Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

FAUNA 
STUDIO DEI RITMI DI ATTIVITA' DELLA LONTRA EURASIATICA IN CATTIVITA'
09/10/2015
di Perugini Mattia dell'Università degli studi della Tuscia Mattei Livia, Di Marzio Mirko del Corpo forestale dello Stato


 

Riassunto

La lontra eurasiatica (Lutra lutra L.) è uno degli animali a maggior rischio di estinzione in Italia. Lo studio qui proposto mira ad approfondire la conoscenza di alcuni aspetti ancora poco noti dell’eto-biologia del mustelide ed a confrontare due possibili metodologie di indagine (video monitoraggio e radiotelemetria) attraverso l’analisi comparativa dei risultati ottenuti. Lo studio ha reso possibile inoltre comparare i ritmi di attività di lontre allo stato selvatico con quelli registrati da animali gestiti nel captive-breeding del Corpo Forestale dello Stato – Utb Pescara a Caramanico Terme (PE), anche al fine di dimostrare il mantenimento di abitudini selvatiche da parte degli animali in cattività.  Sono stati infine analizzati i punti di forza ed i limiti dei risultati ottenuti attraverso il video-monitoraggio e la radio-telemetria,  tecniche che presentano evidenti  diversi livelli di invasività nei confronti dell’animale.

Parole chiave: Lontra eurasiatica – Conservazione ex-situ – Videomonitoraggio degli animali – Ritmi di attività – Metodo non invasivo

Abstract
Actvity pattern in captive eurasian otter
Eurasian otter (Lutra lutra L.) is an endangered species in Italy. The purposes of this study have been to increase the knowledge of some aspects of the ethology and biology of the otter and to evaluate two possible methods (video monitoring and radio telemetry) to investigate this animal, comparing the results obtained.  Moreover, the activity patterns of otters in the wild with those recorded from animals managed in the captive-breeding of the Corpo Forestale dello Stato - Utb Pescara in Caramanico Terme (PE) have been compared to demonstrate the maintenance of wild behavioral patterns by the captivity animals. The study presents the strength and the weakness of the results obtained through the technique of video-monitoring and the radio-telemetry, considering the different level of invasiveness of the two techniques towards the animals

Key words: Eurasian otter - Ex-situ conservation - Video monitoring of animals – Activity patterns - Non-invasive method

 
 
 
 

1.1 Sistematica e morfologia

La Lontra eurasiatica (Lutra lutra Linnaeus, 1758) appartiene alla famiglia dei Mustelidi (Mustelidae), una delle principali famiglie di Carnivori. Secondo la classificazione proposta da Corbet & Hill (1980) e più ampiamente accettata, nel mondo sono 13 le diverse specie di Lontra riconosciute. In Europa ne è presente una sola detta indifferentemente lontra comune, lontra europea o lontra eurasiatica (Lutra lutra). All’interno del suo areale di distribuzione si distinguono 11 sottospecie (Wilson et al. 2005) certe e 4 di validità dubbia: la popolazione italiana appartiene alla sottospecie Lutra lutra lutra, l’unica riconosciuta per il paleartico occidentale (Prigioni 2003). Dal punto di vista genetico, studi recenti evidenziano una certa divergenza tra l’attuale popolazione dell’Italia centro-meridionale e le altre popolazioni europee, probabilmente a causa del recente isolamento e di un collo di bottiglia (Randi et al. in Piano d’Azione Nazionale per la Conservazione della Lontra (Lutra lutra), Quad. Cons. Natura, 35, Min. Ambiente - ISPRA): quella italiana costituisce dunque una popolazione geograficamente e geneticamente isolata dalle altre del resto d’Europa (Randi et al., 2003).
La lontra è un animale specificamente adattato alla predazione in ambiente acquatico. Tutta la struttura del corpo, infatti, indica un lungo e specializzato processo di adattamento alla vita anfibia. Ciò si evince dalla forma robusta, flessuosa e idrodinamica del corpo, dal collo muscoloso seguito da spalle sfuggenti, dal folto e liscio pelame impermeabile che garantisce l’isolamento termico (Mason & Macdonald, 1986), dalle corte e robuste zampe munite di membrana interdigitale per il nuoto (Kruuk, 2006), dalla lunga e poderosa coda a base spessa che funge da propulsore (Mason & Macdonald, 1986), dalle lunghe e sensibilissime vibrisse utili per la cattura delle prede in condizioni di scarsa visibilità subacquea (Panzacchi et al., 2011), dagli occhi piccoli ma ben adattati alla visione stereoscopica subacquea e posti in posizione superiore, sulla stessa linea delle narici e delle orecchie (capaci entrambe di chiudersi ermeticamente durante il nuoto), in modo da trovarsi fuori dall’acqua quando l’animale nuota in superficie. La vita di una lontra può durare 15-18 anni (Spagnesi & Cagnolaro, 1981) e, in esemplari di cattività, superare i 20 anni come registrato in alcuni casi nel captive-breeding gestito dal Corpo Forestale dello Stato a Caramanico Terme (PE).

