Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

EDUCAZIONE AMBIENTALE
LA BIODIVERSITA’ DI PANDORA
06/03/2023
di Giovanni NOBILI*

Una lettura particolare dell’ultimo film di James Cameron ci fornisce lo spunto per alcune considerazioni sulla Vita terrestre


Una visione evoluzionistica delle creature immaginarie rappresentate nel film Avatar 2 consente riflessioni sulla Biodiversità terrestre. Grazie alla fantasia degli sceneggiatori, concetti quali convergenza evolutiva, origine filetica, analogia ed omologia possono essere assimilati e divulgati allo scopo di illustrare l’origine della magnificenza della Vita sulla Terra. Le creature immaginarie del film possono rappresentare uno strumento utile ad illustrare concetti dai livelli funzionale e morfologico a quello ecologico diventando spunto per attività di educazione ambientale

An evolutionary vision of the imaginary creatures represented in the film Avatar 2 allows reflections on the Earth's biodiversity. Thanks to the imagination of the screenwriters, concepts such as evolutionary convergence, phyletic origin, analogy and homology can be assimilated and disclosed in order to illustrate the origin of the magnificence of Life on Earth. The imaginary creatures in the film can be a useful tool for illustrating concepts from functional and morphological to ecological levels, becoming a starting point for environmental education activities.

 

 

FIG.1Il mondo di Pandora è un mondo sicuramente fantastico ma su questo pianeta extrasolare, dove è ambientata la serie di Avatar, gli sceneggiatori e gli specialisti, nel proporci scenari e specie, hanno sicuramente fatto riferimento a quella che è la Biodiversità terrestre.

Nella seconda puntata della serie, Avatar 2 - La via dell’acqua, la storia vede i protagonisti lasciare il loro rifugio abituale nelle lussureggianti foreste per spostarsi in un ambiente del tutto nuovo, paragonabile ai paesaggi marini tropicali del nostro pianeta, un arcipelago di isole bordate da piante simili alle mangrovie, con le loro radici aeree accessorie che il popolo dei Metkayina, una popolazione del pianeta ben adattata alla vita di mare, utilizza quale supporto per le loro abitazioni affacciate su lagune dall’acqua cristallina color turchese protette da barriere coralline.

La vita dei fondali ci viene rappresentata lussureggiante di organismi del tutto analoghi alle controparti ospitate nei reef terrestri, di una bellezza così strabiliante da rendere evidentemente difficoltoso anche ai “professionisti della fantasia”, proporre alternative credibili altrettanto scenografiche. Così madrepore e coralli (i costruttori della barriera) fanno da sfondo a gorgonie gigantesche (dalla forma di ampi ventagli) e crinoidi spettacolari (echinodermi come stelle e ricci di mare, simili a gigli su lunghi peduncoli).

Popolano questo mondo iridescente creature che si muovono eleganti e pulsanti, solitarie oppure a sciami, che ci ricordano la delicatezza degli Cnidari e degli Ctenofori (rispettivamente meduse e noci di mare), la mobilità dei calamari e degli altri cefalopodi (polpi, seppie, nautilus) assieme a forme meno note, come le salpe (Tunicati), che possono anche formare colonie natanti allungate come collane iridescenti. 

Qui la fantasia degli autori si è sbizzarrita proponendoci forme a volte del tutto fantasiose ma che sempre ci ricordano aspetti di vita terrestre. Le modalità di movimento, i traslucidi corpi pulsanti, dotati di filamenti e tentacoli sensoriali, tutto ci ricorda la vita ed i fenomeni che ci riportano sulla Terra, come i bagliori ed i riflessi della bioluminescenza.

In sostanza, tra Pandora e la Terra sono forti le somiglianze nella diversità di forme di vita e nel funzionamento degli organismi e degli ecosistemi.

Perché queste somiglianze? Forse troppa poca fantasia da parte degli autori? Pur se immersi in un’atmosfera diversa dalla nostra (nel film gli umani sono costretti ad indossare degli apparati respiratori), le condizioni ambientali di Pandora hanno prodotto soluzioni evolutive simili per il fenomeno della convergenza adattativa.

