OLEACEAE
Fraxinus ornus L.(orniello)
Nome locale: ornellu (Rieti)
USI TRADIZIONALI
Medicinale: la parte interna della scorza era applicata a scopo cicatrizzante sulle ferite (S.Elia, Contigliano, Leonessa) anche sotto forma di fasciatura, analogamente alla scorza di olmo.
Veterinari:la parte interna della scorza era applicata anche sulle ferite degli animali.
Domestici: A Collerinaldo con l'orniello o con l'acero veniva realizzato “lu mesticaturu” o lo “squagliaturu”, una sorta di mestolo con le punte per girare la polenta o il formaggio. Anche il cerchio del formaggio (“lu circhiu”) a volte veniva realizzato con strisce di legno di orniello (Leonessa). Il decotto della scorza dei rami era usato per tingere la lana o tessuti di un colore giallo-verdastro (Cittaducale).
Giochi: Con i rami svuotati e in cui veniva fatta una piccola incisione, si realizzava una sorta di fischietto (Leonessa). Anche a S.Elia veniva usato come flauto.
Altri usi: i pastori fabbricavano dei robusti bastoni con grossi rami (Leonessa). La pianta era una volta sostegno per viti (S.Elia)
Proverbi: “L'ornellu fa lu focu bellu” (S.Elia)
Olea europaea L. (olivo)
Nomi locali: liva (Magliano Sabino), le ghie (Leonessa)
USI TRADIZIONALI
Medicinale: per calmare irritazioni da punture di insetti (S.Elia).
Altri usi: la cera della candela sciolta e mescolata all'olio venivano usate nella cura delle scottature ( Antrodoco, Cantalice, Cittaducale, Petrella Salto).
Con l'olio si massaggiavano capelli e unghie deboli (Greccio, Magliano Sabino, S. Elia). Qualche goccia di olio caldo nelle orecchie per diverse sere, scioglieva i “tappi” di cerume (S.Elia).
Comune nelle campagne era “l'olio ferrato”. Si arroventava un ferro che poi si immergeva nell'olio il quale così scaldato, veniva adoperato per massaggiare il torace in caso di tosse (Poggio Bustone, Rieti, Cantalice, Petrella Salto).
Varie: nel leonessano nella notte di veglia ai defunti, la tradizione prevedeva che accanto al morto fosse sistemato un bicchiere d'acqua santa nella quale era immerso un rametto d'olivo benedetto. Chi si recava a visitare il morto lo aspergeva con questo rametto facendo il segno della croce. Era d'obbligo in tale triste circostanza da parte della famiglia offrire comunque ai presenti un caffè d'orzo, a volte corretto con anisetta. (POLIA, M. 2002).
Per l’Ascensione, invece, ovunque in Sabina nelle piazze e nei campi si accendevano enormi falò. Le ragazze si accalcavano intorno al fuoco e a seconda dello scoppiettio provocato dalle foglie verdi dell’ulivo gettate nella brace, formulavano previsioni per il loro matrimonio (DI MARIO, R.- 1993)
A Collerinaldo le bambine gareggiavano nell'intrecciare le “palme” benedette con viole primule e mammole che, successivamente venivano benedette. Dopo la benedizione c'era l'usanza che prevedeva di staccare una fogliolina della palma e collocarla sulla “racetta” ovvero un mattone ardente. Se la fogliolina prendeva fuoco era un segno nefasto, viceversa se scoppiettava era segno di lunga vita. La formula che si pronunciava era: “parma beneitta che vè 'na vota l'annu dimme se moro o campo 'nantru annu”.
Un rametto di ulivo della domenica delle Palme insieme alla candela benedetta consegnata in chiesa alla festa della “Candelora” veniva posizionato nei campi a scopo propiziatorio (S.Elia). A Rieti, a Poggio Moiano, le foglie di ulivo sono tuttora usate per le infiorate.
Credenze: L'olio era usato per verificare la presunta presenza del “malocchio”. A seconda della grandezza e della disposizione di goccioline di olio in una bacinella colma di acqua a volte insieme a chicchi di grano, si identificava il sesso dello iettatore e la grandezza del maleficio. A tale pratica si associavano parole magiche segrete e gesti rituali che potevano essere tramandati ad una persona di fiducia solo nella notte di Natale (S.Elia, Petrella Salto, Sigillo, Leonessa, Cittaducale).
PAPAVERACEAE
Chelidonium majus L. (celidonia).
Nomi locali: cividonica (Greccio, Contigliano, Borgo Velino).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: nella zona di Antrodoco il latice giallognolo che usciva dai rametti recisi veniva usato per calmare i dolori dei denti. A Contigliano la radice colta a maggio e a giugno era tagliata a pezzi molto piccoli ed applicata sui denti cariati provocandone però la caduta.
Talvolta usata come callifugo e per eliminare verruche.
