Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

MONITORAGGIO DEL TERRITORIO
“INTERVENTI DI RIFORESTAZIONE NELLE AREE COSTIERE: ANALISI DELL’IMPIEGO DI TAMARIX SPP. NEL LITORALE RAVENNATE”
29/01/2014
Dott Leonardo MARESCHI Commissario Capo del Corpo forestale dello Stato.

In Emilia-Romagna, come in numerose altre zone costiere basse e sabbiose, che si affacciano sul...

Riassunto:

 
Nel corso dell’ultimo secolo, il sistema ambientale costiero ha subito delle profonde trasformazioni in seguito ai mutamenti climatici ed all’attività antropica. Gli effetti dei mutamenti si manifestano in modo concreto nel litorale ravennate già da tempo e l’impiego del genere Tamarix a scopo protettivo è una delle azioni messe in atto per la protezione della linea di costa e della retrostante componente forestale. L’attività di impianto di talee del genere Tamarix a scopo protettivo viene praticata da diversi decenni dal Corpo Forestale dello Stato – Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Punta Marina, Ravenna all’interno delle Riserve Naturali Statali che rappresentano il 60 % della intera costa ravennate.
Questo studio ha l’obbiettivo di descrivere l’utilizzazione del genere Tamarix in opere di riforestazione, fascia antieolica, consolidamento degli argini e miglioramento ambientale del litorale. I rilievi di campo hanno quantificato nel 66,2 % la presenza della tamerice rispetto alla linea di costa delle Riserve Naturali Statali. I benefici derivati dall’impiego di questo genere sono stati riscontrati sia nelle retrostanti pinete che nella stabilità del sistema dunale.
Sulla base dei risultati ottenuti, è stato possibile formulare proposte di gestione, finalizzate a migliorare gli interventi in atto e futuri sulle piantagioni di tamerice nel litorale ravennate.

Parole chiave: Tamerice, difesa eolica, sistema dunale, riforestazione costiera, erosione costiera

Abstract:
 
Over the last century, the coastal environmental system has undergone profound changes as a result of climate change and human activity. The effects of changes occur in significant manner on the Ravenna coastline have been relevant over time and the use of species Tamarix such as a protective purpose is one of the measures put in place to protect the coastline and the back part of the forest. The activity of planting the species Tamarix cuttings for protective purposes has been practiced for several decades by the National Forest Service (Territorial Office for Biodiversity) within the State Nature Reserves representing 60% of the entire coast of Ravenna. This paper aims at describing the use of the genus Tamarix in reforestation, consolidation of banks and improving the environment of the coast. The field reliefs have quantified in the presence of tamarisk to 66.2% compared to the coastline of the State Nature Reserves. The benefits derived from the use of this species were observed both in behind pinewood than in the stability of the dune system. Based on the results obtained, it was possible to formulate management proposals, aimed at improving the current and future interventions on plantations of Tamarisk on the Ravenna coastline.

Key words: Tamarisk, wind protection, dune system, coastal reforestation, coastal erosion

 
 

 

Premessa

 

In Emilia-Romagna, come in numerose altre zone costiere basse e sabbiose, che si affacciano sul Mediterraneo, la costa è sempre più frequentemente soggetta a fenomeni di erosione e a rischio di sommersione per eventi di mareggiate. Oltre alla diminuzione degli apporti sedimentari fluviali, al fenomeno della subsidenza e al peggioramento del clima meteo-marino, l’intenso sviluppo urbano, infrastrutturale e turistico che ha interessato il litorale nell’ultimo secolo ha determinato un consumo generalizzato della componente più delicata: le dune costiere. Sul finire del XIX secolo si pensò che la miglior difesa per le colture dell’interno dai venti salsi del mare fosse una cortina boscosa da impiantarsi sui terreni sabbiosi delle dune e delle paleodune litoranee. Una fascia di dune litoranee stretta e lunga, suddivisa in varie sezioni a seconda della denominazione locale, fu rimboschita a pineta a partire dai primi anni del ‘900 fin verso il 1940 (Cencini,1980).
Gli impianti di tamerice presi in considerazione in questo studio nascono come siepi frangivento per l’esigenza di proteggere le pinete litoranee dall’aerosol marino. Si sviluppano sul finire degli anni ‘60 dell’ultimo secolo per poi avere un ampia utilizzazione dagli anni ‘70, dove vengono impiantati in quasi tutta la costa ravennate a protezione delle pinete retrostanti.
La tamerice vegeta spontanea in tutta la costa (questo è dovuto anche all’opera di piantagione del Corpo Forestale dello Stato), in particolare, alla foce di alcuni fiumi (Reno, Lamone) dove forma arbusteti ripariali puri e trova ampia diffusione come specie ornamentale sia nei giardini privati che nelle alberature stradali. Nel ravennate, la tamerice è diventata nel tempo un elemento del paesaggio a cui viene riconosciuta l’importante funzione di protezione, sia come frangivento che come difesa dall’erosione.

