Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

FLORA 
LE PIANTE NELLE TRADIZIONI POPOLARI DEL REATINO
12/11/2013
Di Silvia MORONTI, Assistente del Corpo forestale dello Stato

L'indagine presentata nelle pagine seguenti si propone di documentare un patrimonio di conoscenze...

Riassunto

 
L'indagine presentata nelle pagine seguenti si propone di documentare un patrimonio di conoscenze ed esperienze secolari di grande valore che risulta dalle tradizioni popolari della provincia di Rieti legate alle piante.
Con  indagini sul campo e  con  interviste agli anziani di vari paesi della provincia, si è cercato di esplorare questo mondo poco conosciuto di tradizioni oggi per lo più dimenticate che hanno radici antiche. La ricerca etnobotanica raccoglie quindi notizie che vengono tramandate oralmente, impedisce che un patrimonio prezioso vada perduto e costituisce uno spunto per ricerche più moderne.
Per ogni pianta di cui ne viene specificata la famiglia, è stata quindi creata una scheda in cui vengono indicati gli usi tradizionali nella provincia, curiosità, notizie storiche ecc.
La raccolta delle informazioni sul campo è stata integrata con una indagine parallela in varie biblioteche di Rieti su testi, riviste, articoli a cura di studiosi locali che nel descrivere tradizioni  popolari, forniscono informazioni sugli usi terapeutici, domestici, alimentari, rituali ecc. di varie piante. E' significativo aver riscontrato a volte corrispondenza tra le informazioni apprese sul campo e quelle indicate in simili testi

Abstract
 
The survey below documents a knowledge's wealth on the folk traditions about plants in Rieti. By field surveys and interviews to elder of the various towns in the province, I have tried to explore a unknown world of traditions that have ancient roots. Ethnobotanical research collects handed down orally news, prevents that a precious heritage is lost and is a starting point for modern researches. For each plant is indicated the Family and created a card that includes traditional uses, curiosity, historical information in the province.
The collection of field information has been integrated by a parallel investigation of  texts, journals, articles of various Rieti's libraries. Their authors give us information on therapeutic, domestic, food, rituals uses of various plants to describe local traditions. It's important to have sometimes found correspondence between field information and those indicated in such texts

 
 

 

Lavori specifici ed approfonditi inerenti l'utilizzo delle piante nella tradizione popolare della Provincia di Rieti sono a tutt'oggi assenti. Nell'elaborazione di questo scritto pertanto, al fine di recuperare, sia pure parzialmente, la conoscenza del patrimonio etnobotanico reatino, è stato necessario attingere alla letteratura di argomento storico e di pubblicazioni locali presente nelle varie biblioteche ed archivi della provincia unitamente all'indagine sul campo consistente in via principale in interviste dirette ad anziani, contadini e pastori del circondario reatino.
Il lavoro è dunque una raccolta di dati sugli usi più vari delle piante che crescono (o crescevano), coltivate o spontanee nella nostra provincia dove, nel corso del tempo, è stato fatto un impiego continuo e differenziato a partire dalle coltivazioni.

 

 
Foto1: ASTERACEAE- Reichardia picroides (L.) Rothle: le rosette di piante giovani, colte in primavera o in autunno, sono consumate in insalata, nella “ misticanza” con altre erbe, lessate

ARACEAE
Arum italicum Miller (gigaro chiaro).
Nomi locali: pianta delle serpi (Antrodoco), viàle (Poggio Bustone).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: gli impiastri di infiorescenze venivano utilizzati per ascessi dentali ed infezioni (Antrodoco).
Veterinari: Tutta la pianta, cotta, si somministrava ai maiali con problemi intestinali (Poggio Bustone).
 
ARALIACEAE
Hedera helix L. (edera).
Nomi locali: edera.
USI TRADIZIONALI
Medicinali: come callifugo naturale, le foglie venivano fatte macerare in aceto e quindi lasciate per un giorno a contatto con i calli che dovevano essere successivamente rimossi meccanicamente (Greccio). Nella cura dell'acne si usavano foglie di edera (zona di Concerviano). Infusi di foglie erano bevuti a digiuno a scopo antinevralgico (Magliano Sabino).
Domestici: il decotto serviva per smacchiare gli abiti (Magliano Sabino) e per ravvivare i colori (Cittaducale).
 
ASPIDIACEAE
Dryopteris filix-mas (L.) Schott (felce maschio).
Nomi locali: ferge (S.Elia), ferce (Greccio).
USI TRADIZIONALI
Medicinale: A Greccio si facevano dei pediluvi con acqua calda in cui veniva aggiunto un macerato di felci e aceto.
Varie: le foglie erano e sono ancora usate per imbottire canestri e per confezionare corone mortuarie (Rieti, S.Elia). Nella zona di Leonessa era uso appendere dei mazzi di felce al soffitto per catturare le mosche. Gli insetti cercando riparo tra i rami, ne rimanevano intrappolati. Il mazzo veniva successivamente bruciato assieme agli insetti.
 
ASTERACEAE
Arctium lappa L. (bardana maggiore).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: A Leonessa, le foglie fresche di bardana, venivano usate a scopo cicatrizzante.
La foglia contusa si metteva direttamente sulla ferita che poi veniva fasciata. La medicazione si cambiava due volte al giorno.
 
Carlina acanthifolia All. (carlina zolfina)
Nomi locali: pagnòni (indicava la parte tenera-Leonessa)
USI TRADIZIONALI
Alimentari: in estate si mangia tuttora la parte interna carnosa e tenera dei capolini, condita con olio e sale (Leonessa, Antrodoco). A Poggio Fidoni si mangia lessa e “ripassata” in padella con olio.
Giochi: a Collerinaldo i bambini usavano la carlina per il gioco del “tottorotò”. Ponendo un foglietto nella parte sottostante della pianta e soffiandoci sopra si produceva un suono particolare.

Petasites hybridus (L. Gaerth).
Nomi locali: farfaraccio (Rieti).
USI TRADIZIONALI
Varie: A  Collerinaldo, se ne piegavano le grandi foglie per formarne un grande bicchiere che in dialetto veniva chiamato “scuffulotto” o “piatano” per bere l'acqua nei ruscelli o nei fontanili. Talvolta veniva usato come “imballaggio” per i pesci appena pescati.
 
Reichardia picroides (L.) Roth (caccialepre).
Nomi locali: Caccialepre (ovunque) caccialeperi (Rieti).
USI TRADIZIONALI
Alimentari: le rosette delle piante giovani, colte in primavera o in autunno, sono consumate per lo più in insalata, spesso nella “ misticanza”con varie erbe (Cittaducale).
In alternativa viene lessata per essere consumata all'agro.

Sonchus sp.pl (grespigni).
Nomi locali: crispigno (Greccio, Contigliano, Leonessa), crespigno (Magliano Sabino), respegna (Petrella Salto) raspigna (S.Elia), rospigna (Capradosso).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: il latice si applicava sulla pelle irritata in seguito a punture di insetti (Leonessa). Latice ed acqua erano bevuti a scopo digestivo (Greccio) mentre le foglie raccolte prima della fioritura venivano consumate in vario modo per le loro proprietà “rinfrescanti” (Greccio, Contigliano).
Alimentari: Mangiate in insalata (un po' ovunque) lessate per il ripieno di pizze di verdure (Paganico Sabino).
Varie: le foglie erano date in pasto ai maiali (Poggio Bustone).

 
 
  • Biologa, laureata in “Scienze della protezione delle foreste edella natura”- Assistente del C.F.S. (Scuola del CFS di Cittaducale-Rieti);
  • le notizie di seguito riportate hanno un solo fine illustrativo, nonsono state verificate sperimentalmente, né supportate da indagini su testiscientifici per cui si raccomanda di evitare l’uso delle piante cosi come riportato dalle testimonianze degli intervistati.
 