Papaver rhoeas L. (papavero comune)
Nomi locali: papavaro (Greccio), papaìne (Capradosso), papaia (Poggio Bustone), papagliena (Petrella Salto).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: la tisana di semi di papavero veniva usata per far addormentare i bambini (S.Elia).
A scopo calmante si facevano bere l'infuso di capsule colte in giugno-luglio e private dei semi (Contigliano). Come antitussivo, si faceva un infuso di petali (Leonessa, Greccio).
Veterinari: la pianta fresca si dava in pasto alle galline (Paganico) e alle anatre (Capradosso).
Giochi: a Collerinaldo ma anche a Rieti si giocava con i boccioli ancora chiusi del papavero. Il gioco si chiamava “frate e monaca” e consisteva nell'indovinare il colore dei petali. Il rosso o il bianco corrispondeva al frate, il rosa alla monaca.
PINACEAE
Pinus pinea L. (pino domestico).
Nomi locali: pino da pignoli (Rieti).
USI TRADIZIONALI
Alimentari: i semi (pinoli) sono mangiati freschi, o nei dolci (croccanti con zucchero e miele).
Vari: incisioni sulla corteccia permettevano l'estrazione di resina che una volta essiccata veniva bruciata per allontanare gli spiriti maligni.
RANUNCULACEAE
Clematis vitalba L. (clematide, vitalba)
Nomi locali: vitarba, vitacchia (Greccio, Contigliano, Rieti)
USI TRADIZIONALI
Alimentare: i giovani germogli freschi detti “cimitarole” si mangiano in frittata (S.Elia, Rieti, Contigliano, Greccio) o crudi (Poggio Bustone) anche se è consigliabile cuocerli per togliere una certa tossicità, prerogativa della famiglia.
Domestico: il fusto era usato per legare le fascine (Greccio, Poggio Bustone, Leonessa).
Nella zona di Antrodoco si facevano essiccare le foglie e gli steli per ottenere un preparato per la confezione di sigarini molto piccanti. Tale usanza era molto diffusa anche a Leonessa.
Giochi: a Greccio i bambini costruivano con i lunghi fusti della vitalba, delle corde per saltare.
Credenze: nella frazione di San Vito di Leonessa, quando si raccoglieva la malva aspettando l'alba di San Giovanni si usava cingersi i fianchi con un tralcio di vitalba (POLIA, 2002).
L'uso di cingersi con la vitalba è documentato anche in Abruzzo. Con la vitalba si cingevano le conche per attingere l'acqua nuova al mattino di San Giovanni. La vitalba veniva quindi conservata per lenire i dolori di capo e di ventre (POLIA, 2002).
ROSACEAE
Cydonia oblonga Miller (cotogno)
Nomi locali: milu cutugnu (S.Elia).
USI TRADIZIONALI
Medicinale: la marmellata si usava per regolare l'intestino (Campotosto).
Altri usi: nei cassettoni tarlati si conservava la biancheria con l’aroma della “spiga” (lavanda) e della cotogna (DI MARIO, R.1993). I frutti si ponevano fra la biancheria.
Quando ci si recava a casa d'altri per passare una serata accanto al fuoco e per fare una “seduta”, ai convenuti si usava offrire delle piccole pere selvatiche (“pere pazze”) conservate in un tino d'acqua oppure le mele cotogne (“scianchi”) lasciate maturare sotto la paglia (POLIA, M., 2002).
A Cittaducale era diffusa l’usanza di far essiccare mele tagliate a fettine (“carozzi”) e castagne (“mosciarelle”). Molto richiesti erano i fichi secchi e le carrube dette “ainelle” nonché gli “spaccarelli” ovvero arance che venivano vendute tagliate a metà.
I “carozzi” si usavano anche a Poggio Fidoni. Le fettine di mele si seccavano nel forno. A volte le mele si lessavano e lo sciroppo si utilizzava per dolcificare.
Crataegus monogyna Jacq. (biancospino comune)
Nomi locali: cacchelle (Leonessa, S.Elia)
USI TRADIZIONALI
Medicinali: l'infuso dei fiori era coadiuvante in diete dimagranti (Magliano Sabino).
Alimentari:le bacche di biancospino si mangiavano nella zona di S.Elia.
Altri usi: i fiori essiccati di biancospino venivano utilizzati per fare delle tisane calmanti che favorivano il sonno (Leonessa).
Rosa canina L. (rosa canina L.)
Nome locale: a Leonessa piròli, a Borgo Velino rattaculi.
USI TRADIZIONALI
Medicinali: il decotto di cinorridi secchi alleviava i dolori gastrici (Greccio). Lo stesso preparato attenuava coliche renali (Greccio).
Alimentari: le bacche venivano raccolte per farne delle marmellate (S.Elia, Leonessa). I frutti appassiti erano aperti, mondati di semi e peli e venivano mangiati crudi (Leonessa).
