Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

FORMAZIONE
L’ARBORETO DIDATTICO DELLA SCUOLA FORESTALE CARABINIERI DI CITTADUCALE: UNA PALESTRA VERDE
10/01/2024
di 1 Luigi MELFI, 2 Massimiliano PUTIGNANI  e 3 Paola BIANCHETTI 
1- Capitano dell’Arma dei Carabinieri, Capo Ufficio Divulgazione Naturalistica e Insegnante della Scuola Forestale Carabinieri, Capo Redattore Rivista Silvae on-line dell’Arma dei Carabinieri 
2- App. Sc. Q. S., in servizio presso l’Ufficio Divulgazione Naturalistica della Scuola Forestale Carabinieri Cittaducale (Ri)
3- App. Sc. Q. S., in servizio presso l’Ufficio Addestramento della Scuola Forestale Carabinieri Cittaducale (Ri)

 

Il presente lavoro intende fornire una utile guida alla scoperta dell’arboreto didattico della Scuola Forestale Carabinieri di Cittaducale gestito dall’Ufficio Divulgazione Naturalistica, vera e propria “palestra verde” per i frequentatori dei corsi, per i visitatori e per le scolaresche.

This work intends to provide a useful guide to discovering the educational arboretum of the Carabinieri Forestry School of Cittaducale managed by the Naturalistic Disclosure Office, a true "green gym" for course attendees, visitors and school groups.

