Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

ENERGIE ALTERNATIVE
LE COMUNITA’ ENERGETICHE RINNOVABILI (CER) DELLA DIFESA
15/04/2024

Filippo Gargallo di Castel Lentini
Avvocato, esperto in diritto militare ed energie rinnovabili


Le opportunità che la Difesa può offrire nell’ambito delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) sono potenzialmente tanto vaste da non trovare verosimilmente altri ambiti concorrenziali. Il Ministero della Difesa e le singole Forze Armate si stanno attrezzando per raccogliere questa sfida energetica.

The opportunities that Defense can offer in the context of Renewable Energy Communities (CER) are potentially so vast that other competitive areas are unlikely to be found. The Ministry of Defense and the individual Armed Forces are equipping themselves to take up this energy challenge


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In ambito Difesa, nella più estesa accezione territoriale che il termine Difesa, intesa come emanazione territoriale e strutturale del Ministero della Difesa, può rappresentare, lo spazio per sviluppare le opportunità di produzione o autoproduzione energetiche sono vaste, come forse non è possibile riscontrare in nessun altro ambito sia pubblico che privato.

Le peculiarità stesse delle superfici necessarie per installare strutture per la produzione di energia fotovoltaica (per l’eolico il discorso è diverso e forse per il momento prematuro) trovano immediata corrispondenza - per i terreni e le infrastrutture del demanio militare - sia per quanto attiene estensioni terriere sia per quanto attiene vaste porzioni di tetti soprastanti capannoni, caserme, ecc.

Inoltre, la diffusione delle aree della Difesa potenzialmente impiegabili per l’installazione di strutture per la produzione di energia rinnovabile è pressoché omogena su tutto il territorio nazionale. 

Altra caratteristica peculiare che sin da subito è bene tenere in considerazione in questa analisi è che la Difesa (intesa in questo caso come l’insieme degli immobili delle Forze Armate, come anche degli uffici e strutture per servizi a disposizione degli organi di raccordo e di vertice, senza far naturalmente riferimento agli armamenti, agli ordinamenti militari ed ai variegati aspetti che compongono il complessivo mondo della Difesa) ha necessità energetiche molto variabili a seconda dei siti in cui è presente; ovvero, è ad un tempo molto energivora in alcuni impianti e molto poco (o addirittura per niente) energivora in altri siti. È il fenomeno quest’ultimo, ad esempio, di molte caserme dismesse, ancora di proprietà della Difesa ma oramai non più utilizzate come anche per il caso di diverse aviosuperfici dismesse o altre fattispecie ancora. Bisogna quindi interrogarsi come questa grande disponibilità di spazi possa coniugarsi con le forti esigenze energetiche della Nazione, e sempre crescenti, in punti determinati del territorio italiano.

Ma andiamo per ordine e vediamo dapprima cosa si intende per Comunità Energetiche Rinnovabili. Inizialmente si è inteso riferirsi al concetto di Comunità Energetiche Rinnovabili (o CER, come più diffusamente definite) per le esigenze non solo energetiche delle comunità locali ma con aspetti che intendono sviluppare le esigenze economiche e sociali che ogni comunità potenzialmente può autonomamente soddisfare, divenendo la base di forniture per lo sviluppo di imprenditorialità locale e creazione di filiere ambientalmente e socialmente sostenibili. Successivamente, quindi, si è evoluto il termine CER anche a quei vantaggi immediati -alla luce del recente Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) del 7 dicembre 2023, pubblicato il 24 gennaio 2024- che consistono nella riduzione dei costi per gli abitanti di una determinata comunità (per il mezzo di tariffe incentivanti), nello sviluppo di un’economia sostenibile e per la crescita della consapevolezza ambientale, con la ricercata diminuzione (o, addirittura, fine) delle emissioni climalteranti.

La genesi delle CER trova il proprio fondamento dagli obiettivi che la Comunità Europea si è posta per il processo comunitario di decarbonizzazione al 2030, che prevede di ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 55% rispetto ai livelli del 1990. L’emergenza posta dagli evidenti effetti del cambiamento climatico sta portando gli organi di governo comunitari a valutare obiettivi sempre maggiormente ambiziosi, con la necessaria partecipazione a questo programma da parte di tutte le istituzioni nonché da parte degli imprenditori privati e quindi, ognuno per le proprie capacità, fino ai singoli cittadini con le proprie scelte individuali in ordine alle abitudini di consumo ed ai fornitori energetici. In tal senso il legislatore nazionale ha nel tempo più volte recepito le indicazioni comunitarie per il territorio nazionale e da ultimo, finalmente, in particolare con il D. Lgs. 199/2021 e quindi ora con il recente citato Decreto MASE del 24.1.2024.

Le CER, quindi, paiono come uno strumento di produzione di energia rinnovabile per un determinato territorio, con una potenza massima installabile pari ad 1 MW (ma nel caso che ci occupa, ovvero quello afferente le strutture della Difesa tale limite potrà essere sorpassato), ubicato entro un ristretto vincolo territoriale, vincolo costituito essenzialmente dai punti di connessione afferenti ad una medesima cabina elettrica primaria.

