
Raramente reinventiamo la ruota, eppure quando si tratta di sicurezza climatica, ci troviamo di fronte a una sfida che richiede un cambiamento radicale del nostro modo di concepire la sicurezza e la difesa. Il cambiamento climatico non è semplicemente un ulteriore elemento da aggiungere alla lunga lista delle minacce globali; è un problema sistemico che trasforma profondamente gli ambienti geopolitici e strategici, imponendo una revisione complessiva delle priorità, degli strumenti e dei modelli operativi.
Questi i temi affrontati dal 20 al 23 maggio ultimi scorsi, presso il Collège Militaire Royal de Saint-Jean, in Québec (CAN), dove il Centro di Eccellenza della NATO per il Cambiamento Climatico e la Sicurezza (CCASCoE) ha tenuto il suo primo corso ufficiale: il “Climate Security & Defence Course”, al quale hanno partecipato oltre 30 rappresentanti delle Forze Armate e dei Ministeri della Difesa e degli Affari Esteri di diversi Paesi membri della NATO, insieme a delegati dell’Unione Europea, dello Stato d’Israele e di regioni del Sud globale particolarmente colpite dagli effetti del cambiamento climatico (come i Caraibi, l’Africa occidentale e la regione MENA).
Il programma, che ha visto tra i relatori anche esperti della Missione ONU in Sud Sudan (UNMISS), del Quartier Generale della NATO, dell’Università della British Columbia e del Council on Strategic Risks (USA), ha rappresentato un passaggio fondamentale per rafforzare la capacità militare e civile di anticipare, adattarsi e rispondere alle minacce legate al clima.
Le sessioni hanno affrontato temi cruciali: eventi meteorologici estremi, vulnerabilità delle infrastrutture critiche, migrazioni forzate e pressioni ambientali sui conflitti armati.
Ampio spazio è stato dedicato anche all’integrazione tra esercitazioni strategiche (wargaming) e fondamenti scientifici del cambiamento climatico, a supporto della pianificazione operativa.
L’Italia ha preso parte al corso con la presenza di un Ufficiale Superiore dell’Arma dei Carabinieri, designato dallo Stato Maggiore della Difesa in rappresentanza delle Forze Armate italiane. Una partecipazione che ha rappresentato un naturale punto di raccordo con l’esperienza e le competenze degli oltre 7.000 Carabinieri Forestali, da anni impegnati nella tutela dell’ambiente, in Italia e all’estero.
L’articolo che segue esplora le complesse interazioni tra clima, sicurezza e difesa, illustrando come le forze armate, e in particolare la NATO, devono ripensare le proprie strategie alla luce dei rischi e delle opportunità imposti da un mondo in rapido cambiamento ambientale.
Il cambiamento climatico come fattore di trasformazione strategica
Il primo punto da sottolineare è che il cambiamento climatico non è un rischio statico o un problema isolato: è un driver di trasformazione geopolitica e strategica. Le competizioni globali non si limitano più solo ai tradizionali ambiti militari o economici, ma si intrecciano con le risorse naturali, le migrazioni di massa e l’instabilità derivante da eventi climatici estremi.
Più che un "altro problema nella lista" di minacce di sicurezza, il cambiamento climatico trasforma la lista stessa, richiedendo una riconsiderazione approfondita e continua di cosa significhi sicurezza. Questo implica che le istituzioni della difesa e i decisori politici devono re-analizzare e re-identificare le priorità di sicurezza in chiave climatica, inserendo il cambiamento ambientale come fattore critico nelle valutazioni e nelle pianificazioni strategiche.
La riflessione dovrebbe partire dal presupposto che la sicurezza climatica è profondamente contestuale e varia da luogo a luogo. Il Canada non è la Finlandia, né gli Stati Uniti sono l’Africa. Gli effetti del cambiamento climatico si manifestano con intensità e modalità diverse, influenzati da condizioni sociali, politiche ed economiche uniche in ciascun territorio. Questo richiede un approccio multilivello e adattativo che tenga conto delle specificità regionali e nazionali.
