RIASSUNTO:
L’Europa meridionale accoglie i più importanti lembi di foresta vergine o seminaturale. Nonostante l’antica presenza umana, il pascolo intenso, l’erosione, gli incendi e il processo di desertificazione, i sistemi montuosi di questa parte del territorio hanno adeguatamente protetto alcune delle più belle foreste europee.
In Italia fenomeni devastanti come gli incendi boschivi che, quest’estate, hanno colpito piccole e grandi aree del nostro Paese, hanno determinato una perdita di biodiversità difficile da quantificare e soprattutto da recuperare. Occorrerebbe un’opera di rimboschimento caparbia e lungimirante difficile da realizzare oggi.
ABSTRACT:
Woods, fires and biodiversity
Southern Europe hosts important parts of virgin or semi-natural forests. Notwithstanding ancient human presence, intense pasture, erosion, fires and desertification process, the mountainous systems of this part of the territory have adequately protected some of the most beautiful European forests.
In Italy devastating phenomena such as forest fires, that in the summer 2017 hit small and large areas of the country, have led to a loss of biodiversity hard to quantify and recover. Stubborn e farsighted reforestation is needed, although hard to achieve nowadays
Un terzo dell'Europa è coperto da boschi, per circa 144 milioni di ettari (superficie pari a quasi cinque volte quella dell'Italia), ma le condizioni in cui versa questo patrimonio forestale ancora ragguardevole non sono le migliori.
Qualsiasi bosco, anche il più antico e inaccessibile, ha infatti subito in un passato più o meno recente il taglio, l'incendio, il pascolo del bestiame, tanto che è diventato molto difficile trovare foreste vergini.
Ma questo non significa che non esistano foreste che per le loro caratteristiche di naturalità possano essere definite dei veri e propri monumenti alla biodiversità, testimoni dell'antico splendore delle selve del nostro continente.
L’inventario, lo studio e la protezione di questi lembi di habitat naturale, dall'estremo nord della Lapponia all’estremo sud dell'isola di Creta, sono gli obiettivi di molti progetti di conservazione nazionali e sovranazionali, ma è anzitutto importante definire i criteri per stabilire se un bosco è naturale e in quale misura.
Gli studiosi di biodiversità forestale li condensano in otto parametri guida:
- la presenza di una struttura complessa, con quattro strati vegetali: le erbe, i cespugli, gli alberi e le piante rampicanti;
- la composizione e la distribuzione delle specie, cioè l’aspetto floristico vero e proprio;
- la presenza di alberi di età differenziata: giovani, maturi e vecchi;
- la presenza di alberi molto vecchi e grandi, giunti al limite del loro sviluppo;
- la presenza di uno strato di legname morto e marcescente sul terreno;
- la presenza di alberi secchi e deperienti ancora in piedi;
- la presenza di diverse successioni ecologiche, vale a dire l'esistenza di uno stato dinamico di evoluzione;
- la presenza, infine, degli indicatori biologici, quelle specie cioè che dipendono dalle condizioni di salute e di maturità degli ecosistemi forestali, in particolare gli invertebrati del legno morto (soprattutto coleotteri), i licheni, i funghi (soprattutto le Poliporacee che crescono sui tronchi), i muschi, i molluschi (chiocciole e lumache) e i picchi.
Nonostante lo sviluppo dell'agricoltura e dei centri urbani, le attuali foreste europee rappresentano ancora il 70 per cento della superficie originaria.
Sono tuttavia distribuite in modo diseguale, con un massimo nelle nazioni scandinave ed un minimo in alcuni paesi occidentali come l'Irlanda, la Danimarca, la Gran Bretagna e l'Olanda, dove il termine bosco viene ormai riservato a piccoli parchi, i cui alberi, si contano uno per uno.
Le foreste vergini e semi-naturali, generalmente localizzate nelle zone montane più inaccessibili, coprono in totale 2.209.000 ettari, cioè l'1,5 per cento della superficie forestale complessiva e il 2,2 per cento della copertura boschiva originaria.
Per il resto si tratta di aree di maggiore o minore interesse naturalistico, ma tutte classificate fra le foreste secondarie o di sostituzione: cioè manomesse, piantate, curate, tagliate o in ogni caso gestite dall'uomo che ne ha impedito l'evoluzione naturale e spontanea.
L’Europa meridionale, in particolare la fascia mediterranea (Grecia, penisola iberica, Italia e Turchia), accoglie i più importanti lembi di foresta vergine o semi naturale.
Nonostante l'antica presenza umana, il pascolo intenso di capre e di pecore, l'erosione, gli incendi e il conseguente processo di desertificazione, i sistemi montuosi di questa parte del territorio hanno adeguatamente protetto alcune delle più belle foreste europee.
Per ritrovare le sensazioni provate dai primi uomini che abitarono l'Europa, bisognerebbe quindi fare un pellegrinaggio attraverso i monumentali querceti della penisola iberica, le umide selvé di abete di Cefalonia dei monti della Grecia, le tenebrose abetine dell'Appennino settentrionale E le fitte faggete della Turchia.
