Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

FLORA 
LA FILIERA DEL SUGHERO ITALIANO
11/11/2022
di Giuseppe PIGNATTI 

 

Le sugherete sono ecosistemi forestali unici dell’area mediterranea nei quali la gestione dell’uomo garantisce un’elevata biodiversità e la produzione di sughero, un prodotto particolarmente durevole e dai molteplici impieghi, ma soprattutto legato al principale prodotto dell’agroalimentare italiano, il vino. Il declino attuale delle sugherete italiane non dipende solo da fattori biotici ed abiotici, più o meno favoriti dal cambiamento climatico e da scelte sulla gestione del territorio, ma anche da fattori socioeconomici che hanno disarticolato la filiera e ridotto il legame tra imprese di trasformazione e territorio. Gestione sostenibile forestale, circolarità, ricostruzione verticale e orizzontale della filiera, maggiore collaborazione tra istituzioni, associazioni di produttori e altri attori del settore, sono alcune delle azioni più urgenti per adattare il settore sughericolo nazionale alle nuove sfide poste dai cambiamenti ambientali e dalla globalizzazione.

Cork oak forests are unique forest ecosystems of the Mediterranean area in which human management generates a high biodiversity and the production of cork, a particularly durable product with multiple uses, above all linked to the main Italian agri-food product, wine. The current decline of Italian cork forests does not depend only on biotic and abiotic factors, emphasized by climate change and by land use changes, but also by socio-economic factors that have disrupted the supply chain and reduced the link between the transformation of the product and its territory of origin. Sustainable forest management, circularity, vertical and horizontal reconstruction of the supply chain, greater collaboration between institutions, producer associations and other stakeholders of the sector, are some of the most urgent actions to adapt the national cork sector to the new challenges posed by environmental changes and globalization.


I boschi di quercia da sughero (Quercus suber L.) rappresentano uno dei tratti più distintivi di alcuni paesaggi forestali mediterranei. In Sardegna, regione dove è concentrata la maggior parte delle nostre sugherete, la sughera cresce su suoli silicei a medie altitudini, talvolta nei pressi degli insediamenti nuragici dell'età del bronzo, tanto da essere considerata simbolo del legame millenario tra uomo e natura.  La sughera è una specie adattata ai frequenti disturbi naturali ed antropici dell’area mediterranea, come la ceduazione, il pascolo, gli incendi. Dotata di una corteccia suberosa protettiva estratta dall’uomo senza compromettere la vitalità della pianta (Foto 1), la sughera è componente di ecosistemi ad alti livelli di biodiversità (ARONSON et al. 2009).
Il sughero estratto nel nostro Paese contribuisce alla formazione di filiere produttive legate alla trasformazione in importanti prodotti per l’industria enologica (ad es., tappi monopezzo, tappi in sughero agglomerato), per l’artigianato e l’industria manifatturiera (ad es., calzature, articoli sportivi) o per l’edilizia (ad es., pannelli isolanti). Negli ultimi due decenni, il settore sughericolo ha subito molti cambiamenti come conseguenza delle crisi industriali di portata più ampia, dei processi di globalizzazione che hanno investito le stesse imprese e di fattori di sviluppo locale, legati anche all’utilizzo del territorio. D’altra parte, l’accentuarsi di fenomeni di deperimento a causa di patogeni, l’andamento climatico sfavorevole riscontrabile nell’area mediterranea (ad es., ondate di calore e maggiore incidenza di incendi), a cui si somma la mancata gestione dei soprassuoli, rappresentano fenomeni che rischiano, nel loro insieme, di mettere in crisi la produttività e la capacità di resilienza dell’ecosistema.
L'importanza delle sugherete come ecosistemi ad elevata biodiversità utilizzati senza intaccare la consistenza del patrimonio forestale, del sughero come materia prima dai molteplici impieghi, del settore della trasformazione per le economie di territori rurali e dei prodotti del sughero per la filiera più importante dell’agroalimentare nazionale (quella enologica), pongono il tema della sughericoltura al centro del dibattito e delle politiche nazionali. Un gruppo di lavoro appositamente dedicato al sughero, istituito nell’ambito del tavolo ministeriale sulla filiera del legno, si è occupato in questi ultimi anni di elaborare un nuovo piano per il settore. Obiettivo di questo lavoro è di evidenziare alcuni principali aspetti della problematica e di discutere possibili soluzioni.