Giochi: a Collerinaldo, con le bacche di rosacanina era uso fare delle collane.
Rubus fruticosus s.l. (rovo)
Nomi locali: spini (Magliano Sabino, Petrella Salto, S.Elia, Capradosso, Greccio, Poggio Bustone).
USI TRADIZIONALI
Alimentari: i frutti sono mangiati in macedonia, in marmellate (S.Elia, Poggio Bustone, Contigliano, Greccio).
Medicinali: contro l'acne venivano usati impiastri di foglie di rovo (Concerviano, Capradosso, Contigliano, Poggio Bustone, Petrella Salto). A scopo cicatrizzante si applicavano le foglie sulle ferite (Capradosso, Leonessa, Petrella Salto). Le foglie pestate venivano applicate su ascessi (Poggio Bustone, Contigliano, Petrella Salto). Le marmellate di more erano e sono usate per il mal di gola.
Detto: A Petrella Salto si ricorda il detto: “la serpe partorisce sopra lu spinu”.
Sanguisorba minor Scop. (salvestrella minore).
Nomi locali: pimpinella (Rieti, S.Elia).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: le foglioline in insalata hanno scopo digestivo (S.Elia).
Alimentari: qualche fogliolina per aromatizzare l'insalata (S.Elia).
SALICACEAE
Salix alba L. (salice comune)
Nomi locali: vinghi (S.Elia), sargi (Rieti), sargia (Borgo Velino)
USI TRADIZIONALI
Veterinario: il salice veniva utilizzato nell'alimentazione degli ovini e bovini che avevano problemi intestinali dopo aver mangiato quantità elevate di erba medica.
Domestici: Le scorze di salice erano usate in passato per tingere le stoffe (Cittaducale). Rami di salice venivano utilizzati per legare le viti (S.Elia, Rieti).
Anche il giogo dell'aratro era costruito con questo legno (Borgo Velino). Con i lunghi rami del salice, del nocciolo o del castagno si costruiva “la corva”, un grosso cesto usato durante la raccolta dell'uva (Borgo Velino).
SOLENACEAE
Atropa bella-donna L. (belladonna)
USI TRADIZIONALI
Varie: Era raccolta un tempo nelle montagne del reatino per venderla nelle farmacie. E' una droga estremamente tossica che può causare con facilità avvelenamenti. Nella zona di Leonessa bacche di belladonna erano utilizzate, mescolate in un impasto di grasso pane e carne, per uccidere addirittura volpi e lupi.
Capsicum annuum L. (varietà diverse)- (peperoncino)
Nome locale: peperongino (Rieti)
USI TRADIZIONALI
Alimentare: è mangiato nei cibi essiccato o sotto forma di olio piccante, è messo in salsicce di fegato (Poggio Bustone), come conservante e aromatizzante.
Veterinario: Per favorire gli accoppiamenti nei maiali (per aumentare “il calore”), si strofinava il peperoncino sugli organi genitali delle scrofe (S.Elia).
ULMACEAE
Ulmus minor Miller (olmo comune)
Nomi locali: urmu (S.Elia, Rieti)
USI TRADIZIONALI
Medicinali: il decotto della scorza era usato su infiammazioni cutanee (Leonessa). A S. Elia, era consuetudine applicare sulle ferite la parte interna della scorza. A Petrella Salto, la scorza si arrotolava sopra la ferita a mò di fasciatura a scopo disinfettante emostatico. Anche a Borgovelino la scorza dell'olmo era utilizzato per la cura delle ferite e a Greccio le foglie erano usate a scopo emostatico (GUARRERA, 1996).
Domestici: A Cittaducale le cortecce erano adoperate per tingere le stoffe.
Con il legno si effettuavano lavori di artigianato, infissi, venivano costruiti pali per le recinzioni, manici per le zappe (S.Elia), pali per sostenere le viti.
A Borgovelino, gli uncini si costruivano con rami di olmo che veniva scorticato e scaldato prima di essere modellato.
Varie: a Leonessa si credeva che il legno tagliato con la luna calante, potesse ardere meglio.
UMBRELLIFERAE
Conium maculatum L. (cicuta maggiore)
USI TRADIZIONALI
Medicinali: le foglie erano usate come antiinfiammatorio. Se ne facevano degli impiastri per ridurre i gonfiori (Poggio Fidoni, Capradosso).
Foeniculum vulgare Miller (finocchio comune).
Nome locale: finocchiella (Rieti), finocchio bastardo (Poggio Bustone).
USI TRADIZIONALI
Medicinale: il decotto veniva usato in suffumigi per il raffreddore (Poggio Bustone).
Alimentare: nella zona di Cittaducale e in molte località del reatino, viene utilizzato come aromatizzante nella cottura delle lumache. Nell'Alta Sabina è frequente l'uso culinario come spezia.
