Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

DIRITTO 
I DIRITTI DELLA NATURA: LA PERSONALITA’ GIURIDICA DEGLI ECOSISTEMI
19/04/2025

Giacomo GIORGINI PIGNATIELLO
Dottore di ricerca in Scienze Giuridiche presso l’Università di Siena. Assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato presso l’Università di Napoli L’Orientale e tutor didattico di Istituzioni di Diritto pubblico presso l’Università di Bologna  


RIFLESSIONI A PARTIRE DA ALCUNE ESPERIENZE DEL SUD GLOBALE E DEL MAR MENOR IN SPAGNA

A partire dagli anni Duemila, ordinamenti tra loro culturalmente e geograficamente distanti nell’ambito del c.d. Sud Globale hanno riconosciuto soggettività giuridica agli elementi della natura. Si è così rotto un tabù millenario, che riservava all’essere umano e agli enti proiezione della sua personalità, l’esclusiva sulla soggettività giuridica.

Tale innovazione, piuttosto singolare vista dalla prospettiva occidentale, rappresenta una risposta critica alla visione “aziendalista” del diritto ambientale sviluppata dai sistemi giuridici del Nord Globale. Il fallimento del diritto ambientale, nella sua duplice dimensione internazionale e amministrativa, risiederebbe nella connaturata cedevolezza della tutela dell’integrità ecologica tutte le volte in cui nelle operazioni di bilanciamento vengono in gioco interessi di natura economica. L’impostazione antropocentrica del diritto ambientale occidentale finirebbe insomma per sacrificare sempre la salvaguardia degli equilibri biofisici della Terra in favore della tutela delle ragioni economiche.

Emersi in contesti a lungo depredati delle proprie ricchezze naturali durante i periodi coloniali e neocoloniali ad opera prima delle grandi potenze imperiali e oggi dei poteri privati globali, i diritti della natura propongono, al contrario, una visione giuridica alternativa, che concepisce la natura come parte di una rete interdipendente di relazioni e l’essere umano come componente dipendente da un sistema complesso di elementi tra loro interconnessi.

Since the 2000s, culturally and geographically distant legal systems within the so-called Global South have recognized the legal subjectivity of elements of nature. A thousand-year-old taboo has thus been broken, which reserved the exclusive right to legal subjectivity to human beings and to entities that project their personality.

This innovation, rather singular from a Western perspective, represents a critical response to the “corporate” vision of environmental law developed by the legal systems of the Global North. The failure of environmental law, in its dual international and administrative dimension, would reside in the inherent flexibility of the protection of ecological integrity whenever economic interests come into play in balancing operations. The anthropocentric approach of Western environmental law would ultimately always end up sacrificing the protection of the Earth’s biophysical balances in favor of the protection of economic reasons.

Emerging in contexts that have long been plundered of their natural riches during colonial and neocolonial periods by the great imperial powers first and today by global private powers, the rights of nature propose, on the contrary, an alternative legal vision, which conceives nature as part of an interdependent network of relationships and the human being as a dependent component of a complex system of interconnected elements.


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Il prototipo costituzionale: il caso dell’Ecuador

L’Ecuador è stato il primo Stato al mondo a riconoscere esplicitamente i diritti della natura in Costituzione (2008). Tale scelta si inserisce nel contesto del “nuovo costituzionalismo andino”, che valorizza le tradizioni indigene e propone una visione inter-relazionale e ciclica della convivenza umana e naturale. In questa prospettiva, l’ordinamento giuridico è inteso non come fatto sociale autonomo, ma come parte del sistema vivente stesso.

I principi ecologici fondamentali nella Costituzione dell’Ecuador includono: il principio di prevenzione e precauzione (art. 396), il principio in dubio pro natura (art. 395, co. 4); la consultazione preventiva obbligatoria delle popolazioni locali per le decisioni che hanno un impatto ambientale (c.d. consulta previa) (art. 398). Gli articoli 71-74 della Costituzione sanciscono, inoltre, i diritti della Pachamama (la Madre Terra), tra cui si rinvengono in particolare: il diritto al rispetto della propria esistenza e cicli vitali; il diritto alla rigenerazione e al ripristino; il divieto di attività lesive, come modificazioni genetiche e distruzione di ecosistemi.

Più recentemente, nel caso Los Cedros la Corte costituzionale dell’Ecuador è riuscita a proteggere grazie all’istituto dei diritti della natura una delle zone più biodiverse del Paese dallo sfruttamento minerario, laddove gli strumenti del diritto ambientale avevano fallito.  