L’ARBORETO DELLA SCUOLA (a cura di Luigi MELFI)
La Scuola Forestale Carabinieri di Cittaducale è stata istituita, così come ora articolata, il 1° gennaio 2017, per effetto del decreto legislativo del 19 agosto 2016, n.177, recante “Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato”.
La Scuola nasce nel 1903 come “Scuola di silvicoltura per le guardie forestali”. L’ordinamento venne approvato con R.D. 29 dicembre 1904, mentre l’assetto definitivo fu dato con il R.D. 25 maggio 1905, n. 250, firmato dal Re Vittorio Emanuele III con il quale l’istituto di formazione cambiò denominazione in “Regia Scuola di silvicoltura per le guardie forestali”; il relativo Regolamento fu approvato con R.D. 19 settembre 1907, n. 787.
La parte più antica della Scuola è costituita da due costruzioni del XIV secolo quali l’ex convento e Chiesa di San Francesco e da un terreno di proprietà comunale, che Gioacchino Murat Re di Napoli nel 1811 cedette al comune di Civita Ducale in seguito alle soppressioni degli ordini religiosi per impiantarvi un vivaio forestale.
Il vivaio forestale annesso alla Scuola di Silvicoltura si trasformerà in pochi anni in “orto forestale sperimentale” che, alla stessa stregua delle nascenti “stazioni sperimentali per la selvicoltura”, aveva il preciso intento di migliorare la conoscenza selvicolturale per incrementare la produzione forestale italiana e per prevenire il gravoso dissesto idrogeologico dell’epoca determinato dall’intenso sfruttamento della risorsa legno. 
Nell’area adibita a vivaio, i frequentatori dei corsi forestali, negli anni, effettueranno esercitazioni di selvicoltura dove si sperimenterà l’acclimatazione delle specie arboree autoctone e l’adattamento di specie alloctone.
FOTO 1Con il passare degli anni, alcune piantine messe a dimora diventeranno veri e propri alberi, molti dei quali costituiscono l’attuale arboreto.
L’arboreto didattico della Scuola Forestale Carabinieri (in passato denominato anche “parco” della Scuola), venne così denominato a metà degli anni ‘90, quando alcuni forestali in servizio presso l’Ufficio Divulgazione Naturalistica furono incaricati di censirne tutti gli alberi. Nel 1994, per scopi censori ed archivistici, fu realizzata dalla Guardia Forestale Massimiliano Putignani la carta planimetrica in scala 1:500 dell’arboreto, con la localizzazione delle specie più rappresentative; inoltre, furono realizzati i cartellini identificativi (prima in legno con incisione a pirografo e in un secondo momento in alluminio attraverso l’ausilio di un pantografo) indicanti il nome volgare, il nome scientifico e la famiglia d’appartenenza delle varie specie arboree e arbustive.
L’arboreto si estende su una superficie complessiva di circa 2 ettari ed è oggi oggetto di una riqualificazione che prevede la progressiva eliminazione degli alberi deperienti e pericolosi e la messa a dimora di nuovi alberi in loro sostituzione. 
È stata inoltre realizzata un’area denominata “Il Roseto e il Giardino dei sensi” composta da sei sezioni dedicate alle rose ed una alle piante aromatiche e sono stati installati dei pannelli informativi relativi alla flora e fauna del parco, alla storia della meridiana e del Sacrario militare e alla nascita degli arboreti didattici. 
È in fase di realizzazione l’apposizione di QR code quale ausilio didattico per il riconoscimento delle specie, nonché la georeferenziazione delle piante presenti.
Durante le attività di formazione interne rivolte ai corsi specialistici per Marescialli, Brigadieri e Carabinieri, l’arboreto è utilizzato come “palestra didattica a cielo aperto” in cui vengono svolte esercitazioni di botanica forestale, di selvicoltura, di dendrometria e di patologia forestale.
L’arboreto è visitato durante i mesi dell’anno da numerose scolaresche provenienti da ogni parte d’Italia che vengono coinvolte nella “didattica ambientale”, incontri nei quali sono trattati argomenti inerenti la protezione e la sostenibilità ambientale tenuti dai militari appartenenti all’Ufficio Divulgazione Naturalistica, reparto incardinato nello Stato Maggiore della Scuola Forestale Carabinieri.
L’arboreto è composto oggi da oltre settecento esemplari tra alberi e arbusti appartenenti a circa cento specie diverse.
Le specie presenti nell’arboreto sono, per la maggior parte, specie indigene rappresentanti la tipica vegetazione forestale italiana e riscontrabili dal piano basale-costiero al piano montano-alpino della Penisola.
La coesistenza nell’arboreto di tante specie diverse è dovuta probabilmente alle particolari e favorevoli condizioni climatiche che si riscontrano al proprio interno; infatti, l’esposizione est/ovest, gli edifici a nord, la cinta muraria Angioina a sud, la latitudine centrale rispetto alla penisola italiana, l’altitudine di 450 mt. s.l.m., contribuiscono ad avere estremi termo-pluviometrici non critici per le specie di confine, cioè per quelle specie tipiche di altre fasce fitoclimatiche a cui non appartiene l’area civitese.
L’arboreto della Scuola Forestale Carabinieri, Caserma intitolata al Brig. dell’ex Corpo forestale dello Stato Felice Cottignoli, Medaglia d’Oro al Valor Civile alla memoria, deceduto durante le operazioni di spegnimento di un incendio boschivo nel comune di Sezze (Lt) il 12 luglio 1973, rappresenta una preziosa collezione di alberi e arbusti, dove rinvenire le specie tipiche della vegetazione forestale italiana e un “piccolo bosco ideale” nel quale immaginare di percorrere un sentiero che inizia dalle zone costiere e termina in alta montagna, ove la vegetazione arborea lascia il posto alle praterie alpine. 
Un viaggio che ci porta idealmente dalle scogliere dell’Isola di San Pietro in Sardegna (habitat naturale della Palma nana), alle rocce sedimentarie delle Dolomiti in Trentino e Veneto (habitat naturale del Pino mugo). 


LE SPECIE PRESENTI (a cura di Massimiliano PUTIGNANI)

Specie forestali nell’arboreto didattico della Scuola nel percorso ideale che va dal piano basale-costiero al piano montano-alpino italiano.

