L’orso nelle Alpi non è mai scomparso del tutto. Fino al 1600 l’orso era ampiamente distribuito in tutti gli ambiti boscati di pianura e di montagna dell’Italia settentrionale e dell’arco alpino. In un trattato del 1500, opera di Jacopo da Porcia, si legge di orsi, lupi, cervi e caprioli nella pianura friulana e si sottolinea che alla caccia all’orso avrebbero dovuto dedicarsi solo “quegli uomini forti che col loro grande ed eccelso valore trasformano imprese difficilissime ed ardue in cose facili e leggere”. Fino alla metà del 1800 la specie era ancora abbastanza ben rappresentata su gran parte dell’arco alpino. La persecuzione diretta da parte dell’uomo e, in misura minore, le modificazioni ambientali intervenute negli ultimi due secoli hanno ridotto l’originaria popolazione sulla soglia dell’estinzione. Nei successivi cento anni (1850-1950), l’orso scompare dalle Alpi italiane ad eccezione del Trentino occidentale e di poche altre aeree limitrofe. L’areale occupato dalla specie si riduce a circa 3750 km.q mentre non viene più segnalato nella fascia meridionale dell’area (Monte Baldo, Alto Garda e Valle Sabbia) e solo saltuariamente in Alto Adige, in Valcamonica e in Valtellina. Dopo il 1950 la popolazione non compie più spostamenti oltre i confini del Trentino.
Se all’inizio degli anni ’60 si poteva si poteva ipotizzare una consistenza di circa 15 esemplari, negli anni ’90 la stima scende drasticamente a 3 – 5. Dopo la fine degli anni ’80 non si registrano più nuove nascite e la “popolazione” sembra inevitabilmente destinata ad una rapida estinzione. Gli ultimi esemplari sopravvissuti frequentano quasi esclusivamente l’area del Gruppo montuoso della Campa, nel Brenta nord-orientale (Val di Non). Sono probabilmente vecchi e sterili.
Nel 1999, per scongiurare la scomparsa definitiva della specie dalle Alpi centrali, il Parco Adamello Brenta con la Provincia Autonoma di Trento e l’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, sostenuti da un finanziamento dell’Unione Europea, hanno dato avvio al progetto Life Ursus finalizzato alla ricostituzione di un nucleo vitale di orsi nelle Alpi Centrali tramite il rilascio di alcuni individui provenienti dalla Slovenia. Proprio quando tutto sembrava perduto è invece iniziata, con questo progetto, la ripresa: tra il 1999 ed il 2002 il rilascio di 10 orsi (3 maschi e 7 femmine) ha dato origine all’attuale popolazione. Questi capostipiti vengono chiamati per nome: Jurka, Daniza, Maja, Brenta, Kirka, Vida, Irma, Masun, Joze e Gasper. I loro figli e nipoti invece saranno indicati con una sigla formata da lettere, desunte dalle iniziali dei genitori, e da numeri progressivi.
Nascono ogni anno numerose cucciolate (nel 2012 sette con quindici cuccioli!), che portano la popolazione attuale, in un’area che comprende anche la Lombardia, il Veneto e l’Altoadige, ad un numero accertato di 43 individui e stimato di 48, considerando che nel frattempo alcuni sono morti e altri se ne sono andati in giro per l’Europa. Dunque la colonia è prolifica e il ritmo di crescita è decisamente positivo, con un tasso medio, dal 2002 al 2012 del 15,6%. Quando le condizioni ambientali sono favorevoli, come in questo caso, le femmine partoriscono un anno si e uno no. In genere i parti sono gemellari: due orsetti le femmine più giovani, anche tre quelle più vecchie. Nel 2010 è stato registrato in Trentino un parto con quattro cuccioli; è questo un evento eccezionale documentato per la prima volta in Italia.
Gli Agenti del Corpo forestale Trentino e le guardie del parco nei loro giri quando vedono tracce di orso le rilevano, misurano le orme, raccolgono escrementi e peli. Poi spediscono il tutto al laboratorio per le analisi genetiche, così con migliaia di reperti raccolti mano a mano che vengono trovati, tengono sotto stretto controllo la popolazione e sono in grado di capire da una traccia biologica se un orso appartiene alla colonia trentina.