 

1.2 Ecologia ed etologia

La lontra europea è un predatore opportunista in grado di cacciare sia su terra che in acqua. Consuma prevalentemente pesce, ma completa la dieta con anfibi, piccoli mammiferi, insetti, uccelli, uova, e crostacei (Fusillo, 2006). È un animale prevalentemente solitario: il rapporto di coppia è limitato al periodo riproduttivo, durante il quale il maschio mostra un notevole attaccamento alla femmina. Le dispute territoriali sono più frequenti tra maschi che tra femmine. Per marcare i confini del proprio territorio la lontra utilizza feci e secreti anali (spraint e jelly, dall’aspetto lattiginoso e talvolta gelatinoso) che, generalmente, sono deposti in punti rialzati e ben visibili (Prigioni, 1997); il segnale olfattivo, che così si può diffondere meglio, comunica ad altri individui varie informazioni quali il sesso, l’età, il rango sociale occupato dall’animale che ha deposto l’escremento. La Lontra può compiere spostamenti medi giornalieri di circa 5 km e può arrivare a percorrere fino a 10-16 km in una sola volta (Di Marzio 2004, Mattei et al. 2005; Priore & Sgrosso, 2008): questi spostamenti avvengono quasi esclusivamente di notte in zone d’acqua dolce (sia lungo i corsi d’acqua che sul terreno). Si pensa che le abitudini di vita notturne siano una conseguenza della persecuzione e del disturbo da parte dell’uomo, ma non è escluso che dipendano anche dai ritmi circadiani delle prede. È un animale alquanto abitudinario e può utilizzare gli stessi passaggi anche per anni, se disturbata la lontra cambia percorso, per riprenderlo non appena è cessata la causa del disturbo (Sgrosso & Prigioni, 2001).
Il mezzo acquatico è quello preferito per la predazione e per la difesa dai propri predatori, oltre che per l’accoppiamento e per lo svago, anche se spesso le lontre effettuano lunghi spostamenti terrestri, ad esempio per attingere, occasionalmente, a corsi d’acqua periferici (o laghi, stagni e paludi) o, regolarmente (con cadenza giornaliera), per segnare il territorio. Il carattere delle lontre è giocoso, questo si intuisce dalle osservazioni fatte che, non raramente, riportano individui solitari o due o più esemplari insieme che giocano tra loro in acqua o sui pendii scivolosi di fango o di neve; sembra che questo tipo di comportamenti rappresenti puro svago con fini sociali per gli adulti (in questo modo vengono rinforzati anche i legami tra gli individui), o scuola di predazione e fuga per i piccoli. Sono animali molto intelligenti e schivi, non si lasciano avvicinare dall’uomo.
La pulizia della pelliccia (grooming) è un’attività molto importante per la lontra che ad essa dedica gran parte del tempo in cui non è attiva: grattarsi o mordicchiarsi, sia da soli che reciprocamente, oltre a mantenere morbida la pelliccia consente anche di liberarsi dai parassiti. Durante il nuoto la lontra effettua brevi e frequenti emersioni durante le quali, in luoghi nascosti dalla vegetazione, si scrolla, si rotola e si strofina sul terreno con il ventre e il dorso.

 

1.3 Habitat

La lontra è strettamente associata agli ecosistemi acquatici e ripariali; vive in aree che garantiscono sufficiente disponibilità d’acqua, abbondanza di risorse trofiche e bassi livelli di inquinamento durante tutto il corso dell’anno; in altre parole, una fascia ripariale ben strutturata caratterizzata da densa vegetazione e limitata pressione antropica (Adrian, 1985; Ruiz-Olmo e Delibes, 1998; Prenda et al., 2001).
All’interno del suo ampio areale di distribuzione la lontra frequenta ambienti umidi di varie tipologie che includono diversi tipi di ecosistemi e zone climatiche: acqua salata, anche se necessita sempre di acqua dolce per bere e lavare la pelliccia (Kruuk e Balharry, 1990), zone umide salmastre e d’acqua dolce, fiumi, zone costiere, torrenti montani, fiordi, stagni, paludi e canali. Questo mustelide è in grado di colonizzare qualsiasi ambiente acquatico – dai torrenti di montagna situati a quote anche oltre i 1000 m, ai corsi d’acqua tipici degli ambienti mediterranei soggetti spesso a secche estive – e vive anche in ambienti lacustri e lungo le coste marine. L’habitat ottimale è quello costituito dai corsi fluviali caratterizzati da buona alternanza di acque correnti e acque ferme, circondate da densa copertura vegetale sia arborea sia arbustiva, in cui la specie trova cibo e siti adatti per il rifugio e per le tane. La vegetazione ripariale, usata per il rifugio, il “grooming”, l’accoppiamento, il gioco, l’alimentazione e gli spostamenti su terra, è un elemento chiave per la conservazione della lontra che, tipicamente, trascorre la maggior parte del tempo al riparo sulla terraferma (Saavedra, 2002; Liles, 2003); la rimozione di tale vegetazione influenza negativamente la probabilità di presenza della specie (Di Marzio, 2004; Loy et al., 2004; Fusillo, 2006). In Italia centro-meridionale la lontra utilizza maggiormente aree ricoperte da densa ed intricata vegetazione arbustiva e, in misura minore, arborea; le aree agricole sono pertanto utilizzate in misura minore rispetto alla disponibilità (Di Marzio, 2004; Loy et al., 2004; Fusillo, 2006) mentre i canneti sono particolarmente apprezzati dalla specie. La qualità dell’habitat è di vitale importanza nei siti di riproduzione, di riposo e di foraggiamento, mentre in alcuni tratti del territorio utilizzati solo per il transito possono essere tollerate anche caratteristiche sub-ottimali (Ruiz-Olmo et al., 2005; Madsen e Prang, 2001; Romanowski, 2005; Kranz e Toman, 2000); pertanto, se è garantito il rispetto dei requisiti ecologici e se la disponibilità alimentare lo consente, la lontra può abitare corsi d’acqua nel centro di foreste incontaminate così come piccoli centri abitati o corsi d’acqua caratterizzati da un certo grado di inquinamento (Kruuk, 2006).