Un approccio locale e regionale alla sicurezza climatica
Nel discutere la sicurezza climatica, l’esperienza locale e regionale diventa cruciale. Le soluzioni e le valutazioni non possono essere monolitiche o uniformi; devono invece basarsi su studi di caso concreti e contestualizzati. Per esempio, dalla collaborazione con colleghi esperti provenienti da contesti molto diversi - Canada, Finlandia, Africa e altri - è emersa chiaramente la necessità di comprendere come le condizioni climatiche e le dinamiche di sicurezza interagiscano in modi unici e spesso imprevedibili.
Questa prospettiva si basa su una combinazione di scienza, politica e analisi militare, dove la sicurezza climatica si presenta come un campo interdisciplinare e intersettoriale. Sebbene la scienza climatica fornisca dati essenziali, la politica di sicurezza e le decisioni militari devono adattarsi a un livello di incertezza elevato, dove molte azioni e strategie rimangono ancora da definire.
Scienza, politica e sicurezza: un’intersezione complessa
La sicurezza climatica è un punto d’incontro tra la scienza e la politica, tra i dati oggettivi e le decisioni strategiche. Molte delle conoscenze scientifiche sul cambiamento climatico sono avanzate, ma come queste si traducano in politiche efficaci e azioni militari concrete è ancora una sfida aperta.
Questo perché spesso non sappiamo esattamente quali misure adottare o come implementarle efficacemente nel breve e medio termine. La sfida è dunque quella di costruire ponti tra il rigore scientifico e la flessibilità politica, tenendo conto della complessità sociale e operativa dei contesti militari.
Un’immagine efficace per descrivere questo scenario è quella dei “polsi e polifichi” dove ogni elemento – come un nodo, un’articolazione, un giunto – svolge un ruolo essenziale per il funzionamento dell’insieme. In questo contesto, i “polsi” (punti di connessione e snodi di movimento) possono rappresentare le decisioni politiche, i dati scientifici, le priorità operative che muovono l’azione, mentre i “polifichi” richiamano componenti meno visibili ma strutturali, come le assunzioni metodologiche, le infrastrutture cognitive e le reti di scambio informativo che sostengono e rendono coesa la struttura. Applicata alla sicurezza climatica, questa immagine vuole rappresentare un sistema dinamico e integrato, dove scienza climatica, analisi dei dati, decisioni strategiche, strutture politiche, operazioni militari, aspetti sociali ed economici devono necessariamente funzionare insieme, in modo coordinato e adattivo. Si tratta di un sistema estremamente complesso ed interconnesso di elementi che devono essere coordinati adeguatamente per produrre degli effetti che possano dirsi efficaci nel lungo termine.
Dati e metodologie per l’analisi della sicurezza climatica
Uno degli aspetti più delicati e cruciali della sicurezza climatica è la gestione dei dati e delle metodologie analitiche. La costruzione di un quadro realistico e operativo dipende infatti dalle scelte metodologiche adottate, dalle fonti di dati adottate, dagli indicatori selezionati e dagli strumenti di analisi utilizzati.
Durante la recente sessione di lavoro in Quebec, sono stati presentati casi concreti che mostrano come dati di natura climatica e dati di conflitti armati possano essere integrati per fornire una visione più globale e utile ai decisori militari.
Caso 1: Sud Sudan, integrazione di dati climatici e di conflitto
Nel primo esempio, lo studio si è concentrato sul Sud Sudan, dove dati satellitari sul flusso massimo di acqua sono stati sovrapposti a database di conflitti relativi al 2023. L’immagine risultante ha mostrato come le zone di maggiore flusso idrico - un indicatore di eventi climatici estremi - coincidano in alcune aree con un incremento degli incidenti di sicurezza.
Questa sovrapposizione permette di comprendere meglio l’interconnessione dinamica tra stress ambientale e instabilità politica, offrendo strumenti per anticipare le crisi e pianificare interventi più mirati. Si tratta di un primo passo fondamentale per trasformare dati complessi in analisi operative. Gap di questo case study è rivelato essere il fatto che i dati raccolti non avrebbero tenuto in debita considerazione gli aspetti legati agli storici dissapori etnici esarcebatisi in epoca coloniale e che producono tutt’oggi i loro effetti. Il Sud Sudan è stato teatro di due lunghe guerre civili (1955-1972 e 1983-2005) tra il Governo del Sudan (dominato dal nord) ed i gruppi di resistenza del sud che rivendicavano la propria indipendenza territoriale, e questo aspetto ha serie implicazioni sull’odierno assetto culturale della regione.
