Soffermandosi ad un’analisi approfondita sulle singole specie costituenti detto giardino si rileva quanto segue:
1. Il Leccio (Quercus ilex L.), simbolo di sacralità e principale costruttore della macchia mediterranea, è il sempreverde più impiegato ad allietare i giardini già all’epoca dei Romani, comeci dimostrano ed illustrano scritti, rappresentazioni musive e ritrovamenti archeologici; utilizzo da cui, nel Rinascimento, hanno avuto origine quelli all’italiana, nei quali l’uomo, assoggettando ai suoi fini la natura adatta al nuovo spirito del tempo l’architettura del verde, caratterizzata dalla rigorosità geometrica cui poche specie risultano idonee. Primo perché il Leccio reagisce alle numerose potature nel tempo a causa della sua grande vitalità, conseguente al suo ottimo metabolismo, giornaliero ed annuale.
Secondo perché è geneticamente una delle poche piante che sviluppa un robusto apparato radicale, sia per ampiezza che per profondità.
Infatti, l’attitudine genetica della specie ad approfondire e sviluppare le radici, le cui ramificazioni vanno ad ancorarsi soprattutto negli orizzonti inferiori del suolo nei meandri e nelle cavità della roccia sottostante, talvolta per molti metri (anche oltre i 20 -30), fa sì che la pianta, oltre ad avere una grande stabilità, può assicurarsi una buona disponibilità di elementi nutritivi e di acqua nei periodi estivi, quando la crisi idrica negli orizzonti superiori aumenta con l’intensificarsi dell’evaporazione a causa dell’incremento delle temperature.
La conseguenza fisiologica, come hanno dimostrato numerosi studi in proposito, è che la pianta, soprattutto quando la chioma viene contenuta con le frequenti potature, tipiche del caso in esame, non solo ricaccia numerosi getti sulla chioma ma è stimolata ad emettere vigorosi polloni radicali nei pressi del colletto.
Tale fenomeno, in presenza di alberi annosi, che hanno culminato il proprio ciclo biologico o che siano stati particolarmente traumatizzati o indeboliti da cause meteoriche e/o da parassiti animali o vegetali al punto da perdere la propria vitalità epigea, torna molto utile, attraverso una sapiente cura nell’allevamento del pollone stesso, per la sua sostituzione nel tempo.
Occorre, d’altro canto, sempre tener ben presente che il trapianto di un nuovo esemplare ha bisogno di svariati anni per formarsi un adeguato apparato radicale, causa la genetica lentezza della crescita propria della specie. Alla luce di tale comprovata evidenza dendrologica, è sempre preferibile affidare la sostituzione dell’esemplare malandato al pollone più vigoroso e di migliore conformazione, in quanto è lapalissiano che beneficia, nel sua avvantaggiato sviluppo, dell’enorme capacità assorbente della quantità e qualità di radici generata dal progenitore.
Al curatore del giardino, pertanto, saper sfruttare sapientemente quanto la natura gratuitamente gli elargisce per i suoi rimpiazzi nella perpetuazione dell’armonia, che, solamente una chioma bella e ben curata di Leccio, può manifestare nel tempo e nello spazio.
2. Il Bosso (Buxus sempervirens L.), simbolo della fermezza e della perseveranza, è l’arbusto per eccellenza che conferisce forte struttura, allegria, piacere e tradizione, al giardino antico: pensato, apprezzato, sagomato e contemplato dall’uomo.
È una specie geneticamente di estrema lentezza nella crescita, tant’è che un tronco di 5 centimetri di diametro indica, solitamente, un centinaio di anni.
Il suo apparato radicale è formato da alcune grosse radici che si spingono fino ad un metro di profondità e da altre più numerose, superficiali, sottili e molto tortuose, che, nell’insieme, originano un fitto intreccio, talvolta anche nodoso.
Tale conformazione consente alla pianta di vegetare in suoli calcarei,siccitosi, specie se ricchi di manganese, ed anche di altra natura, solitamente poveri di sostanze organiche e non molto evoluti.
Essa, infatti, con la decomposizione delle foglie, li arricchisce in azoto, elemento che si accumula particolarmente nelle medesime.
Il suo legno è durissimo, pesante (stagionato all’aria il peso specifico è circa 1, al punto da non galleggiare sull’acqua, unica tra le specie mediterranee), a tessitura finissima, di notevole aderenza e tenacità, molto ricercato per lavori al tornio, piccoli oggetti fini, strumenti musicali, incisioni ed ebanisteria elaborata e artistica. La medicina antica, nonostante la velenosità, ne utilizzava foglie e radici contro reumatismi e febbre; oggi in omeopatia si adopera quale antireumatico e sudorifero ma alcuni ricercatori recentemente hanno anche scoperto che la buxina G (uno dei suoi alcaloidi) inibisce lo sviluppo di cellule cancerogene nell’uomo.
Il Bosso è da annoverare tra le piante ornamentali più largamente usate, particolarmente per bordure e siepi, ma anche come alberello per la sua capacità a lasciarsi sagomare in svariate forme e/o figure.