Ma quindi le somiglianze che tutti possiamo ammirare sullo schermo tra la Vita che conosciamo e quella immaginaria e del tutto fantastica del film sono dovute al fatto che la diversità delle forme di vita segue anche su Pandora le leggi dell’evoluzione per selezione naturali? Evidentemente sì, così come segue leggi analoghe proprie dell’ecologia terrestre come risultato dell’utilizzo del flusso di energia proveniente dalla stella attorno la quale Pandora ruota: processi ipoteticamente basati su di una chimica diversa ma che della chimica, della fisica e della biologia seguono le medesime regole note per la nostra Terra.

Verrebbe da chiedersi come facciano le popolazioni umanoidi di Pandora a mantenere l’equilibrio ecologico del loro pianeta pur avendo raggiunto un livello sociale e culturale tale che necessariamente si dovrebbe produrre un’interferenza con le dinamiche naturali. Sono gli stessi autori però a fornirci la spiegazione, considerato che su Pandora vige una sorta di “numero chiuso” per cui le nuove nascite sono conseguenti necessariamente alla morte di un altro individuo.

In questo paesaggio idilliaco si dipana la storia dei protagonisti che devono imparare a muoversi in questi habitat per loro nuovi ed ai quali i loro ospiti Metkayina, popolo del mare, sono chiaramente più adattati. Rispetto ai Na’vi, pur appartenendo alla stessa specie, sono dotati di una coda compressa lateralmente e di arti palmati che li favoriscono nel nuoto ma, soprattutto, sono in grado di trattenersi veramente a lungo sott’acqua. 

FIG.2Ma quindi i Na’vi ed i Metkayina sono specie distinte oppure no? Caratteri fisici e fisiologici così diversi dovrebbero essere rappresentativi di specie separate anche se il linguaggio condiviso e l’attrazione sessuale sembrano far propendere per una separazione specifica ancora non del tutto effettiva ed ancora incipiente. Qualcosa di diverso insomma rispetto alla situazione sperimentata dalla nostra specie, Homo sapiens, quando sulla terra venne a contatto con l’uomo di Neanderthal al momento in cui i due areali di distribuzione, rimasti separati fino ad allora, tornarono a coincidere. All’epoca, ci dicono oggi i genetisti, ci furono ancora casi di ibridazione (di cui portiamo ancora tracce nel nostro genoma) ma le due specie umane risultavano del tutto separate in termini morfologici, culturali e comportamentali.

Non volendo divagare ancora, abbiamo però capito che su Pandora l’evoluzione procede secondo gli stessi principi che agiscono sulla Terra ma, trattandosi di un mondo immaginario, non ci è possibile conoscere come si è dipanata storicamente nelle diverse specie, cosa che invece ci è possibile fare sulla Terra grazie ai fossili, una documentazione labile e talvolta poco accessibile ma che ci permette di conoscere le modificazioni nel tempo delle specie, un aspetto fondamentale per comprendere la Vita che ci circonda nei modi in cui ci appare oggi (fig. 1).

Torniamo quindi a scorrere le creature che il film ci propone, stavolta “Vertebrate” (e sì, sembra che ancora, per convergenza, anche su Pandora la presenza di un asse di sostegno longitudinale interno sia risultato vincente e si sia affermato come tra le specie più grandi e mobili con cui condividiamo il nostro Pianeta).

Andiamo per ordine, iniziamo quindi dai pesci o, meglio, dalle creature simil-pesci (appunto, non ne conosciamo la storia evolutiva, li vediamo semplicemente simili ai pesci che conosciamo, nulla possiamo dire se non che sono i pesci di Pandora) che il film ci propone. Partiamo dalle “cavalcature” dei guerrieri Metkayina, sorta di pesci volanti lunghi però 8 - 12 metri, sicuramente piscivori (si nutrono cioè di altri pesci). È possibile dedurlo dalla bocca allungata in avanti dotata di numerosi denti circa uguali tra loro (in realtà quelli più avanzati sono leggermente spinti in avanti per permettere di meglio afferrare le prede più sfuggenti). In pratica ai “nostri” pesci volanti (fam. Exocoetidae, Cheilopogon sp.) è stata aggiunta la bocca di un predatore che, sulla Terra, è un predatore di pesci, sia che si tratti della piccola aguglia che del gaviale del Gange. Addirittura sono dotati di poco convincenti narici all’apice del muso, proprio come nel coccodrillo che le utilizza per respirare restando fermo a pelo dell’acqua.