 

1.4 Areale, distribuzione e status attuale

Sebbene attualmente la sua distribuzione sia tutt’altro che continua, la lontra eurasiatica è quella a più ampia distribuzione tra tutte le lontre: il suo areale si estende dall’Irlanda ad Ovest al Giappone ad Est, dall’Artico a Nord fino ai semi-deserti dell’Africa settentrionale, con varie sottospecie. Nonostante l’ampia distribuzione sono ancora poche le conoscenze specifiche sulle lontre, essendo animali generalmente molto difficili da osservare anche a causa delle loro abitudini elusive e prevalentemente notturne. In Europa era originariamente diffusa in tutti gli habitat acquatici del continente, ma attualmente mantengono popolazioni in buono stato soltanto la Grecia, il Portogallo, la Scozia, l’Irlanda, la Finlandia e alcuni Paesi dell’Est di cui però si hanno pochi dati quantitativi. Nel resto dell’Europa la lontra, dove non si è estinta, è minacciata e in forte declino: le popolazioni vitali sono sempre più geograficamente isolate (Macdonald & Mason, 1990). In Europa quindi, escluse la Gran Bretagna e la Scandinavia, le lontre sono attualmente diffuse prevalentemente con popolazioni piccole, relitte ed isolate.
Per questo motivo oggi la lontra eurasiatica è rigorosamente protetta ai sensi della legislazione e delle convenzioni internazionali. È infatti elencata nell’appendice I della CITES, appendice II della Convenzione di Berna, allegati II e IV della direttiva “Habitat e specie” dell’UE e nell’appendice I della Convenzione di Bonn sulla conservazione delle specie migratrici della fauna selvatica (CMS), che ne raccomanda il più alto grado di protezione. Viene elencata come specie in pericolo in molti dei Paesi in cui è presente; su scala globale Lutra lutra è considerata “quasi a rischio” (Near Threatened) in conseguenza del calo demografico in corso e della sua sensibilità alle minacce (IUCN Global Species Programme Red List Unit).
Originariamente diffusa in tutta la penisola italiana, dopo la metà del secolo scorso molte delle sue popolazioni si sono drasticamente ridotte, sparendo inizialmente dalle pianure dove l’habitat è stato degradato dall’agricoltura intensiva, dall’industrializzazione, dall’espansione delle città e dall’aumentato disturbo antropico. Il suo areale si è quindi ristretto alle aree montane più selvatiche sebbene le regioni di alta montagna non siano particolarmente adatte alla sua sopravvivenza. Nei luoghi dove anche l’area montana è stata degradata la specie si è estinta. A partire dagli anni ‘70 sono cominciate delle indagini, prima con questionari inviati ad uffici forestali, assessorati regionali, associazioni venatorie (Cagnolaro et al., 1975) e poi con vere e proprie ricerche sul campo. Nel 1980, Spagnesi segnala la specie come frequente in Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Molise e Basilicata, presente in Marche, Abruzzo, Campania e Calabria e rara in Veneto, e Puglia.

 
Figura 1 – Evoluzione della distribuzione della lontra in Italia (tratto da: Panzacchi et al., 2011) – Piano d’Azione Nazionale per la Conservazione della Lontra (Lutra lutra), Quad. Cons. Natura, 35, Min. Ambiente – ISPRA).
 
 

I nuclei minori che interessavano fino ad anni recenti (inizio anni ‘90) rispettivamente la Toscana meridionale e l’alto Lazio (fiumi Fiora, Farma, Merse, Albegna, lago di Burano) e l’Abruzzo (fiumi Orta, Orfento, Vella), non sono stati più rilevati in successive indagini (Prigioni & Boitani in Boitani et al., 2003).

Figura 2 – Areale attuale della lontra in Italia (© A. Loy). Il nucleo molisano-abruzzese concentrato prevalentemente in Molise, ma comprende anche i fiumi Sangro e Trigno in Abruzzo con un numero di individui stimato in 33–37 (Prigioni et al. 2006) il cui trend appare in aumento. Il nucleo meridionale, di maggiori dimensioni, comprende popolazioni distribuite in Campania, Basilicata, Calabria e Puglia con un numero di individui stimato in 196–220 (Prigioni et al. 2006) e trend positivo.

L’effettiva popolazione attuale risulta confinata in due nuclei lungo i corsi d’acqua che si estendono tra Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia e Calabria sebbene con areale probabilmente in espansione in quanto alcuni indici raccolti in aree campione e la lenta rioccupazione di parte dell’areale storico suggeriscono che la popolazione sia in crescita (Fusillo et al., 2003). Recente la ricolonizzazione del Sangro in Abruzzo (De Castro e Loy, 2007) probabilmente dal nucleo molisano e recentissimo il ritorno della lontra in Trentino (dall’Austria) e Friuli (dalla Slovenia) (Anna Loy, in verbis). Un esemplare ritrovato investito in Valtellina nel 2012 suggerisce la necessità di approfondire l’eventuale presenza di nuclei residui in Svizzera che potrebbero espandersi nei bacini italiani.