Senza questa meravigliosa pianta non può esistere il giardino all’italiana e l’esempio di Villa Lancellotti in Frascati ne è l’espressione più eloquente.
Tuttavia, vuoi per l’errato periodo nell’esecuzione delle potature, che nell’epoca dei trattamenti antiparassitari, le piante, nel loro meraviglioso intreccio, a costituire le ammirevoli figure geometriche, scolpite e/o sagomate dall’uomo nel tempo, si appalesano sofferenti e non offrono, con i ricacci, quella vigoria tipica che la specie fa registrare se razionalmente e sapientemente curata e trattata.
Al riguardo occorre tenere ben presente che il Bosso è attaccato da numerose fisiopatie e funghi (dei generi Fusarium, Puccinia,Phyllosticta, Pseudonectria, Phytophthoraed altri), che determinanofusariosi, ruggini, maculature fogliari, cancri rameali e marciumiradicali,nonché da insetti (Psilla, Cecidomiafogliare, eccetera), acari e nematodi: tutti fattori negativi che ne limitano rigoglio e sviluppo, motivo per cui occorre saper intervenire per una razionale e sapiente lotta di prevenzione e difesa, con appropriati mezzi, sia agronomici che chimici, nelle epoche giuste.
Potature di rimonda degli organi colpiti e loro eliminazione; azioni di dendrochirurgia sugli organi legnosi più grossi e disinfettazione; trattamenti antiparassitari subito dopo le potature; uso appropriato di prodotti endoterapici; attenzione nell’impiego di erbicedi o le scerbature per i vialetti; concimazioni organiche ed epoche degli interventi (autunno e primavera): sono tutti accorgimenti di natura agronomica di cui il bravo giardiniere deve far tesoro per assicurare il rigoglio della pianta che si manifesta soprattutto con la lucentezza delle foglie.
3. La Calla (Zantedeschia aethiopicaSpr.), specie semirustica, dalle belle foglie verdi, erette, sagittate e dal lungo picciolo generato direttamente dai rizomi della pianta, è particolarmente apprezzata per il notevole effetto decorativo manifestato dalle magnifiche infiorescenze, a spadice giallo e spata bianca.
I gruppi di Calle poste nella vasca a decorazione del ninfeo della Villa si appalesano con le foglie dai margini fortemente necrotizzati, si presume per l’uso irrazionale delle sostanze diserbanti usate per distruggere le alghe.
Al riguardo occorre valutare attentamente se sia conveniente impiegare tali prodotti, anziché vedere qualche alga nell’acqua, e, se proprio non se ne vuole fare a meno, prestare attenzione nella quantità, nella qualità e nel periodo di somministrazione di essi, onde evitare le deleterie bruciature alle belle foglie di tale attraente idrofita.
4. Il Limone (Citrus limon L.), vera panacea quale antisettico, tonico, ammorbidente, aromatizzante, è una specie meravigliosa per il soave profumo dei suoi fiori, il giallo oro dei frutti ed il tenue verde del fogliame, che, nel giardino all’italiana, spezza ed intercala il verde intenso dei Bossi e del Leccio, impreziosendo la scenografia del luogo. Il suo valore ornamentale è, quindi, di superlativa valenza decorativa; tuttavia, è una pianta geneticamente molta delicata e sensibile, sia alle condizioni atmosferiche ed edafiche (variazioni di temperatura, umidità nell’aria e nel terreno), che alle cure agronomiche di cui necessita per manifestare rigoglio e bellezza.
Occorre, in proposito, tener presente che la potatura va effettuata durante i mesi primaverili ed estivi, cercando di evitare grossi tagli ed avendo anche a mente che produce fiori e frutti sui rami di un anno. Conseguentemente vanno eliminati, se necessario, solo i rametti che hanno già fruttificato o secchi, i succhioni ed occorre accorciare i rami più lunghi per non creare squilibri tra chioma e radici.
D’estate, poi, la pianta necessita di innaffiature regolari, concimazioni liquide quindicinali e di spruzzature di acqua sulle foglie nei giorni più caldi ma dopo il tramonto. Mai quando il sole è alto perché le goccioline potrebbero fungere da lenti ustorie e, quindi, danneggiare le foglie, causando la caduta anche di fiori e frutti.
Bisognerà inoltre vigilare sulle fisiopatie e malattie (sia di origine animale, che vegetale e/o batteriche) di cui la specie è preda, intervenendo con gli indispensabili trattamenti nel momento opportuno (primavera ed inizio autunno).
Tra le avversità, il Mal secco (Deuterophoma tracheiphilaPetri) è quello più temibile. Causato da un fungo che occlude i vasi conduttori della pianta, che, se si insedia nelle radici, ne determina in breve tempo la morte. Sui rami invece si può procedere all’asportazione della parte affetta, disinfettando la superficie di taglio e le lame dell’utensile usato con un fungicida adeguato (poltiglia bordolese all’1%, ossicloruri o idrossidi di rame).