Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

RIFIUTI E INQUINAMENTO
NOTA DI COMMENTO ALLA SENTENZA DI CASSAZIONE – SEZ. III N. 20236 DEL 25 MAGGIO 2022
21/10/2022

di Mauro KUSTURIN[1]


LE ACQUE DI VEGETAZIONE DEI FRANTOI OLEARI: INQUADRAMENTO NELLA NORMATIVA AMBIENTALE.


FOTO ARTICOLO KUSTURIN N. 2Le acque di vegetazione prodotte dai frantoi oleari sono molto spesso oggetto di giudizio da parte della Suprema Corte di Cassazione: difatti, sono numerose le pronunce, in particolare quelle che hanno come obiettivo l’inquadramento di questa tipologia di liquami nell’ambito del “confine scarico-rifiuto liquido”, sulla base del loro destino finale.

The vegetation waters produced by oil mills are very often subject to judgment by the Supreme Court of Cassation: in fact, there are numerous rulings, in particular those that have as their objective the classification of this type of sewage within the "border liquid waste-drain ”, on the basis of their final destiny.

L’ultimo verdetto, sul succitato argomento, della Corte di Cassazione Penale – Sez. III, Sentenza n. 20236 del 25 maggio 2022, scaturisce dall’esaminare una fattispecie che richiama “… gli esiti dell'accertamento svolto il 22 aprile 2016 da personale dell'Arpa di Rimini che, a seguito di una segnalazione proveniente dal Comune di Santarcangelo di Romagna, a sua volta informato da un cittadino, si recava presso le acque del Rio Salto, dove veniva rilevata la presenza di un liquido nerastro; tale liquido, da mirate verifiche eseguite nelle zone limitrofe, risultava provenire da un tubo di gomma da giardinaggio con un capo posizionato in un fosso interpoderale che conduceva al fiume e l'altro capo immerso in un lagone recintato e quasi vuoto presente nell'area dell'oleificio gestito dalle sorelle …, adibito allo stoccaggio delle acque di vegetazione derivanti dal ciclo produttivo del frantoio; al momento del sopralluogo lo scarico non era in atto, ma le tracce del liquido erano chiare”.

La Suprema Corte ha ritenuto che: “… il giudice monocratico ha osservato che … gli elementi probatori raccolti consentivano comunque di affermare che il liquido nerastro osservato nel Rio Salto fosse costituito dalle acque di vegetazione provenienti dal lagone dell'oleificio gestito dalle imputate. Gli operatori dell'Arpa, infatti, non si sono limitati a riferire che il liquido in questione avesse l'odore caratteristico delle acque di vegetazione, ma hanno aggiunto che il liquido osservato nel Rio Salto e quello presente nel fondo interpoderale avevano lo stesso odore e lo stesso aspetto, essendo stata esclusa altresì l'esistenza nella zona di fonti alternative di inquinamento idrico del Rio.”

Pertanto, l’autorevole organo giudicante ha sancito “… la configurabilità a carico delle titolari dell'oleificio … della fattispecie di cui all'art. 256 comma 1 lett. a) del D. Lgs. n. 152 del 2006, norma che sanziona la condotta di chiunque "effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216".”

In conclusione, la Suprema Corte ha configurato nell’ambito della Parte IV (Rifiuti) del D. Lgs. n. 152/2006, la fattispecie di che trattasi, escludendo il ricorso all’utilizzazione agronomica (rif.: art. 112 D. Lgs. n. 152/2006, Legge n. 574/1996, D.M. 6 luglio 2005, ecc.) “essendo l'impiego del tubo di gomma chiaramente indicativo della volontà di disfarsi delle acque di vegetazione nel fondo interpoderale recapitate nel Rio ed essendo evidente che quelle ancora presenti nel lagone alla data del fatto non erano le acque oggetto dello spandimento in precedenza comunicato all'Autorità.”