 
 

1.5 Consistenza della popolazione italiana

Sebbene vi siano indicazioni dell’espansione di alcune popolazioni in Italia centro-meridionale, negli ultimi decenni la specie ha subito un drastico calo: negli anni ’80-’90 si è estinta in tutta l’Italia settentrionale, nella Toscana meridionale, nell’alto Lazio e in Abruzzo. In seguito al monitoraggio del 1984-1985 (si veda la precedente Figura 1) Fumagalli e Prigioni (1993) hanno stimato che la popolazione italiana fosse composta da circa 100-130 individui. Più recentemente, partendo da un’indagine effettuata mediante tecniche di genetica non invasiva in un’area campione nel Parco Nazionale del Pollino, Prigioni et al. (2006) hanno stimato una consistenza attuale in Italia di circa 220-260 lontre. In Italia nel 1998 e stata prodotta una Lista Rossa Nazionale delle specie minacciate di Estinzione applicando i criteri IUCN del 1994 (IUCN 1994), che includeva la lontra nella categoria “in pericolo critico (CR)” (Bulgarini et al., 1998). Attualmente la nuova Lista Rossa redatta secondo la versione 3.1 dei criteri IUCN (IUCN 2001), inserisce la popolazione italiana nella categoria “in pericolo (EN)”. È da notare che i dati della IUCN Red List a livello nazionale, si discostano da quelli riportati a livello globale: per l’Italia, infatti, Lutra lutra è considerata “in pericolo” (Endangered) anziché “quasi a rischio” (Near Threatened): la situazione è più critica rispetto a quella rilevata in altri Paesi. Questo perché le popolazioni residue sono piccole e completamente isolate dalle altre popolazioni Europee: la lontra è quindi attualmente una delle specie di mammiferi più esposte al rischio di estinzione in Italia; si ritiene che le popolazioni a maggiore rischio siano quelle più piccole ed isolate, in particolar modo la sub-popolazione molisana e i piccoli nuclei del sud della Calabria (fiumi Crocchio, Neto e Savuto).

 

2. Il "Centro Lontra" del CFS a Caramanico Terme (PE)

 

2.1 Inquadramento geografico

La ricerca di seguito descritta è stata condotta presso il “Centro Lontra” di Caramanico Terme (provincia di Pescara), località del Parco Nazionale della Majella situata nei pressi del fiume Orfento. La Valle dell’Orfento è una Riserva Naturale dello Stato, situata nel versante nord-occidentale della Majella, che si estende su una superficie di 2.606 ettari ricadenti nel territorio del comune di Caramanico Terme. L’istituzione della Riserva risale al 1971, successivamente altre aree adiacenti sono state poste sotto tutela sull’esempio della Valle dell’Orfento; complessivamente esse coprono con un corpo unico una superficie di oltre 10.000 ettari che costituisce oggi il cuore del Parco Nazionale della Majella e la sua parte di maggior valenza naturalistica. Nel 1977 la Riserva è stata inclusa nella “rete europea di riserve biogenetiche” a dimostrazione delle peculiarità in essa custodite. L’Orfento costituisce un’eccezione tra le valli del massiccio per l’abbondanza delle sue acque che scorrono in profondissime forre rocciose, praticamente inaccessibili, con vegetazione tipica degli ambienti umidi. L’escursione altitudinale tra la parte più bassa della valle e quella più alta è di oltre 2.000 m, passando dai circa 500 m di quota nei pressi di Caramanico, sino ai 2.676 m di Monte Focalone. Ciò, unitamente ad altri fattori come ad esempio i frequenti cambiamenti di esposizione, crea una grande varietà di habitat con una notevole ricchezza di specie rare o uniche di flora e fauna.

 

2.2 Descrizione della struttura

Il Centro Lontra di Caramanico Terme, fondato dal Corpo Forestale dello Stato nel 1989, è attualmente costituito da 8 recinti (di cui uno “didattico”) per una superficie totale pari a 4.400 m2; a questi va ad aggiungersi un recinto di acclimatazione localizzato lungo il fiume Orfento che insiste su una superficie di 2.000 m2. La struttura è nata con la finalità principale di costituire un centro per la riproduzione in cattività della lontra europea e, di conseguenza, gli animali negli anni sono stati fatti riprodurre e sono stati mantenuti in condizioni tali da ridurre al minimo le interazioni con gli esseri umani. L’entrata all’interno dei recinti e nell’area circostante, ad eccezione di un unico recinto didattico dove i visitatori possono accedere ad orari prestabiliti e con visite guidate, è rigorosamente controllata e la presenza dell’uomo è limitata alle strette necessità gestionali e sanitarie. Ciò ha permesso che queste lontre mantenessero pressoché inalterate le loro caratteristiche di selvaticità, conservando abitudini strettamente notturno/crepuscolari ed un grado di elusività tale da rendere tutt’altro che semplice non solo la loro cattura per motivi connessi alla gestione, ma anche la loro semplice osservazione. Le aree dove sono mantenute le lontre europee sono di dimensioni diverse, variabili da 440 a 800 m2. Ogni area è costituita da una recinzione esterna dotata, sia sul lato interno che su quello esterno, di rete “paragatto” con parte interna elettrificata. All’interno dei recinti è presente almeno una vasca o un canale di acqua corrente, dove periodicamente vengono immessi pesci vivi. L’interno dei recinti presenta una ricca vegetazione naturale, arborea ed arbustiva, dove le lontre possono trovare la necessaria tranquillità e la possibilità di rifugiarsi. Ogni recinto è dotato di almeno due casotti di legno, la maggior parte dei quali con sistema di auto cattura.