Consistenza e stato di salute delle sugherete

Le statistiche forestali più recenti sui boschi di sughera riportano una superficie nazionale di 184.330 ettari, classificata tra i boschi alti, aumentata di circa il 9% nel decennio 2005-2015 (GASPARINI et al. 2022). Circa l’82% delle sugherete si trova in Sardegna, a cui seguono Sicilia (9%), Calabria (3%), Toscana (3%) e Lazio (1%). Sono ridotte a poche centinaia di ettari le sugherete in Campania, mentre in Liguria e in Puglia la specie è limitata a pochi nuclei isolati. L’incremento recente può essere spiegato non tanto per effetto di nuovi rimboschimenti, ma piuttosto con il recupero spontaneo del bosco a seguito della riduzione della pressione antropica (ad es., attività zootecniche) su superfici dove il soprassuolo era ridotto allo stato di macchia discontinua. Oltre alle sugherete pure, sono spesso presenti boschi nei quali la sughera si presenta mista e a leccio, roverella o ai pini mediterranei, specie che possono prendere il sopravvento anche come conseguenza di disturbi o di abbandono della gestione attiva. 


 
foto-1Figura 1: Sughera decorticata sulle Madonie (Collesano, PA).

D’altra parte, diversi studi ed osservazioni su porzioni di territorio specifiche, evidenziano una situazione di vitalità delle sugherete preoccupante. In particolare, tra i patogeni fungini sono molto dannosi i generi Phytophtora (ad es., in Lazio e Sardegna), Diplodia (ad es., in Sardegna) e Armillaria. Tra gli insetti fitofagi, invece, destano crescente preoccupazione i defogliatori (Lymantria dispar) e alcuni xilofagi (Coroebus e Platypus), segnalati un po’ ovunque. La Sardegna è tra le regioni con la più alta incidenza di incendi, dove quelli più estesi sono spesso collegati ad aree dove è presente la sughera. Più frequentemente, sono diversi gli agenti del disturbo su piante ed ecosistemi legati alla sughera: agli agenti di debolezza delle piante di cui si è detto sopra, si aggiungono fattori di natura abiotica (ad es., annate particolarmente siccitose e calde, passaggio del fuoco) e antropica (ad es., pascolamento eccessivo) che possono ulteriormente indebolire l’ecosistema. 
Il risultato di questo complesso di fattori è quello di un generale deperimento o “declino” della sughereta come ecosistema, che riflette la vitalità ridotta delle sughere e riduce in maniera più o meno marcata le funzioni svolte, ad esempio il valore della qualità del sughero prodotto. Si ritiene che il ripristino della biodiversità nell’ecosistema, anche attraverso una corretta gestione selvicolturale e del sottobosco, sia una delle strategie più importanti per limitare questo fenomeno, accanto a misure di contenimento attivo e a quelle mirate al controllo (monitoraggio) dei patogeni nocivi. Tra queste ultime, sono preferite, quando possibili, quelle basate su antagonisti naturali, mentre altri interventi sono limitati al sughero già raccolto (ad es., trattamento termico) o ai vivai (trattamenti chimici).