1) “fascia termomediterranea” (Lauretum caldo): nell’arboreto si incontrano essenze tipiche di questa zona fitoclimatica come la PALMA NANA (Chamaerops humilis L.) o palma di San Pietro, molto frugale, con portamento rastremato, resistente alle brezze marine e alla salsedine; il CORBEZZOLO (Arbutus unedo L.) o Ciliegia Marina dai frutti eduli che maturano in inverno; gli arbusti profumati come il ROSMARINO (Rosmarinus officinalis L.), il LENTISCO (Pistacia lentiscus L.), il MIRTO (Myrtus communis L.), l’ILATRO COMUNE (Phyllirea latifolia L.) e l’OLEANDRO (Nerium oleander L.); inoltre sono presenti le querce xerofile tipiche del sud Italia quali il FRAGNO (Quercus trojana Webb.), la QUERCIA SPINOSA (Quercus coccifera L.), la SUGHERA (Quercus suber L.); presenti infine anche le pinacee termofile: il PINO MARITTIMO (Pinus pinaster Aiton), il PINO D’ALEPPO (Pinus halepensis Mill.), il PINO DOMESTICO (Pinus pinea L.).
2) “fascia mesomediterranea” (Lauretum freddo): tipici di questa fascia e presenti nell’arboreto sono l’OLIVO (Olea europaea L.), l’ALLORO (Laurus nobilis L.) detto anche “Lauro”, dalle foglie coriacee profumatissime, considerato dalla civiltà greca e romana albero “nobile” e il LECCIO (Quercus ilex L.).
3) “fascia sopramediterranea” (Castanetum caldo): salendo idealmente ancora un po' di quota nell’arboreto si incontrano specie tipiche del Castanetum caldo quali la ROVERELLA (Quercus pubescens Willd.), anch’essa quercia frugale rispetto a quelle dei piani basali inferiori precedentemente citate, ma più esigente in termini di umidità, l’ACERO CAMPESTRE (Acer campestre L.), il CARPINO NERO (Ostrya carpinifolia Scop.) e l’ORNIELLO (Fraxinus ornus L.).
4) “fascia medioeuropea” (Castanetum freddo): in questa zona il clima diventa più “continentale”, cioè non è più influenzato dal mar Mediterraneo. Presente nell’arboreto e tipico di questa fascia fitoclimatica è il CASTAGNO (Castanea sativa Mill.); sono presenti inoltre il CERRO (Quercus cerris L.), il FRASSINO MAGGIORE (Fraxinus excelsior L.), il CARPINO BIANCO (Carpinus betulus L.) e il TIGLIO (Tilia cordata Miller).
5) “fascia montana” (Fagetum): sugli Appennini, al di sopra dei 1000 mt s.l.m., la specie predominante è il FAGGIO (Fagus silvatica L). Nell’arboreto della Scuola ce ne sono alcuni esemplari, tutti nello stesso posto come a formare una piccola stazione forestale, unitamente all’ACERO DI MONTE (Acer pseudoplatanus L.) e ad alcune specie ombrivaghe come il TASSO (Taxus baccata L.) e l’AGRIFOGLIO (Ilex aquifolium L.). Presente anche l’ABETE BIANCO (Abies alba Mill.) caratterizzato dalla corteccia color grigio chiaro che si mantiene non fessurata sino a tarda età, dagli strobili rivolti verso l’alto, emessi solo ad età avanzata (oltre i 40 anni) e dalle due linee stomatifere bianche sulla pagina inferiore della foglia a forma di ago.
6) “piano montano superiore o fascia subalpina” (Picetum): il viaggio immaginario si conclude in alta montagna sulle Alpi, dove le specie predominanti sono le aghifoglie microterme, come l’ABETE ROSSO o PECCIO (Picea abies L.), caratterizzato dalla corteccia color rossastro fin da giovane, che poi si fessura in placche di forma rotondeggiante, dagli strobili rivolti verso il basso, ma soprattutto per il pregevole legno di risonanza ideale per la realizzazione delle casse armoniche di molti strumenti musicali (Stradivari in persona si aggirava nella foresta di Panaveggio, località del comune di Predazzo in provincia di Trento, alla ricerca di esemplari plurisecolari per costruire i suoi violini). Presenti inoltre il LARICE (Larix decidua Mill.), unica conifera autoctona a foglia caduca, dal caratteristico colore giallo degli aghi autunnali prima di cadere a terra, ed infine il grande pioniere della montagna, il PINO MUGO (Pinus uncinata L.), capace di attecchire e colonizzare le rocce detritiche in alta quota. Tutte queste specie sono presenti nell’arboreto didattico, nonostante prediligano temperature più basse.
Presente infine la BETULLA BIANCA (Betula pendula Roth), detta “la signorina del bosco” per la sua corteccia bianca e per il classico movimento delle foglie quando mosse dal vento.

