Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

FLORA 
I PINI INSOLITI DI ROMA
03/07/2014
di Gaetano Avena, già Dirigente Superiore del CFS e docente universitario di Botanica forestale e di Dendrometria e dendrologia forestale


 Riassunto:

L’autore, dopo aver accennato ai Pini che si incontrano ordinariamente nel paesaggio del vasto territorio del comune di Roma, passa in rassegna le poche specie introdotte che qualche cultore di dendrologia ha voluto sperimentare nel tempo per provarne l’acclimatazione in alcuni giardini, parchi o ville della città.
Per ognuna di tali specie ne illustra: provenienza, caratteristiche bioecologiche, morfologiche e fenologiche, qualità ed impieghi del legname, nonché di altri prodotti, nelle regioni di origine.

Abstract:
Unusual pines of Rome
After referring to the Pines commonly present with in the landscape of the vast territory of the city of Rome, the author analyses the few species introduced by some Dendrology scholars who wanted to experimentover time the acclimatization in gardens and parks of the city.
For each species the following characteristics are provided: origin, bioecology, morphology and phenology, quality and use of timber and of other products inthe regions where they grow spontaneously.

 
 

Premessa

Il vasto territorio del comune di Roma (ha 12.873.600) è ricco di specie del genere Pinus, sia indigeni che introdotti. Basti pensare ai magnifici Pini domestici, che affascinano con le loro caratteristiche chiome ad ombrello; ai meno diffusiPini d'Aleppo, dall'irregolare portamento con il fogliame verde erba, punteggiato dai numerosissimi strobili nerastri, aperti e secchi, che si ammassano tra lo splendore della chioma a riflessi cenerini ed a lobi diseguali. Ai più rari Pini marittimi, dai fusti sciabolati, dalle violacee cortecce a mosaico, su cui si ergono gli arcuati rami. Ai più sporadici e sofferenti Pini neri o all'implorante Pino silvestre, che, in qualche villa o giardino, si appalesa nell'ocra arancione o brillante rosso brunastro della corteccia scagliosa, che risalta verso la sommità dei contorti fusti. Più diffuso, soprattutto nei giardini di recente costituzione, la forma arbustiva del Pino montano. E' raro incontrare altre specie tra quelle indigene del suolo italico.
Tra i pini introdotti, numerosi sono gli eleganti esemplari del Pino strobo dell'Himalaya (Pinus excelsa Wall.= P.wallichianaA.B. Jackson), che caratterizzano vari siti, come, ad esempio, i giardini dipiazzale del Verano o quelli delle ville Ada, Borghese o Sciarra.
Molti nella loro sofferenza, causa la scarsa umidità atmosferica e le forti escursioni termiche, sia pure attutita dal bel verde intenso delle loro asimmetriche chiome, i Pini di Monterey (Pinus insignis Dougl. = P.radiata D Don),i quali sono abbondantemente presenti nei parchi del Policlinico Gemelli, del Consiglio della Regione Lazio e di molti giardini privati prossimi al mare di Ostia.
Nell'Orto Botanico di Roma, poi, oltre al Pino delle Canarie (Pinus canariensis Sw.), con la peculiarità dei ramuli penduli che rivestono il tronco sin dalla base, si rinviene anche il Pino paroliniano (Pinusbrutia Ten.), che, come noto, è il quarto rappresentante tra le specie mediterranee, diffuso spontaneamente sui monti dell'Oriente (Grecia, Libano, Turchia, Siria).


 

Le specie rare

L'osservatore attento si imbatte talvolta in soggetti mai visti nell'ampia area comunale ma che all'improvviso si materializzano e si attraggono tutto l'interesse, lasciandosi scrutare in tutte le loro peculiarità, biomorfologiche e fenologiche, fino aquando non se ne riesce a svelare specie e provenienza.
Così mi è capitato per il Pino da incenso (Pinus taeda L.), il Pino grigio (Pinus sabiniana Dougl.), il Pino bianco dell'Ovest (Pinus monticola Dougl.) ed il Pino dell'Himalaya (Pinus longifolia Roxb.= P. roxburghii Sargent).

 
Pinus taeda (foto J. Saad)

