Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

RIFIUTI E INQUINAMENTO
LA CASSAZIONE PENALE SULLE ACQUE METEORICHE CONTAMINATE
13/02/2024
di Mauro Kusturin
Dottore in ingegneria ambientale. Tecnico Provincia Campobasso - Tutela acque. Docente Scuole Arma Carabinieri

La problematica delle acque meteoriche contaminate, dal punto di vista della qualità dello scarico, non può non essere considerata, in quanto, tale tipologia di reflui può divenire un vettore di trasporto di sostanze altamente inquinanti e nocive per l’ambiente, quali, ad esempio, gli idrocarburi in generale, inquinante facilmente riscontrabile in diverse attività (impianti di distribuzione carburanti, centri demolizione di autoveicoli, ecc.) e che risulta presente nella Tab.3 dell’Allegato 5 alla Parte III del D.Lgs.152/1999 e per il quale è prevista la possibilità di fissare dei limiti più restrittivi (v. Parte III – All.5 – Tab.5). Su questo argomento, si è più volte espressa la Suprema Corte di Cassazione, la quale, con un orientamento univoco, ha sancito, essenzialmente, che le acque meteoriche contaminate devono essere considerate al pari delle acque reflue industriali. Il presente contributo richiama le pronunce più significative della Sezione III del citato organo giudicante.


The problem of contaminated rainwater, from the point of view of the quality of the discharge, cannot be ignored, as this type of wastewater can become a transport vector for highly polluting and harmful substances for the environment, such as, for example , hydrocarbons in general, a pollutant easily found in various activities (fuel distribution systems, car demolition centres, etc.) and which is present in Tab.3 of Annex 5 to Part III of Legislative Decree 152/1999 and for which the possibility of setting more restrictive limits is foreseen (see Part III – Annex 5 – Tab.5). On this topic, the Supreme Court of Cassation has expressed itself several times, which, with an unambiguous orientation, essentially established that contaminated rainwater must be considered on a par with industrial waste water. This contribution recalls the most significant rulings of Section III of the aforementioned judging body.

Questo contributo vuole porre l’attenzione in merito alla posizione della Suprema Corte di Cassazione sull’argomento “acque meteoriche di dilavamento”, materia regolamentata dall’art. 113 del D. Lgs. n. 152/2006.
Si evidenzia che tale tipologia di scarichi può avere un rilevante impatto ambientale, in quanto, le acque meteoriche possono essere vettore di trasporto di sostanze altamente inquinanti e nocive per l’ambiente (es.: idrocarburi in genere) presenti nella Tab. 3 dell’Allegato 5 alla Parte III del D. Lgs. n. 152/1999 per le quali è prevista la possibilità di fissare limiti più restrittivi (v. Parte III – All. 5 – Tab. 5). 
grata_meteoL’orientamento, pressoché univoco, espresso dalla Cassazione, fin dal 2005, ha sancito che, in presenza di un sistema di scarico tramite condotta, non si potesse parlare di acque meteoriche, se contaminate, bensì di “scarichi di acque reflue industriali”, o, addirittura, di “un’immissione di rifiuti liquidi costituiti da acque reflue”, in assenza di un sistema di scarico, ma con fenomeni di dilavamento e successivo ruscellamento (Sentenza n. 1359 del 22 giugno 2005).
Anche con le successive pronunce, la Corte (si cita fra tutte la Sentenza n. 40191 del 11.10.2007 – Schembri) ha ribadito che le acque meteoriche inquinate erano equiparate alle acque reflue industriali.
Fa eccezione la Sentenza n. 2867 del 30.10.2013 – Pieri – depositata il 22.1.2014, con la quale venne ribaltato lo storico indirizzo, sancendo che “sembrerebbe non più possibile … assimilare, sotto un profilo qualitativo, le due tipologie di acque (reflui industriali e acque meteoriche di dilavamento), né sembrerebbe possibile ritenere che le acque meteoriche di dilavamento (una volta venute a contatto con materiali o sostanze anche inquinanti connesse con l’attività esercitata nello stabilimento) possano essere assimilate ai reflui industriali. Sembrerebbe, cioè, che data la … modifica legislativa, non sarebbe più possibile accomunare le acque meteoriche di dilavamento e le acque reflue industriali.”
Tuttavia, la Suprema Corte, con la Sentenza n. 2832 del 22.1.2015 – Mele – è ritornata alla precedente e consolidata posizione, che equiparava le acque meteoriche contaminate alle acque reflue industriali, e ha, altresì, rafforzato la distinzione tra acque meteoriche contaminate e non; il Collegio della Terza Sezione, infatti, ha ritenuto “di dover sottoporre a revisione una tale impostazione perché, a ben vedere, l’eliminazione dell’inciso, frutto di una precisa scelta del legislatore, sta ad indicare proprio l’intenzione di escludere qualunque assimilazione di acque contaminate con quelle meteoriche: l’eliminazione dell’inciso … non ha affatto ampliato il concetto di “acque meteoriche di dilavamento”, ma, al contrario, lo ha ristretto in un’ottica di maggior rigore, nel senso di operare una secca distinzione tra la predetta categoria di acque e quelle reflue industriali …”.
La Sentenza n. 2832/2015 continua sostenendo che “le acque meteoriche, comunque venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non possono essere più incluse nella categoria di acque meteoriche di dilavamento, per espressa volontà di legge”.
E’ stato, dunque, “riaffermato il principio di diritto secondo cui le acque meteoriche di dilavamento sono costituite dalle acque piovane che, depositandosi su un suolo impermeabilizzato, dilavano le superfici ed attingono indirettamente i corpi recettori (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 33839 del 2007 cit.)”; e, ancora, è stato sancito che per “acque meteoriche di dilavamento si intendono quindi solo quelle acque che cadendo al suolo per effetto di precipitazioni atmosferiche non subiscono contaminazioni di sorta con altre sostanze o materiali inquinanti”.