Si ritiene, inoltre, che la Cassazione non abbia ritenuto che “un tubo di gomma da giardinaggio con un capo posizionato in un fosso interpoderale che conduceva al fiume e l'altro capo immerso in un lagone recintato e quasi vuoto presente nell'area dell'oleificio …, adibito allo stoccaggio delle acque di vegetazione derivanti dal ciclo produttivo del frantoio” non potesse rientrare nella definizione di “scarico” ex art. 74, comma 1, let. ff), D. Lgs. n. 152/2006.[2]

 
FOTO ARTICOLO KUSTURIN N. 1

Le acque di vegetazione sono da sempre argomento foriero di dibattito, in quanto, a livello normativo, i titolari dei frantoi oleari hanno la possibilità di smaltire tali liquami tramite:

  • “utilizzazione agronomica” ex L. n. 574/1996;
  • “scarico di acque reflue industriali” ex Parte III – D. Lgs. n. 152/2006;
  • “scarico (in pubblica fognatura) di acque reflue assimilate alle domestiche” ex art. 101, comma 7 bis del D. Lgs. n. 152/2006;
  • conferimento come “rifiuto” ex Parte IV del Testo Unico Ambientale.

Analizziamo i 4 possibili destini finali delle citate acque di vegetazione.

  1. Utilizzazione agronomica

    Per avvalersi della pratica agronomica, si è tenuti a rispettare quanto previsto dalla lettura combinata delle norme di seguito riportate.

    La legge n. 574/1996, con l’art. 1, stabilisce che “Le acque di vegetazione residuate dalla lavorazione meccanica delle olive che non hanno subito alcun trattamento nè ricevuto alcun additivo ad eccezione delle acque per la diluizione delle paste ovvero per la lavatura degli impianti possono essere oggetto di utilizzazione agronomica attraverso lo spandimento controllato su terreni adibiti ad usi agricoli.”

    L’art. 112, comma 1, del D. Lgs. n. 152/2006 dispone altresì, che “… l'utilizzazione agronomica … delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574, … è soggetta a comunicazione all'autorità competente ai sensi all'articolo 75 del presente decreto.”

    Sempre l’art. 112, al comma 2 decreta che “Le regioni disciplinano le attività di utilizzazione agronomica di cui al comma 1 sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle attività produttive, della salute e delle infrastrutture e dei trasporti, … entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del predetto decreto ministeriale, garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto.”

    Inoltre, con il comma 3, dispone che “Nell'ambito della normativa di cui al comma 2, sono disciplinate in particolare: a) le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574”.

    I citati articoli disciplinano rispettivamente:

    • art. 3 Comunicazione preventiva;
    • art. 5 Esclusioni di talune categorie di terreni;
    • art. 6 Stoccaggio;
    • art. 9 Controlli.

    Successivamente, sono stati emanati due decreti con i quali sono stati stabiliti gli aspetti tecnici legati alla pratica della fertirrigazione:

  • Decreto 6 luglio 2005 – “Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e degli scarichi dei frantoi oleari, di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152”;
  • Decreto Interministeriale n. 5046 del 25 febbraio 2016 - “Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue, nonché per la produzione e l'utilizzazione agronomica del digestato”, relativamente agli aspetti non disciplinati dal D.M. 6 luglio 2005.

     

    Si ricorda, altresì, che chi produce acque di vegetazione può avvalersi dell’Autorizzazione Unica Ambientale (AUA): difatti, l’ art. 3 del D.P.R. n. 59/2013 prevede che “… i gestori degli impianti di cui all'articolo 1 presentano domanda di autorizzazione unica ambientale nel caso in cui siano assoggettati, ai sensi della normativa vigente, al rilascio, alla formazione, al rinnovo o all'aggiornamento di almeno uno dei seguenti titoli abilitativi:

    b) comunicazione preventiva di cui all'articolo 112 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari e delle acque reflue provenienti dalle aziende ivi previste”.

     

  1. Scarico di “acque reflue industriali”

    L’art. 74 comma 1 del D. Lgs. n. 152/2006 definisce alla let. h) le “acque reflue industriali” come “qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento”; lo stesso decreto stabilisce che, per le predette acque di scarico, debba essere chiesta l’autorizzazione allo scarico ai sensi dell’art. 124 del Testo Unico.