Se queste, dunque, sono le caratteristiche (così come genericamente descrivibili in questa sede) delle CER, lo specifico ambito di applicazione per la Difesa detiene delle proprie particolarità. Principalmente va compreso come le superfici e le strutture di competenza della Difesa rientrino tra le cosiddette “aree idonee” per l’installazione di impianti da fonti rinnovabili. Non è certo questo un elemento di scarsa rilevanza: le “aree idonee” diventano il requisito essenziale per scavalcare molti degli orpelli burocratici, primo fra tutti quello di competenza delle sovrintendenze, che si frappongono per addivenire ad un’autorizzazione compiuta che porti all’effettiva realizzazione dell’impianto di energia rinnovabile. Caserme, aeroporti, poligoni, capannoni e superfici in genere del demanio militare vengono quindi assimilate a superfici occupate da bacini artificiali, alle aree industriali dismesse, ad aree dove sono già installati impianti della stessa fonte, siti oggetto di bonifica, cave e miniere cessate, siti delle Ferrovie dello Stato, delle autostrade, degli aeroporti, ecc., divenendo quindi un’opportunità, sia per la Difesa che per le comunità locali, per sviluppare impianti da energia rinnovabile a servizio non solo delle strutture militari ma anche delle popolazioni interessate per vicinanze con dette strutture.

Questa opportunità si pone in un contesto che, oltre ai citati obiettivi comunitari, si è acuito ancor più con le vicende geopolitiche e la necessità per le singole nazioni europee di divenire sempre maggiormente autonome per il proprio fabbisogno energetico nazionale. Peraltro, nell’esperienza italiana, non si partirebbe da zero: la società in house del Ministero della Difesa, Difesa Servizi Spa, ha già da anni iniziato una collaborazione con installatori di coperture fotovoltaiche per contribuire alle esigenze energetiche di varie strutture militari. Per tornare, però, al contesto europeo il paragone con quanto fin qui fatto in ambito nazionale è decisamente a nostro svantaggio: sono molte le nazioni della Unione europea che da anni hanno intrapreso una importante conversione rinnovabile delle aree militari, con numeri che sicuramente possono essere ripetuti anche in “ambito Italia” ma che al momento non sono ancora stati raggiunti.

In tal senso, pertanto, il Governo ha inteso dotare il dicastero della Difesa, con il Ministro Guido Crosetto fattivo interprete, di una struttura operativa, nominando quale Commissario Speciale il Generale di Divisione CC Michele Sirimarco, affiancato da due vicecommissari provenienti uno dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ed uno dal Ministero della Cultura. Il Generale Sirimarco, con alle spalle esperienze di comando in prestigiosi incarichi in ambito Carabinieri e Forze Armate, assume l’incarico di Commissario Speciale dopo un periodo di comando quale Capo di Stato Maggiore del Comando Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari Carabinieri (CUFAA). Tale peculiarità appare essere la naturale conseguenza formativa per un soggetto chiamato oggi a creare delle FER (Fonti energia rinnovabili) che per definizione produrranno energia in maniera rinnovabile e quindi con un importante contributo a favore dell’ambiente. In tale esperienza il Commissario Speciale, coadiuvato dai due vicecommissari provenienti dai ministeri naturalmente coinvolti nell’operazione e da uno staff con competenze nelle specifiche (e molteplici!) dinamiche dell’iter burocratico per le autorizzazioni ambientali, avrà il compito di individuare le aree maggiormente confacenti ai bisogni della Difesa e delle comunità locali, dovendo interagire con le varie Forze Armate e le loro esigenze, con l’Autorità di Regolazione per Energie Reti e Ambiente (ARERA), con il Gestore dei Servizi Energetici (GSE), con la distribuzione affidata a TERNA o ad ENEL e, non ultimi, con gli investitori anche privati oltre che con numerosi altri soggetti pubblici che intervengono in questo procedimento che, sia pur burocraticamente complicato, con lo strumento ideato può divenire un agile interprete nell’ambito delle energie rinnovabili.

Anche questo settore può beneficiare delle opportunità rese dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) previsto proprio per lo sviluppo delle attività “verdi” oltre che naturalmente per lo sviluppo digitale della Nazione. Il provvedimento in parola, che, come accennato, trae la sua origine dalla crisi energetica del marzo 2022 determinata dall’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe con le conseguenti restrizioni della comunità mondiale all’economia russa e nello specifico per quanto attiene le forniture di gas, prevede che “il Ministero della Difesa contribuisca alla resilienza energetica nazionale, anche tramite Difesa Servizi Spa, affidando in concessione o utilizzando direttamente i beni del demanio militare o a qualunque titolo in uso al medesimo Ministero, inclusi gli immobili individuati quali non più utili ai fini istituzionali e non ancora consegnati all’Agenzia del demanio o non ancora alienati, per installare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili”.

Le potenzialità della Difesa in questo settore sono dunque numerose e fattive. Se l’attenzione originale era posta per le esigenze energetiche della stessa Difesa (esigenze derivanti dal fatto che fino ad un recente passato la Difesa si era trovata in alcune occasioni con una forte esposizione economica nei confronti dei fornitori di energia), i mutati scenari internazionali con la conseguente ricerca di approvvigionamenti energetici alternativi alle forniture precedenti alla guerra in Ucraina e le esigenze imposte dai cambiamenti climatici, hanno determinato un coinvolgimento anche della Difesa nello scenario delle scelte strategiche per la ricerca di fonti di approvvigionamento energetiche.