1. Il Pino da incenso è stato il primo ad incuriosirmi agli inizi degli anni '70, quando, da giovane funzionario del Corpo forestale dello Stato, ne ammiravo la sua eleganza nel giardino del Ministero dell'Agricoltura in via Carducci 9, proprio a lato sud del palazzo della Direzione generale del Corpo.
Proveniente dal Sud Est degli Stati Uniti d'America (New Jersey, Arkansas, Oklahoma, Texas e S.O. Del Tennessee), fui ntrodotto in Europa nel 1741 da Shopping Compton a scopo ornamentale e, come tale, viene tuttora utilizzato nei pochi paesi ove si rinviene in modo puntiforme.
E' una specie che, nella sua patria d'origine, raggiunge 20-30 m d'altezza ma talvolta anche 50. E' a rapida crescita ed ha una chioma ovaleggiante con i fusti, che, nelle sue pinete originarie, sembrano fiammeggianti (ceuflamma per taedas =come fiammatra i pini) per il vivo rosseggiare delle loro cortecce.
I giovani rami sono grigio giallastri, lisci inizialmente ma che nel tempo diventano rugosi. I germogli, giallo brunastri, sono glabri. Le gemme, coniche, marrone chiaro, prive di resina, portano squame riflesse. Gli aghi, in numero di 3 per ogni fascetto, durano 3-4 anni; sono sottili, d'un bel colore verde erba, rigidi alla base ma riflessi per i 2/3 della lunghezza (15-25 cm), in modo da apparire , nella loro trasparenza, come tante ragnatele ordite sui rametti.
Gli strobili, larghi 6-10 cm e lunghi 7-15, sono d'un lucido colore rosso bruno, dotati di squame robuste e a scudo dall'umbone riflesso e pungente. I semi sono piccoli ma con ali lunghe (circa 3cm).
Il suo legname è a grana fine e dolce, difacile lavorazione e viene impiegato nella fabbricazione di imbarcazioni ed in lavori di carpenteria in generale.
Nel suo indigenato, vive bene su suoli sabbiosi ed umidi, spesso paludosi ma non sopporta climi rigidi.

 
 
Particolare della chioma del Pinus taeda (foto J. Saad).

In Italia è rarissimo in quanto teme le forti escursioni termiche che caratterizzano i nostri climi. Qualche esemplare si trova nell'orto botanico di Cagliari ed a Roma, oltre a quello citato a lato del palazzo delle Foreste in via Carducci 9, se ne può ammirare un altro nel giardino del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco in via Genova 3/a, la cui chioma è visibile, nella sua armonica bellezza al contrasto con il campanile romanico della chiesa dei santi Cosma e Damiano, da via Nazionale, di fronte al Museo d'Arte moderna.
Si chiama Pino da incenso perché la sua resina, bruciata, emana il caratteristico profumo d'incenso ma è noto anche come Pino dal legno giallo poiché i rametti appena spezzati assumono tale colorazione.

 
 
Pinus sabiniana ( foto C. Piccini )

2. Il Pino grigio (Pinus sabiniana Dougl.) fu rinvenuto lungo la costa californiana nel 1831 dal botanico David Douglas, che, tra l’altro, l'aveva già scoperto cinque anni prima ma che ne aveva perduto, sia le tracce, che la sommaria descrizione nell'attraversare un torrente.
L'unico esemplare che ho avuto modo di scoprire a Roma è quello nel parco del policlinico Gemelli, il quale si è attratta tutta la mia attenzione per l'eleganza del suo portamento. Nel peculiare colore grigio-verde del suo fluente fogliame, che riveste a ciuffi, eleganti e penduli, una chioma snella posta su un fusto sottile, scuro e biforcuto.
Nella sua patria d'origine, che comprende alcune località della Valle Sacramento, la contea di Inyo, la Valle di San Joaquin, le contee di Santa Barbara, Los Angeles, Ventura ed altre ancora, vive sporadico o in piccoli boschi su pendii collinari e rocciosi o su suoli alluvionali, tipici delle valli. Comune dai 300 ai 900 m, talvolta sale attorno ai 2000 m o scende fino ai 30. Si associa spesso al Pino giallo dell'Ovest (Pinus ponderosaLawson), alla Quercia blu (Quercus douglasiiHook e Arn.), al Ginepro della California (Juniperus californica Carrier), all'Ippocastano (Haesculus californica (Spach) Nutt.) e ad altre specie tipiche della costa o delle valli californiane.
Ha un portamento piramidale e slanciato, raggiunge circa 30 m di altezza e 1 di diametro ed in alcune zone è curioso osservare molti alberi, tra le querce, che si inclinano in un verso o nell'altro a formare una sorta di foresta ubriaca.
I suoi aghi, in numero di 3 per fascetto, sono lunghi dai 20 ai 30 cm e penduli.
Gli strobili sono grandi come un frutto di ananas ed hanno squame ad umbone appuntito, che, alla base, presentano speroni uncinati.

 
 
Coni aperti di Pinus sabiniana ( foto C. Piccini )

Il suo legno, molto resinoso, è granuloso e tende facilmente ad incurvarsi.
A differenza delle altre specie del genere Pinus ed unitamente al Jeffrey, la sua oleoresina, anziché terpeni, contiene etano, motivo per cui i suoi esemplari  sono stati soprannominati “alberi benzina”. Come specie, pertanto, scarseggia nella qualità tecnologica del legname, nell'utilità chimica e, considerato il suo portamento, anche nella capacità di offrire il comfort dell'ombra.

 
 
Pinus monticola ( foto A. Passaro)

3. Il Pino bianco dell'Ovest (Pinus monticola Dougl.), proviene dai monti occidentali degli Stati Uniti e del Canada. A Roma ve n’è un solo esemplare sul piazzale antistante alla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, che si appalesa subito, anche a distanza, per la sua chioma rada al contrasto con quella dei pini domestici con cui condivide lo spazio.
Ha una quindicina di metri di altezza con un fusto grigio rossastro e chioma biforcuta e contorta, con caratteristici rametti epicormici sulle branche principali.
Gli aghi, sottili e raggruppati a 5 per fascetto, sono strettamente serrati, lunghi dai 5 ai 10 cm ed a guaina decidua.