Foto 2: CAMPANULACEAE- Campanula rapunculus L.(raponzolo) le radici bianche e dolciastre sono ottime in insalata

BORAGINACEAE
Borago officinalis L. (Borragine comune).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: A Greccio, l'infuso di foglie era usato per infiammazioni oculari. Le giovani foglie si utilizzavano anche a scopo diuretico.
Alimentari: a Cittaducale ed in vari centri della valle del Velino, era molto usata in cucina. Ottima per gustose frittelle, nei ravioli insieme alla ricotta, per i risotti. Un tempo si usava anche per fare le c.d. “cicale”. Si lavava bene ogni foglia sopra alla quale si disponevano pezzetti di alici e formaggio. Si arrotolava e dopo averla passata in una pastella di acqua e farina, veniva fritta. Le foglie sono mangiate anche lesse (Greccio), in insalate (Rieti) e unitamente ad altre erbe, in minestroni.
 
CAMPANULACEAE
Campanula rapunculus L. (raponzolo).
Nomi locali: rapunzoli o bombocconi (Antrodoco), raponzolo (Poggio Catino), rapunzuli.
USI TRADIZIONALI
Alimentari: si mangiano le radici bianche e dolciastre in insalata (Poggio Catino, Antrodoco) con salsa di acciughe, aceto, olio, aglio (S.Elia).
 
CANNABACEAE
Cannabis sativa L. (canapa comune).
Nomi locali: canapa, semi “cannavicciu” (piana), canapucciu (Leonessa).
USI TRADIZIONALI
Varie: La canapa un tempo era molto coltivata nel territorio reatino. A parte le utilizzazioni come fibra tessile, la stoppa ovvero il cascame di fibre ricavate dalla canapa durante le operazioni di pettinatura, veniva usata per la “chiarata”, una sorta di ingessatura realizzata con chiare d'uovo e tali fibre (Poggio Fidoni, Rieti, S.Elia). I semi invece si davano in pasto agli uccellini (Leonessa).
Dai racconti di un'anziana della zona di Leonessa apprendiamo che durante la lavorazione della canapa, per ingannare il tempo era uso masticare di tanto in tanto qualche semino che provocava però “inspiegabili” sonnolenze.

Humulus lupulus L. (Luppolo comune).
Nome locale: lùparo (Contigliano), lùpolo (S.Elia Rieti) olupari (Antrodoco).
USI TRADIZIONALI
Alimentari: i germogli sono mangiati cotti all'agro, in zuppe o frittate. In tutta la provincia è diffusa la raccolta del luppolo per uso alimentare.
 
CAPRIFOLIACEAE
Sambucus ebulus L. (ebbio).
Nomi locali: sambuchella (Borgo Velino, Antrodoco), iebbi (Leonessa).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: le foglie fresche, masticate o pestate si ponevano dentro le calze a contatto con la pianta del piede a scopo antisudorifero (Rieti). A Borgo Velino le foglie venivano battute ed inserite all'interno delle calzature per lo stesso scopo.
 
Sambucus nigra L. (sambuco comune).
Nome locale: sammuco (Greccio, Leonessa).
USI TRADIZIONALI
Alimentari: Con i frutti maturi si preparavano marmellate lassative mentre le parti tenere del fusto una volta mondate, potevano essere mangiate direttamente (S.Elia).
Medicinali: a Poggio Fidoni, riccetti di corteccia venivano messi su ascessi o foruncoli. Anche a Capradosso, sotto la corteccia si raschiava il fusto e si ottenevano “riccioli” da applicare sulle guance in caso di ascessi dentari per farne regredire gonfiore e infiammazione. A Magliano Sabino le foglie giovani venivano messe a bollire in acqua e quindi avvolte in compresse di garza con le quali si facevano impacchi per scottature e infiammazioni cutanee.
Nelle contusioni era utilizzato l'impiastro di fiori e “sugna” ovvero grasso di maiale (Greccio). A Greccio l'infuso di fiori veniva utilizzato per fare i pediluvi. Un decotto caldo di foglie e la scorza pestata venivano utilizzati nei dolori artritici (Petrella Salto).
A Leonessa i decotti di fiori rappresentavano un rimedio per la tosse.
Domestici: Il succo dei frutti era usato come inchiostro (S.Elia). Le bacche si utilizzavano spesso per tingere i vestiti (Antrodoco).
Giochi: Con i rami di sambuco svuotati del midollo si realizzavano delle “cerbottane”, utilizzando palline di stoppa (S.Elia).
Credenze: un mazzetto di foglie di sambuco veniva appeso alla finestra per proteggere la casa. I fiori del sambuco bagnati dalla “guazza” (rugiada) una volta essiccati erano usati per preparare tisane per i  malati (Leonessa).
A Villa Pulcini (Leonessa) si usava appendere nel vano della finestra un mazzetto di foglie di sambuco raccolte nella notte di San Giovanni assieme ad una collana di agli per difendere la casa dai folletti. Nel dialetto leonessano “folletto” indicava un turbine di vento, un mulinello associato a presenze soprannaturali (POLIA, M. 2002).
 
CARYOPHYLLACEAE
Saponaria officinalis L. (saponaria comune).
Nomi locali: erba di San Giovanni, saponella (Leonessa).
USI TRADIZIONALI
Domestico: come succedaneo del sapone da bucato, le sommità fiorite erano battute e sfregate in acqua per formare la schiuma (Greccio, Contigliano). Una manciata di fiori veniva usata anche per lavarsi le mani strofinandola tra le mani con un po' d'acqua (Antrodoco).
 
Silene vulgaris (Moench) Garcke (silene rigonfia)
Nomi locali: liuli, virginilli (Cittaducale, S.Elia)
USI TRADIZIONALI
Alimentari: le piccole foglie vengono usate per cucinare delle frittate o per condire la pasta (S.Elia, Cittaducale).
 
CHENOPODIACEAE
Beta vulgaris L. var. saccharifera L. (barbabietola da zucchero)
Nomi locali: carota (Rieti)
USI TRADIZIONALI
Alimentari: Si mangiavano a fette sulla brace, oppure lesse. L'acqua di cottura veniva utilizzata come dolcificante (S.Elia).
Varie: nei pastoni per pollame (S.Elia).

 
 

CORYLACEAE
Corylus avellana L. (nocciolo).
Nomi locali: nocchia (Rieti, S.Elia, Leonessa).
USI TRADIZIONALI:
Alimentari: le nocciole sono l'ingrediente principale di dolci tipici natalizi reatini: i “terzetti”.
Artigianali: i rami venivano utilizzati per realizzare dei cesti (Borgo Velino). A  Collerinaldo ci si costruiva un cesto lungo ed ovale detto “scerpa”utilizzato per la raccolta delle castagne.
Varie: A Leonessa, il mercoledi, giovedi e venerdi  Santo, i giovani preventivamente muniti di bastoni di nocciolo, si inginocchiavano ed in ricordo delle battiture inflitte a Gesù battevano furiosamente il pavimento fino a rompere i bastoni i cui pezzi erano consegnati al sacerdote. Questi, in parte venivano bruciati per ricavarnele ceneri da usare il mercoledi delle ceneri dell'anno successivo,  in parte venivano usati per fare delle croci da mettere nei campi.

CORNACEAE
Cornus mas L.
(corniolo).
Nome locale: crugnale (Contigliano, Leonessa), crognale(Rieti, S.Elia).
USI TRADIZIONALI
Alimentari: le drupe ben mature venivano e vengono utilizzate per marmellate (Leonessa).
Medicinali: le foglie, lavate e schiacciate erano poste suferite a scopo cicatrizzante (Contigliano).
Domestici: nella preparazione del formaggio veniva usato un bastone di corniolo per mescolare detto “lu mmisticu”(POLIA, M. 2002).
Proverbio: “lu crognale, roppe l'òssa e non fa male” per indicare la durezza ma anche l'elasticità (Rieti, S. Elia).
 