 

 

Storia degli impianti di tamerice

 
Foto 1: Impianto frangivento a protezione della Riserva Naturale Pineta di Ravenna (Sezione “Staggioni”)

Lo studio effettuato tra marzo e novembre 2012 ha analizzato, attraverso indagini effettuate negli archivi del Corpo Forestale dello Stato (Posto Fisso di Casalborsetti – RA e Ufficio Territoriale della Biodiversità di Punta Marina), la storia degli impianti di tamerice presenti nel litorale ravennate sino al loro attuale impiego finalizzato alla protezione delle pinete. Dai documenti analizzati si trova traccia della costituzione delle prime linee frangivento in una richiesta fatta dall’allora Stazione Forestale “Staggioni” (ora Posto Fisso di Casalborsetti) all’Ufficio Amministrazione Foreste Demaniali di Ravenna, per il biennio ‘70-‘71, di 4.750 piante miste tra tamerice e Olivio di Boemia (Elaeagnus angustifolia L.) (dagli anni ‘90 viene utilizzato soltanto il genere Tamarix).
Prima di questa data la protezione della linea di costa e delle pinete, veniva fatta attraverso la costruzione di staccionate in legno adoperando paleria di castagno e carpino e tavolame di pino domestico. La barriera così creata era soggetta in più punti alle mareggiate che la danneggiavano cosicché gli operai dovevano più volte ricorrere al puntellamento della stessa; a tal proposito si riporta la richiesta dell’allora Comando Stazione “Staggioni” all’Ufficio Amministrazione Foreste Demaniali di Ravenna avente come oggetto le opere di puntellamento lungo la barriera frangivento: “Si comunica a codesto Sup. Ufficio che la barriera frangivento, relativa all’oggetto, costruita nel 1969 in tavolame di pino domestico, ha ormai la parte in legno infissa nel terreno che non regge più. Infatti in questi giorni si è dovuto puntellare un tratto di 16 m, il quale si era inclinato fortemente verso il mare e minacciava di tirare con se anche la parte di barriera ancora in buono stato. All’uopo si fa presente che se non si provvederà a puntellare con pali di castagno lunghi m 4, tutta la barriera in esame entro il prossimo inverno, essa crollerà completamente e quindi verrà meno lo scopo per cui è stata costruita”.
Nel 1961 a Firenze nell’ambito del Congresso Nazionale sui rimboschimenti e sulla ricostituzione dei boschi degradati, analizzando i rimboschimenti in atto nel ravennate, veniva consigliato agli  amministratori dell’epoca che prima di effettuare il vero e proprio rimboschimento occorreva costituire una fascia di una ventina di metri di Tamarix gallica, funzionante da schermo alle piantagioni più avanzate di pino marittimo (Pinus pinaster Aiton). Questo accorgimento, si spiega: “avrebbe potuto abbreviare il periodo necessario all’affermazione del bosco e ottenere delle piante nelle prime linee di questo, con una migliore conformazione” (Bosetto, 1961). Nel primo quinquennio ’70-’75 vennero utilizzate circa 17.000 talee di tamerice per la fascia di protezione antieolica, garantendo alle pinete litoranee in tutta la loro estensione una protezione dai venti salsi.
L’opera di piantagione è andata avanti fino ai nostri giorni, dove attualmente le talee prodotte dal vivaio del Corpo Forestale dello Stato di Marina di Ravenna (ove è presente anche l’omonimo Posto Fisso) vengono utilizzate maggiormente per risarcire le numerose lacune che gli impianti presentano.

 
 

Il ciclo produttivo: dalle talee alla messa a dimora

L’intero ciclo produttivo che porta alla costituzione degli impianti frangivento può essere diviso in tre tappe fondamentali:

  • approvvigionamento del materiale vivaistico
  • vivaio
  • impianti frangivento (messa a dimora)
Foto 2 e Figura 1: Formazione di un neo-impianto alla foce del Fiume Bevano; Riserva Naturale Pineta di Ravenna (Sezione “Ramazzotti”).