Varie: le foglie sono usate per le infiorate (Petrella Salto).
URTICACEAE
Parietaria officinalis L. (vetriola comune)
Nomi locali: palatana (S.Elia, Rieti), poletana (Capradosso), napoletana (Leonessa), peperatto (Antrodoco)
USI TRADIZIONALI
Medicinali: la parte fresca era posta su ascessi dentari (Capradosso) e su distorsioni (Greccio) o gonfiori alle ginocchia (Paganico). Applicata sulle parti doloranti con un panno portava alla guarigione in tre o quattro giorni (Petrella Salto).
Il decotto di foglie con cui si imbevevano delle garze veniva usato su contusioni anche a Contigliano.
Spesso impiegata come “rinfrescante” dell'apparato digerente e urinario in tisane o infusi (Magliano Sabino, Greccio, Contigliano, Capradosso). Sembra fosse efficace anche per la cura dell'acne (Borgo Velino).
Veterinari: come cibo per galline (Antrodoco, Poggio Bustone) e tacchini (Poggio Bustone).
Domestici: per pulire l'interno delle bottiglie si usavano le foglie con un po' di brecciolino (S.Elia).
Urtica dioica L. et al. sp. (ortiche)
Nomi locali: ardica (Greccio), ardiga (Leonessa).
USI POPOLARI
Medicinali: sulle contusioni si applicavano foglie bollite o pestate (Leonessa).
Le stesse erano anche usate per il mal di denti e per la gotta. Tisane con foglie di ortica venivano utilizzate contro le coliche da calcoli e come diuretico. A Greccio la pianta lessa era mangiata a scopo antidiabetico.
Alimentari: Le punte, reputate migliori degli spinaci, si consumano lesse. Le foglie giovani sono ottime in insalata, in frittate e zuppe (Leonessa).
Veterinari: ad Antrodoco, l'ortica mescolata alla semola e alla crusca era usata come mangime per i tacchini.
A Poggio Bustone si pestava per foraggiare i piccoli dei tacchini o le anatre. Per i maiali era uso somministrare le foglie cotte.
Domestici: il decotto di foglie era usato come smacchiatore di vestiti (Greccio Contigliano).
VITACEAE
Vitis vinifera L. (vite)
Nomi locali: vite vita, graspi raspi (S.Elia), grappoletti ciaccarelle (S.Elia), chicchi vaga, uva ua (Rieti).
USI TRADIZIONALI
Medicinali: Si beveva una spremuta di chicchi a digiuno per risolvere i problemi intestinali (S.Elia). A Poggio Fidoni, si essiccavano i grappoli d'uva nel forno.
Uno sciroppo utile per la tosse e per il raffreddore veniva ottenuto mescolando gli acini essiccati in acqua calda.
Molte sono le virtù terapeutiche dell'uva illustrate anche in un articolo di Sabina Agricola, una rivista locale molto interessante dei primi del novecento[1]. In essa si cita l'azione anticatarrale e ricostituente dell'uva usata in quegli anni anche contro la tubercolosi polmonare. Si menziona l'azione lassativa, dei disordini digestivi, nelle coliche epatiche e renali con la sua azione diuretica. Interessante è la cura raccomandata:.....” l'uva consigliata è l'uva bianca matura. Le bucce non devono ingoiarsi, cosi pure occorre sputare i vinaccioli. La cura non va fatta a stomaco vuoto ed è bene mangiare durante essa, un po' di pane. La quantità varia da 500 grammi a due chili divisi in tre o quattro volte al giorno. Durante la cura non si debbono mangiare intingoli, né insalate, né formaggi freschi, essa deve durare dalle tre alle sei settimane...qualche volta si ha la diarrea e allora bisogna diminuire la quantità o sospendere la cura..”
Alimentari: Durante la vendemmia tipica era la preparazione del “raspato” (una spremitura dei graspi già sfruttati per il mosto) usato come bibita dissentante.
Alcuni grappoli d’uva appesi nelle cantine e seccati,venivano mangiati durante l'inverno (S.Elia).
Antiparassitari: con l'aceto di vino si combatteva la pediculosi. Era anche efficace per rendere più luminosi i capelli (S. Elia).
Credenze: La sera antecedente la ricorrenza dell'Ascensione, nei borghi e nella zona di Concerviano è uso tuttora accendere falò in piazza con i “manocchi”, fasci di tralci di vite ottenuti dalla prima potatura per propiziare la buona produzione di vino.
A Rieti, nel periodo vendemmiale, si svolgeva la “festa dell'uva” durante la quale si allestivano dei carri vendemmiali addobbati con tralci di vite e grappoli d'uva.
Varie: a S.Elia era uso fumare le potature delle viti ridotte a sigaretti.