CUPRESSACEAE
Juniperus communis L. (ginepro comune).
Nomi locali: gineporo (Greccio), ienebule (S. Elia).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: Vicino Cittaducale, le bacche di ginepro venivano usate per decotti bevuti mattina e sera a scopo emmenagogo. A Contigliano e Greccio il decotto di coccole veniva usato per sciogliere i calcoli renali.
Alimentari: a Leonessa durante la guerra si preparava un liquore ponendo in infusione per circa 20giorni in alcool a 95° circa 150 coccole, filtrando ed aggiungendo una scorza di limone, zucchero e acqua. Liquori simili si facevano anche a Petrella  Salto e  Paganico Sabino. La carne cotta su braci di ginepro acquista un aroma particolarmente invitante.
Domestici: il legno era usato per costruire manici degli attrezzi e i pali delle vigne (Borgo Velino).
Varie: A S. Elia, la pianta del ginepro veniva utilizzata come albero di Natale  decorato con galle di quercia.  A Collerinaldo veniva decorato con“portogalli” (arance) e fichi secchi.
A Petrella Salto per l'Ascensione si facevano dei  falò con gineprie vi si ballava intorno.

FAGACEAE
Castanea sativa Miller  (castagno)
Nomi locali: castagnu (un po'ovunque nella provincia).
USI TRADIZIONALI
Alimentari: nella zona montana del territorio reatino era molto usata la farina di castagne. Inoltre si era soliti far essiccare le castagne dette “mosciarelle” per mangiarle poi durante tutto l'anno. Nelle fiere, come in quella di Osteria Nuova, ancora vengono vendute.
Artigianali: la “traja”(anticaslitta da trasporto) veniva costruita con il legno di castagno (CastelS.Angelo). Il legno di castagno veniva usato anche per la costruzione di ricoveri,capanne, dei pali per le viti, degli infissi, dell'orditura dei tetti, delletravi portanti dei soffitti, delle ruote della “barozza” (una specie dicarretto), delle botti, dei tini, dei “bigonzi”. A Collerinaldo con il legno di castagno si costruivano i “cajoli”, dei grandi recipienti per conservare il fieno (LANDI, 1996).
A Borgovelino, la corteccia di castagno si utilizzava per costruire dei vassoi per far essiccare nei forni i fichi. Il castagno, ma anche il faggio a quote più alte, veniva utilizzato per costruire fontanili e abbeveratoi. Le “mordacchie”,delle pinze utilizzate per far uscire le castagne dai ricci, venivano realizzate con il legno di castagno o meglio con i polloni del castagno (BorgoVelino).
Giochi: le iperplasie chesi sviluppavano sulle radici del castagno, avendospesso forma tondeggiante,venivano tagliate ed utilizzate come palle o cometrottole costruendo una puntacon un chiodo. A Borgo Velino questi giochivenivano chiamati “saltapicchiu o tiribissu”. A volte, con i polloni delcastagno si realizzavano dei fischietti. Il midollo che  soprattutto neimesi di aprile-maggio si stacca dalla scorza, veniva fatto scorrere all'internodel tubicino che si creava, dando vita ad una sorta di fischietto (Castel S.Angelo).A S.Elia,  con vari rametti svuotati, si realizzava una sorta di flauto simileal flauto di Pan.
A Borgovelino, si tagliava lacorteccia a forma di spirale, si aggiungeva unalinguetta di corteccia per realizzare una specie di fischietto.
Varie: i polloni di castagno venivano battuti sull'altare al buio durante il giovedì Santo. Questo rappresentava le percosse subite dal Cristo nel rito della “scurità”(Collerinaldo).
 
Fagus sylvatica L. (faggio).
Nomi locali: faggiu (un po' ovunque nella provincia).
USI TRADIZIONALI
Alimentari: le giovani foglie del faggio si mangiavano in insalata (Borgo Velino).
Artigianali: si costruiva con legno di faggio o di acero “lu maju”, un bastone simile ad una mazza da golf che veniva usata come martello (Borgo Velino). Il faggio veniva usato anche per la costruzione di “capistiri”, dei vassoi molto grandi utilizzati anche dai bambini come slittini quando nevicava (Borgo Velino). A Leonessa, la forma priva di fondo detta “lu circhiu” in cui veniva sistemata la pasta del formaggio era realizzata con faggio giovane cosi come le casse mortuarie(POLIA, M. 2002). Anche a Poggio Fidoni e a Borgo Velino,  i cerchi per il formaggio venivano realizzati in legno di faggio.
A Collerinaldo si costruivano con il faggio anche i “mazzafuschi” bastoni che venivano usati per battere il grano. A volte erano realizzati con legno di castagno.
Varie: Il 13 Giugno, perla festa di Sant'Antonio da Padova, gli abitanti delle frazioni di Leonessa si recavano nei boschi e tagliavano “stanghe” di legno di faggio trasportandole con i buoi fino al villaggio. Quindi s'indiceva un'astadopo la benedizione del legno con  la reliquia del Santo (POLIA,M. 2002).
 
Quercus pubescens Willd.(roverella).
Nomi locali: cerqua (Leonessa, Contigliano, Rieti, S.Elia).
USI TRADIZIONALI
Alimentari: in tempi duri le ghiande venivano mangiate arrostite (S.Elia) oppure, tostate, erano un surrogato del caffè.  A volte per il caffè si usavano anche ceci tostati o cicoria(S.Elia).
Domestici: La corteccia era usata perla concia delle pelli. Questa si lasciava essiccare nel forno e poi si macinava. La polvere si scioglieva nell'acqua in cui venivano immerse le pelli da conciare. Dopo circa 20 giorni si raschiavano e si lasciavano asciugare al sole. Il cuoio che ne risultava veniva utilizzato per la realizzazione di suole per le scarpe (Leonessa).
Sempre a Leonessa, la corteccia di roverella veniva usata a scopo tintorio.
Questa era fatta bollire nell'acqua per circa 30 minuti dove venivano poi immersi gli abiti che dovevano essere tinti. Il colore ottenuto era marroncino.
Artigianali: l'erpice, uno strumento agricolo trainato da buoi che serviva per spianare le zolle, si costruiva con legno di quercia (Castel S. Angelo).
Giochi: sovente tali piante venivano usate anche per i giochi dei bambini. Si facevano delle pipette con ghiande tagliate alle estremità, vuotate e forate per l’inserimento di un bastoncino.[1]
Varie: A Leonessa, la cenere rimasta  dopo la combustione del “ceppo di Natale” (di roverella) fatto bruciare la sera della vigilia, era ritenuta sacra. Secondo la tradizione, la Sacra famiglia aveva visitato il ceppo durante la notte, benedicendolo con la sua presenza. Sullo stesso fuoco era stata preparata la cena di Natale la quale interrompevala lunga serie di cene frugali con un pasto abbondante innaffiato da bevute e dall'allegria delle famiglie. L'abbondanza trasmetteva al fuoco quella magia e sparsa la cenere sui campi di grano, se ne favoriva  la crescita (POLIA,M. 2002).
A Poggio Fidoni, la cenere del ceppo di Natale conservata in un sacchetto, si spargeva nei campi il giorno della festa della S. Croce, il 3 Maggio. Nei campi veniva apposta anche una crocetta di legno su cui veniva inserito anche un rametto di palma benedetta a scopo propiziatorio.
Le galle, a S.Elia dette “pallacucche” venivano usate per addobbare l'albero diNatale (a volte si incartavano con carta colorata).
A Collerinaldo venivano chiamate“cucculi” e venivano portate alle gestanti per prevedere il sesso del nascituro. Se all'interno della galla vi era la “mosca” (la pupa dell'insetto), la gestante avrebbe avuto una femmina, viceversa se ci fosse stato una larva, il nascituro sarebbe stato maschio.

 

GENTIANACEAE
Gentiana lutea L.(genziana maggiore)
Nomi locali: genzàna(Leonessa)
USI TRADIZIONALI
Medicinale: il macerato della radice in acqua, veniva utilizzato per regolarizzare la pressione sanguigna (Capradosso). Si assumeva come aperitivo (Greccio) o come digestivo (PoggioBustone) il macerato in vino della radice. L'infuso veniva usato per disturbi epatici (Petrella Salto).
Veterinari: a Leonessa, si metteva insieme alla biada e si dava agli animali come nutriente.
Varie: le foglie erano fumate come il tabacco (Petrella Salto).
 