Presso l’arboreto sono inoltre presenti specie esotiche, come già accennato, che vennero coltivate per sperimentare le loro capacità di adattamento e acclimatamento, allo scopo di individuare specie idonee al rimboschimento in zone degradate.

Tra le specie esotiche presenti, si annoverano quelle più maestose e rappresentative:

- Cedro (Cedrus spp.)
Al centro del chiostro della Caserma denominata “Africa”, ex convento del XIV secolo, è presente un maestoso esemplare pluricentenario, che si presume sia stato piantato oltre duecento anni fa. L’albero, che presenta la gran parte delle caratteristiche botaniche del Cedro del Libano (Cedrus libani, A. Rich.), probabilmente si è incrociato con altre specie di cedro (Cedrus atlantica Endl. e Cedrus deodara Roxb. Ex (D.Don)), per cui sarebbe più corretto nominarlo Cedrus sp. (Cedro ibrido).
Con gli enormi rami a forma di “candelabro”, tipicità del Cedro del Libano, l’albero ricopre l’intero spazio del chiostro, che in autunno, dai suoi numerosissimi microsporofilli sparge grandi quantità di polline, colorando di giallo tutta la pavimentazione sottostante.
FOTO 2Migliaia di anni fa estesi boschi di questa specie ricoprivano i pendii montuosi di tutto il vicino Oriente (Cipro, Libano), mentre oggi nella sua zona di origine, nella catena del Monte Libano e nella “Valle dei Cedri” a Cipro, sopravvivono solo poche centinaia di esemplari. È altresì coltivato in parchi e giardini di tutta Europa dalla fine del Settecento.
I cedri universalmente considerati più belli e spettacolari sono quelli che si trovano in Libano, precisamente nella Foresta dei “cedri di Dio” (situata a 2050 mt. circa di altitudine), che è Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO. Per la protezione di questa pianta, il governo libanese ha istituito tre aree protette: la “Riserva dei cedri dello Shuf”, la “Riserva di Horsh Eden” e la “Riserva delle foreste di Tannourine”. È l'albero rappresentato nella bandiera del Libano.
Il cedro del Libano viene menzionato nella Bibbia numerose volte, con diversi significati simbolici:
-la Sapienza divina: «Sono cresciuta come un cedro sul Libano, come un cipresso sui monti dell'Ermon» 24,13 
-la bellezza dello sposo: «Il suo aspetto è quello del Libano, magnifico come i cedri» 5,15.
-il perdono di Dio: «Sarò come rugiada per Israele; fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano, si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell'olivo e la fragranza del Libano». 
Si ritiene che il cedro del Libano sia stato usato per la costruzione del Tempio di Salomone a Gerusalemme e il colonnato fu realizzato con imponenti tronchi di questa pianta.
- Ginkgo (Ginkgo biloba L.)
È una pianta gimnosperma, esemplare botanico che è sopravvissuto per millenni in una regione della Cina, unica specie della famiglia Ginkgoaceae. È un albero antichissimo le cui origini risalgono a 250 milioni di anni fa nel Permiano e per questo è considerato un fossile vivente (specie relitta), simbolo della forza e della resistenza; non a caso le piante danneggiate dalla bomba atomica su Hiroshima hanno mostrato grandi capacità di resistenza e di rigenerazione. 
La specie è tollerante ai gas tossici e molto resistente alle micosi e agli attacchi di insetti. È il simbolo della città di Tokyo.
I semi a forma di albicocca sono prodotti dagli esemplari femminili, non sono frutti, bensì ovuli, ricoperti da un involucro carnoso, che in breve tempo deteriorandosi e ossidandosi emanano un cattivo odore, tipico dell’acido fenico.
Il nome della specie (biloba) deriva dal latino bis e lobus con riferimento alla divisione in due lobi delle foglie, a forma di ventaglio.
L'albero di Ginkgo è molto utilizzato come pianta ornamentale in parchi, viali e giardini dei centri urbani, grazie alla notevole resistenza agli agenti inquinanti. Viene coltivato industrialmente in Europa, Giappone, Corea e Stati Uniti per l'utilizzo medicinale delle sue foglie.
La parte interna legnosa dei semi viene utilizzata come cibo prelibato in Asia e fa parte della tradizione culinaria cinese. Viene commercializzato sotto il nome di "White Nuts". In Giappone i semi di Ginkgo vengono aggiunti a molti piatti, per esempio il chawanmushi, e utilizzati come contorno.
Gli estratti di Ginkgo sono stati sperimentati per un grandissimo numero di patologie e per alcune di esse si sono ottenuti notevoli riscontri di efficacia terapeutica, per esempio sulle funzioni cerebrovascolari e sui disturbi della memoria, soprattutto derivanti all’avanzare dell'età.
Questi hanno inoltre una potente azione antiossidante che va ad eliminare i radicali liberi rallentando i fenomeni di ossidazione: proprio anche grazie a questa azione si contrastano gli effetti dello stress fisico e mentale.  
FOTO 3Nell’arboreto, un esemplare femminile fu messo a dimora a metà del novecento, dai militi forestali frequentatori dei corsi. Nonostante l’albero fu colpito da un fulmine in maniera rovinosa, ora prospera ancora ben rigoglioso, facendo bella mostra di sé davanti l’entrata principale della Scuola. 
In posizione strategica sul piazzale della bandiera, luogo delle adunate e delle solenni cerimonie, l’albero scandisce il trascorrere del tempo, con il mutare delle foglie (dal verde, arancio, al giallo-oro).
A fine autunno, le foglie cadendo a terra come tanti piccoli ventaglietti, formano un meraviglioso tappeto, che viene puntualmente transennato, per preservare più a lungo possibile la splendida decorazione. 