La gestione della sughereta 

Il sistema tradizionale di gestione della sughereta in molti territori, ad esempio in aree della Sardegna a tipica vocazione sughericola quali la Gallura, si è basato sul pascolo (prima bovini, poi caprini e ovini) per l'ottenimento di carni e latticini, e sull'estrazione del sughero, come forma di reddito supplementare. Grazie al pascolamento può essere controllato il sottobosco arbustivo e quindi ridotta la diffusione e l'intensità degli incendi. In certi casi, lo stesso fuoco di bassa intensità, fattore con il quale molti ecosistemi mediterranei si sono evoluti, veniva utilizzato come strumento di contenimento del sottobosco e per favorire lo sviluppo giovani ricacci appetiti dal pascolo. Questo tipo di gestione ha plasmato l’ecosistema della sughereta nel corso del tempo: i paesaggi di querce da sughero di oggi, in gran parte dell’areale della specie, sono così espressione di un processo culturale, guidato da precise scelte economiche, agricole e forestali (BUGALHO et al. 2011). 
D’altra parte, questo ecosistema si basa su un delicato equilibrio. Infatti, le aree in cui la copertura di sughera è bassa non garantiscono una produzione sostenibile del sughero nel tempo, in quanto i suoli sono sfruttati principalmente dal pascolo o dall'agricoltura: le poche sughere rimaste, in condizioni di habitat forestale sfavorevole come microclima, proprietà del suolo e biodiversità, finiscono per estinguersi. Al contrario, nei boschi di querce da sughero troppo densi l'estrazione del sughero è tecnicamente più difficile e costosa, la mancanza di luce favorisce la rinnovazione naturale di specie adattate a crescere bene all’ombra (ad es., il leccio) e l'eccessivo sviluppo di arbusti nel sottobosco aumenta il rischio di incendi. L’abbandono della gestione attiva, caratteristico di certe parti della Penisola e della Sicilia, è quindi spesso un fattore altrettanto sfavorevole per la conservazione delle sugherete, rispetto all’eccessivo sfruttamento.
Un punto intermedio tra queste due condizioni estreme è stato descritto nella seconda metà del secolo scorso come "equilibrio bio-ecologico" della sughereta (VIEIRA NATIVIDADE 1958), espresso in termini tecnici come il raggiungimento di un disturbo antropogenico moderato durevole (assicurato dal pascolo, dal leggero diradamento della foresta e dal controllo del sottobosco), che conduce, sotto una rada copertura delle chiome (60-70%),  alla rinnovazione naturale della sughera e alla riduzione del rischio di incendio. Oggi il raggiungimento di questo equilibrio sembra essere diventato il problema centrale della gestione. 
La soluzione, come si è visto, dipende da vari fattori e tra questi, un ruolo non secondario è svolto dalla proprietà. Circa l'80% dei boschi di querce da sughero, ad esempio, in Sardegna è di proprietà privata, mentre il resto appartiene ai comuni o alla Regione. In generale, i proprietari privati tendono ad eliminare il più possibile il sottobosco arbustivo per facilitare l'estrazione del sughero e per favorire la circolazione dell'aria al fine di determinare condizioni microclimatiche ritenute sfavorevoli allo sviluppo di composti chimici negativi per la qualità del sughero, in primo luogo il tricloroanisolo (TCA), principale responsabile dell'odore di sughero nei vini. 
D’altra parte, da un punto di vista scientifico, la relazione tra gestione forestale e presenza di TCA nel sughero non è stata ancora definitivamente chiarita. Nelle proprietà pubbliche spesso è favorita una maggiore presenza di sottobosco, con lo scopo di aumentare la biodiversità, ma ciò richiede un maggiore costo di 
 
foto-2Figura 2: Operazione di decortica nella Foresta Fiorentini (Pattada, SS).

Ripulitura del sottobosco al momento di estrarre il sughero. Come si vede, esistono esigenze e modi di gestire diversi, che possono trovare una soluzione nella pianificazione forestale e nella certificazione della gestione forestale (POLLASTRINI et al. 2018). Quest’ultima, ancora poco diffusa nel nostro Paese, può rappresentare una via da percorrere per adeguare la gestione a criteri di maggiore sostenibilità.

La disarticolazione della filiera del sughero

La raccolta del sughero avviene nei mesi estivi quando la pianta è in piena crescita, da parte di personale specializzato, gli scorzini, in grado di decorticare manualmente una pianta in meno di un minuto (Foto 2). Le condizioni lavorative sono spesso difficili, considerando il territorio prevalentemente montano e l'insufficiente sistema viario forestale di molte aree rurali in cui cresce la sughera. Essendo ancora poco promettenti i progressi sulla meccanizzazione dell’operazione di estrazione, il mantenimento di professionalità adeguate e il ricambio generazionale dovrebbero essere al centro dell’attenzione per il mantenimento di una produzione ottimale di materia prima. 
Nel 2010 la produzione nazionale di sughero grezzo era dimezzata (per un valore di poco superiore a 6.000 t/anno), rispetto a quella della seconda metà del secolo scorso. Pur essendo questo l’ultimo dato disponibile da parte dell’ISTAT, la produzione media annuale oggi di sughero grezzo potrebbe essere leggermente maggiore. I dati del commercio estero evidenziano livelli significativi delle importazioni di sughero grezzo dall'estero fino al 2005 (oltre 7000 t/anno) e limitate esportazioni (meno di 900 t/anno), come diretta conseguenza della buona capacità di trasformazione del sistema industriale nazionale, localizzato sia in Sardegna, soprattutto nel cosiddetto distretto del sughero in Gallura, che in altre aree a vocazione enologica o sughericola del paese (Foto 3 e 4). 
Dall'inizio della crisi economica del 2008, si è verificato un completo rovesciamento della situazione: le importazioni di sughero grezzo sono più o meno crollate e attualmente l’Italia è un esportatore netto di sughero grezzo verso i paesi iberici, dove viene trasformato in prodotto finito. Non di rado questa situazione è favorita da politiche commerciali che portano il sughero all’estero, con il paradosso che alcune imprese di trasformazione italiane trovano difficoltà ad accedere alla materia prima prodotta nel paese.
Negli ultimi decenni si è trasformato anche il tessuto industriale. Fino al secolo scorso, un tratto caratteristico del settore era la notevole frammentazione tra piccole e piccolissime aziende dedite alla trasformazione del sughero in semilavorato per la successiva vendita ad aziende più grandi in grado di realizzare il prodotto finito (RUJU 2002). Progressivamente, la crescente domanda in qualità del prodotto da parte dell'industria enologica ha portato ad una progressiva crisi delle aziende più piccole, a carattere spesso familiare. In tempi più recenti, per diversi aspetti di carattere generale e locale, la riduzione delle imprese e degli addetti è stata molto marcata: si stima che nell’ultimo decennio nel distretto gallurese si siano persi approssimativamente il 50% degli addetti e delle imprese.
A fronte della riduzione del numero di imprese e di lavoratori, e della progressiva scomparsa delle imprese più piccole, le aziende più grandi, hanno mostrato negli ultimi anni utili in calo se non perdite nette, come chiara indicazione della crisi del settore. D’altra parte, il quadro non è omogeneo, sia negli anni (in funzione delle condizioni economiche generali) che rispetto alla differenziazione produttiva delle imprese e al diverso comportamento dei rispettivi mercati (ad es., enologico e edilizio). L’insieme di questi elementi, oltre ad evidenziare la disarticolazione delle filiere locali che tradizionalmente hanno permesso la produzione e la trasformazione del sughero principalmente nello stesso territorio o, almeno, nello stesso paese, sottolineano la difficoltà ad intervenire con politiche e strumenti in grado di incidere sul sistema nel suo complesso. 



