Pertanto, per non arrecare danno all’evoluzione naturale della cenosi sia all’interno che all’esterno delle chiudende, dal 2010, abbiamo abbandonato la metodologia iniziale optando per una più semplificata e speditiva, che non misura le variazioni complessive della cenosi prativa, ma allo stesso tempo è efficace per determinare il cambiamento dello stato di vegetazione del Trollius nella stazione monitorata.
Dato anche l’obiettivo che ci eravamo posti, cioè di verificare la presenza e lo stato di vegetazione del Trollius e non quello di osservare la variazione della cenosi prativa nel tempo, negli ultimi rilievi, 2010, 2011, abbiamo contato le piante di Trollius visibili sopra il cotico annotando per ognuna di esse il numero di fiori presenti e la percentuale di copertura complessiva, dall’esterno delle aree sia nelle chiudende sia nell’area aperta.
Questo metodo ha il vantaggio di non creare disturbo alla cenosi oggetto di esame e di osservare la variazione della popolazione del Trollius in buono stato vegetativo che arriva al piano dominante e che riesce a fiorire. E’ certamente meno scientifico rispetto ad altri metodi proposti, che però hanno lo svantaggio di disturbare la cenosi e, non sempre a distanza di un anno da un rilievo all’altro, danno risultati apprezzabili sulle variazioni osservate.
Dai dati sopra esposti emerge, che anche in questo caso, l’impatto degli erbivori selvatici all’interno del Parco Nazionale delle foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna è rilevante per la conservazione degli ecosistemi naturali presenti. Oltre al Trollius ci sono altre specie di interesse fitogeografico che sono in difficoltà per l’eccessiva pressione del pascolo, fra queste citiamo, a solo titolo di esempio perché non sono le sole, Tozzia alpina che termina nel Parco Nazionale, l’areale meridionale in Italia (Gonnelli et al. 2003b), la Filipendula ulmaria subsp. denudata che ha nel Parco le uniche stazioni dell’appennino Tosco Emiliano Romagnolo (Gonnelli et al. 2003a), e la Matteuccia struthiopteris che ha nel Parco le uniche stazioni della penisola Italiana (Norcini & Zoccola 1995). Quest’ultima è oggetto di uno studio di monitoraggio i cui risultati saranno pubblicati fra breve. Negare alle specie vegetali di compiere i normali cicli di vegetazione, fioritura, e disseminazione significa mettere a serio rischio la perpetuazione delle stesse nell’area del Parco Nazionale.
In questo settore appenninico, infatti, si trovano ambienti di notevole interesse floristico come la Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, prima in Italia, un vero e proprio scrigno di biodiversità (Bottaci A. (ed.) 2009), così come in tutto il territorio del Parco Nazionale all’interno del quale, molte specie di interesse fitogeografico e conservazionistico trovano gli habitat adatti alla loro conservazione alcune delle quali hanno qui, in ambito regionale, le uniche stazioni (Contarini 1996; Gonnelli et al. 2009; Gonnelli et al., 2003a; Gonnelli et al., 2003b; Gonnelli et al.; Gonnelli 2005; 2007a; Gonnelli et al., 2007b; Gonnelli et al. 2007C; Gonnelli et al. 2007d; Sirotti 1998; Togni et al. 2009; ecc.).
Il problema dell’impatto della fauna ungulata sugli ecosistemi forestali del Parco Nazionale delle foreste Casentinesi è già stato messo in evidenza in altri studi (Paci 2004; Bianchi et al. 2007, Scopigno et al. 2009; Mencucci & D’Amico 2006; Bresciani & Hermanin 2009; Hermanin et al. 2009; Gonnelli et al. 2009; Fantoni 2010, ecc.)
Sono in corso altre ricerche sull’impatto della fauna ungulata sugli ecosistemi forestali, i cui risultati saranno pubblicati fra breve, ma benché non completamente concluse, anche queste ricerche, mettono in evidenza l’impatto dovuto all’eccessivo carico di erbivori selvatici, sugli ecosistemi naturali del Parco.
Riteniamo che occorra aprire una attenta riflessione sulla gestione della fauna ungulata con la consapevolezza che nonostante la notevole presenza di predatori naturali primo fra tutti il lupo, da soli non sono in grado di riequilibrare il rapporto fauna ungulata e ambiente.
Non è certamente proponibile l’uso esteso delle recinzioni per salvaguardare importanti siti di conservazione della biodiversità ma è fondamentale mettere in atto tutti gli interventi necessari alla conservazione e permettere anche alla componente vegetale di rinnovarsi e compiere i normali cicli vegetativi “fioritura e disseminazione”.
Bottacci A. (ed.) 2009 – La Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino: 1959-2009. 50 anni di conservazione della biodiversità. CFS Ufficio per la Biodiversità di Pratovecchio Arezzo.
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