Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

CLIMA 
L’IMPATTO DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI SUL RISCHIO DI INTOSSICAZIONE ALIMENTARE DA CONTAMINANTI CHIMICI: MICOTOSSINE E BIOTOSSINE MARINE
07/06/2023
 di Samuele Pulze 
Ten. Col. CC RT (vet), Capo della 1^ Sezione del Servizio per la Veterinaria del Dipartimento per l’Organizzazione Sanitaria e Veterinaria del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri e Ufficiale addetto dell’Ufficio Comando del Centro Nazionale di Accoglienza degli Animali Confiscati Carabinieri (CNAAC)


figura 1
Schema di monitoraggio del pianeta Terra basato sui planetary boundaries. Fonte: Science, vol. 347 no. 6223

I cambiamenti climatici di origine antropica stanno modificando il nostro pianeta: l’uomo ha inaugurato la propria era, l’Antropocene, condizionando e alterando biodiversità ed ecosistemi naturali. In tale contesto, la frequenza dei fenomeni di contaminazione chimica di origine biologica nei prodotti alimentari è in aumento e i dati di Allerta (Sistema RASFF) nell’Unione Europea confermano il trend.

Climate change of of anthropic origin is modifying our planet: man has inaugurated his own era, the Anthropocene, conditioning and altering biodiversity and natural ecosystems. In this context, the frequency of chemical contamination phenomena of biological origin in food products is increasing and the Alert data (RASFF System) in the European Union confirm the trend.

Dall’Olocene all’Antropocene: la nuova epoca dell’uomo

La storia geologica del pianeta Terra viene convenzionalmente suddivisa in eoni, ere, periodi ed epoche: attualmente viviamo l’epoca Olocene . Negli anni ‘80 del secolo scorso iniziò a farsi strada il termine Antropocene, utilizzato per la prima volta dal biologo E. Stoermer, per riferirsi all’impatto delle attività umane sul pianeta; l’Anthropocene Working Group (AWG), nel 2021, ha proposto di aggiungere la nuova epoca nella storia geologica del pianeta, individuandone, tra le possibili date di inizio, la metà del XX sec. (crescita demografica esponenziale e sfruttamento massivo dei combustibili fossili). Il nostro impatto sul pianeta  è devastante: abbiamo modificato il 75% della superficie terrestre, dominiamo il 90% degli ecosistemi, stiamo causando l’estinzione dell’80% delle altre specie e abbiamo trasformato la composizione chimica dell’acqua e dell’atmosfera, determinando quel complesso di fenomeni definito “cambiamento climatico”.

figura 2
Processo di acidificazione degli oceani. Fonte: College of Biological Sciences/UC Davies.

I limiti planetari e il cambiamento climatico

Nel 2009, i ricercatori dello Stockholm Resilience Centre e dell’Australian National University hanno realizzato uno schema di monitoraggio delle “condizioni di salute” della Terra, basato sui 9 limiti di seguito elencati, relativi ai processi planetari (planetary boundaries), all’interno dei quali la vita umana avrebbe potuto prosperare senza causare danni all’ambiente:
1. il cambiamento climatico;
2. l’acidificazione degli oceani;
3. l’entità dello strato di ozono in stratosfera;
4. l’alterazione del ciclo bio-geo-chimico di azoto e fosforo ;
5. l’utilizzo globale di acqua potabile;
6. il cambiamento di uso del suolo;
7. la perdita di biodiversità;
8. il carico atmosferico di aerosol;
9. l’inquinamento da prodotti chimici immessi nell’ambiente.


figura 3
Bacilli. Fonte: 123RF.com.

I limiti n. 1., 4. e 7. risultavano aver già superato la soglia proposta al momento dell’elaborazione del modello; successivamente, nel 2015, il chimico W. Steffen ha definito il superamento anche del limite n. 6.
Il termine “cambiamento climatico” non possiede una definizione univoca: tuttavia, possiamo ricorrere all’interpretazione dell’ Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)  : “alterazione nello stato del clima, che può essere identificato da cambiamenti nella media e/o dalla variabilità delle sue proprietà, che persiste per un periodo prolungato; tali cambiamenti possono essere causati da processi interni naturali, da forzature esterne e/o da alterazioni antropogeniche nella composizione dell’atmosfera o nell’uso del suolo”.
In particolare, le attività antropogeniche sono responsabili del processo di acidificazione delle acque oceaniche, nonché dell’aumento della T° dell’aria e delle acque marine superficiali, degli eventi meteorologici e climatici estremi e del livello medio globale del mare.

figura 4
Mais con Aspergillus flavus. Fonte: GionaleSanità.it.


