Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

MONITORAGGIO DEL TERRITORIO
IL CONCETTO DI PERICOLOSITÀ IDRAULICA
21/10/2022
di Chiara SILVESTRO[1]


FOTO ARTICOLO SILVESTROLa sicurezza idraulica viene spesso associata alla realizzazione di opere di difesa dall’erosione e di contenimento dei livelli di piena, al taglio a raso della vegetazione lungo i corsi d’acqua e al confinamento degli stessi in sezioni ristrette dove l’acqua possa scorrere via veloce. Spesso si affida la sicurezza idraulica ai calcoli ed in particolare al tempo di ritorno. È un approccio che possiamo ancora considerare corretto? Siamo sicuri di essere più sicuri se costringiamo un fiume ad assumere un comportamento artificiale? Alcuni esempi piemontesi ci mostrano che oggi è indispensabile guardare al corso d’acqua con altri approcci, in un’ottica più vasta a scala di bacino che rispetti il più possibile la naturalità e nella consapevolezza che il rischio nullo non esiste. 

Hydraulic safety is often associated to water protection works, plant eradication and artificial sections. If water runs fast, than I feel safe. Often hydraulic safety is relied on calculation and in particular to return time. Is it correct? Is it true that I'm safe if a river is artificially controlled? Some Piedmont situations and case histories teach us that it is necessary to look at rivers on a catchment scale and work respecting natural behaviour. We need to learn and understand that it is impossible to remove risk. 

L' intervento vuole essere una riflessione sul concetto di sicurezza idraulica. Tutte le volte che accade un’alluvione si spendono tante parole sulla mancata sicurezza idraulica sulla necessità di interventi strutturali. In realtà, per quel che riguarda il Piemonte, di interventi ne sono stati realizzati moltissimi sono state spese molte risorse, ma nonostante ciò continuiamo a subire gli effetti dell’alluvione. Allora il rischio zero non esiste, l’errore che facciamo spesso e che più spesso fanno i livelli decisionali, quelli politici, è di farci credere che esiste una soluzione definitiva. Prendiamo il caso di Ceva, dove a fronte di molte opere realizzate comunque ancora la città si allaga. Sono necessari ancora interventi? Forse è ora di cambiare prospettiva.

Per far fronte a un problema di rischio idrogeologico effettivamente le misure strutturali, cioè che agiscono direttamente sul problema, servono e sono state negli anni realizzate, di certo dove era più necessario ed urgente.

Cosa sono le misure strutturali? Sono le opere di cui abbiamo sentito parlare e sentiamo parlare continuamente. Il Tanaro è quasi un continuo di opere di difesa. A Ceva il Tanaro scorre in mezzo all'abitato, e per contenerlo sono stati realizzati argini, opere anti-erosive, si è fatto quello che era necessario e si poteva fare. Il contesto è vincolato, non c'è altro spazio da lasciare al fiume, cerco di contenerlo compatibilmente con quello che sta intorno. Si è deciso di urbanizzare anche le aree allagabili, dimenticandosi presto degli eventi passati. Guardando la mappa del dottor Galliano a seguito dell’alluvione del 2016, notiamo che sono stati misurati battenti d'acqua di oltre un metro. Eppure le opere, gli argini, c'erano già: sono stati realizzati a seguito dell'evento del 1994 con il piano stralcio di cui ci parlava il dottor Simonelli e a Ceva è stato fatto tutto quello che forse si poteva fare, con questo risultato. Abbiamo fallito? No, è stato fatto quello che era possibile fare. Senza addentrarmi troppo nel concetto di pericolosità e rischio, proviamo a legare il concetto di rischio alla presenza su un territorio pericoloso di infrastrutture.  Un territorio libero, senza infrastrutture interessato da un allagamento a seguito di un evento ha una sua pericolosità ma rischio nullo. Se invece c'è una casa o una qualsiasi costruzione, allora c'è un danno e quell'infrastruttura è a rischio. Per quantificare il rischio devo conoscere il valore esposto di ciò che viene interessato dall'evento. È importante essere consapevoli che la realizzazione di opere a protezione di territori con un certo grado di pericolosità non mette al sicuro da un possibile allagamento legato ad un evento di maggiore gravità. Se quindi a tergo delle opere realizzo nuove strutture non faccio altro che esporre i beni ad un pericolo, aumentando quindi il rischio correlato ad un evento più gravoso di quello rispetto al quale ho progettato le opere di difesa. 