 
foto-3Figura 3:  Sughero da macina (sugherone) destinato alla produzione di pannelli (Acquedolci, ME).


Dal modello attuale ad una filiera del sughero più sostenibile

Per certi versi, l’assetto fin qui consolidato nel settore del sughero appare in linea con un sistema proiettato verso la produzione del sughero, al quale si aggiunge spesso altro (ad es., latte), a prescindere dalle condizioni dell’ecosistema forestale. La materia prima trasformata è utilizzata (ad es., tappo impiegato per la chiusura di una bottiglia di vino) e quindi eliminata sotto forma di rifiuto (ad es., la gran parte dei tappi finisce per non essere riciclata in altri prodotti). 
D’altra parte, il sughero prodotto internamente, per motivi commerciali non sempre comprensibili, viene in gran parte esportato, l’industria enologica non sembra molto interessata all’origine del sughero utilizzato nei tappi e il valore aggiunto derivato dalla trasformazione del sughero non è più legato al territorio dove esso si origina. Ciò ha comportato, come si è osservato, perdita di posti di lavoro e di imprese, ma più in generale anche un impoverimento culturale e di tradizioni legate ai territori nei quali la gestione della sughereta rappresentava un carattere identitario. 
In breve, questa prospettiva lineare-deterministica (produco-consumo-getto) riflette l’dea di risorse grezze più o meno infinite e determina poca integrazione tra le componenti della filiera, ognuna protesa verso propri obiettivi poco legati tra loro, con livelli di consumo elevati di capitale naturale e basso riciclo di un materiale, come il sughero, che ha una durata di vita potenziale molto lunga. Questa impostazione, come abbiamo visto, può d’altra parte portare a ecosistemi eccessivamente semplificati o mal gestiti, sovra-pascolati o, all’opposto, abbandonati.
Le sfide attuali, dal cambiamento climatico alla globalizzazione, viceversa, sottolineano i vantaggi di un approccio ambientale, sociale ed economico radicalmente diverso. In questo caso, le parole chiave sono circolarità, ricostruzione verticale e orizzontale della filiera, collaborazione tra istituzioni, associazioni di produttori e altri attori del settore. Al centro della strategia di medio lungo periodo che abbia l’obiettivo di rilanciare il settore sughericolo, non può che esservi la filiera del sughero nella sua interezza: l’esistenza sughereta come ecosistema, infatti, dipende dal sistema socioeconomico ad essa collegato, e viceversa. 
I prodotti forestali non legnosi, di cui il sughero è parte importante in termini di valore economico e sociale, hanno un grande potenziale nel sostenere lo sviluppo rurale e delle comunità, attraverso la conservazione della cultura e della tradizione, così come dei mercati locali e regionali (WIERSUM et al. 2018). Sia pure con declinazioni diverse a seconda della vocazione socioeconomica territoriale alla sughericoltura, necessariamente diversa tra le regioni peninsulari, la Sicilia e la Sardegna, l'innovazione può espandersi in aree che vanno oltre il settore forestale per includere l'agricoltura sostenibile, l'alimentazione, la conservazione dell'ambiente, l'ecoturismo e l’educazione ambientale, nonché i prodotti manifatturieri e industriali locali.

 
foto-4Figura 4: Sughero gentile destinato in maggior parte alla produzione di tappi (Foresta Fiorentini, SS).