IL GIARDINO ALL’ITALIANA (a cura di Massimiliano PUTIGNANI)

Nei pressi del Sacrario della Scuola è presente un caratteristico giardino all’italiana che si sviluppa intorno alla fontana sferoidale dei primi del novecento.
È uno stile di giardino caratterizzato da una suddivisione degli spazi mediante filari alberati e siepi a forma geometrica, con la vegetazione sempreverde che viene costantemente potata dai giardinieri secondo le tecniche della cosiddetta ars topiaria; i generi presenti sono i seguenti: evonimo (Euonymus europaeus L.), bosso (Buxus sempervirens L.) e la fillirea latifoglia o ilatro comune (Phillyrea latifolia L.).
Lo stile di questo giardino detto anche “formale”, nato nel tardo rinascimento, tornò di moda tra otto e novecento grazie ad alcuni paesaggisti, in primis Cecil Pinsent. 
Oltre ai singoli cespugli dei generi citati precedentemente, sono presenti nell’area del giardino il melograno nano (Punica granatum L. “Nana”), la spirea (Spiraea cantoniensis Lour.), il cotogno giapponese (Chaenomeles iaponica (Thunb.) Lindl. ex Spach.), la rosa canina (Rosa canina L.), la forsizia (genere Forsythieae H. Taylor ex L.A.S. Johnson) e il giuggiolo (Ziziphus jujuba Mill.); inoltre sono presenti filari di alberi ad alto fusto potati “a spalliera”, come i cipressi (Cupressus sempervirens L.) sia della forma “piramidales” sia della forma “orizzontales”.
FOTO 4Un altro elemento spesso presente nei giardini all’italiana, ma non nell’arboreto della Scuola, è una zona segreta, nascosta nella vegetazione o dietro un muro, utilizzata per la coltivazione di piante rare fuori dalla vista e ammirate segretamente.
In occasione della “Giornata mondiale contro la violenza di genere” del 2022, in un angolo del giardino è stata collocata una panchina rossa, simbolo del rifiuto di ogni forma di violenza e dell’impegno dell’Arma dei Carabinieri nella prevenzione, nell’ascolto delle vittime e nella tempestività d’intervento in caso di necessità, a garanzia della sicurezza di tutte le vittime vulnerabili.