Il materiale vivaistico viene reperito nel viale Giuseppe Verdi di Lido Adriano, frazione del comune di Ravenna. Il viale è costituito da tamerici storiche, dove alcune di queste superano i 40 cm di diametro. Nella stagione invernale gli operai del Corpo Forestale dello Stato recidono i getti dell’anno lungo i tronchi e li destinano al vivaio forestale di Marina di Ravenna, dove su una superficie di circa 2000 m2 nel mese di marzo fino agli inizi di aprile (dipende dalle condizioni climatiche della stagione) vengono piantate nel terreno, precedentemente preparato, per farle radicare. Il sesto d’impianto utilizzato è di 1.30 m × 0.40 m. La larghezza tra le file permette di poter passare con un mezzo munito di fresa per eliminare le erbe infestanti; vicino alle talee le infestanti vengono invece eliminate manualmente. In genere, ogni anno il vivaio riesce a produrre più di 3.500 talee radicate da destinare agli impianti frangivento. Dopo circa un anno di vita, nei mesi di gennaio – febbraio, le talee hanno prodotto tamerici dell’altezza di 2-2,5 m pronte ad essere impiantate. Per ragioni pratiche e per consentire meglio il trasporto, le piante di un anno vengono trapiantate a mano e  riunite in  buche profonde 0.50 m in fasci da 25 piante.
In vivaio è stato valutato l’attecchimento delle talee attraverso la predisposizione di 4 aree campione di forma rettangolare della lunghezza di 10 metri e della larghezza di 2 metri, ognuna delle quali ha preso in considerazione due file adiacenti di talee. La scelta delle aree all’interno del vivaio è avvenuta casualmente. Dalla elaborazione dei dati è risultato che l’attecchimento delle talee in vivaio è del 90.10 %.
Nel mese di marzo, quindi a un anno dall’inizio del ciclo produttivo, vengono eseguiti gli impianti lungo la costa.
Vengono scavate buche della profondità di  circa 30-40 cm e in ogni buca viene messa una talea radicata della lunghezza di 50-60 cm; la restante parte della pianta viene anch’essa tagliata in 2 o 3 pezzi che a loro volta vengono messi all’interno della buca.
Quindi in una singola buca si potranno avere da 3 a 4 talee di tamerice di cui una sola è provvista di radici ed è quella che ha le maggiori probabilità di svilupparsi. Una volta messe a dimora, le talee vengono irrigate all’interno delle buche. L’irrigazione di questi impianti viene fatta saltuariamente nelle prime settimane dopo la costituzione di ogni nuovo impianto ma non più di 2 o 3 volte (irrigazioni di soccorso). Il sesto d’impianto utilizzato consiste nel creare 2 file di tamerici sfalsate tra loro alla distanza di 40 cm l’una dall’altra nella fila e di 30 – 40 cm nelle file. 

 

L’impianto studiato è posto su un’area degradata che da poco tempo è stata recuperata dal Corpo Forestale dello Stato e si prefigge di riforestare l’argine della foce di recente ricostituito e di dare protezione alla pineta. Dopo circa 6 mesi dalla messa a dimora è stato calcolato l’attecchimento dell’impianto che è risultato del 48.60%. Come intuibile la percentuale di attecchimento delle talee radicate (58.69%) è risultata maggiore rispetto a quella delle talee non radicate (38.51 %).

 
Grafico 2: Estensione lineare della linea di costa e degli impianti frangivento nelle sezioni delle Riserva Naturale Pineta di Ravenna.

Gli impianti maturi

Le Riserve Naturali Statali si sviluppano per 28.2 km lungo il litorale ravennate per una copertura percentuale di circa il 60 % dell’intera linea di costa (47.4 km). La distribuzione lungo la costa ravennate degli impianti frangivento posti a protezione delle Riserve è stata effettuata mediante l’utilizzazione di un ricevitore G.P.S.. I dati ottenuti, hanno permesso di quantificare l’estensione degli impianti di tamerice all’interno delle Riserve: questi si sviluppano per 18.67 km per una copertura percentuale rispetto alla linea di costa del 66,2 %. Dove non è stato possibile effettuare il rilievo per ragioni operative, la localizzazione degli impianti è stata fatta tramite foto-interpretazione. Come si vede dal Grafico 2, l’estensione degli impianti all’interno della Riserva Naturale Pineta di Ravenna è stata ripartita nelle varie sezioni che per ragioni operative e gestionali il Corpo Forestale dello Stato utilizza.