Siamo poi abituati a legare il concetto di sicurezza al concetto di tempo di ritorno. Così, ad esempio, posso pensare che se ho costruito delle difese per un evento con tempo di ritorno di 200 sono al sicuro. Il tempo di ritorno è in realtà un concetto legato a una probabilità di accadimento: ogni anno in un arco di 200 anni, ho, in media, un duecentesimo di probabilità che questo evento accada. L'opera serve a proteggere quello che ho costruito da un certo tipo di evento, ma non garantirà di essere sempre al sicuro. I calcoli idraulici sono fondamentali per la progettazione perché non si può progettare a sentimento, ho bisogno di dati concreti, ci sono le università, ci sono i professionisti che ci lavorano e lavorano a rappresentare una realtà molto complessa, con tante variabili e difficilmente prevedibile.

Valutare solo un aspetto, affidare la sicurezza solo alle opere, o ai calcoli idraulici è però riduttivo. È necessario che chi vive in questi territori, cittadini, imprese, amministratori, sia consapevole, conosca i problemi che deve affrontare.

 Affiancherei a questo discorso sulle opere, restando sempre nell’ambito delle misure strutturali, la solita indistinta richiesta di pulizia dei fiumi, slogan che si ripresentano anche in tempo di pace. Si promuovono programmi per favorire l'allontanamento di sedimenti per trasformare i fiumi in autostrade dell’acqua. Andiamo a vedere se è proprio vero che un fiume "pulito" è anche più sicuro. L’allontanamento dei sedimenti dal corso d’acqua genera tutta una serie di eventi che ovviamente non si vedono nell’immediato ma che si manifestano nel tempo. Negli decenni passati sono stati portati via dai corsi d’acqua migliaia e migliaia di metri cubi di materiale. Con quali conseguenze? Il corso d’acqua non è più in grado di rigenerare il materasso alluvionale e l’impoverimento di sedimento creato artificialmente dall’uomo contribuisce all’approfondimento del fondo alveo del corso d’acqua. Sul Tanaro lo vedete a partire già da Garessio. Il substrato del Tanaro è sempre in vista anche laddove ci sono grossi accumuli lungo le sponde, a volte con quote più alte della sponda stessa. La mancanza di sedimento fa sì che il fiume cominci ad erodere il proprio fondo e perda le sue caratteristiche geomorfologiche naturali. Questo è il Tanaro nella zona tra Alba e Asti, come potete vedere l’attuale è il tracciato azzurro, la sua morfologia passata era molto più articolata, il territorio che andava ad occupare era decisamente maggiore. È chiaro che più il Tanaro scorre in un alveo stretto, più ci sono in disponibilità terreni da utilizzare, per esempio, per coltivare. La banalizzazione morfologica del corso d’acqua provoca quello che ci ha detto anche il dottor Simonelli poc'anzi. Questo è il Tanaro ad Alba dove il substrato è a vista. Il substrato è costituito da alternanza di marne e arenarie: le marne sono questo materiale grigio. Durante gli eventi alluvionali l'acqua è in grado di strapparle dall’alveo e depositarle sulle golene, aumentando l'azione erosiva. Il corso d’acqua si approfondisce, si restringe, aumenta la velocità a parità di portata, cresce la sua capacità erosiva. Si arriva a situazioni come quella del Ponte di Govone, dove i pali di fondazione sono emersi e sui quali è stato necessario fare un intervento con una spesa importante. L’approfondimento del fondo, oltre a mettere in crisi le opere di difesa e le infrastrutture in alveo, porta all’abbassamento della falda idrica sulle golene, con ricadute sull’utilizzo agricolo dei territori, è necessario approfondire i pozzi e nello stesso tempo si modifica l’aspetto della vegetazione riparia perché passa da specie che stanno in un ambiente umido a specie che stanno in un ambiente più secco. Si genera una disconnessione tra il corso d’acqua e le sue golene. La disconnessione porta con sé effetti anche durante le piene. Sono infatti le golene allagabili a laminare l’acqua, a immagazzinarla temporaneamente durante la piena. Se il fiume non è più in grado di raggiungere le golene, tutto il volume d’acqua si trasferisce verso valle, arrivando nelle città come nel 2016 ad Alessandria. Durante l'evento c’erano 10 cm di margine tra il pelo dell'acqua e il coronamento dei muri d'argine.