IL ROSETO E IL GIARDINO DEI SENSI (a cura di Paola BIANCHETTI)

La sezione “Giardino dei sensi” è un’area verde pensata e progettata per svolgere soprattutto laboratori e attività di educazione ambientale con le scolaresche in visita alla Scuola Forestale Carabinieri seguite dai militari appartenenti all’Ufficio Divulgazione Naturalistica. È un’area dove i sensi sono i protagonisti assoluti, stimolati attraverso i colori delle fioriture, l’odore delle essenze e la consistenza del fogliame. 
Il giardino presenta aiuole inconsuete, coltivate con piante officinali come il timo (Thymus vulgaris L.), la lavanda (Lavandula angustifolia M.), la melissa (Melissa officinalis L.) e tante altre.
“Il Roseto”: la rosa come la si intende oggi nell’immaginario collettivo è molto diversa dalla sua forma originaria. L’idea di un roseto è nata per far conoscere l'universo “rosa” attraverso un percorso concettuale legato allo sviluppo di questa specie, dalle prime rose botaniche (esistenti in natura), origine remota di tutte le cultivar conosciute, alle introduzioni più recenti, frutto di processi di ibridazione naturali o operati dall’intervento umano.
Il roseto è diviso in 5 zone, dedicate alle varie categorie di cui sono presenti esemplari rappresentativi della specie. Parliamo di “Rose Antiche”, quelle rose identificate fino al 1865 (anno di nascita del primo Ibrido di Tea), profumatissime, vigorose, la cui gamma di colori varia dal bianco al porpora passando per tutti i toni del rosa, pochissimo giallo e niente rosso, quest’ultimo introduzione dei tempi moderni. Il loro portamento è morbido, ramificato e aperto, con foglie piccole e opache. Queste rose sono prevalentemente a fioritura unica primaverile, ma alcune specie sono rifiorenti perché hanno acquisito il gene della rifiorenza dalle Rose cinesi, giunte in Europa nella seconda metà del 1700 con l’intensificarsi degli scambi commerciali con l’Oriente. Nel roseto è presente la R. chinensis Old Blush, la cui rappresentazione è stata individuata in alcuni dipinti cinesi su tela risalenti alla fine del primo millennio d.C.
Le Rose Antiche comprendono numerose varietà, come: le Centifolia, ibridi spontanei di origine antichissima, caratterizzate dalla forma a coppa profonda dei fiori, sempre nelle tonalità pastello del rosa, protagoniste assolute nei quadri dei pittori fiamminghi (nel roseto sono presenti un esemplare di Fantin Latour  e uno di Rosa Centifolia officinalis); le Alba, caratterizzate dal forte profumo che le vede protagoniste, insieme alle Damascene nell’estrazione dell’essenza di rosa, e rappresentate in giardino dalla Felicitè Parmentier e dalla Konigin von Danemark; le Damascene, profumatissime, sicuramente originatesi in Medio Oriente, alcuni sostengono che fossero conosciute già nel I sec. a.C. e citate nei versi delle Georgiche di Virgilio. In giardino è presente la Kazanlik, tuttora coltivata, soprattutto in Bulgaria, per l’impiego in profumeria.
Ci sono inoltre le Portland, le Galliche, le Noisettes, le Moscata e le Bourbon, di cui sono presenti la Souvenir de la Malmaison, dedicata dal Beluze (ibridatore) alla consorte di Napoleone, Giuseppina, grande amante di rose e prima vera collezionista, che fece arrivare presso la sua dimora nei dintorni di Parigi, la Malmaison appunto, più di 200 varietà di rose dai coltivatori di tutto il mondo.
FOTO 5Il percorso abbraccia poi le altre specie di rose nate dal lavoro degli ibridatori, soprattutto francesi (Robert et Moreau, Pemberton), inglesi e olandesi, che ha portato alla creazione di innumerevoli varietà, fino ad arrivare agli Ibridi di Tè, di cui è presente la rappresentante per eccellenza, La France di Guillot, considerata la prima rosa moderna. Sono stati introdotti anche esemplari di ibridatori italiani, pochi rispetto agli altri paesi europei, per sottolinearne l’apprezzabile lavoro di studio e ricerca scientifica. È presente la Variegata di Bologna dei Bonfiglioli, rosa Boubon striata bianco-porpora, la Purezza di Quinto Mansuino, la Eterna Giovinezza (1937) e la Signora Piero Puricelli (1936) di Domenico Aicardi, storici ibridatori sanremesi.
L’avvento delle rose moderne e la tendenza nel Novecento a ottenere con l’ibridazione rose sempre più adatte al taglio e meno al giardino, più resistenti alle malattie e con una gamma di colori più ampia e brillante, ha offuscato il fascino delle rose antiche, quasi dimenticate. Negli ultimi decenni, qualche ibridatore le ha riscoperte ed utilizzate per creare esemplari che coniugassero le qualità delle rose moderne con l’eleganza, il portamento ed il profumo delle rose antiche, come nel caso delle Rose Inglesi di David Austin, di cui è presente la prima creazione la Costance Spray del 1960 e di qualche creazione del francese Meilland, di cui è presente la famosa Pierre de Ransard del 1985.
Il lavoro del roseto è iniziato nel 2021 e sarà oggetto di ulteriori incrementi delle varietà presenti e lavori di miglioramento e ampliamento.