GRAMINACEAE
Agropyron repens (L.) Beauv. (gramigna comune).
Nomi locali: falasco, gramigna (Rieti, S. Elia, Contigliano).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: L'infuso degli steli era usato come “rinfrescante” facendo bollire un mazzetto di gramigna in mezzo litro d'acqua (Leonessa). A Borgo Velino tale infuso veniva usato per i dolori addominali. Ad Antrodoco infusi e decotti si facevano con i rizomi.
Veterinari: i rizomi della gramigna venivano dati in pasto agli animali con problemi intestinali (Antrodoco).
Giochi: La gramigna o altre graminacee venivano usate dai bambini di Collerinaldo per il crudele gioco del  “filemaria” o “zippinculu”. Si prendeva uno stelo e si infilava nella parte terminale dell'addome di farfalline nere (Amata phegea L.) che venivano lasciate poi libere formulando la formula: “Fila fila Maria, fa le carzette'ncelu Maria”.
 
Arundo donax (L.) (canna domestica).
Nomi locali: cannuccia, mazzocche (leradici -Contigliano).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: con il decotto di rizomi fatto bollire a lungo erano curate le coliti ed infezioni dell'intestino (Contigliano).
Domestico: il fusto è ancora usato in agricoltura per sostenere fiori, arbusti e piante rampicanti. Quando si mieteva il grano a mano con il falcetto (“sericchiu”), si facevano con la cannuccia delle protezioni per le dita.
Giochi: con le canne si costruivano delle cerbottane.
 
Zea mays L. (granoturco).
Nomi locali: scartoccio (Rieti,S.Elia), barbe (gli stili- Greccio).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: sugli arrossamenti della pelle veniva applicata farina di mais passata al setaccio e scaldata (Capradosso). Decotti di stili di mais venivano usati come diuretici (Pianareatina, Greccio, Contigliano).
Domestici: Le pannocchie sgranate dette “stuzzichi” erano usate per accendere il fuoco (S.Elia). Le pannocchie venivano “scamiciolate” per farne dei materassi. Le brattee più tenere (gentili) venivano infatti usate per riempire dei sacconi di canapa che servivanoda materassi (“pajacci”) per rustici letti (POLIA, M. 2002). A. S.Elia tali materassi erano chiamati “pajericci”.
Varie: Le brattee, insieme a fogli di giornale e cicche di sigarette lasciate a terra dai benestanti, rappresentavanoi costituenti di “proletarie” sigarette.
 
HIPPOCASTANACEAE
Aesculus hippocastanum L. (ippocastano).
Nomi locali: castagno falso (Greccio) castagna pazza (Rieti)
USI TRADIZIONALI
Medicinali: le castagne lasciate macerare nella grappa per alcuni giorni erano impiegate nei massaggi per i dolori alla schiena (Greccio). Anche a Borgo Velino l'impiastro era usato per i reumatismi.

JUNGLANDACEAE
Iuglans regia L. (nocecomune)
Nome locale: nuci (S.Elia,Rieti)
USI TRADIZIONALI
Medicinali: a Magliano Sabino le foglie fresche pestate venivano applicate su ferite e coperte con una garza a scopo cicatrizzante. A Greccio impiastri di foglie pestate e olio d'oliva erano usati contro l'acne.
Alimentari: Molto diffuso nella provincia il liquore “nocino”.
Domestici: il mallo veniva usato per tingere. Si faceva un decotto egli abiti, rimanendo a mollo per 30-60 minuti, assumevano un colore giallo-verde (Leonessa). A Cittaducale il decotto si faceva con le radici. Gli abiti assumevano un colore marroncino.
Varie: a Leonessa, la sera del 5 digennaio verso le 22, gli adolescenti si recavano nelle varie case augurando felicità per il nuovo anno. Scopo di queste visite era veramente bene augurante e non  quello di ricevere regali, sebbene a volte si regalassero comunque ai giovanetti  fichi secchi e noci.
Questa usanza era chiamata “buttali puci”. (POLIA, M. 2002). In tutta la provincia, il giorno della festa diS. Giacomo e S. Filippo, si usava fare “lucalende” (in altre zone di Rieti si chiamava “lu calenne”). Si prendeva un gheriglio di noce e si immergeva in un bicchiere di vino. Si formulava poi una frase rituale e se la noce fosse andata a fondo sarebbero arrivati momenti nefasti mentre l’anno sarebbe stato positivo se il gheriglio fosse tornato a galla. La formula pronunciata era: “San Jacue San Filippu che bè ‘na ordel’anno, famme sapè se est’annu reengo ‘ncapo all’anno. Se campa abbonna, se moreaffonna”.
 
LABIATAE
Lavandula sp. pl. (lavande).
Nomi locali: spighetta (Magliano Sabino), spiga (Rieti).
USI TRADIZIONALI
Medicinale: l'infuso di fiori serviva come antitussivo  e stomachico (Magliano Sabino) mentre il decotto di fiori serviva per rinfrescare l'alito (S.Elia).
Domestici: con i rami  di lavanda si facevano dei mazzetti a forma di fuso per profumare la biancheria nei cassetti e per preservarla da tarme (Rieti, Poggio Fidoni, S.Elia).

 
  • 3 “ Nonno cacciava fori ru cortellu e tagliava quattro o cinque ghiande ‘ncima, poi e votava, ce facea nu bucittu a latu cò nu zeppittu, affilava proprio issu, lu‘nfilava in quillu stissu bucittu e ce daea a tuttiuna pipetta…”(Greccio). Tratto da Università della Terza età - Unitre - Rieti laboratorio dialettale - Appena ieri, istantanee sul passato in una raccolta di testi in lingua e in dialetto - Comune di Rieti (1998).
  • 4 Università della Terza età - Unitre - Rieti laboratorio dialettale - Appena ieri, istantanee sul passato in una raccolta di testi in lingua e in dialetto- Comune di Rieti (1998).
 

Mentha x piperita L. (mentapiperita)
Nomi locali: mènta
USI TRADIZIONALI
Medicinali: infusi di foglie di menta piperita, timo e salvia erano bevuti per calmare tossi persistenti (MaglianoSabino).
Varie: Per la  festa dell'Ascensione si preparava “l’acqua odorosa” con petali di fiori vari,rose  e menta piperita lasciandola sul davanzale  durante la notte per la benedizione della Madonna. Il giorno successivo veniva usata dalle donne per lavarsi (Rieti)[1] A Poggio Fidoni c'era la stessa usanza. La menta piperita veniva chiamata l'erba di Santa Maria.
 
Origanum majorana L. (maggiorana)
Nomi locali: persa (S. Elia, Paganico, Leonessa)
USI TRADIZIONALI
Medicinali: l'infuso di sommità fiorite si beveva per l'alito cattivo (Contigliano).
Alimentari: è comune l'uso aromatizzante per ragù, sughi, pesce, polpette, trippa e panzanella (Cittaducale). Tipico l'uso nelle “fregnacce”, caratteristica pasta fatta in casa simile ai maltagliati, noti anche in altre regioni (Rieti). La maggiorana veniva spesso utilizzata con il lardo e l'olio ridotta in poltiglia detta“battuto” da mescolare alle minestre (S. Elia).
 
Salvia officinalis L. (salvia domestica).
Nomi locali: sarvia (Rieti, S. Elia, Magliano Sabino).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: infusi e decotti erano consumati a scopo digestivo (Magliano Sabino) e in caso di gastrite ed aciditàdi stomaco (Greccio, Contigliano).Tisane di limone e salvia venivano usate per disturbi intestinali (Cittaducale) e per il mal di gola.
Altri usi: Foglie fresche venivano strofinate sui denti per sbiancarli.
 
Stachys  officinalis L.Trevisan (betonicacomune).
Nomi locali: bettonica (Leonessa).
USI TRADIZIONALI
Varie: le foglie venivano fumate cometabacco (S.Elia, Leonessa).
 