piazzale_stabilimento_meteoDegna di nota e di un approfondito esame è la Sentenza n.11128 del 23 marzo 2021: la Cassazione, dopo un puntuale excursus storico dei provvedimenti emanati e nel confermare l’orientamento delle ultime pronunce, ha formulato delle considerazioni di notevole importanza sia sulla definizione di “acque reflue industriali” e differenze intercorrenti tra l’originario art. 74, let. h) D. Lgs. 152/06 e quello attuale”, sia sull’art. 113 del Testo Unico Ambientale. 










Per una migliore comprensione dell’evoluzione normativa, si riporta l’art.113 del T.U.A. prima e dopo le modifiche introdotte dal D. Lgs. n. 4/2008:

art. 74 D. Lgs. 152/06 prima del D. Lgs. 4/08
h) acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento;


art. 74 D. Lgs. 152/06 dopo il D. Lgs. 4/08
h) acque reflue industriali: qualsiasi tipo     di acque reflue scaricate da edifici od   impianti in cui si svolgono attività     commerciali o di produzione di beni,    diverse dalle acque reflue domestiche e   dalle acque     meteoriche di   dilavamento;

Nell’esaminare le due definizioni, si rilevano delle sostanziali differenze:

- la sostituzione del termine “provenienti” con “scaricate”: si ritiene che il legislatore riconduca le acque reflue industriali al concetto di scarico, e stabilisce che questo deve essere effettuato “esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore” (vedi definizione di “scarico” ex art. 74 lett. ff) D. Lgs. n. 152/2006);
- il cambio dell’inciso “differenti qualitativamente” in “diverse”: si passa, quindi, da un criterio qualitativo a uno giuridico, che presumerebbe l’esistenza di una definizione di “acque meteoriche di dilavamento”, attualmente non codificata;
- la soppressione dell’ultima parte (“intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento”) che ha operato, di fatto, una precisa distinzione tra acque reflue industriali, domestiche e acque meteoriche che, “venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti”, non possono essere incluse nella categoria delle acque meteoriche di dilavamento per espressa volontà di legge.
A tal proposito, la Sentenza n.11128/2021 fa rilevare che “Prima e dopo le modifiche, le acque meteoriche di dilavamento erano considerate, dall’art. 74 let. h), solo al fine della individuazione delle acque reflue industriali, che si caratterizzano, infatti, tra l’altro, per la loro diversità non soltanto rispetto alle acque reflue domestiche, ma anche alle acque meteoriche di dilavamento, che costituiscono, conseguentemente, un’autonoma categoria, diversa pure da quella delle acque reflue domestiche, come risulta anche dalla successiva definizione delle acque reflue urbane di cui alla let. i) del medesimo articolo.”
Per la Cassazione, infatti, “Tale autonomia rende, dunque, irrilevanti le ulteriori differenze riscontrabili nelle diverse stesure della disposizione in esame, se non nel caso, … in cui le acque meteoriche di dilavamento non possano più considerarsi tali perché presentano le caratteristiche tipiche di quelle industriali.”
La pronuncia sancisce, inoltre, che “… la formulazione dell’art. 74, let. h) introdotta dal D. Lgs. 4/2008, secondo cui sono da considerare acque reflue industriali qualsiasi tipo di acque reflue scaricate … diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento, come si rileva dalla relazione di accompagnamento alle modifiche, è strumentale unicamente a riaffermare la nozione di “scarico diretto”, in maniera da riproporre in forma più chiara e netta la distinzione esistente tra la nozione di acque di scarico da quella di rifiuti liquidi.”
Continuando, la Sentenza n.11128/2021, nel sottolineare che, tutt’ora, non esiste una definizione giuridica di “acque meteoriche”, al fine di fornire una lettura puntuale, articolata e innovativa dell’art. 113, comma 1, riprende l’art. 74, lett. dd), che “definisce la "rete fognaria" come un sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane e, alla lett. ee), la “fognatura separata” come la rete fognaria costituita da due canalizzazioni, la prima delle quali adibita alla raccolta ed al convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento, e dotata o meno di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia, e la seconda adibita alla raccolta ed al convogliamento delle acque reflue urbane unitamente alle eventuali acque di prima pioggia”. Tale comma, pertanto, ha per oggetto le “… acque meteoriche di dilavamento che mantengono la loro originaria natura senza subire contaminazioni, il che non significa, ovviamente, che si tratti di sola acqua piovana, atteso che l’azione del dilavamento comporta inevitabilmente la commistione con altri elementi (quali detriti, polveri etc.).”