Incidenza del cambiamento climatico sul sistema agro-alimentare e la nascita del progetto “CLEFSA”  

I cambiamenti climatici antropogenici impattano in modo rilevante sulla produzione degli alimenti, con effetti critici nelle aree a medio-basso reddito, dove milioni di persone dipendono dai sistemi agricoli, a causa delle ripercussioni negative sui raccolti di cereali, sull’allevamento (malattie epidemiche e parassitosi) e sulla pesca/acquacoltura (estinzione della barriera coralline; riduzione della biodiversità marina).
La FAO, nel 2008, ha pubblicato il documento “Climate change: Implications for food safety”, con il quale è stata fornita un’ampia panoramica delle interazioni esistenti tra i fattori ambientali indotti dal cambiamento climatico e i rischi relativi alla sicurezza alimentare.

L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA)  ha varato, nel 2018, lo specifico progetto “CLEFSA”, con l’obiettivo di individuare i rischi emergenti sulla sicurezza alimentare determinati dal cambiamento del clima; i risultati, compendiati nel Rapporto scientifico del giugno 2020, portano all’individuazione di 129 problematiche, suddivise nelle categorie:
- pericoli biologici per la salute umana (Vibrio spp., Campylobacter spp. e Norovirus);
- pericoli per salute e benessere animale (virus, batteri e parassiti veicolati da vettori biologici);
- pericoli per la salute delle piante (Xylella fastidiosa; Bactrocera oleae);
- contaminanti (micotossine; biotossine marine);
- qualità nutrizionale (carenza di micronutrienti).

figura 5
Red tide. Fonte: Fondazione Centro ricerche marine, Regione Emilia Romagna.

Contaminanti chimici di origine biologica: classificazione e normativa

Le micotossine

I funghi sono organismi eucarioti, uni- e pluri-cellulari, comprendenti oltre 700.000 specie, suddivise in micro- (muffe, lieviti, dimorfi) e macro-miceti. Le muffe, in particolare, dipendono, per il loro fabbisogno nutrizionale, dal substrato organico sul quale si sviluppano, condizionate dai fattori temperatura, tenore di acqua libera (Aw ), atmosfera gassosa, condizioni climatiche, tecniche di raccolta e condizioni stressogene per le piante.
La rilevanza delle micotossine, in termini di salute pubblica, deriva dalla potenzialità cancerogenetica, dalla presenza ubiquitaria in una vasta gamma di derrate alimentari, nonché dalla loro natura chimica, che le rende termostabili e, pertanto, resistenti ai normali trattamenti utilizzati nei processi di produzione.
Le micotossine di maggior rilievo per frequenza di riscontro sono:
- le aflatossine: prodotte da ceppi di Aspergillus flavus e di A. parasiticus ; le principali sono B1, B2, G1, G2 e M1 ; gli alimenti più frequentemente contaminati sono arachidi, semi di cotone, mais, sorgo e soia; esercitano azione epatotossica, cancerogena, teratogena e mutagena, nonché un effetto immunodepressivo; i tenori massimi negli alimenti sono stabiliti, in ambito UE, dal Reg. CE 1881/2006 e s.m.i.;
- ocratossina A: prodotta da Aspergillus ochraceus e Penicillum verrucosum, è la micotossina più diffusa nei prodotti alimentari (mais, riso, orzo, segale, caffè, semi di cacao, legumi, vino, succo d’uva, spezie e alcune matrici proteico-lipidiche di origine animale); ha il suo organo-bersaglio nel rene, dove esercita azione nefrotossica e cancerogena ; a dosi elevate causa immunodepressione, teratogenicità, mutagenicità e mielotossicità; i tenori massimi sono stabiliti dal citato Reg. CE  1881/2006;
- tricoteceni: circa 170 tossine, prodotte da varie specie fungine (generi Fusarium, Myrothecium, Stachybotrys, Tricoderma, Cephalosporium e Trichothecium); la tossina T-2 e il deossinivalenolo (DON) parassitano prevalentemente i cereali: la prima produce una forte azione dermotossica, epatotossica, teratogena, embriotossica, emolitica ed emorragica, mentre il DON causa una sindrome emetica; la normativa di riferimento è quella citata;
- fumonisine: prodotte da muffe del genere Fusarium, contaminanti del mais e dei suoi derivati; la tossina più frequentemente segnalata è la B1; la normativa di riferimento è quella citata;
- zearalenone (ZEA): prodotto da muffe appartenenti al genere Fusarium, che colonizzano le colture di cereali; oltre ad effetti estrogenici, presenta attività ematotossica; la normativa di riferimento è quella citata;
- patulina: prodotta da oltre 60 specie fungine, tra le quali Aspergillus clavatus, A. terreus, Penicillum expansum e Byssochlamys nivea; si ritrova come contaminante delle mele e del suo succo; la normativa di riferimento è quella citata.