 

All’interno degli impianti sono stati eseguiti i rilievi di diametri, altezze e densità media attuale che uniti a altre caratteristiche quali tipologia d’impianto, stato vegetativo, finalità iniziale, funzione ecologica prevalente e criticità osservate sono serviti per la redazione di schede descrittive le quali cercano di rappresentare i vari impianti presenti nel ravennate, sia dal punto di vista ecologico che strutturale.
Facendo un’ampia panoramica si può notare che la tipologia più diffusa è quella a filare, ma in alcuni casi si trovano arbusteti (formazioni naturali) che in passato sono stati risarciti per aumentare la densità come nella protezione del rifugio del Corpo Forestale dello Stato di Foce Reno. Lo stato vegetativo degli impianti in generale risulta essere abbastanza buono: i medesimi risultano danneggiati dove le mareggiate (con il concorso di altre cause, la subsidenza quale principale) erodono la costa scalzando le piante. La funzione ecologica prevalente degli impianti è senza dubbio la protezione delle retrostanti pinete dall’aerosol marino; in alcuni casi però gli impianti nascono per altre esigenze come avviene nelle Saline di Cervia (Riserva Naturale di popolamento animale) in cui i filari di tamerice sono stati creati come schermatura protettiva a favore dell’avifauna nidificante che si insedia nelle saline, consentendo così anche agli appassionati di birdwatching di avvicinarsi agli appositi punti di osservazione senza creare eccessivo disturbo.
Tra le criticità maggiormente evidenziate nelle schede descrittive, la principale è senza dubbio l’erosione costiera; inoltre, nelle zone ad alta frequentazione turistica, gli impianti hanno interruzioni per i numerosi sentieri di accesso alla spiaggia. A proposito dell’erosione costiera nel ravennate, analizzando gli impianti è stata osservata un’altra peculiarità del genere Tamarix non di secondaria rilevanza rispetto alla funzione frangivento: la capacità di stabilizzare le dune e le arginature artificiali. Infatti alcune specie appartenenti al genere Tamarix, grazie all’apparato radicale esteso, possono avere le radici principali che raggiungono una estensione complessiva di 30 metri mentre le radici laterali  sub-superficiali possono raggiungere anche i 50 metri (Zohari e Fahn, 1952; Baum, 1978; Liu et al., 2008). Questo fenomeno avviene quando la pianta viene coperta dalle sabbie spostate sulle dune e reagisce emettendo una gran quantità di radici avventizie. Dall’analisi dell’estensione lineare degli impianti frangivento in funzione del loro posizionamento all’interno degli Habitat della Direttiva 92/43/CEE, più della metà (59.26 %) degli impianti di tamerice sono collocati su dune (mobili e fisse). 

 

Conclusioni

Foto 3: Dove i filari di tamerici si aprono, il pino marittimo posto nelle prime file verso mare ha le chiome danneggiate dall’aerosol marino.

La tamerice nel litorale ravennate è ampiamente usata per diversi scopi, sia da enti pubblici che da privati. Da diversi decenni oramai trova una considerevole diffusione in tutta la costa ed è integrata dal punto di vista culturale ed estetico nonché per la funzione ecologica che svolge. Oggi, per gli abitanti di Ravenna e provincia, la tamerice è diventata un elemento del paesaggio cui viene riconosciuta l’importante funzione di protezione, sia come frangivento che come di difesa dall’erosione. Oltre che nelle zone litoranee, ritornare a utilizzare la tamerice nelle lagune costiere(pialassa della Baiona, pialassa dei Piomboni, Salinedi Cervia) per difendere le sponde degli argini e le barene dall’erosione, potrebbe rappresentare un ulteriore ampliamento dell’area di impiego del genere Tamarix.
Va specificato che riguardo ai dubbi sollevati da naturalisti operanti sul territorio in merito all’introduzione delle specie del genere Tamarix nelle aree ad alto valore naturalistico del litorale (habitatdi interesse comunitario come le dune embrionali mobili) le quali potrebbero alterare l’habitat dominato da specie erbacee (vegetazione psammofila), bisogna evidenziare che alla luce dei cambiamenti climatici in atto in tutta l’area mediterranea, della subsidenza del litorale ravennate e dell’erosione incontinua progressione, questi ambienti sono destinati a subire forti ripercussioni se non a scomparire nei prossimi decenni.
Il Corpo Forestale dello Stato, tramite l’Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Punta Marina, con la sua pluridecennale attività di impiego della tamerice ha contribuito in modo sostanziale alla diffusione di questa specie e come emerge dai dati degli archivi ha impiantato dagli anni ‘70 del secolo scorso fino a oggi dalle 3.000 alle 4.000 talee/anno. Questo massiccio impiego della specie ha contribuito contemporaneamente alla protezione delle formazioni dei popolamenti forestali costieri nonché alla difesa della linea di costa. Lo sforzo compiuto dal Corpo Forestale dello Stato nella protezione della costa balza subito all’occhio considerando l’estensione dei filari che è di 18.67 km corrispondente al 66.2 % dell’intera linea dicosta ravennate. La percentuale di copertura da parte della tamerice risulta però potenzialmente maggiore di quella anzidetta sia per il ridotto attecchimento delle talee impiegate che per l’elevata pressione antropica la quale frammenta, con vie d’accesso alle spiagge e  agli stabilimenti, la continuità dei filari. Al fine di aumentare l’efficacia dell’intervento è possibile implementare ulteriori ricerche sull’utilizzazione delle specie impiegate al fine dimigliorare la riuscita delle piantagioni. Come evidenziato da alcuni lavori presso il D.I.BA.F (Dipartimento per l’Innovazione nei sistemi Biologici, Agroalimentari e Forestali) dell’Università degli Studi della Tuscia, vi è una differenza di tolleranza alla salinità delle diverse specie del genere Tamarix (Abou Jaoudè, 2010; Abbruzzese, 2011). 
La valutazione dell’efficacia degli interventi appare estremamente positiva in relazione alla funzione di protezione delle retrostanti pinete; infatti questo lavoro ha messo in risalto che dove esistono fallanze consistenti la componente arborea evidenzia segni marcati di stress nei confronti dei venti salsi.