 

2.3 Animali monitorati

È stata monitorata ed analizzata l’attività di un totale di 6 diverse lontre: un maschio adulto (7 anni) gestito in coppia con una femmina adulta (6 anni), il cucciolo avuto dalla coppia dopo 3 mesi dall’inizio del monitoraggio, una femmina adulta (19 anni) presente in un altro recinto situato a circa 30 m di distanza dal recinto del gruppo famigliare, monitorata per 6 mesi, 2 femmine adulte (4 e 5 anni) di cui è stata monitorata l’attività registrata attraverso il solo uso di video-fototrappole a completamento dell’arco dell’anno laddove, per varie cause, mancavano periodi di osservazione. La maggior parte delle osservazioni riportate, tuttavia, ha riguardato il gruppo famigliare monitorato attraverso telecamera di videosorveglianza attiva 24 ore su 24.

 

3. Procedura di lavoro

 

3.1 Materiali

Le registrazioni delle attività degli animali si sono eseguite attraverso l’uso di 1 telecamera di videosorveglianza dotata di sensori di movimento ed illuminatori a luce infrarossa (IR) e di 3 video-fototrappole (scout-guard 560) dislocate in punti strategici all’interno dei recinti, utilizzate nell’ambito di un piano di videoregistrazione full-time delle attività svolte nell’arco di un anno dagli animali presenti nei recinti. Complessivamente, in termini di superficie coperta è stato monitorato circa il 25% dell’area a disposizione degli animali. Sono state quindi adoperate tali registrazioni per ricavare i dati necessari alla ricerca.

 

3.2 Metodi

È stato scelto di prendere in considerazione i dati riguardanti l’anno solare 2011 perché in quell’anno è avvenuta la nascita e l’allevamento di un cucciolo all’interno del recinto monitorato con videocamera di sorveglianza e ciò ha permesso di indagare anche i pattern di attività degli adulti impegnati nell’allevamento e quelli dello stesso piccolo. È stato quindi realizzato un data-set nel quale, per ciascun orario prestabilito, si è indicato lo stato di attività o inattività degli animali. Tutti i dati inseriti nel data-set sono stati ricavati dalla visualizzazione dei filmati delle videoregistrazioni e dalle fotografie delle video-fototrappole di cui si è detto al punto precedente, compresi tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2011.
Al fine di assicurare la casualità e l’indipendenza del dato e nel contempo la copertura dell’intero arco dell’anno e di tutte le 24 ore della giornata, è stato stabilito un metodo stocastico per l’analisi delle registrazioni alla ricerca delle informazioni necessarie individuando a priori i precisi momenti (intesi come data ed ora scelti casualmente) compresi nell’intervallo di tempo oggetto dello studio. Più in particolare per ciascun giorno sono stati rilevati due dati dei quali uno in orario diurno e l’altro in orario notturno, a distanza di almeno 12 ore l’uno dall’altro (ad esempio alle ore 5:00 e alle ore 17:00 dello stesso giorno). Stabiliti gli orari da censire per tutto l’anno, di volta in volta è stato scelto in modo casuale un minuto preciso compreso nell’ora stabilita (per continuare l’esempio precedente, il minuto 5:23 ed il minuto 17:41) nel quale andare a ricercare, nei filmati o nelle immagini a disposizione, le informazioni utili alla compilazione del data-set.

 

                        Distinzione dei periodi

 

Premessa necessaria all’osservazione su scala stagionale e oraria dei dati raccolti nel data-set, è la definizione del range temporale di tali periodi. Si ha infatti la necessità di assicurare l’uniformità del trattamento dei dati sia su base mensile che stagionale, da qui l’esigenza di far coincidere le stagioni (inverno, primavera, estate, autunno) con trimestri stagionali (p.e. i mesi gennaio, febbraio e marzo costituiscono insieme il trimestre invernale). Tale convenzione è utile anche alla definizione per trimestri degli orari medi di inizio e fine delle varie fasce orarie giornaliere di cui al paragrafo successivo. Inoltre le 24 ore di una giornata si sono suddivise nelle quattro fasce di alba, giorno, tramonto e notte, per poter approfondire ulteriormente il livello di dettaglio e per confrontare il risultato ottenuto con quello riportato in altri lavori che hanno eseguito la stessa distinzione in fasce orarie. I dati raccolti quindi, sono attribuiti ad una delle fasi giornaliere in base all’orario cui si riferisce il rilevamento del dato di attività o inattività delle lontre nei recinti monitorati. Nella determinazione delle fasce giornaliere si è tenuto conto dei seguenti criteri:

 
  1. l’ammontare delle ore di luce giornaliere è riferito alla località di studio e cioè Caramanico Terme. Per tener conto della variazione stagionale della durata del giorno e della notte nei diversi periodi dell’anno, l’ammontare delle ore di luce varia su base trimestrale. Stessa cosa per quanto riguarda l’orario del sorgere e del tramontare del sole;
  2. le fasce alba e tramonto sono sempre di 3 ore ciascuna e sono ricavate considerando un lasso temporale da 1h30 prima a 1h30 dopo l’orario del sorgere o del tramontare del sole secondo gli orari medi trimestrali della località di studio. Le rimanenti 18 ore rientrano complessivamente nelle fasce del giorno e della notte, la cui durata però varia su base trimestrale.
 