Le biotossine marine

Il termine Harmful Algal Bloom (HAB) definisce il fenomeno naturale legato alla proliferazione di alghe tossiche e/o dannose, sia nel caso che la loro densità sia in grado di modificare la colorazione dell’acqua (red tide o “maree rosse”  ), sia nel caso di densità inferiore, comunque capace di accumulo di livelli preoccupanti di biotossine nei prodotti ittici. Le HABs negli ultimi decenni sono notevolmente aumentate, sia per frequenza, sia per intensità dei fenomeni, dovute ai cambiamenti climatici e all’eutrofizzazione nelle aree costiere.
figura 6
Area geografica di prevalenza dei casi di ciguatera. Fonte: Fondazione Centro ricerche marine, Regione Emilia Romagna.

Delle circa 5.000 specie di alghe unicellulari marine conosciute, oltre un centinaio sono in grado di produrre tossine dannose per l’uomo, classificate in 10 gruppi:

- Azaspiracidi (AZAs): causano sintomi da Diarrheic Shellfish Poisoning (DSP)  ; identificati in cozza, ostrica del Pacifico, cappasanta atlantica, vongola verace, cuore, cappalunga e granchi; segnalazioni provengono da Irlanda, Scandinavia, Regno Unito, Francia e Penisola Iberica;

- Brevetossine (BTXs = PbTXs): responsabili della sintomatologia neurologica e gastro-intestinale da Neurotoxic Shellfish Poisoning (NSP)  ; individuate durante le red tide in Golfo del Messico, Mar dei Caraibi, Nuova Zelanda, Spagna, Mare Mediterraneo, Mare Adriatico e Sardegna; prevalentemente implicati vongole, ostriche e mitili;

- Imine Cicliche (CI): biotossine emergenti, riconducibili, in base ai sintomi, a quelle responsabili di DSP;

- Acido Domoico (DA): causa di Amnesic Shellfish Poisoning (ASP), con sintomatologia a carico del sistema nervoso (mal di testa, letargia, confusione, perdita dell’orientamento, parestesia e perdita di memoria di breve termine) e dell’apparato digerente; implicati mitili e cappasanta atlantica; casi di intossicazione registrati in Canada e California;

- Acido Okadaico e derivati (OAs): cauasano sintomi da DSP in forma acuta e durata di 2-3 giorni, senza determinare conseguenze; casi di intossicazione sono riportati in tutto il mondo , per consumo di mitili, telline, ostriche e granchi;

- Pectenotossine (PTXs): cauasa della sindrome DSP; l’intossicazione avviene prevalentemente per il consumo di Patinopecten yessoensis;

- Saxitossine (STXs): causano la sindrome Paralytic Shellfish Poisoning (PSP); i quadri sintomatologici variano da una forma lieve a una molto grave, in cui può subentrare la morte per paralisi respiratoria; sono prevalentemente implicati mitili, ostriche, vongole, gasteropodi, crostacei (granchi) e pesci (clupeiformi e perciformi); presenza di focolai in Giappone, Venezuela. Guatemala, Filippine, Inghilterra e Spagna;

- Yessotossine (YTXs): la sintomatologia nell’uomo non è ancora nota, in quanto non sono mai stati segnalati casi di intossicazione per consumo di prodotti ittici;

- Palitossine (PITXs): tra le più potenti e letali tossine marine, sono implicate in gravi intossicazioni derivanti dal consumo di crostacei e di pesci, con la manifestazione di disturbi gastro-intestinali, accompagnati da potenti sintomi cardio-circolatori, spasmi muscolari e mialgia, dispnea, convulsioni e difficoltà respiratoria; in Europa sono per lo più associate a disturbi di carattere respiratorio (Spagna, Francia, Grecia e Italia);

- Ciguatossine (CTXs): ciguatera rappresenta la più comune malattia a trasmissione alimentare nel mondo, concentrata nella zona tropicale e sub-tropicale dell’Oceano Pacifico, dell’Oceano Indiano e del Mare dei Caraibi, tra la latitudine 35° Nord e 35° Sud, ma con un recente interessamento anche di aree temperate (Europa e Nord America); i quadri clinici sono riconducibili a disturbi gastro-intestinali, neurologici (inversione della sensibilità termica caldo/freddo, cefalea, convulsioni, allucinazioni visive e uditive, vertigini e perdita dell’equilibrio, alterazioni del gusto, disautonomia) e cardiovascolari; gli individui colpiti si ristabiliscono entro 1-4 settimane, tuttavia i sintomi neurologici possono ripresentarsi periodicamente (forma cronica) .