Oltre alle opere cosa possiamo fare?

Si può lavorare sulle misure non strutturali, ovvero quelle che non agiscono direttamente sul dissesto, per intenderci non contengono l’acqua, ma permettono di ridurre l’impatto dell’evento in maniera indiretta. Le misure non strutturali sono molte e vanno dalle previsioni meteorologiche, alla raccolta dati in tempo reale, ai piani di protezione civile, fino ad arrivare alle norme di uso del suolo contenute in piani e dispositivi normativi. Si parte da molto lontano, ad esempio dal 1904 con il Regio Decreto 523 che vieta ad esempio di costruire a ridosso del corso d'acqua, a discapito dello spazio del fiume. Oggi ci sono i piani gestiti dall’Autorità di distretto del bacino del fiume Po, che accanto alla conoscenza del territorio, della sua pericolosità e del rischio a cui è soggetto, dettano anche le norme di uso del suolo. Stabiliscono ciò che si può fare e non si può fare. Sono norme sovraordinate e vengono acquisite localmente attraverso i piani regolatori comunali, calate nel dettaglio del territorio. Così, ad esempio, se si conoscono le aree di laminazione, si delimitano e si stabiliscono delle norme che preservino quei territori per quella finalità e consentano attività compatibili, come ad esempio l'agricoltura.

In conclusione, quando siamo più sicuri?

Quando ci sono le opere, laddove indispensabili come nei centri abitati, quando lasciamo che il corso d’acqua possa movimentare il suo carico di sedimenti. Ma posso lasciare nel centro abitato un deposito di sedimento quando la sezione ha una geometria dettata dalle opere? No, perché lì la sezione obbligata mi costringe a mantenerla libera. Laddove invece la sezione è libera e ci sono accumuli importanti che possono condizionare lo scorrimento dell'acqua in maniera pericolosa, allora posso movimentare il sedimento e non allontanarlo, lasciarlo nella disponibilità del fiume, favorendo il più possibile un comportamento naturale e meno vincolato, limitando gli interventi che sconnettono il corso d’acqua dalle sue golene.  È poi fondamentale preservare la fascia riparia, perché l’altro concetto che viene legato al concetto di sicurezza idraulica è quello di tagliare qualunque arbusto ci sia lungo le sponde e avere una sezione "pulita". In realtà, in certe condizioni, è necessario tagliare la vegetazione, ma se la vegetazione è sana e di un certo tipo difende le sponde dall’erosione. Anche le isole in alveo, se mantenute correttamente, consentono di avere un effetto filtro e trattenere il materiale solido fluitato. Ricapitolando, nei centri abitati posso e devo realizzare le opere di difesa se ci sono infrastrutture da difendere. Le opere di difesa però devono essere mantenute. Se necessario demolisco e rilocalizzo le infrastrutture che sono indifendibili oppure la cui difesa comporta un costo enorme.

Fuori dai centri abitati pianifico per preservare una fascia destinata al corso d’acqua in modo che possa mantenere o avvicinarsi a un comportamento più naturale, sia favorita la laminazione, salvaguardata la vegetazione riparia. E sarebbe importante riconoscere un adeguato indennizzo ai proprietari dei terreni destinati alla laminazione sia per la loro funzione di salvaguardia verso i territori di valle sia per ripagare dalle erosioni di sponda che possono essere anche molto importanti.

La conoscenza del comportamento del corso d’acqua anche attraverso accurate ricostruzioni storiche della sua evoluzione morfologica, delle modifiche del paesaggio e naturalmente degli eventi alluvionali è la base per qualsiasi tipo di pianificazione e per fare una valutazione su come intervenire. Da sempre bisogna applicare i vincoli e le norme che ci vengono dettate dai piani sovraordinati e dai piani regolatori, avere rispetto per le aree di pertinenza fluviale, non aumentare i beni esposti al pericolo e soprattutto diffondere una corretta conoscenza del territorio tra la popolazione che vive nei territori soggetti a pericolosità idrogeologica. Cittadini consapevoli, amministratori che conoscono il proprio territorio e sanno reagire correttamente ogni qualvolta, purtroppo, sia necessario.

 


[1] Ingegnere Regione Piemonte - Direzione Opere pubbliche, Difesa del suolo, Economia montana e foreste