Thymus serpyllums. l. Fiori (serpillo)
Nomi locali: serpillo (Magliano Sabino), serpullu (S. Elia, Paganico, Castel diTora), serpujo (Leonessa).
USI TRADIZIONALI
Usi vari: A Magliano Sabino alcune foglie fresche venivano strofinate su piccole ferite a scopo cicatrizzante.
Alimentari: adoperato in cucina per aromatizzare.
Credenze: a Castel di Torala sera della vigilia dell'Ascensione si poneva fuori dalla finestra un bacile pieno d'acqua con menta piperita, maggiorana serpillo e assenzio insieme ad una candela che rimaneva accesa tutta la notte. L'acqua era usata per lavarsi il mattino seguente.

 

LAURACEAE
Laurusnobilis L. (alloro)
Nomi locali: làuru (Rieti)
USI TRADIZIONALI
Medicinali: l'infuso con foglie di alloro veniva utilizzato per dolori addominali (S.Elia, Cittaducale).
Alimentari: A Rieti l'alloro veniva usato per aromatizzare i fegatelli di maiale e per un dolce tipico di Natale di Rieti ,“la copeta” (si mescolavano miele e nocciole tritate e dopo una cottura prolungata il preparatosi stendeva tra due foglie di alloro).
Vari: le corone dei morti si realizzavano con alloro, ulivo e fiori (Rieti). Dei rami di alloro veniva usati anche per  gli addobbi pasquali. Spesso veniva inserito nella “rastrellera” delle pentole (S.Elia).

LEGUMINOSAE
Coluteaarborescens L. (vescicaria).
Nomi locali: vescicaria (un po' ovunque)
USI TRADIZIONALI
Varie: per la festa della Madonna del Santo Amore nell'ultima settimana di Settembre, ad Antrodoco si preparava una infiorata utilizzando fiori di ginestra e rosa. Si univano poi calici di vescicaria che scoppiettavano al passaggio della Processione. Anche a Collerinaldo, il 2 Luglio, il giorno della Madonna delle Grazie venivano realizzate infiorate simili.

Robinia pseudacacia L. (robinia).
Nomi locali: acascia(S.Elia).
USI TRADIZIONALI
Medicinale: il decotto di fiori era usato per dolori addominali (Poggio Moiano).
Varie: Si usavano nelle infiorate di Poggio Moiano e Petrella Salto.
Domestici: il legno di robinia veniva usato per realizzare manici per attrezzi agricoli (Borgo Velino).

Cytisus scoparius L.(ginestra dei carbonai)
Nome locale: jnestra(Greccio), inestra (Leonessa)
USI TRADIZIONALI
Giochi: si facevano dei fascetti di ginestra su cui i bambini più audaci scivolavano lungo le discese(Greccio)[1]….
Domestici: grazie ai rami flessibili la pianta è tuttora usata per legare ortaggi e viti (Rieti, S. Elia, Greccio, Leonessa) e per creare canestri e panieri (Leonessa). Una volta il legno era ricercato come combustibile per il forno a legna per fare il pane (Leonessa).
Altri usi: Durante la transumanza che iniziava i primi di ottobre, i pastori partivano da Leonessa guidando le loro greggi alla volta della campagna romana. Giunti sul luogo prescelto per il pascolo invernale si costruiva una grande capanna: nei tempi più antichi per la costruzione si usavano giunchi di palude chiamati scàrsi che mentre per il tetto erano utilizzati fasci di ginestre (scupìti). Il tetto era sormonato da una croce. La pianta della capanna era tonda o ovale.
A Maggio, il giorno dell'Ascensione, ogni famiglia davanti alla propria casa faceva un fuoco con piante sradicate di ginestra. I giovani a cavallo  facevano le gare di salti dei fuochi( Collerinaldo). I fiori delle ginestre si usano molto in tutte le infiorate laziali, soprattutto nella processione del Corpus Domini

Vicia faba L.(fava)
Nome locale: i scafi (S.Elia), le scafette (Rieti).
USI TRADIZIONALI:
Alimentari: le punte (cimetenere) si mangiavano in insalata (Capradosso, Poggio Fidoni).
Le fave in tutta la zona di Rieti vengono consumate fresche con pecorino oppure in pinzimonio. Cotte, con olio,sale, pepe e cipolla, costituiscono un piatto caratteristico detto “scafata”(Greccio, Rieti).
Veterinari: A S. Elia, la pianta verde è usata come foraggio per i bovini.

Vicia sativa L.(veccia dolce).
Nome locale: veccia.
USI TRADIZIONALI:
Alimentari: I semi venivano utilizzati in tempi di carestia anche per farne il pane. Da qui il detto leonessano “ntempu de carestia, pà de veccia" (POLIA, M. 2002).

LILIACEAE
Allium cepa L.(cipolla)
Nomi locali: cipolla
USI TRADIZIONALI
Medicinali: per il raffreddore si faceva un decotto del bulbo con latte (Contigliano, Greccio).
Cipolle crude e cotte erano consumate a Leonessa a scopo antiurico, a Contigliano a scopo diuretico e come antisettiche urinarie. A Poggio Bustone, alcune fettine di bulbo si applicavano sulle carie dei denti a scopo disinfettante.
Alimentari: la cipolla era il principale ingrediente di un piatto povero tipico reatino: “l’acqua cotta”. La cipolla e il sedano venivano fatti soffriggere con il guanciale e con il pomodoro. Successivamente veniva aggiunta dell’acqua. Tale brodo veniva poi messo su alcune fette di pane tostato.
 
Allium sativum L.(aglio)
Nomi locali: ajo (Greccio), agliu (S.Elia, Rieti), fietta ovvero treccia d'aglio (S.Elia, Rieti,Greccio).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: Gli spicchi si strofinavano sulle punture di insetti (Leonessa). Come callifugo  applicando sui calli una sottile parte di spicchio da rinnovare frequentemente (S.Elia). A volte si schiacciava qualche spicchio ed impastato con grasso di maiale, si applicava sui calli che venivano tenuti fasciati per una intera notte (GUARRERA, 2002). L'aglio  mangiato crudo, preso a spicchi per molte mattine consecutive era considerato “rinfrescante” (Rieti).
Per regolare la circolazione sanguigna ed abbassare il tasso di colesterolo nel sangue si faceva un maceratodi spicchi d'aglio e alcool puro in uguali quantità e si prendevano per 20 giorni alcune gocce del filtrato (Contigliano). Anche l'uso vermifugo era assai noto.
Alimentare: il bulbo,triturato è posto in salsicce, nella “porchetta” (Poggio Bustone) ed è purestrofinato sulle mani da chi prepara gli insaccati (Poggio Bustone).
Domestico: A S.Elia, si strofinava l'aglio, come leggero collante, sui frammenti di pentole di terracotta rotte. L'utensile ricostruito ed incollato veniva poi cosparso di farina.
 
Ruscus aculeatus L.(ruscolo pungitopo, rusco).
Nomi locali: cecasorge(Collerinaldo, Antrodoco).
USI TRADIZIONALI
Alimentari: il decotto di rami teneri era usato come digestivo (Greccio).
I germogli, venivano usati incucina per le frittate (Antrodoco).
Varie: A Collerinaldo nelle cantine, venivano appesi fasci di pungitopo detto “cecasorge” vicino ai prosciutti affinchè i topi non riuscissero ad attaccare le carni.
  
LINACEAE
Linum usitatissimum L
.(lino coltivato)
Nome locale: linu (Rieti)
USI TRADIZIONALI
Medicinale: Tisane con semi di lino venivano usate per le proprietà antidiarroiche, gli impiastri per il mal di denti (Leonessa). Si facevano applicazioni sul torace in caso di bronchiti, con teli che avvolgevano farina di semi di lino cotta in acqua.Spesso lo stesso impiastro si usava sulle ferite infette (Cittaducale). Nella zona di Concerviano e Poggio Fidoni, si facevano degli impiastri di semi di lino per curare le infiammazioni della pelle. I semi venivano triturati nel mortaio, poi scottati in acqua bollente e applicati localmente oppure avvolti in un fazzoletto che poi veniva posto nella zona interessata.
 