I limiti di biotossine marine tollerati sono prescritti, in ambito UE, dal Reg. CE 853/2004; in particolare:
- Sezione VII: Molluschi bivalvi vivi, Capitolo V: Norme sanitarie per i molluschi bivalvi vivi, “2. Essi non devono contenere biotossine marine in quantità totali (misurate nel corpo intero nelle parti consumabili separatamente) superiori ai seguenti limiti: a) PSP …; b) ASP …; c) acido okadaico, dinophysitossine e pecten"otossine complessivamente …; d) yessotossine …; e) azaspiracidi …”;
- Sezione VIII: Prodotti della pesca, Capitolo V: Norme sanitarie per i prodotti della pesca, E. Tossine nocive per la salute umana, “2. Non devono essere immessi sul mercato i prodotti della pesca contenenti biotossine (ad esempio la ciguatossina o le tossine che paralizzano i muscoli) …”.

figura 7

Funzionamento del Sistema RASFF. Fonte: EFTA Surveillance Authority.

Focolai di intossicazione e delle segnalazioni inerenti alla presenza di micotossine e biotossine marine

La presenza delle micotossine è problematica di prioritario interesse nei Paesi industrializzati, dove i cereali, loro target privilegiato, costituiscono circa il 30% dell’intera dieta. Negli anni 2003 e 2012, l’Italia e gli Stati del Sud dell’Europa, rispettivamente, sono stati segnalati per l’allarmante livello di contaminazione del mais. Per quanto concerne, poi, la presenza nei cereali di micotossine prodotte dal genere Fusarium, nell’area UE nel decennio 2010-2019, l’incremento è stato graduale e continuo, con picchi di DON in Ungheria, Olanda, Portogallo, Francia, Romania e Italia.
La “tropicalizzazione” dei mari europei determina la comparsa di microalghe aliene, che ormai trovano condizioni ideali di proliferazione anche nelle aree temperate; nel Mare Mediterraneo si rileva la crescente presenza dei dinoflagellati Ostreopsis ovata (comparsa di PITXs), l’identificazione della specie Azadinium dexteroporum (sintesi di analoghi di AZAs) e i primi focolai “autoctoni” di ciguatera in Spagna (Isole Canarie) e Portogallo (Madeira), in esito ai quali EFSA ha avviato il “Progetto EuroCigua”  .

Conclusioni
L’impatto determinato dalle tossine di origine biologica è avvalorato, in proiezione, dalle notifiche trasmesse attraverso il “Sistema di Allerta Rapido per Alimenti e Mangimi”   della UE.
Esaminandone le Relazioni Annuali del periodo 2016-2021, è possibile estrapolare i seguenti dati:
- le micotossine rappresentano valori variabili tra il 21% (2016) e l’11% (2021) sul totale di notifiche annuali inerenti all’alimentazione umana; le più coinvolte sono le aflatossine, seguite da ocratossina A (picco del 14% nel 2019) e, in forma residuale, da DON e fumonisine; 
- le biotossine marine rappresentano valori variabili tra lo 0,6% (2016) e lo 0,3% (2018-2021) sul totale di notifiche annuali inerenti all’alimentazione umana, con un valore medio di 0,35%; le biotossine più segnalate sono quelle afferenti alla sindrome DSP, ma anche le CTXs sono state identificate, seppure in forma residuale, per l’intero periodo in esame.
Le indicazioni fornite dall’elaborazione statistica avvalorano, pertanto, il trend relativo all’incremento:
- effettivo di focolai/casi “autoctoni” di intossicazione umana per consumo di alimenti contaminati da micotossine;
- potenziale per PTXs e CTXs, nei Paesi della zona temperata (in primis quelli con sviluppo costiero sul Mare Mediterraneo).
La mancata assunzione di un repentino e radicale comportamento “virtuoso” nell’approccio antropico agli ecosistemi planetari potrebbe, pertanto, consolidarsi verso un effetto di irreversibilità del processo in atto.