4. Risultati

Figura 3 - Attività complessiva annuale monitorata

Al termine della compilazione del data-set si sono ottenuti i seguenti risultati: 730 rilevamenti totali, di cui 101 – pari al 13,8% del totale – danno un’informazione di attività degli animali monitorati (Figura ) che nel 69,3% si è verificata nella notte e per il restante 30,7% nelle fasce crepuscolari. È possibile riferire il dato di attività/inattività all’orario in cui si è registrato ottenendo così la distribuzione oraria delle attività complessive annuali nell’arco delle 24 ore quotidiane. Questa prima analisi è osservabile nella Figura . Come evidenziato dalla rappresentazione, i rilevamenti di attività sono nettamente concentrati nelle ore notturne – sebbene con qualche oscillazione – ed in particolar modo tra le ore 20:00 e le 04:00, mentre sono totalmente assenti nelle ore diurne nel data-set analizzato.

 
Figura 4 - Distribuzione oraria annuale dei rilevamenti di attività (in numero assoluto di rilevamenti attivi).

Questa distribuzione trova riscontro con quanto considerato tipico per la specie, ma la totale assenza di attività nelle ore di luce può essere imputabile alla particolare situazione studiata le cui caratteristiche sono approfondite più avanti. Altre informazioni possono essere ricavate dall’approfondimento di questa prima analisi del data-set: infatti distinguendo i dati raccolti in base alla stagione oppure ad una diversa fascia oraria si ottengono risultati particolarmente interessanti, più accurati in termini di dettaglio e che sono esposti successivamente.

 
 

              Ripartizione stagionale delle attività complessive

 
Figura 5 - Eventi di attività monitorata(in numero assoluto - asse delle ordinate) distinti per orario (asse delle ascisse ) e per stagione (colore).


Scorporando il dato complessivo annuale in trimestri anziché per fasce orarie, è possibile osservare la variazione stagionale del pattern di attività come visibile nella Figura.
Dal grafico si evince che la fase notturna di attività degli animali ha inizio tra le 18:00 e le 19:00 nei trimestri autunnale e invernale; leggermente in anticipo rispetto alle ore 20:00, orario in cui solitamente le attività cominciano anche negli altri periodi dell’anno. Non si osservano differenze

 
 

              Ripartizione stagionale delle attività suddivise per fascia oraria

 
Figura 6 - Numero assoluto di rilevamenti di attività distinti per trimestre e per fascia oraria

È possibile effettuare contemporaneamente la distinzione dei dati in fasce orarie e per stagioni o mesi. Un primo esame dei dati su scala trimestrale evidenzia come, in termini di numero assoluto di rilevamenti positivi di attività delle lontre (come esplicitato in Figura ), questi siano sempre concentrati nella fascia notturna. Tale concentrazione risulta meno evidente in autunno: dei quattro trimestri, quello autunnale risulta avere la più uniforme distribuzione del numero di eventi per ciascuna della quattro fasce orarie. In inverno, quando le attività risultano nettamente concentrate nella notte, non è mai stata rilevata attività negli orari ascrivibili alla fascia del tramonto oltre che a quella del giorno che, come già evidenziato, risulta nulla in ogni periodo dell’anno.

 
 
Figura 7 – Percentuale del numero di rilevamenti di attività per ciascuna fascia oraria, sul numero totale dei rilevamenti complessivi eseguiti in ciascun trimestre stagionale

Lo stesso risultato, oltre che in termini di numero assoluto di rilevamenti come mostrato nella Figura , può essere espresso anche come percentuale del numero di rilevamenti di attività sul totale dei rilevamenti eseguiti in ciascun trimestre per ogni fascia oraria (Figura ). Ad esempio per la fascia oraria dell’alba nel trimestre invernale, soltanto 1 rilevamento sui 23 riferibili a tale stagione segnala un’attività degli animali e ciò corrisponde allo 0,6% dei rilevamenti complessivamente eseguiti nell’intero trimestre invernale (n=180).


 
 

              Ripartizione mensile delle attività suddivise per fascia oraria

 

Lo stesso tipo di analisi effettuata per stagioni (trimestri stagionali), è stata ripetuta su base mensile ottenendo un maggior dettaglio dalle informazioni raccolte. È evidenziabile (Figura  e Figura ) come la fascia “tramonto” presenti attività soltanto in cinque mesi dell’anno, con valori massimi in ottobre e novembre quando addirittura superano anche quelli della fascia notturna che, invece, negli altri mesi prevalgono sempre sugli altri. Settembre risulta essere il mese col maggior numero di attività monitorate sia nella sola fascia notturna sia complessivamente.

 

     Figura 8 - Numero assoluto di rilevamenti di attività su base
     mensile e per fascia oraria.

Figura 9 - Percentuale del numero di rilevamenti di attività per ciascuna fascia oraria, sul numero totale dei rilevamenti complessivi eseguiti in ciascun mese.

 
 

5. Confronti

Ulteriore passo nello studio dei dati raccolti è il confronto di questi ultimi con quelli ricavabili dalla bibliografia con particolare riferimento ad un precedente studio effettuato nell’ambito del Progetto Lontra a Caramanico Terme su animali nati in cattività e liberati sui fiumi del bacino idrografico dell’Aterno-Pescara, seguiti mediante tecniche radio-telemetriche anziché attraverso il video-monitoraggio. In tale studio, descritto nella tesi di laurea di Di Marzio (2004) e pubblicato negli Atti del convegno European Otter Workshop tenutosi a Padula (SA), 20-23 Ottobre 2005 (Mattei et al. 2005), è riportata una rappresentazione grafica della ripartizione temporale delle attività nelle quattro fasce orarie e il confronto stagionale nell’utilizzo di quest’ultime: esprimendo lo stesso tipo di dati secondo la stessa rappresentazione, è possibile effettuare un immediato confronto visivo tra i dati raccolti con quelle modalità ed i dati raccolti tramite monitoraggio video-fotografico così come esplicitato nelle figure più avanti riportate.