LORANTHACEAE
Viscum album L. (vischio comune)
Nome locale: vischiu (Rieti, Contigliano, Leonessa)
USI TRADIZIONALI
Varie: la poltiglia dei frutti schiacciati con un po' di olio era usata come collante (Contigliano). Infatti, le bacche schiacciate e disposte sopra una tavola di legno erano usate come trappole per gli uccelli (Cittaducale).
A Leonessa era uso da parte delle donne spremere qualche bacca di vischio nel vino con la convinzione che potesse curare l'arteriosclerosi dei mariti.
 
MALVACEAE
Malva sp.pl. (malveselvatiche)
Nomi locali: marva (Rieti,Greccio, Contigliano, S.Elia)
USI TRADIZIONALI
Medicinali: la malva è forse la pianta più nota ed usata nella tradizione popolare, tuttora impiegata per la cura di diverse affezioni.
Nel passato, l'impiastro veniva usato per le infiammazioni (Leonessa, Poggio Fidoni, S.Elia, Colle Rinaldo,Contigliano), il decotto della radice come lassativo (Leonessa), per i dolori addominali (zona di Cittaducale, S.Elia), per tosse e catarro (Leonessa).
A Villa Colapietro (Leonessa) si appendeva alla finestra un mazzo di foglie di malva intrise di rugiada (“guazza”), si essiccavano e conservate in un sacchetto, erano usate durante l'anno per infiammazioni alle gengive e per ascessi. E' ancora attuale la classica applicazione su ascessi dentari con foglie fresche lessate. Gli impiastri di malva venivano usati anche contro l'acne (zona Concerviano). In caso di emorroidi infiammate erano praticate lavande con il decotto (S. Elia). Gli infusi di foglie erano usati per lavande vaginali e come colluttori (S. Elia, Contigliano).
Veterinari: “L'acqua di malva” veniva somministrata anche a suini con problemi intestinali (Poggio Fidoni). Il decotto, con l'aggiunta di olio rappresentava un purgante per i maiali (Petrella Salto). La malva viene tuttora utilizzata per il “pappone”destinato a galline e tacchini (Rieti, Poggio Bustone).
Credenze: a Leonessa, la notte della vigilia della natività di San Giovanni Battista, ossia  fra il 23 e il 24 giugno, si usava raccogliere prima dell'alba la copiosa rugiada depositatasi sulle piante specie sulle foglie e fiori di sambuco ma anche su quelle di malva. Si credeva che la“guazza” di San Giovanni avesse potere terapeutico. In alcune frazioni di Leonessa, per usufruire del benefico contatto con la rugiada ci si recava scalzi ad effettuare la raccolta della malva (POLIA, M. 2002).
Nella frazione di San Vito quando si raccoglieva la malva si usava cingersi i fianchi con un tralcio di vitalba(POLIA, M. 2002).

 
  • Università della Terza età - Unitre - Rieti laboratorio dialettale - Appena ieri, istantanee sul passato in una raccolta di testi in lingua e in dialetto - Comune di Rieti   (1998)
 
Foto 6: OLEACEAE- Fraxinus ornus L.(orniello). “Lu mesticaturu” mestolo con le punte per girare la polenta o il formaggio realizzato con legno di orniello

OLEACEAE
Fraxinus ornus L.(orniello)
Nome locale: ornellu (Rieti)
USI TRADIZIONALI
Medicinale: la parte interna della scorza era applicata a scopo cicatrizzante sulle ferite (S.Elia, Contigliano, Leonessa) anche sotto forma di fasciatura, analogamente alla scorza di olmo.
Veterinari:la parte interna della scorza era applicata anche sulle ferite degli animali.
Domestici: A Collerinaldo con l'orniello o con l'acero veniva realizzato “lu mesticaturu” o lo “squagliaturu”, una sorta di mestolo con le punte per girare la polenta o il formaggio. Anche il cerchio del formaggio (“lu circhiu”) a volte veniva realizzato con strisce di legno di orniello (Leonessa). Il decotto della scorza dei rami era usato per tingere la lana o tessuti di un colore giallo-verdastro (Cittaducale).
Giochi: Con i rami svuotati e in cui veniva fatta una piccola incisione, si realizzava una sorta di fischietto (Leonessa). Anche a S.Elia veniva usato come flauto.
Altri usi: i pastori fabbricavano dei robusti bastoni con grossi rami (Leonessa). La pianta era una volta sostegno per viti (S.Elia)
Proverbi: “L'ornellu fa lu focu bellu” (S.Elia)
 
Olea europaea L. (olivo)
Nomi locali: liva (Magliano Sabino), le ghie (Leonessa)
USI TRADIZIONALI
Medicinale: per calmare irritazioni da punture di insetti (S.Elia).
Altri usi: la cera della candela sciolta e mescolata all'olio venivano usate nella cura delle scottature ( Antrodoco, Cantalice, Cittaducale, Petrella Salto).
Con l'olio si massaggiavano capelli e unghie deboli (Greccio, Magliano Sabino, S. Elia). Qualche goccia di olio caldo nelle orecchie per diverse sere, scioglieva i “tappi” di cerume (S.Elia).
Comune nelle campagne era “l'olio ferrato”. Si arroventava un ferro che poi si immergeva nell'olio il quale così scaldato, veniva adoperato per massaggiare il torace in caso di tosse (Poggio Bustone, Rieti, Cantalice, Petrella Salto).
Varie:  nel leonessano nella notte di veglia ai defunti, la tradizione prevedeva che accanto al morto fosse sistemato un bicchiere d'acqua santa nella quale era immerso un rametto d'olivo benedetto. Chi si recava a visitare il morto lo aspergeva con questo rametto facendo il segno della croce. Era d'obbligo in tale triste circostanza da parte della famiglia offrire comunque ai presenti un caffè d'orzo, a volte corretto con anisetta. (POLIA, M. 2002).
Per  l’Ascensione, invece, ovunque in Sabina nelle piazze e nei campi si accendevano  enormi falò. Le ragazze si accalcavano intorno al fuoco e a seconda dello scoppiettio provocato dalle foglie verdi dell’ulivo gettate nella brace, formulavano previsioni per il loro matrimonio (DI MARIO, R.- 1993)
A Collerinaldo le bambine gareggiavano nell'intrecciare le “palme” benedette con viole primule e mammole che, successivamente venivano benedette. Dopo la benedizione c'era l'usanza che prevedeva di staccare una fogliolina della palma e collocarla sulla “racetta” ovvero un mattone ardente. Se la fogliolina prendeva fuoco era un segno nefasto, viceversa se scoppiettava era segno di lunga vita. La formula che si pronunciava era: “parma beneitta che vè 'na vota l'annu dimme se moro o campo 'nantru annu”.
Un rametto di ulivo della domenica delle Palme insieme alla candela benedetta consegnata in chiesa alla festa della “Candelora” veniva posizionato nei campi a scopo propiziatorio (S.Elia). A Rieti, a Poggio Moiano, le foglie di ulivo sono tuttora usate per le infiorate.
Credenze: L'olio era usato per verificare la presunta presenza del “malocchio”. A seconda della grandezza e della disposizione di goccioline di olio in una bacinella colma di acqua a volte insieme a chicchi di grano, si identificava il sesso dello iettatore e la grandezza del maleficio. A tale pratica si associavano parole magiche segrete e gesti rituali che potevano essere tramandati ad una persona di fiducia solo nella notte di Natale (S.Elia, Petrella Salto, Sigillo, Leonessa, Cittaducale).

PAPAVERACEAE
Chelidonium majus L. (celidonia).
Nomi locali: cividonica (Greccio, Contigliano, Borgo Velino).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: nella zona di Antrodoco il latice giallognolo che usciva dai rametti recisi veniva usato per calmare i dolori dei denti. A Contigliano la radice colta a maggio e a giugno era tagliata a pezzi molto piccoli ed applicata sui denti cariati provocandone però la caduta.
Talvolta usata come callifugo e per eliminare verruche.