 

La Nuova Zelanda: un caso di accomodamento tra culture in conflitto

La Nuova Zelanda rappresenta un’esperienza pionieristica in tema di diritti della natura, nonché uno dei modelli più replicati a livello globale. I diritti della natura si sono sviluppati come esito di una negoziazione politica tra Corona britannica e popolazioni Māori, in un contesto postcoloniale segnato dalla riconciliazione e dal riconoscimento delle ingiustizie storiche perpetrate dagli inglesi verso le popolazioni aborigene locali.

Il primo caso in Nuova Zelanda ha riguardato la foresta Te Urewera, abitata dal popolo Tūhoe. Dopo decenni di colonizzazione, confische e conflitti, una legge del 2014 ha riconosciuto a Te Urewera lo status di legal entity dotata di personalità giuridica. L’obiettivo perseguito dalle parti era duplice: ristabilire il legame spirituale tra i Tūhoe e il loro territorio e superare l’impasse politica tra esigenze di sovranità indigena e struttura statale imperniata sul diritto pubblico occidentale di derivazione britannica.

Successivamente, nel 2017 si è assistito alla promulgazione della legge Te Awa Tupua, che ha riconosciuto al fiume Whanganui personalità giuridica. Tale atto normativo si fonda sull’ontologia Māori, secondo cui il fiume è un’entità vivente e un vero e proprio antenato comune. La legge riconosce il fiume come un insieme indivisibile e vivente (art. 12), che incorpora elementi fisici e spirituali. Anche tale normativa mira sostanzialmente a risolvere radicate controversie territoriali, mai realmente risolte, e a riconoscere diritti storicamente negati alle popolazioni Māori sui territori che abitano da lunghissimo tempo.

 

Costituzionalismo ecologico e leggi sulla Madre Terra in Bolivia

In Bolivia, il riconoscimento dei diritti della natura si inserisce nel contesto della Costituzione plurinazionale del 2009, che valorizza la diversità culturale e la visione andina della “Madre Terra”. La Costituzione richiama il concetto di vivir bien (in lingua aymara suma qamaña), inteso come armonia tra individuo, comunità e natura e come base per un nuovo modello socioeconomico.

Con la legge n. 71 del 2010 sui Diritti della Madre Terra, approvata in vista del vertice di Cancun, è stato attribuito alla Madre Terra lo status di soggetto collettivo di interesse pubblico. La legge riconosce diritti ecologici fondamentali alla natura, come la conservazione della biodiversità, la tutela dei cicli idrici e la protezione da agenti inquinanti. Ad oggi, tuttavia, mancano ancora strumenti attuativi precisi che ne consentano una implementazione effettiva ed efficace.

La situazione non è migliorata con l’adozione della legge quadro n. 300 del 2012, promulgata prima della conferenza di Rio+20, con la quale si è formalmente tentato di rendere operativa la normativa del 2010. La legislazione del 2012, pur confermando il riconoscimento giuridico della Madre Terra, sembra aver compiuto passi indietro nella tutela della natura. Infatti, ha relativizzato i diritti della natura subordinandoli a obiettivi di sviluppo economico. Ha tentato, inoltre, di introdurre meccanismi amministrativi e giurisdizionali di tutela, che risultano, tuttavia, all’atto pratico ambigui e poco vincolanti. Nonostante la retorica dei diritti della natura, lo Stato boliviano continua, infatti, ad incentivare lo sfruttamento delle risorse naturali, soprattutto minerarie, giustificandolo anche con la stessa immagine della Madre Terra, intesa quale entità generosa verso i propri figli.

 

Il costituzionalismo ecologico colombiano: i diritti del Rio Atrato

La Costituzione colombiana del 1991 non menziona esplicitamente i diritti della natura, ma impone obblighi di tutela ambientale. La giurisprudenza costituzionale, notoriamente progressista, è addivenuta gradualmente ad elaborare il concetto di “Costituzione ecologica”, sulla base di un’operazione ermeneutica fondata sui propri precedenti giuridici, attribuendo all’ambiente una triplice valenza: quale principio costituzionale, diritto fondamentale e dovere dello Stato.

Nel 2016, tuttavia, si è assistito ad un vero e proprio cambio di paradigma, inaugurato motu proprio, dalla giustizia costituzionale. Fondando la propria motivazione sui principi costituzionali del pluralismo culturale e sulla “Costituzione ecologica” del 1991, la Corte costituzionale nel 2016 ha introdotto il concetto di diritti bio-culturali, incentrati sul legame indissolubile tra ambiente naturale e cultura olistica e animista delle comunità etniche locali. Il fiume Atrato è stato riconosciuto titolare del diritto alla protezione, al mantenimento e al ripristino. In ottemperanza alla decisione della Corte, il Governo ha inviato l’esercito nazionale sulle rive del fiume Atrato per eliminare le miniere e i laboratori illegali costruiti negli anni. 