Caso 2: Myanmar, ciclone Mocha e conflitti armati
Un secondo esempio riguarda l’evento del ciclone Mocha nel 2023 in Myanmar. La mappa ha mostrato la traiettoria del ciclone con la velocità dei venti sovrapposta a dati di conflitti armati tra diversi gruppi militari.
L’analisi ha indicato come l’evento climatico abbia aggravato le tensioni preesistenti, innescando nuovi conflitti e spostamenti di popolazioni civili. Questo caso ha invece concretamente dimostrato la complessità dell’interazione tra fattori climatici e dinamiche di sicurezza, sottolineando l’importanza di una valutazione integrata e multidimensionale.
Terminologia e strumenti per la sicurezza climatica
Per muoversi efficacemente nel campo della sicurezza climatica è necessario definire chiaramente ed in maniera standardizzata la terminologia e i concetti fondamentali:
- database: raccolte sistematiche di dati che possono includere osservazioni climatiche da satelliti, indicatori di sicurezza e dati socio-economici.
- metriche e indicatori: misure costruite e validate da modelli per quantificare fenomeni come la sicurezza alimentare o il rischio di conflitto.
- strumenti e framework: applicazioni e piattaforme, spesso interattive e basate sul web, che permettono di visualizzare, analizzare e interpretare i dati.
La corretta comprensione e gestione di questi elementi è indispensabile per sviluppare analisi robuste e affidabili, che siano in grado di supportare decisioni strategiche di alto livello.
Impatti operativi del cambiamento climatico sulle forze armate
Il cambiamento climatico non impatta solo a livello strategico o di pianificazione, ma produce effetti concreti e immediati sulle capacità operative delle forze armate. Alcuni di questi impatti includono:
- riduzione delle finestre di addestramento: eventi meteorologici estremi, come incendi boschivi o inondazioni, riducono il tempo disponibile per l’addestramento del personale, influendo sulla prontezza operativa;
- usura accelerata delle attrezzature: condizioni climatiche severe aumentano la manutenzione e l’obsolescenza dei materiali e dei mezzi militari.
- salute e benessere del personale: le nuove condizioni ambientali pongono sfide per la salute fisica e mentale degli operatori, richiedendo nuove forme di supporto e adattamento.
- riprogettazione della forza: le forze armate devono ripensare la loro organizzazione e la distribuzione delle risorse in funzione delle nuove realtà ambientali e geografiche.
Questi fattori combinati rendono necessario un aggiornamento continuo dei modelli operativi e un’attenzione crescente alla resilienza delle forze armate.
La NATO di fronte alla sicurezza climatica: una sfida di interoperabilità e innovazione
Per un’organizzazione come la NATO, che basa la sua efficacia sull’interoperabilità tra forze alleate, la sfida climatica assume una dimensione ancora più complessa. La standardizzazione degli equipaggiamenti e dei processi diventa uno strumento essenziale per mitigare gli effetti del cambiamento climatico e garantire la prontezza delle forze.
Tuttavia, non si tratta semplicemente di “verdeggiare la difesa” (Greening Defense) o di introdurre misure ecologiche superficiali: la mitigazione è una conseguenza diretta di una interoperabilità efficiente, che permette di ridurre costi, sprechi e vulnerabilità.
La NATO deve dunque guidare un percorso di innovazione e adattamento che integri scienza, tecnologia e strategia militare, sviluppando capacità nuove e flessibili per affrontare un futuro incerto ma inevitabilmente influenzato dal clima.
Per concludere, la sicurezza climatica rappresenta una sfida senza precedenti per la difesa e le forze armate. Richiede un cambio di paradigma che va ben oltre l’aggiunta di nuovi rischi nella lista delle minacce, ma che investe le fondamenta stesse della strategia, della pianificazione e delle operazioni militari.
L’analisi critica dei dati e delle metodologie, l’attenzione al contesto locale e la capacità di integrare scienza, politica e azione militare sono gli elementi chiave per costruire una sicurezza climatica efficace. Solo così sarà possibile garantire alle forze armate la resilienza necessaria per proteggere cittadini e nazioni in un mondo in rapida evoluzione.