 

                  Ripartizione delle attività su scala annuale

Figura 10 – Ripartizione temporale delle attività: percentuale dei rilevamenti di attività sul totale dei rilevamenti effettuati in ogni fascia oraria.


Il primo confronto è relativo alla distribuzione complessiva annuale delle attività suddivise per fasce orarie: tale dato è espresso come percentuale del numero di rilevamenti di attività sul totale di rilevamenti eseguiti per ciascuna fascia oraria. La maggior parte delle attività si sono registrate nella fascia notturna: come osservabile in Figura 10, nel 33% dei casi monitorati in tale fascia si è registrata qualche attività delle lontre.

 
Figura 11 – Ripartizione temporale dell’attività nelle fasce orarie giornaliere ottenuta attraverso l’analisi di dati radio-telemetrici. Da: M. Di Marzio (2004).

Complessivamente, del numero totale dei rilevamenti di attività (n=101), il 69,3% (n=70) è stato registrato nella fascia oraria della notte, il 17,8% (n=18) all’alba e infine il 12,9% (n=13) al tramonto.
L’andamento dell’istogramma ottenuto dai dati raccolti per il presente elaborato (si osservi in merito la Figura 10) corrisponde esattamente a quanto osservato nella tesi di Di Marzio (Figura 21) (Di Marzio, 2004). Cambia invece il valore della percentuale di rilevamenti attivi sul totale dei rilevamenti effettuati, nettamente inferiore nel data-set ottenuto attraverso il video-monitoraggio: tale differenza sarà più dettagliatamente analizzata e discussa più avanti.

 
 

              Ripartizione delle fasce orarie delle attività su scala stagionale

 

Altra suddivisione è quella relativa al differente utilizzo delle varie fasce orarie giornaliere in base alle stagioni. Anche in questo caso la percentuale è calcolata come numero dei rilevamenti risultanti attivi sul totale di rilevamenti eseguiti in ciascuna fascia oraria di ogni stagione separatamente dalle altre.

  Figura 12 – Confronto stagionale delle attività giornaliere: percentuale dei rilevamenti attivi sul totale dei rilevamenti effettuati in ogni fascia oraria di ciascun trimestre stagionale attraverso  
   videomonitoraggio.

Figura 13 – Confronto stagionale delle attività giornaliere: percentuale dei rilevamenti attivi sul totale dei rilevamenti effettuati tramite radio-telemetria, distribuzione per fasce orarie dei dati trimestrali stagionali. Da Di Marzio (2004).

 
 

Minore è risultata la corrispondenza tra la distribuzione trimestrale e per fasce orarie dei dati ottenuti dal video-monitoraggio (Figura ) e quelli della radio-telemetria (Figura ): considerando singolarmente ciascuna stagione, infatti, non si evidenzia corrispondenza nell’andamento dell’attività in autunno né in inverno, mentre l’andamento degli istogrammi relativi alla primavera e all’estate risulta maggiormente compatibile.

 

              Considerazioni sull'attività complessiva annuale

 

Riguardo al dato dell’attività complessiva annuale, in bibliografia viene riportato che “in Italia la percentuale di tempo speso in attività nelle 24 h varia da circa il 30 al 50” (Di Marzio 2004, Mattei et al. 2005; Fusillo 2006): valore che si discosta ampiamente dal 13,8% ottenuto dai dati raccolti (Figura ) attraverso il video-monitoraggio. A tal proposito possono esser fatte le seguenti considerazioni: a differenza del dato bibliografico che si riferisce ad animali in libertà, quello cui si riferisce il presente studio riguarda animali in condizioni di cattività e ciò condiziona di certo l’attività degli animali, avendo questi minor necessità di marcare e di difendere attivamente il proprio territorio (che è delimitato dalle recinzioni) e poiché ricevono cibo tutti i giorni dagli operatori del “Centro Lontra” non devono procurarselo attivamente da soli. Inoltre è da tener conto che il dato della percentuale di attività 30-50% riportato nel documento ISPRA (Piano d’Azione Nazionale per la Conservazione della Lontra) è riferito a studi realizzati utilizzando la tecnica della radio-telemetria (quali ad es. Di Marzio, 2004, Mattei et al, 2005, Fusillo, 2006, ecc) che permette di prescindere dalle dimensioni dell’area osservata e riguarda sempre l’intero spazio in cui gli animali possono trovarsi ed essere attivi. Con la metodologia del video-monitoraggio adottata in questo studio invece, può essere presa in considerazione solo l’area coperta dalla visuale della telecamera (che nel caso specifico copriva circa ¼ della superficie complessiva a disposizione degli animali monitorati) e ciò comporta una sottostima del numero di eventi di attività monitorabili. Per risolvere questo inconveniente è stato introdotto un fattore di correzione per tener conto della porzione di territorio non coperto (come se si fosse osservata la superficie totale del recinto e non solo una sua porzione), ottenendo un dato fittizio riferito all’intera estensione dell’area a disposizione degli animali (in maniera analoga al trattamento dei dati ottenuti con i censimenti per avvistamento/segni di presenza su aree campione condotti su altri mammiferi). Considerando che in termini di superficie coperta è stato monitorato – come detto sopra – approssimativamente il 25% dell’estensione del recinto, il fattore in questione dovrebbe avere valore pari a 4, ma in questo modo si introduce un’approssimazione dovuta al fatto che non tutta la superficie del recinto presenta la medesima idoneità ambientale e, dunque, la medesima “attrattività” per gli animali presenti all’interno: assunto valido per aree molto estese in cui l’approssimazione risulta ripartita sull’intera superficie, ma non sufficientemente rigoroso ed applicabile nel caso di una superficie ristretta come quella del recinto in cui elementi come lo specchio d’acqua o le tane artificiali messe a disposizione degli animali costituiscono un’attrattiva maggiore per le lontre che verosimilmente passeranno più tempo in prossimità di essi rispetto a zone del recinto sprovviste di elementi di questo tipo. Per tener conto anche di questo e non incorrere quindi in una sovrastima degli eventi di attività, è stato arbitrariamente ridotto il valore del coefficiente di correzione da 4 a 3. I dati ottenuti dalla moltiplicazione con tale coefficiente sono quelli della seguente Tabella 1.