Nettamente più inquietante è l’enorme predatore che minaccia uno dei giovani protagonisti incautamente inoltratosi oltre il reef, in questo caso sembrerebbe che gli animatori si siano ispirati a qualcosa di molto più antico, sembrerebbe al micidiale Dunkleosteus, un enorme pesce corazzato del Devoniano, ovvero un periodo lontano da noi di più di 300 milioni di anni.

Ampi riferimenti al passato terrestre anche per l’altra tipologia di cavalcatura acquatica utilizzata dai Metkayina, stavolta la struttura di base della specie fa riferimento ai Plesiosauri giurassici, dal lungo collo e con quattro arti trasformati in pale con le quali poter letteralmente “volare” sott’acqua come nelle tartarughe marine. Di fatto, la testa è proprio come quella di una tartaruga marina, ugualmente dotata di un becco.

Si tratta quindi di creature che discendono da progenitori che vivevano sulla terraferma, proprio come quando i Rettili della Terra, ad un certo punto della loro storia evolutiva si adattarono a molteplici habitat acquatici, pensiamo ad esempio alle tartarughe marine ed ai coccodrilli attuali ma anche agli Ittiosauri (che pur essendo rettili somigliavano agli odierni delfini) ed ai Plesiosauri, appunto.

La stessa origine sulla terra ferma devono aver avuto i Tucul, ovvero quelle creature simili alle “nostre” balene che nel film vengono presentate con una stretta connessione emotiva con i Metkayna, in una sorta di fratellanza tra specie che purtroppo è ben lontana dall’esser stata raggiunta sul nostro Pianeta. La sagoma del corpo è stata immaginata come quella dei Cetacei, ugualmente a questi ultimi sono dotati di uno sfiatatoio all’apice del capo (l’equivalente delle nostre narici) a dimostrare un adattamento spinto all’ambiente acquatico pur essendo dotati di organi respiratori funzionali solo in condizioni aeree (non acquatiche). Il corpo è molto idrodinamico e dotato di ampie pinne pettorali (come nella megattera, Megaptera novaeangliae, Borowski 1781) e, curiosamente, di due paia di occhi. Durante il nuoto il corpo ondula in senso verticale proprio come nei Cetacei terrestri, un altro segnale di discendenza da ambienti di terraferma. La coda poi somiglia a quella dei lamantini (Mammiferi acquatici della famiglia dei Sirenidi), ampia e piatta ma suddivisa in tre lobi leggermente sfrangiati invece di essere costituita da un unico lobo come sulla Terra, con qualche dubbio sulla sua effettiva funzionalità ed efficienza.

Chissà, forse un voluto segnale degli autori per riconoscere alla Natura vera, alla Biodiversità reale della nostra Terra, la capacità di superare anche le nostre più immaginifiche fantasie (fig. 2).

Le creature immaginarie del film possono dunque rappresentare uno strumento utile ad illustrare concetti biologici ed ecologici. Lo spettatore è posto nella condizione di poter osservare ecosistemi rigogliosi che ospitano le più particolari forme di vita. Come visto i livelli di approfondimento possono essere molteplici: dai livelli morfologico e funzionale si passa a poter valutare gli adattamenti alle peculiari condizioni di vita - quindi al livello ecologico –. Ogni inquadratura può diventare quindi lo spunto per attività di educazione ambientale.

D’altra parte, solo catturando l’immaginazione come in un gioco, dall’interesse per la complessità della Vita nelle sue molteplici e meravigliose forme può risultare conoscenza, amore e rispetto.

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*Tenente Colonnello, Comandante Reparto Carabinieri Biodiversità di Punta Marina (RA)

Per chi volesse approfondire ancora questo che – appunto – è solo un gioco, si consiglia:

Bibliografia

Bellone Michele, 2023 - Ritorno a Pandora, “Le Scienze”, febbraio 2023, pag. 89.

https://pikaia.eu/gli-oceani-di-avatar-esobiologia-fantabiologia/