 
 
Rumuli su branche di Pinus monticola ( foto A. Passaro)

Le pigne, lunghe dai 15 ai 30 cm, sono brevemente peduncolate, affusolate e ricurve. Portano squame sottili, striate dorsalmente, con umbone apicale, solitamente resinoso.
E' diffuso nei boschi canadesi occidentali, in Sierra Nevada, Montagne Costiere e Rocciose ma, in Oregone nello stato di Washington, si può trovare anche a livello del mare.
Il suo legno, dall'alburno giallo brunastro e durame bruno rosato, è di facile lavorazione e largamente utilizzato come materiale da costruzione e per falegnameria.

 
 
Pinus roxburghii ( foto A. Passaro)

4. Nel parco di Colle Oppio, di fronte a lColosseo, vegeta un magnifico esemplare di Pino dell'Himalaya (Pinus roxburghii Sargent= P.l ongifolia Roxb.), che si attrae tutta la curiosità dei frequentatori del luogo per la sua accattivante imponenza e l’abbondanza di strobili interi caduti, che si ammucchiano attorno alla base del tronco.
Originario delle pendici sud occidentali della Catena himalayana, deve il suo nome a William Roxburgh, direttore dell'Orto botanico di Calcutta. E' diffuso nelle aree settentrionali del Pakistan, dell'India e del Nepal, a quote più basse rispetto agli altri Pini himalayani, dai 500 ai 2000 - 2300 m. Raggiunge i 30-50 m d'altezza e 2, talvolta anche 3, di diametro.

 
 
Strobilo di Pinus roxburghii ( foto A. Passaro)

Gli strobili , conico-ovoidali, sono lunghi dai 12 ai 24 cm e larghi 5-8 alla base e, dall'iniziale verde, virano a maturità verso un bel lucido castano. Si aprono al terzo anno lentamente oppure quando il fuoco degli incendi boschivi li surriscalda. I semi, dotati di una lunga ala (circa 40 mm), vengono dispersi dal vento.
Pur non possedendo un legno pregiato, viene largamente piantato a tale scopo in Pakistan, India e Nepal.

 
 
Corteccia di Pinus roxburghii ( foto A. Passaro)

Negli alberi annosi la corteccia si presenta a larghe, spesse placche ed ha una struttura a strati, tipo compensato; viene usata nella fabbricazione di coperchi per le navi o come combustibile nell'alimentazione dei forni dei fabbri ferrai.
Con gli aghi secchi, invece, gli abitanti del luogo d'origine fanno scope e li utilizzano anche come lettiera per gli animali.
Dall'abbondante resina, che la specie produce, se ne ottiene trementina e colofonia, impiegata nell'industria de iprofumi, dei denaturanti, disinfettanti o come insetticida e per ottenere cosmetici, vernici e adesivi.
Il Pino dell'Himalaya per la sua imponenza, la bellezza del portamento, la resistenza al caldo ed alla siccità, è utilizzato frequentemente per ornamento di parchi e giardini. E l'esemplare di Colle Oppio in Roma ne è la prova. Poco più lontano, quasi a ridosso delle mura di via delle Sette Sale, angolo con via delle Terme di Traiano, se ne può contemplare un altro esemplare, di minore imponenza ma ugualmente rigoglioso.

 
 

Conclusioni

La rarità delle specie rinvenute in vari luoghi è da ascrivere all’intelligente intraprendenza di qualcuno (botanico, forestale, agronomo o solerte giardiniere del Servizio Giardini o da azioni comuni fra loro), che, nel tempo, ha voluto sperimentare, molto probabilmente a scopo decorativo, nuove entità dendrologiche del genere Pinus ed è riuscito ad introdurne semi e/o piantine. A costui o a  costoro il grato pensiero e la doverosa riconoscenza per aver voluto, con sapiente lungimiranza, arricchire la biodiversità di tali conifere sul suolo della capitale. Diversità biologica che nel 1924 colpì la fantasia e la sensibilità poetica del compositore Ottorino Respighi, protagonista del rinnovamento musicale italiano, il quale ne volle evocare le suggestioni con il poema sinfonico dal titolo “I Pini di Roma”. Impressionato, probabilmente, dai diversi suoni che emanano le chiome delle varie specie all’impatto con il vento. Meteora, questa, che, come noto, spira con diversa intensità a seconda dell’alternarsi delle stagioni, dell’ubicazione ove vegetano gli alberi o nell’incipienza di bufere e/o temporali. Proprio, infatti, dalla intensità del vento, a contatto con le multiformi chiome delle diverse specie, si originano onde sonore o fruscii dalle variegate armonie.

 

Bibliografia

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Ringraziamenti

Ringrazio vivamente il gen. Amato Passaro,il dr. Claudio Piccini e f. Joseph Saad O.M.M. per le foto, nonché mio figlio Massimo Carmine per l’abstract e il dr. Giuseppe Scarlato per l'informatizzazione del testo