Alcuni studi sui prodotti forestali non legnosi evidenziano l’innovazione sviluppata da associazioni e cooperative di produttori, in progetti supportati da aziende private e autorità pubbliche (LUDVIG et al. 2016). In altri termini, nuovi progetti basati sul partenariato tra comunità, istituzioni e imprese, potrebbero rappresentare esempi per un modello di sviluppo diverso delle aree rurali interne e marginali, alternativo a quello obsoleto di colonizzazione industriale e turistica delle coste, che, nonostante gli ingenti investimenti, ha aggravato gli squilibri tra aree interne e costiere, condannando le prime all’inesorabile declino. 
Nel caso delle sugherete, l’attenzione deve essere rivolta da un lato alla gestione sostenibile per conservare l’ecosistema e il paesaggio, ma anche all'integrazione equilibrata delle prestazioni economiche e dell'inclusione sociale, considerando, ad esempio, le esigenze delle aziende locali di sughero di fronte al reperimento di materia prima e agli effetti del processo di globalizzazione, o il valore rappresentato da lavoratori qualificati e proprietari forestali con approccio responsabile nei confronti dell'ambiente. Fanno parte di questo aspetto anche le azioni di comunicazione rivolte a valorizzare il sughero prodotto in Italia, così come quelle di sostegno alla certificazione dei servizi ecosistemici e della catena di custodia. Infine, nel contesto della bioeconomia circolare, l’impiego del sughero come materiale di lunga durata che può essere riutilizzato e trasformato (tappi, bioedilizia, arredamento, energia, ecc.) rappresenta un potenziale non solo simbolico da valorizzare, ma un’ottimizzazione delle risorse della materia prima. 
In definitiva, per lo sviluppo di una filiera del sughero sostenibile, basata sia su beni che su servizi ecosistemici per la collettività, sull’attenzione allo sviluppo delle comunità rurali e delle imprese locali, si realizza quella che è considerata la pietra angolare della protezione e della gestione delle foreste mediterranee (Martinez de Arano et al. 2018). Non si tratta, beninteso, di uno sviluppo scontato e inevitabile: per realizzarsi, richiede azioni concrete di politica forestale, di supporto finanziario e sociale, di ricerca, in un quadro complessivo di sostenibilità. 

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Bibliografia
ARONSON J., PEREIRA J.S., PAUSAS J.G., 2009. Cork Oak Woodlands on the Edge. Ecology, Adaptive Management, and Restoration. Society for Ecological Restoration International. Island Press, Washington, Covelo, London.
BUGALHO M.N., CALDEIRA M.C., PEREIRA J.S., ARONSON J., PAUSAS J.G., 2011. Mediterranean cork oak savannas require human use to sustain biodiversity and ecosystem services. Front. Ecol. Environ. 9: 278–286.
GASPARINI P., DI COSMO L., FLORIS A., DE LAURENTIS D., 2022 (eds.). Italian National Forest Inventory. Methods and Results of the Third Survey. Springer, 576 pp.
LUDVIG A., CORRADINI G., ASAMER-HANDLER M., PETTENELLA D., VERDEJO V., MARTÍNEZ S., WEISS G., 2016. The practice of innovation: The role of institutions in support of Non-Wood Forest Products. BioProducts Business, 73-84.
MARTINEZ DE ARANO I., MUYS B., TOPI C., PETTENELLA D., FELICIANO D., RIGOLOT E., LLANO-PONTE, R., 2018. A forest-based circular bioeconomy for southern Europe: visions, opportunities and challenges.
POLLASTRINI M., CHIAVETTA U., CUTINI A., CASULA A., MALTONI S., DETTORI S., CORONA P., 2018. Indicators for the assessment and certification of cork oak management sustainability in Italy. iForest 11: 668-674. - doi: 10.3832/ifor2587-011
RUJU S., 2002. Il peso del sughero. Storia e memorie dell’industria sugheriera in Sardegna (1830-2000). Libreria Dessì Ed., 265 pp., Sassari.
VIEIRA NATIVIDADE J., 1958. Subericoltura iberica: realtà e possibilità. Monti e Boschi, 9 (4): 147-158.
WIERSUM K. F., WONG J. L. G., VACIK H., 2018. Perspectives on non-wood forest product development in Europe. International Forestry Review, 20(2), 250-262.