Papaver rhoeas L. (papavero comune)
Nomi locali: papavaro (Greccio), papaìne (Capradosso), papaia (Poggio Bustone), papagliena (Petrella Salto).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: la tisana di semi di papavero veniva usata per far addormentare i bambini (S.Elia).
A scopo calmante si facevano bere l'infuso di capsule colte in giugno-luglio e private dei semi (Contigliano). Come antitussivo, si faceva un infuso di petali (Leonessa, Greccio).
Veterinari: la pianta fresca si dava in pasto alle galline (Paganico) e alle anatre (Capradosso).
Giochi: a Collerinaldo ma anche a Rieti si giocava con i boccioli ancora chiusi del papavero. Il gioco si chiamava “frate e monaca” e consisteva nell'indovinare il colore dei petali. Il rosso o il bianco corrispondeva al frate, il rosa alla monaca.
 
PINACEAE
Pinus pinea L. (pino domestico).
Nomi locali: pino da pignoli (Rieti).
USI TRADIZIONALI
Alimentari: i semi (pinoli) sono mangiati freschi, o nei dolci (croccanti con zucchero e miele).
Vari: incisioni sulla corteccia permettevano l'estrazione di resina  che una volta essiccata veniva bruciata per allontanare gli spiriti maligni.

RANUNCULACEAE
Clematis vitalba L. (clematide, vitalba)
Nomi locali: vitarba, vitacchia (Greccio, Contigliano, Rieti)
USI TRADIZIONALI
Alimentare: i giovani germogli freschi detti “cimitarole” si mangiano in frittata (S.Elia, Rieti, Contigliano, Greccio) o crudi (Poggio Bustone) anche se è consigliabile cuocerli per togliere una certa tossicità, prerogativa della famiglia.
Domestico: il fusto era usato per legare le fascine (Greccio, Poggio Bustone, Leonessa).
Nella zona di Antrodoco si facevano essiccare le foglie e gli steli per ottenere un preparato per la confezione di sigarini molto piccanti. Tale usanza era molto diffusa anche a Leonessa.
Giochi: a Greccio i bambini costruivano con i lunghi fusti della vitalba, delle corde per saltare.
Credenze: nella frazione di San Vito di Leonessa, quando si raccoglieva la malva aspettando l'alba di San Giovanni si usava cingersi i fianchi con un tralcio di vitalba (POLIA, 2002).
L'uso di cingersi con la vitalba è documentato anche in Abruzzo. Con la vitalba si cingevano le conche per attingere l'acqua nuova al mattino di San Giovanni. La vitalba veniva quindi conservata per lenire i dolori di capo e di ventre (POLIA, 2002).

ROSACEAE
Cydonia oblonga Miller (cotogno)
Nomi locali: milu cutugnu (S.Elia).
USI TRADIZIONALI
Medicinale: la marmellata si usava per regolare l'intestino (Campotosto).
Altri usi: nei cassettoni tarlati si conservava la biancheria con l’aroma della “spiga” (lavanda) e della cotogna (DI MARIO, R.1993). I frutti si ponevano fra la biancheria.
Quando ci si recava a casa d'altri per passare una serata accanto al fuoco e per fare una “seduta”, ai convenuti si usava offrire delle piccole pere selvatiche (“pere pazze”) conservate in un tino d'acqua oppure le mele cotogne (“scianchi”) lasciate maturare sotto la paglia (POLIA, M., 2002).
A Cittaducale era diffusa  l’usanza di far essiccare mele tagliate a fettine (“carozzi”) e castagne (“mosciarelle”). Molto richiesti erano i fichi secchi e le carrube dette “ainelle” nonché gli “spaccarelli” ovvero arance che venivano vendute tagliate a metà.
I “carozzi” si usavano anche a Poggio Fidoni. Le fettine di mele si seccavano nel forno. A volte le mele si lessavano e lo sciroppo si utilizzava per dolcificare.

Crataegus monogyna Jacq. (biancospino comune)
Nomi locali: cacchelle (Leonessa, S.Elia)
USI TRADIZIONALI
Medicinali: l'infuso dei fiori era coadiuvante in diete dimagranti (Magliano Sabino).
Alimentari:le bacche di biancospino si mangiavano nella zona di S.Elia.
Altri usi: i fiori essiccati di biancospino venivano utilizzati per fare delle tisane calmanti che favorivano il sonno (Leonessa).

Rosa canina L. (rosa canina L.)
Nome locale: a Leonessa piròli, a Borgo Velino rattaculi.
USI TRADIZIONALI
Medicinali: il decotto di cinorridi secchi alleviava i dolori gastrici (Greccio). Lo stesso preparato attenuava coliche renali (Greccio).
Alimentari: le bacche venivano raccolte per farne delle marmellate (S.Elia, Leonessa). I frutti appassiti erano aperti, mondati di semi e peli e venivano mangiati crudi (Leonessa).
Giochi: a Collerinaldo, con le bacche di rosacanina era uso fare delle collane.

Rubus fruticosus s.l. (rovo)
Nomi locali: spini (Magliano Sabino, Petrella Salto, S.Elia, Capradosso, Greccio, Poggio Bustone).
USI TRADIZIONALI
Alimentari: i frutti sono mangiati in macedonia, in marmellate (S.Elia, Poggio Bustone, Contigliano, Greccio).
Medicinali: contro l'acne venivano usati impiastri di foglie di rovo (Concerviano, Capradosso, Contigliano, Poggio Bustone, Petrella Salto). A scopo cicatrizzante si applicavano le foglie sulle ferite (Capradosso, Leonessa, Petrella Salto). Le foglie pestate venivano applicate su ascessi (Poggio Bustone, Contigliano, Petrella Salto). Le marmellate di more erano e sono usate per il mal di gola.
Detto: A Petrella Salto si ricorda il detto: “la serpe partorisce sopra lu spinu”.

Sanguisorba minor Scop. (salvestrella minore).
Nomi locali: pimpinella (Rieti, S.Elia).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: le foglioline in insalata hanno scopo digestivo (S.Elia).
Alimentari: qualche fogliolina per aromatizzare l'insalata (S.Elia).

SALICACEAE
Salix alba L. (salice comune)
Nomi locali: vinghi (S.Elia), sargi (Rieti), sargia (Borgo Velino)
USI TRADIZIONALI
Veterinario: il salice veniva utilizzato nell'alimentazione degli ovini e bovini che avevano problemi intestinali dopo aver mangiato quantità elevate di erba medica.
Domestici: Le scorze di salice erano usate in passato per tingere le stoffe (Cittaducale). Rami di salice venivano utilizzati per legare le viti (S.Elia, Rieti).
Anche il giogo dell'aratro era costruito con questo legno (Borgo Velino). Con i lunghi rami del salice, del  nocciolo o del castagno si costruiva “la corva”, un grosso cesto usato durante la raccolta dell'uva (Borgo Velino).

SOLENACEAE
Atropa bella-donna L. (belladonna)
USI TRADIZIONALI
Varie: Era raccolta un tempo nelle montagne del reatino per venderla nelle farmacie. E' una droga estremamente tossica che può causare con facilità avvelenamenti. Nella zona di Leonessa bacche di belladonna erano utilizzate, mescolate in  un impasto di grasso pane e carne, per uccidere addirittura volpi e lupi.

Capsicum annuum L. (varietà diverse)- (peperoncino)
Nome locale: peperongino (Rieti)
USI TRADIZIONALI
Alimentare: è mangiato nei cibi essiccato o sotto forma di olio piccante, è messo in salsicce di fegato (Poggio Bustone), come conservante e aromatizzante.
Veterinario: Per favorire gli accoppiamenti nei maiali (per aumentare “il calore”), si strofinava il peperoncino sugli organi genitali delle scrofe (S.Elia).

ULMACEAE
Ulmus minor Miller (olmo comune)
Nomi locali: urmu (S.Elia, Rieti)
USI TRADIZIONALI
Medicinali: il decotto della scorza era usato su infiammazioni cutanee (Leonessa). A S. Elia, era consuetudine applicare sulle ferite la parte interna della scorza. A Petrella Salto, la scorza si arrotolava sopra la ferita a mò di fasciatura a scopo disinfettante emostatico. Anche a Borgovelino la scorza dell'olmo era utilizzato per la cura delle ferite e a Greccio le foglie erano usate a scopo emostatico (GUARRERA, 1996).
Domestici: A Cittaducale le cortecce erano adoperate per tingere le stoffe.
Con il legno si effettuavano lavori di artigianato, infissi, venivano costruiti pali per le recinzioni, manici per le zappe (S.Elia), pali per sostenere le viti.
A Borgovelino, gli uncini si costruivano con rami di olmo che veniva scorticato e scaldato prima di essere modellato.
Varie: a Leonessa si credeva che il legno  tagliato con la luna calante, potesse ardere meglio.