 
Rilevamenti
                                                Dati

censiti
                            Dati
                        

moltiplicati(coeff.=3)

 
                     Numero
                          %
                     Numero

                          %
Attivi
                         101
                       13,8
                       303
                        41,5
Inattivi
                         629
                        86,2
                       427
                        58,5
Totali
                         730
                      100,0
                       730
                       100,0
 

Con il fattore di correzione si introduce un elemento non oggettivo in quanto non basato su dati misurati, ma comunque utile al fine di effettuare un confronto più immediato con quanto ottenuto dall’applicazione di altri metodi quali la radiotelemetria che consentono d’indagare il totale dell’area d’interesse. Appare infatti molto interessante notare che il dato percentuale di attività/inattività delle lontre così ricavato risulta pienamente coerente con quanto rilevato con l’utilizzo della tecnica della radio-telemetria risultante dalla bibliografia consultata come evidenziato nelle sottostanti figure 14 e 15

 
 

                       Figura 14 - Attività complessiva rilevata attraverso
                       video-monitoraggio calcolata introducendo il fattore
                       di correzione

Figura 15 – Attività complessiva rilevata tramite
radio-telemetria (Di Marzio, 2004).

 
 

Conclusioni

Dall’analisi e confronto dei dati trattati è stato possibile trarre le seguenti conclusioni:

 

il metodo di acquisizione automatica dei dati tramite video-monitoraggio degli animali consente di ottenere risultati che coincidono significativamente con quelli acquisiti con altri metodi – più invasivi – come la radiotelemetria o l’osservazione diretta. Ciò che si è ottenuto e discusso, infatti, per quel che concerne i ritmi di attività delle lontre, corrisponde a ciò che è considerato tipico per tale animale stando ai suoi comportamenti abituali ed alla sua etologia in generale.
Le maggiori differenze riscontrate riguardano il fatto che con il metodo del video-monitoraggio non è possibile considerare il dato di attività/inattività riferito all’intera area di studio come con la radiotelemetria, ma solo alle porzioni visibili attraverso gli apparati di ripresa (e quindi in relazione al numero ed alla collocazione degli stessi). Ciò influenza significativamente il numero di rilevamenti totali di attività che, quindi, risulta sottostimato se non opportunamente corretto riferendo i dati ottenuti all’intera superficie su cui gli animali possono spostarsi.
Altro limite di questa tecnica rispetto alla radio-telemetria consiste nel mancato rilevamento di eventuale attività all’interno dei ricoveri o al riparo della vegetazione e ciò può influenzare negativamente la stima del dato di attività: con il video-monitoraggio infatti quando le lontre sono all’interno della tana o nascoste nel fitto della vegetazione non viene rilevata alcuna attività, mentre entro certi limiti la radio-telemetria è in grado di rilevare comunque l’attività dell’animale sebbene in assenza di movimenti consistenti e/o visibili.
Nell’applicazione del tradizionale metodo della radio-telemetria (più invasivo per gli animali oltre che più dispendioso in termini di investimento iniziale, di ricerca, di personale e di tempo necessario) è necessario che ogni giorno uno o più operatori percorrano l’intera area di studio alla ricerca del segnale emesso dagli animali monitorati: tale necessità è oggi in parte ovviata dalle più moderne tecniche satellitari che tuttavia risultano ancora poco applicabili a specie come la lontra. Le tecniche di acquisizione automatica descritte in questo studio, invece, possono essere applicate anche da un solo operatore che, periodicamente, recupera il materiale registrato da remoto e ne analizza il contenuto, anche a distanza di tempo.

 

Per concludere quindi, il metodo applicato in questo studio ha a suo favore la caratteristica di risultare efficace consentendo di ottenere risultati coerenti con il dato ottenuto sul selvatico, ma con sforzo di campo e costi di gestione del progetto di monitoraggio più contenuti.
Di contro invece c’è la limitatezza del numero complessivo di dati che è possibile ricavare rispetto alla gran quantità di materiale filmato che è necessario archiviare e visionare per ottenere il dato finale utile alla costruzione di un data-set congruo. Infine, il metodo potrebbe risultare di non facile applicazione in contesti “wild” ed in aree non recintate a causa delle necessità legate all’alimentazione degli apparati di ripresa (solitamente pile da 1,5V) ed alla sicurezza degli stessi rispetto al furto e/o atti di vandalismo.

 

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