Nonostante le difficoltà, parte della dottrina vede nelle numerose pronunce che in Colombia stanno riconoscendo diritti ad elementi della natura, un’opportunità di costruzione istituzionale e partecipazione sociale, soprattutto nei territori più vulnerabili.

 

I diritti della natura in India: religione, diritto e personificazione del sacro

In India, la giurisprudenza ambientale è stata nel tempo sviluppata attivamente, attraverso lo strumento dell’azione di interesse pubblico (public interest litigation).  Nel Paese, peraltro, opera una giurisdizione specializzata nelle questioni ambientali (National Green Tribunal).

Nel 2017, l’Alta Corte dell’Uttarakhand ha riconosciuto personalità giuridica ai fiumi Gange e Yamuna e ad altri elementi naturali (ghiacciai, laghi, cascate), attribuendo loro i diritti ad esistere, rigenerarsi e mantenere i propri ecosistemi. La decisione è ricorsa alla dottrina del parens patriae, dichiarando che tali entità devono essere tutelate come persone viventi: al pari di minori e incapaci.

La Corte ha motivato l’attribuzione di soggettività giuridica con il valore religioso del Gange per gli induisti, creando perplessità sul rispetto dei principi costituzionali di pluralismo e laicità nell’ordinamento indiano. L’attribuzione di diritti fondati sulla religione maggioritaria rischia, infatti, di escludere le minoranze. Inoltre, nonostante il richiamo alla sacralità, l’inquinamento del fiume non pare essersi arrestato, suggerendo uno scollamento tra simbolismo giuridico e realtà.

La pratica di attribuire personalità giuridica alle divinità religiose, soprattutto per scopi patrimoniali, tuttavia, è diffusa nella cultura giuridica indiana. La personificazione del Gange non risulta dunque anomala, ma certamente fa dubitare della reale efficacia di un provvedimento giurisdizionale che deve fare i conti con un territorio sconfinato e problemi atavici fortemente radicati nella cultura locale altamente inquinante, in relazione tanto ad abitudini individuali e collettive, quanto alle modalità di esercizio delle attività di impresa.

 

Oltre il Sud Globale: i diritti del Mar Menor in Spagna

Ritornando nel Nord Globale ed in particolare in Spagna, il Mar Menor è una laguna salata nella regione della Murcia, caratterizzata da una elevatissima biodiversità e come tale considerata area protetta sin dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso. Nonostante la convergenza di discipline internazionali, nazionali e locali a tutela dell’ecosistema del Mar Menor, la speculazione edilizia e lo sviluppo incontrollato dell’agroindustria negli ultimi decenni sono riusciti comunque a determinare un progressivo collasso ecologico della laguna.

Sulla base di una vasta mobilitazione pubblica, il Parlamento nel 2022 ha approvato la prima legge in Europa con cui si riconoscono diritti ad un’entità naturale. Il Mar Menor ha acquistato così il diritto alla protezione, alla conservazione e al ripristino, nonché ad evolvere naturalmente. La legge, inoltre, istituisce un Comitato di rappresentanza, una Commissione di monitoraggio e un Comitato scientifico. Tutti i cittadini hanno diritto di agire in giudizio in difesa del Mar Menor, con la previsione di una vera e propria actio popularis.

In maniera del tutto inaspettata, il Tribunal Constitucional spagnolo, investito della questione, ha adottato un’interpretazione evolutiva dell’articolo 45 della Costituzione (che tutela appunto il diritto/dovere di tutti a godere di un ambiente “idoneo allo sviluppo della persona”), riconoscendo che la tutela dell’ambiente può essere perseguita anche attraverso meccanismi giuridici innovativi, purché finalizzati al miglioramento della qualità della vita e alla salvaguardia degli ecosistemi.

 

Quali riflessi sulla tutela costituzionale dell’ambiente in Italia?

Storicamente promotore di un antropocentrismo giuridico funzionale alla produzione e al consumo illimitato, il Nord Globale nel XXI secolo è chiamato a confrontarsi con la necessità di ripensare la propria struttura assiologica, in vista di un paradigma ecologico più sostenibile. Nel Sud Globale, anche grazie ad una tradizione culturale ctonia e a processi di decolonizzazione del diritto, la natura è stata progressivamente liberata dallo status di res per essere elevata a vera e propria persona giuridica. Accade così che nella ricerca di nuove soluzioni il Nord Globale si apra alla irrituale possibilità di trarre giovamento da quanto sperimentato da alcune esperienze costituzionali del Sud Globale. Così è accaduto, ad esempio, per la Spagna nel caso del Mar Menor. Potrebbe accadere lo stesso in Italia, a seguito della revisione degli art. 9 e 41 della Costituzione avvenuta nel 2022? Le iniziative popolari non mancano anche da noi, come dimostrano le recentissime Dichiarazioni dei diritti del lago di Garda e della laguna di Venezia.