UMBRELLIFERAE
Conium maculatum L. (cicuta maggiore)
USI TRADIZIONALI
Medicinali: le foglie erano usate come antiinfiammatorio. Se ne facevano degli impiastri per ridurre i gonfiori (Poggio Fidoni, Capradosso).

Foeniculum vulgare Miller (finocchio comune).
Nome locale: finocchiella (Rieti), finocchio  bastardo (Poggio Bustone).
USI TRADIZIONALI
Medicinale: il decotto veniva usato in suffumigi per il raffreddore (Poggio Bustone).
Alimentare: nella zona di Cittaducale e in molte località del reatino, viene utilizzato come aromatizzante nella cottura delle lumache. Nell'Alta Sabina è frequente l'uso culinario come spezia.
Varie: le foglie sono usate per le infiorate (Petrella Salto).

URTICACEAE
Parietaria officinalis L. (vetriola comune)
Nomi locali: palatana (S.Elia, Rieti), poletana (Capradosso), napoletana (Leonessa), peperatto (Antrodoco)
USI TRADIZIONALI
Medicinali: la parte fresca era posta su ascessi dentari (Capradosso)  e su distorsioni (Greccio) o gonfiori alle ginocchia (Paganico). Applicata sulle parti doloranti con un panno portava alla guarigione in tre o quattro giorni (Petrella Salto).
Il decotto di foglie con cui si imbevevano delle garze veniva usato su contusioni anche a Contigliano.
Spesso impiegata come “rinfrescante” dell'apparato digerente e urinario in tisane o infusi (Magliano Sabino, Greccio, Contigliano, Capradosso). Sembra fosse efficace anche per la cura dell'acne (Borgo Velino).
Veterinari: come cibo per galline (Antrodoco, Poggio Bustone) e tacchini (Poggio Bustone).
Domestici: per pulire l'interno delle bottiglie si usavano le foglie con un po' di brecciolino (S.Elia).

Urtica dioica L. et al. sp. (ortiche)
Nomi locali: ardica (Greccio), ardiga (Leonessa).
USI POPOLARI
Medicinali: sulle contusioni si applicavano foglie bollite o pestate (Leonessa).
Le stesse erano anche usate per il mal di denti e per la gotta. Tisane con foglie di ortica venivano utilizzate contro le coliche da calcoli e come diuretico. A Greccio la pianta lessa era mangiata a scopo antidiabetico.
Alimentari: Le punte, reputate migliori degli spinaci, si consumano lesse. Le foglie giovani sono ottime in insalata, in frittate e zuppe (Leonessa).
Veterinari: ad Antrodoco, l'ortica mescolata alla semola e alla crusca era usata come mangime per i tacchini.
A Poggio Bustone si pestava per foraggiare i piccoli dei tacchini o le anatre. Per i maiali era uso somministrare le foglie cotte.
Domestici: il decotto di foglie era usato come smacchiatore di vestiti (Greccio Contigliano).

VITACEAE
Vitis vinifera L. (vite)
Nomi locali: vite vita, graspi raspi (S.Elia), grappoletti ciaccarelle (S.Elia), chicchi vaga, uva ua (Rieti).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: Si beveva una spremuta di chicchi a digiuno per risolvere i problemi intestinali (S.Elia). A Poggio Fidoni, si essiccavano i grappoli d'uva nel forno.
Uno sciroppo utile per la tosse e per il raffreddore veniva ottenuto mescolando gli acini essiccati in acqua calda.
Molte sono le virtù terapeutiche dell'uva illustrate anche in un articolo di Sabina Agricola, una rivista locale molto interessante dei primi del novecento[1]. In essa si cita l'azione anticatarrale e ricostituente dell'uva usata in quegli anni anche contro la tubercolosi polmonare. Si menziona l'azione lassativa, dei disordini digestivi, nelle coliche epatiche e renali con la sua azione diuretica. Interessante è la cura raccomandata:.....” l'uva consigliata è l'uva bianca matura. Le bucce non devono ingoiarsi, cosi pure occorre sputare i vinaccioli. La cura non va fatta a stomaco vuoto ed è bene mangiare durante essa, un po' di pane. La quantità varia da 500 grammi a due chili divisi in tre o quattro volte al giorno. Durante la cura non si debbono mangiare intingoli, né insalate, né formaggi freschi, essa deve durare dalle tre alle sei settimane...qualche volta si ha la diarrea e allora bisogna diminuire la quantità o sospendere la cura..”
Alimentari: Durante la vendemmia tipica era la preparazione del  “raspato” (una spremitura dei graspi già sfruttati per il mosto) usato come bibita dissentante.
Alcuni grappoli d’uva  appesi nelle cantine e seccati,venivano mangiati durante l'inverno (S.Elia).
Antiparassitari: con l'aceto di vino si combatteva la pediculosi. Era anche efficace per rendere più luminosi i capelli (S. Elia).
Credenze: La sera antecedente la ricorrenza dell'Ascensione, nei borghi e nella zona di Concerviano è uso tuttora accendere falò in piazza con  i “manocchi”, fasci di tralci di vite ottenuti dalla prima potatura per propiziare la buona produzione di vino.
A Rieti, nel periodo vendemmiale, si svolgeva la “festa dell'uva” durante la quale si allestivano dei carri vendemmiali addobbati con tralci di vite e grappoli d'uva.
Varie: a S.Elia era uso fumare le potature delle viti ridotte a sigaretti.

 
 
  • 6  FRASCHETTI - Il valore curativo dell'uva in Sabina Agricola Anno III n. 2 Febbraio 1930- VIII
 

Bibliografia

 

DI MARIO, R. - Il fascismo in Sabina- Editoriale Eco (1993)

FRASCHETTI - Il valore curativo dell'uva in Sabina Agricola Anno III n. 2 Febbraio 1930 - VII
 
GUARRERA, P.M. - Il patrimonio etnobotanico del Lazio - quaderno 1- Regione Lazio e Dipartimento di Biologia vegetale Università “La Sapienza di Roma” (1994)
 
GUARRERA, P.M.- Su alcuni usitradizionali magico-religiosi di piante nell’italia centrale - tratto da Religiosità popolare tra antropologia e storia delle religioni -  Atti del convegno (2002)
 
LANDI, S., GRILLOTTI, M.A. - Storie di piante dell’Agro Reatino - Editrice Massimo Rinaldi (1996)
 
PIGNATTI, S.- Flora d’Italia - Volume I - Ed agricole (1982)
 
PIGNATTI, S.- Flora d’Italia - Volume II - Ed agricole (1982)
 
PIGNATTI, S.- Flora d’Italia - Volume III - Ed agricole (1982)
 
POLIA M., CHAVES HUALPA F. - (2002) - Mio padre mi disse - Tradizione,religione e magia sui monti dell'Alta Sabina - Il Cerchio iniziative culturali
 
UNIVERSITÀ DELLA TERZA ETÀ - Unitre - Rieti laboratorio dialettale - Appena ieri, istantanee sul passato in una raccolta di testi in lingua e in dialetto - Comune di Rieti (1998)
 
Un ringraziamento a chi ha collaborato al reperimento delle informazioni: Cesare Graziani, Rolando Graziani, Contili Anna Maria, Maria Stella, Settimia Santececca, Marco Santilli, Renato Aloisi, Gino Gregori, Paolo Pizzoli, Daniela Roselli, Antonio Martini, Micaloni Gaetano, Perotti Mario, Alessandro Zelli, Lina Grassi, Enzo Grassi, Onorina Grassi, Gaetano Mattei, Mostarda Dina, Domenico Pasquali, Lino Moronti, Aldo Papi.