    Tuttavia, l’art. 3 del DPR AUA dispone che “… i gestori degli impianti di cui all'articolo 1 presentano domanda di autorizzazione unica ambientale nel caso in cui siano assoggettati, ai sensi della normativa vigente, al rilascio, alla formazione, al rinnovo o all'aggiornamento di almeno uno dei seguenti titoli abilitativi:

    1. autorizzazione agli scarichi di cui al capo II del titolo IV della sezione II della Parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.

    Quindi, chi intende scaricare le acque di vegetazione come “acque reflue industriali”, deve richiedere obbligatoriamente l’autorizzazione unica ambientale.

     

    Figura 2: Fonte MareAmico

  2. Scarico (in pubblica fognatura) di “acque reflue assimilate alle domestiche”

    Tale circostanza è una novità inserita nel 2015, con l’introduzione del comma 7 bis nell’art. 101 D. Lgs. n. 152/2006.

    Tuttavia, il ricorso a questa procedura prevede determinate condizioni:

  3. che lo scarico debba essere in pubblica fognatura;
  4. che non si ravvisino criticità nel sistema di depurazione;
  5. che i frantoi debbano trattare olive provenienti esclusivamente dal territorio regionale e da aziende agricole i cui terreni insistono in aree scoscese o terrazzate ove i metodi di smaltimento tramite fertilizzazione e irrigazione non siano agevolmente praticabili;
  6. un idoneo pre-trattamento che garantisca il rispetto delle norme tecniche, delle prescrizioni regolamentari e dei valori limite adottati dal gestore del servizio idrico integrato in base alle caratteristiche e all’effettiva capacità di trattamento dell’impianto di depurazione.
  7.  

    Pertanto, solo con questi presupposti, il produttore di acque di vegetazione può richiedere all’autorità competente, per il tramite del SUAP[3], la conseguente autorizzazione allo scarico, fermo restando il quadro normativo di riferimento locale, che tenga conto della normativa nazionale e regionale.

    In conclusione, in assenza di tali principi ci si deve avvalere delle altre opzioni descritte nel presente articolo; sull’argomento si è già espressa la Suprema Corte di Cassazione – Sez. III, con la Sentenza n. 6998 del 14.2.2018.

     

  8. Conferimento come “rifiuto”

Nel caso in cui le acque di vegetazione non vengano utilizzate in agricoltura o scaricate come acque reflue industriali, le stesse sono assoggettate al regime generale dei rifiuti e, come tali, dovranno essere gestite con tutti gli obblighi previsti dalla Parte IV del D. Lgs. n. 152/2006.

Il produttore, quindi, dovrà assegnare loro l’idoneo Codice Elenco Europeo Rifiuti; sulla base delle disposizioni sull’attribuzione del predetto codice, per il caso di specie, si ritiene debba essere 020304 (o in alternativa 020399), in quanto:

  • 02 – rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca, trattamento e preparazione di alimenti
  • 02 03 – rifiuti della preparazione e del trattamento di frutta, verdura, cereali, oli alimentari, cacao, caffè, tè e tabacco; della produzione di conserve alimentari; della produzione di lievito ed estratto di lievito; della preparazione e fermentazione di melassa
  • 02 03 04 – scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione.

 

 

In conclusione, in merito alle acque di vegetazione, per districarsi tra procedimenti autorizzatori e sanzionatori, al fine di inquadrare il reale destino finale della citata tipologia di liquami, il ricorso alle pronunce della Suprema Corte assume un notevole rilievo e può chiarire i non pochi dubbi sull’argomento trattato nel presente contributo.

 

                                                                                                             



[1] Funzionario Provincia Campobasso- Tutela delle acque e dell’aria- Bonifiche siti inquinati

[2] D.Lgs. n. 152/2006, art. 74, comma 1, let. ff): “scarico: qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione …”

[3] Si richiama quanto disposto dall’art. 5, comma 1 del D.P.R. n. 227/2011: “Le imprese presentano le istanze di autorizzazione, la documentazione, le dichiarazioni e le altre attestazioni richieste in materia ambientale esclusivamente per via telematica allo Sportello unico per le attività produttive competente per territorio, ai sensi del d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160."