(fonte: Provincia Autonoma di Trento – Servizio Foreste e Fauna – rapporto orso 2012)
Il 23 agosto del 2010, dopo numerosi appostamenti, un orso viene immortalato da fototrappole della Polizia provinciale in comune di Castellavazzo in provincia di Belluno. Le foto mettono il sigillo alle ipotesi fatte per mesi sulla sua presenza e ora si può ricostruire il suo viaggio. Probabilmente è arrivato dalla Val Noana, vicino a Primiero nel Trentino ed a marzo si sono cominciati a registrare i primi danni nel Bellunese: qui imperversa predando tre pecore, un pavone, venticinque conigli, tre anitre, ventuno colombi, due galline. Poi si interessa dei pollai, delle arnie e dei conigli e, dalle parti di Pedavena, è molto attratto dal miele delle api del luogo. I primi di maggio lo vedono prima a Falcade, poi a San Vito di Cadore, poi a Sappada. Era da un secolo e mezzo che questi plantigradi non si facevano vedere in Veneto. Dal 2010 ad oggi la loro presenza è andata aumentando e nell’estate del 2012 in questa regione gli orsi accertati sono stati cinque, quattro di provenienza trentina e uno di provenienza slovena. Non sappiamo con esattezza se tutti e cinque rimangono in questo territorio o se rientrano nelle terre di origine prima dell’inverno o nella stagione degli amori, però nel gennaio del 2013 i forestali che si avviavano sulle piste da sci di San Vito di Cadore, per iniziare il servizio, hanno rilevato escrementi e tracce di orso sulla neve appena battuta, quindi di un animale sicuramente in letargo da quelle parti, uscito dalla grotta a sgranchirsi le gambe.
Nel cuore dell’Europa in un’area di confine tra il Friuli Venezia Giulia e la Repubblica di Slovenia si incontrano e si mescolano culture diverse, ma anche regioni biogeografiche differenti, che generano ecosistemi ricchissimi, aree che rappresentano il principale corridoio di accesso di alcune importanti specie di grandi mammiferi verso l’arco alpino, tra cui i grandi carnivori.
Le prime segnalazioni di presenza di orsi in Fiuli-Venezia Giulia in epoca recente risalgono agli anni ’60 e si riferiscono ad avvistamenti nel Tarvisiano, nelle Prealpi Giulie e nelle Valli del Natisone. Dopo una certa fortuna espansiva, si ha una sensibile diminuzione di segnalazioni negli anni ’90, seguita da una forte ripresa dal 2004 ad oggi.
Nel 2007 si è dato avvio ad una ricerca complessa e transfrontaliera, frutto di un’intesa intercorsa tra la regione Friuli Venezia Giulia, l’Università di Udine, l’Istituto nazionale per la fauna selvatica, l’Università di Lubiana, la Lega dei cacciatori sloveni, il Servizio forestale sloveno e il comune di Pulfero. Sono stati catturati e radiocollarati quattro orsi, due in Italia (chiamati Bepi e Andrea) e due in Slovenia, e seguiti fino al 2008. Si è potuto così osservare che in maggio, all’approssimarsi del periodo riproduttivo, Andrea, orso di 200 kg e di circa otto anni, alla ricerca di una compagna ha ampliato il suo home range (spazio familiare) fino a 700 km quadrati, raggiungendo il Bosco Veneziano vicino a Pontebba. Il subadulto Bepi, nello stesso periodo e ingaggiato nella stessa ricerca, ha lasciato la zona alpina e sconfinato in Slovenia verso la zona dinarica dei monti Rusica e Nanos, dove vivono stabilmente alcune femmine. Da queste parti vive un’orsa dal caratteristico collare bianco e, stando alle rilevazioni satellitari, pare che in quell’anno abbia accettato il corteggiamento sia di Bepi che dei due orsi sloveni radiocollarati. Sembra plausibile che tutti e tre i maschi si siano accoppiati con la medesima femmina del monte Hrusica, comportamento già osservato nella specie, con la conseguenza che spesso i piccoli nati dallo stesso parto possono essere figli di padri diversi. Al termine del periodo riproduttivo tutti e quattro i maschi si sono nuovamente spostati in direzione delle Alpi.
Nel 2011 il Corpo forestale dello Stato ha stipulato una convenzione con la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia per la realizzazione di un monitoraggio dell’orso bruno con tecniche non invasive mediante la predisposizione di trappole a pelo e l’invio di campioni al laboratorio di analisi dell’ISPRA.
Si stima la presenza di un numero di plantigradi oscillante tra i quattro e i nove individui, dislocati e vaganti tra le Prealpi Giulie, le Prealpi Carniche e il Carso e la Slovenia. A questi vanno aggiunti quelli in transito verso est (Veneto) e verso nord (Austria). Le aree a maggior frequentazione sono le alte Valli del Natisone e del Torre, il Parco naturale regionale delle Prealpi Giulie, i monti Jof del Montasio e Fuart, l’area di Predil e Fusine, ma anche più a ovest la zona compresa tra Sauris e Forni di Sopra.