scadenza indicata, si provvedeva alla sanzione per ogni pianta non “operata” (potata, tagliata, disinfestata) secondo quanto indicato (combinato degli artt. 10 e 32 del Rdl).

Non va dimenticata l’attività vivaistica e della disciplina di produzione del materiale forestale di propagazione. Venivano fornite piante e sementi per la ricostituzione boschiva, piante per le feste degli alberi (at.104 oggi sostituito dalla L. 10/2013) e piante ai singoli cittadini che ne facevano richiesta. (L’art.91 della 3267, che prevedeva tale assistenza, era stato poi riformulato nella successiva legge per la Bonifica integrale, ma data la ricchezza di vivai, a quel tempo, tale servizio era comunque proseguito anche in altre zone seppur escluse dalla bonifica).

 

L’iter per l’applicazione della Legge 3267/23 era gestito dal C.F.S. che conosceva pertanto ogni attività presente nella giurisdizione. Nei casi di lavori non autorizzati, la Guardia Forestale interveniva con l’applicazione di una contravvenzione, inviando il Processo Verbale all’Ispettorato Ripartimentale affidando, nel contempo, l’iter di notifica al messo comunale. Sempre ai sensi della Legge 3267, l’Ispettorato Forestale dava corso all’esperimento della conciliazione. Se, nel biennio, si superavano le due violazioni, la contravvenzione veniva inoltrata all’A.G.

Nell’applicazione delle sanzioni era sempre quantificato il volume del terreno smosso, la sua superficie e il danno arrecato al soprassuolo, applicando il prezzo di mercato per il danno economico e i limiti proporzionali per il danno contravvenzionale, determinando sempre l’entità del risarcimento civile.

Con le modifiche al sistema penale (Legge n.689/81) vi è stata la depenalizzazione anche delle violazioni previste dalla L. 3267/23 fermo restando il calcolo del danno economico, peraltro espressamente previsto dal successivo Regolamento n.1126/1926.

L’art.31 della L. 3267/23 prevedeva inoltre che, in alcuni casi, i reati nelle aree soggette a vincolo idrogeologico fossero perseguibili d’ufficio, e si procedeva con l’applicazione dell’art.26 del Rdl e la valutazione del danno arrecato sempre ai sensi del Regolamento 1126/1926, come ad esempio il pascolo, per cui l’art. 45 prevedeva la quantificazione del danno.

Quando sono intervenute le deleghe con il D.P.R. 616/1977 e le funzioni amministrative in materia di agricoltura e foreste sono transitate alle regioni, queste avrebbero dovuto accogliere anche il personale forestale, ma così non è stato. Sono state pertanto redatte delle convenzioni tra Regione e Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, per l’utilizzo del Corpo Forestale dello Stato. In Liguria, la convenzione è stata a trecentossessanta gradi, cosicché il C.F.S., in quella regione, ha continuato la sua attività tecnica (anche l’attività di segnalazione, verifica, controllo nell’ambito delle sistemazioni idraulico-forestali, dei rimboschimenti, dei progetti di ricostituzione delle zone degradate, così come la gestione residuale dei vivai ecc.) al servizio dell’Ente Regione e degli altri enti subdelegati, come le Comunità Montane.

Particolarmente intensa l’attività nei Comandi stazione forestale entro le foreste demaniali, (artt.107 e 108 del Rdl) proseguita dopo le deleghe, dapprima come Uffici ex-ASFD e, in seguito, come U.T.B. (Ufficio Territoriale per la Biodiversità).

Quotidianamente, il servizio forestale comportava l’applicazione delle Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale (P.M.P.F.) le cui compilazioni, su base provinciale, erano sancite dall’art.8 della Legge 3267/23, con l’istruttoria delle pratiche agrosilvopastorali.

Insomma una presenza continua lungo tutta la penisola con un servizio previsto mensilmente secondo le esigenze locali, da ogni singolo Comando stazione forestale, il quale operava d’iniziativa e responsabilmente in modo multidisciplinare con il più importante compito del presidio preventivo, soprattutto teso ad evitare il dissesto idrogeologico.

 

 

 

 



[1] Commissario Corpo Forestale dello Stato in congedo.