______________________________________________________________________

.
[1] L’Olocene ha avuto inizio 11.700 anni fa; il limite con l’epoca inferiore (il Pleistocene) coincide approssimativamente con l’ultima fase glaciale o c.d. “pulsazione fredda” (Glaciazione di Wűrm) che ha interessato l’emisfero settentrionale. La civiltà umana moderna (scoperta dell’agricoltura, circa 10.000 anni fa) viene computata interamente nel suo ambito.

[1] Il primo studioso a proporre una definizione specifica per l’era geologica condizionata dalle attività antropiche fu il geologo italiano Andrea Stoppani, che, nel 1873, propose la definizione di “epoca antropozoica”.

[1] L’equilibrio quantitativo ne è stato alterato per circa il 200-300%: causa principale è da ascriversi alle attività agricole, in quanto i due elementi sono alla base dei fertilizzanti chimici applicati al suolo.

[1] Foro scientifico costituito nel 1988 dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale e dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, allo scopo di studiare il fenomeno del riscaldamento globale.

[1] “Climate change and Emerging risks for Food Safety” (cambiamento climatico e rischi per la sicurezza alimentare).

[1] Agenzia dell’Unione Europea istituita nel 2002 (Reg. CE n. 178/2002, art. 34), con sede a Parma, a cui è devoluto il compito di fornire la consulenza scientifica (alla Commissione e al Parlamento europei, nonché agli Stati Membri) e la comunicazione efficace (ai cittadini europei) in materia di rischi, esistenti ed emergenti, associati alla filiera agro-alimentare.

[1] Dal punto di vista puramente descrittivo, è un indice relativo alla quantità d'acqua che, in un determinato prodotto, è libera da particolari legami con altri componenti; essa si definisce come: Aw = P/P0 dove P è la pressione di vapore dell'acqua nel prodotto e P0 è la pressione di vapore dell'acqua pura, per una medesima temperatura.

[1] Molti altri miceti sono in grado di produrle, tra cui si ricordano, in particolare, l’Aspergillus niger e il Penicillum citrus. Tutti i funghi produttori di aflatossine hanno diffusione ubiquitaria.

[1] L’aflatossina M1 (c.d. “milk toxin”) costituisce il prodotto di idrossilazione metabolica dell’aflatossina B1. I mangimi per bovini contaminati dall’aflatossina B1 possono determinare la presenza di aflatossina M1 nel latte e nei prodotti derivati, con una comparsa anche nell’arco di 4 ore dal consumo del mangime.

[1] IARC la classifica nel gruppo II B, “possibile agente cancerogeno per l’uomo”.

[1] In realtà la colorazione dell’acqua marina è variabile in funzione del pigmento dominante della microalga che ha generato il fenomeno, quindi rossa, rosa, verde, bruna, etc.

[1] Nausea, vomito, forte diarrea e dolori gastro-intestinali; rapida comparsa (poche ore dall’ingestione dei bivalvi contaminati), manifestazioni sintomatiche protratte per 2-3 giorni, scomparsa senza alcuno strascico per gli individui colpiti. Sono segnalati anche danni al fegato, al pancreas, al timo e ai tessuti linfatici.

[1] I sintomi sono generalmente di natura gastro-intestinale (entro le 24 ore), con dolori addominali, nausea, diarrea e vomito; i sintomi di natura neurologica sono riconducibili a parestesia al volto, al tronco e soprattutto agli arti, mialgia, atassia, vertigini, debolezza motoria e inversione della sensazione caldo/freddo, fino alla paralisi, al coma e, nei casi estremi, alla morte; meno comuni il tremore, la disfagia, la bradicardia e la midriasi oculare; la sintomatologia appare molto simile a quella da CFP. Generalmente la durata dei sintomi è di 2-3 giorni, con esito favorevole.

[1] In Europa, in particolare, si ricordano episodi in Inghilterra (1994, 1997, 2006), Portogallo (1998, 2001), Norvegia (2001, 2022) e Italia (giugno 1989, lungo la costa Adriatica dell’Emilia Romagna).

[1] In particolare, le parestesie e il senso di affaticamento/debolezza possono persistere anche per settimane/mesi successivi alla fase acuta della malattia; nel caso in cui la regressione dei sintomi avvenga con ritmi molto lenti, gli individui intossicati tendono a manifestare disturbi di tipo psicologico, tendenti a sviluppare uno stato ansioso e/o depressivo. Il decesso può intervenire per paralisi dei muscoli respiratori, tuttavia, nella maggioranza dei casi, la sindrome è di breve durata, con carattere autolimitante. CFP non conferisce immunità, ma è accreditata l’ipotesi che si crei una sorta di sensibilizzazione a CTXs, come testimonierebbe la sintomatologia più grave insorta nei soggetti intossicatisi per la seconda volta.