 
 

Attualmente il Corpo Forestale dello Stato impiega le talee radicate soprattutto per i risarcimenti, in modo da ripristinare la continuità della barriera. Oltre ai risarcimenti, ad oggi, gli altri impieghi riguardano il consolidamento delle opere di difesa di volta in volta necessarie.
Alla luce dei benefici suesposti derivanti dall’impiego della tamerice nella protezione del litorale ravennate e delle criticità emerse nella fase di moltiplicazione e propagazione nonché nella tecnica di impianto, vengono riportate alcune proposte gestionali finalizzate amigliorare l’efficacia degli interventi  futuri:

 
  1. caratterizzazione  tassonomica delle specie presenti nel viale di Lido Adriano e delle specie presenti sul litorale (come già effettuato in precedenti studi in altre località, (Abbruzzese, 2011);
  2. prelievo del materiale legnoso per la propagazione delle talee da individui presenti ormaida anni sulla costa (individui naturalizzati);
  3. scelta della specie migliore e più adatta a costituire la fascia di protezione frangivento. Sicuramente, considerando l’areale di distribuzione, Tamarix gallica è da preferire a Tamarix africana, in quanto quest’ultima in Emilia Romagna è posta nella parte più estrema del proprio areale, risentendo maggiormente delle basse temperature invernali. Considerando la resistenza alla salinità T. gallica è più resistente rispetto a T. africana (AbouJaoudé, 2010; Abbruzzese, 2011);
  4. scelta della tecnica d’impianto più adatta in base alla collocazione dell’impianto. Nei nuovi impianti o risarcimenti futuri in aree soggette a erosione si suggerisce di praticare la tecnica cosiddetta a “Fraschetta” (D’Errico, 1953) oppure utilizzare la talea lunga (Bosetto, 1961);
  5. scelta del sesto d’impianto più confacente alla funzionalità di fascia frangivento e utilizzo di un numero di file superiori rispetto alle due attuali.  Come emerge dagli atti del primo congresso di selvicoltura sui rimboschimenti (terminologia del congresso da verificare) (Bosetto, 1961), veniva consigliata la creazione di una fascia frangivento della larghezza di 20 metri. Attualmente in considerazione della forte antropizzazione della linea di costa e della diminuzione dell’arenile non appare realizzabile un  impiego di tamerice di quell’entità. E’però auspicabile aumentare la profondità della piantagione così da incrementare la protezione delle pinete retrostanti e garantire una maggiore efficienza nell’ostacolare l’arretramento della linea di costa.

L’importanza dell’opera di protezione mediante l’utilizzo della tamerice va ad aumentare di importanza alla luce dell’evoluzione in senso mesofilo dei soprassuoli costieri, come previsto dalle proposte gestionali in studio da parte del Corpo Forestale dello Stato (Nobili,2008). L’introduzione di specie mesofite, che costituisce una delle nuove priorità in relazione all’incremento della biodiversità, potrebbe di fatto incontrare limitazioni nella resistenza agli aerosol marini.
In questa ottica, un impiego maggiore della specie con scopo protettivo contribuirà in futuro alla stabilità dell’ecosistema costiero.

 

Bibliografia

 

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