CONCLUSIONI (a cura di Luigi MELFI)

Nell’appena trascorso centenario della “Legge Serpieri” (1923-2023), ovvero il R.D. 30 dicembre 1923 n. 3267, recante Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani, il cui obiettivo era quello di coniugare l’attenzione all’economia montana con la necessità di difendere il suolo e il territorio per la vita delle comunità, quale miglior locus amoenus per proporre una seria riflessione sulle attuali priorità nel rapporto tra uomo e foreste, e tra pianura, collina e montagna, identificando nella risorsa acqua e nella tutela idrogeologica del territorio il filo rosso, alla luce delle mutate condizioni ecologiche, sociali ed economiche, della forte espansione della superficie boschiva nel corso di un secolo e nella cornice degli accordi internazionali per il contrasto ai cambiamenti climatici, la conservazione della biodiversità e la gestione sostenibile delle foreste.
Generazioni di allievi forestali prima e Carabinieri frequentatori oggi, hanno sviluppato e sviluppano quella necessaria sensibilità volta alla tutela del creato attraverso un perfetto connubio tra lezioni teoriche frontali nella storica aula a ventre di balena degli anni ’70 e le esercitazioni pratiche nell’arboreto didattico che affascina anche le migliaia di studenti che ivi si recano in visita, sapientemente condotti dai militari dell’Ufficio Divulgazione Naturalistica. 


BIBLIOGRAFIA

- AA.VV., 1988 - La scuola Allievi Sottufficiali e Guardie del Corpo Forestale dello Stato. Corpo forestale dello Stato, Rieti.
- AA.VV., 2012 - La Scuola del Corpo forestale dello Stato. Tipografia Fabri, Rieti.
- AA.VV., 2012 - La Scuola del Corpo forestale dello Stato- Il pensiero di una Scuola, una Scuola di pensiero. Ministero delle Politiche Agricole e Alimentari e forestali, Roma.
- Bernetti G., 2010 - Atlante di selvicoltura. Dizionario illustrato di selvicoltura. Edagricole Bologna-Milano. 
- Gellini R., Grossoni P., 1997- Botanica forestale, Volume 1, Gimnosperme. CEDAM Editore.
- Giordano N., Sanchioli C., 2002 - Il Corpo Forestale dello Stato, origini, evoluzione storica e uniformi. Ministero delle Politiche Agricole e Alimentari e forestali.
- Moronti S., 2023 -  Le origini dell’Arboreto didattico della Scuola Forestale Carabinieri. In: Rivista Silvae.it, 24-03-2023.
- Pignatti S., 2018 - Flora d’Italia seconda edizione. Edagricole, Bologna.
- Perrone V., 1990 - Latifoglie, collana verde 80/1990. Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
- Perrone V., 2000 - Conifere, collana verde 101/2000. Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
- Putignani M., 2022 - Arboreto didattico della Scuola Forestale Carabinieri. Opuscolo uso interno Scuola Forestale Carabinieri, Cittaducale (RI).
- Tomaselli R., 1977 – Gli aspetti fondamentali della vegetazione del mondo (Ecologia e Corologia), Parte
- Tipologia ecologico-strutturale della vegetazione. Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste. Collana Verde 48.