[1] Delle 60 specie ittiche studiate, 17 sono risultate cigua-tossiche, con il 34% e il 14% di positività dei campioni analizzati, provenienti, rispettivamente da Madeira e dalle Isole Canarie.

[1] Istituito ufficialmente con il Reg. CE n. 178/2002 (art. 50), al fine di garantire la gestione degli eventuali rischi attraverso gli strumenti del ritiro/richiamo dei prodotti pericolosi dal circuito commerciale e dalla disponibilità dei consumatori.
_________________________________________________________


BIBLIOGRAFIA

1. AA.VV. Aspergillosis - Technical Information, Centers for Disease Control and Prevention (2003).
2. AA.VV State of the Climate in 2021, Bulletin of the American Meteorological Society Vol. 103, No. 8, 2022.
3. Battilani, P. et al. Aflatoxin B1 contamination in maize in Europe increases due to climate change, Scientific Reports, pp. 1-7, 2016.
4. Bertuzzi, T. et al. Direct and indirect contamination with ochratoxin A of ripened pork products Food Control, 34(1), 79–8, 2013.
5. Buffa, A. e Ricciardi, D. Cambiamenti climatici e sistemi agroalimentari, studio realizzato da Società Meteorologica Italiana Onlus su incarico di Slow Food, Moncalieri (TO), 2017.
6. Cereser, A. et al. Aflatossine e aflatossicosi, Large Animals Review, Anno 10, n 1, pp. 3-7, 2004.
7. Costa, P.R. et al. Marine Biotoxins and Seafood poisoning, MDPI, pp. 1-2, 2019.
8. D’Mello, J.P.F. et al. Fusarium mycotoxins: a review of global implications for animal health, welfare and productivity, Anim. Feed Sci. Tecnol., 80:183-205, 1999.
9. Edwards, M. et al. Regional climate change and harmful algal blooms in the northeast Atlantic, Limnol. Oceanogr., 51 (2) (2006), pp. 820-829, 2006.
10. EFSA Scientific Opinion on marine biotoxins in shellfish – Emerging toxins: Ciguatoxin group, EFSA Journal, 8(6):1627, 2010.
11. EFSA RASFF - Sistema di Allerta Rapido per Alimenti e Mangimi. Relazione Annuale 2016.
12. EFSA RASFF - Sistema di Allerta Rapido per Alimenti e Mangimi. Relazione Annuale 2017.
13. EFSA RASFF - Sistema di Allerta Rapido per Alimenti e Mangimi. Relazione Annuale 2018.
14. EFSA RASFF - Sistema di Allerta Rapido per Alimenti e Mangimi. Relazione Annuale 2019.
15. EFSA RASFF - Sistema di Allerta Rapido per Alimenti e Mangimi. Relazione Annuale 2020.
16. EFSA RASFF - Sistema di Allerta Rapido per Alimenti e Mangimi. Relazione Annuale 2021.
17. Hallegraeff, G.M. Harmful algal blooms: a global overview, Manual on Harmful Marine Microalgae, pp. 1-22, IOC Manuals and Guides No. 33. UNESCO, 1995.
18. Lonati, D. e Locatelli, C.A. Intossicazione da ciguatossina: aspetti clinici e ricerca sperimentale, SITOX Informa, Anno XVIII n. 2, pp. 1-4, 2015.
19. Poletti, R. Biotossine marine. Origine, diffusione e controllo, Fondazione Centro ricerche marine, Regione Emilia Romagna. 
20. Rockström J. et al. Planetary boundaries: Exploring the safe operating space for humanity, Ecology and Society 14(2): pp. 32, 2009.
21. Steffen, W. et al. Planetary boundaries: Guiding human development on a changing planet, Science, 347(6223), 2015.
22. Visciano, P. et al. Marine Biotoxins: Occurrence, Toxicity, Regulatory Limits and Reference Methods, Frontiers in Microbiology, vol. 7, articolo 1051, 2016.
23. Watkins, S. et al. Neurotoxin shellfish poisoning, Mar. Drugs 6, 431-455, 2008.
24. Yasumoto, T. et al. Diarrhetic shellfish toxins, Tetrahedron 41. pp. 1019-1023, 1985.