Ambienti unici, minacciati da fenomeni devastanti, come gli incendi boschivi che, nell’estate del 2017, hanno colpito piccole e grandi aree boscate del nostro Paese, determinando perdite di biodiversità difficili da quantificare e soprattutto da recuperare.
Il più delle volte la natura richiede tanto di quel tempo per riformare un manto vegetale di una certa maturità e complessità, che, di fatto, nel normale volgere della vita di un uomo quello che, gli occhi di un bambino hanno visto andare in fiamme, difficilmente lo potranno vedere tornato al primitivo splendore una volta divenuti gli occhi di un anziano.
Ciò è particolarmente valido nel caso delle formazioni di conifere, piante che muoiono anche se toccate dal fuoco in modo superficiale . Basta un fuoco di paglie alla base di pini secolari per decretarne la morte: questa avviene nel giro di una o più stagioni, spesso la pianta sembra dar prova di vigore e di aver superato l’insulto delle fiamme ma prima o poi, la chioma comincerà a ingiallire e l’albero sarà morto.
La corteccia, impregnata di resine e di sostanze altamente infiammabili, non garantisce più protezione al tronco duro, solido ma pur sempre fragile.
Le grandi pinete di pino delle pendici del Gargano e del Vesuvio, la selva di Castelfusano, le formazioni a latifoglie e conifere del monte Morrone andate in fiamme nella scorsa estate difficilmente torneranno così come le abbiamo viste nel passato.
Occorrerebbe un’opera di rimboschimento caparbia e lungimirante, quale è difficile realizzare oggi, e si dovrebbe combattere contro la natura stessa che vorrà un mantello di macchia mediterranea al posto dei pini che per tanto tempo con la loro ombra, le hanno negato spazio.
La successione vegetale che si instaura nei terreni percorsi dalle fiamme tende, infatti, a sostituire l’ammasso di tronchi anneriti e privi di vita dapprima con uno strato erbaceo di piante pioniere e tenaci, poi con una fascia di arbusti invadenti e adattabili, dalla ginestra al rovo, poi via via con una vegetazione più complessa di sclerofite, le piante sempreverdi dalle foglie coriacee, amanti del sole e tolleranti della siccità, che costituiscono la vegetazione più importante delle coste mediterranee rocciose e dardeggiate dal sole, come quelle del Gargano esposte al mare.
Queste piante sono presenti in piccolo numero e in condizioni precarie anche in una lecceta e in una pineta ombrosa e aspettano solo un evento improvviso, come il fuoco, per farsi largo e sopraffare gli alberi caduti sotto i colpi delle fiamme.
Dalla loro base ben presto spuntano vigorosi polloni in grado di ripristinare, in tre o quattro anni, una macchia mediterranea compatta e alta alcuni metri che, nel suo grembo, comincerà ad allevare qualche leccio, qualche pino che poco a poco con grande fatica comincerà a liberarsi dall’abbraccio soffocante delle filliree e dei mirti.
La capacità di rigenerarsi della macchia mediterranea che ha evoluto meccanismi di difesa dalle fiamme rappresentati da radici sotterranee, da suberosità del tronco e dai rami, è eccezionale ma, un incendio comporta un regresso a condizioni embrionali della vegetazione dell’area e per sperare che il neonato possa crescere sano e robusto, come il suo genitore, prima delle fiamme bisogna che ci siano delle condizioni che oggi non sempre sono assicurate.
Ad esempio la capacità di piante e animali di colonizzare i terreni percorsi dalle fiamme. In un territorio sempre più parcellizzato, segmentato da strade e infrastrutture, non è detto che semi, propaguli vegetali e organismi animali siano in grado di raggiungere la zona incendiata per iniziare la ricostruzione di una biocenosi complessa.
Un bosco incendiato potrebbe non tornare più come era prima, come suggerisce il concetto ecologico della omeorresi.
Questa teoria, in opposizione a quella dell’omeostasi, cioè della tendenza dei sistemi a tornare alle condizioni iniziali di equlibrio in assenza di fattori di disturbo, sostiene che un ecosistema perturbato entrerà in un flusso di cambiamenti che lo porteranno a una nuova condizione di equilibrio diversa da quella precedente al fenomeno perturbativo .
Nel caso di un incendio boschivo è evidente che il bosco tornerà ad essere bosco, ma sarà sicuramente diverso dal bosco originario e probabilmente peggiore dal punto di vista naturalistico, per la minore ricchezza di specie come: testuggini di terra, serpenti e mammiferi terricoli che non avranno più la possibilità di raggiungerlo e di insediarvisi.
Gli ultimi anni ci hanno abituato a una serie sempre più serrata di eventi climatici gravi e irruenti, in particolare le alluvioni che erodono il territorio: uno di questi eventi subito dopo un incendio segnerebbe irrimediabilmente la fine delle possibilità di un territorio di riformare una adeguata copertura vegetale, perchè lo scheletro roccioso, portato a nudo dall’azione dilagante della pioggia, non sarà più in grado di sostenere lo sviluppo di piante a partire dai semi accidentalmente trasportati dal vento o dagli animali.
Non è detto quindi che un territorio incendiato, possa tornare a fiorire e possa offrire nel corso di questa sua trasformazione opportunità di vita a specie animali e vegetali: è un augurio e non una certezza.