La Suprema Corte sostiene che “… il legislatore si è dunque riferito ad una ipotesi di dilavamento che potrebbe definirsi “ordinaria” e che riguarda le acque meteoriche le quali, come poi precisato nel secondo comma, se non disciplinate ai sensi del comma 1 non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del D. Lgs. 152\06.”
In riferimento al terzo comma dell’art. 113, la sentenza in parola evidenzia che “Si tratta, in questo caso, di situazioni - diverse e ritenute meritevoli di maggiore attenzione - di origine non soltanto naturale (acque di prima pioggia), ma anche volontaria (lavaggio di aree esterne) in cui la presenza di un pericolo di contaminazione richiede particolari accorgimenti (convogliamento e trattamento di depurazione).”
Tale asserzione viene messa in risalto, in quanto sono note le “… rilevanti conseguenze del dilavamento causato dalla prima fase dell’evento meteorico che caratterizza le acque di prima pioggia, mentre per il lavaggio di aree esterne le maggiori possibilità di impatto negativo sull’ambiente risultano evidenti in ragione della tipologia dell'attività, che comporta l’utilizzazione di quantità di acqua in misura certamente maggiore rispetto a quella proveniente esclusivamente da fenomeni meteorici naturali, allo scopo, appunto, di pulire una determinata superficie, di fatto, mediante un dilavamento indotto.” 
La pronuncia evidenzia, altresì, che “La differenza tra le diverse ipotesi di cui al primo e terzo comma dell’art. 113 è data anche dalla disciplina sanzionatoria, in quanto chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'art. 113, comma 1, let. b), è punito, ai sensi dell’art. 133, comma 9, con una sanzione amministrativa pecuniaria, mentre la mancata ottemperanza alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'art. 113, comma 3, è sanzionata penalmente secondo quanto stabilito dall’art. 137, comma 9, con l’arresto o l’ammenda indicata nel primo comma dell’art. 137 cui rinvia quoad poenam” (scarico di acque reflue industriali non autorizzato).
Riassumendo, la Corte di Cassazione ritiene che “… l’art. 113 …disciplina situazioni specifiche ed espressamente individuate, concernenti le acque meteoriche di dilavamento (commi 1 e 2), le acque di prima pioggia e di lavaggio (comma 3) e l’immissione diretta delle acque meteoriche nelle acque sotterranee (comma 4).”
Pertanto, si ribadisce in sentenza che “le acque di origine meteorica perdono la loro originaria consistenza divenendo sostanzialmente il mezzo attraverso il quale altre sostanze vengono veicolate verso un determinato corpo ricettore, un mero componente di un refluo di diversa natura oppure un elemento di diluizione di altre sostanze ma, certamente, non possono essere più considerate come semplici acque meteoriche di dilavamento.”
La Cassazione conclude ritenendo che “… al di fuori delle specifiche ipotesi disciplinate dall’art. 113 D. Lgs. 152\06 … saranno applicabili alle acque di cui si tratta la disciplina degli scarichi delle acque reflue industriali ovvero quella sui rifiuti liquidi.”

In conclusione, questa rilevante pronuncia (recentemente richiamata nella Sentenza n. 688 del 9 gennaio 2024), nel chiarire definitivamente il rapporto tra normativa e giurisprudenza, permette di interpretare e applicare l’art. 113 mediante l’autorevole chiave di lettura in essa contenuta.
Le “acque meteoriche”, tuttavia, restano un problema legato ancora al federalismo ambientale, in quanto, il Testo Unico Ambientale delega la disciplina di questa materia alle Regioni, le quali dovrebbero uniformarsi all’orientamento giurisprudenziale e chiarire la differenza tra acque meteoriche contaminate e non.