Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

BIODIVERSITA' 
LA BIODIVERSITÀ DEI CORSI D'ACQUA (CENNI DI ECOLOGIA FLUVIALE E DI BIOGEOGRAFIA)
01/06/2014
di Gianluca Mancinelli  NIPAF di Piacenza (Assistente) Dottore magistrale in Scienze naturali (2009) e in Scienze e tecnologie alimentari (2012)

Nel corso dell'ultimo secolo, a seguito di interventi antropici fortemente impattanti e che hanno prodotto significative alterazioni morfologiche, molti corsi d’acqua nazionali ed europei sono divenuti mere canalizzazioni idrauliche, che per la loro "monotonia” ecologica rischiano di perdere il  ruolo fondamentale di corridoio naturale.

 
 

Riassunto


Nel corso dell'ultimo secolo, a seguito di interventi antropici fortemente impattanti e che hanno prodotto significative alterazioni morfologiche, molti corsi d’acqua nazionali ed europei sono divenuti mere canalizzazioni idrauliche, che per la loro "monotonia” ecologica rischiano di perdere il  ruolo fondamentale di corridoio naturale. L’impatto antropico è stato così pesante che (quasi) tutti i corsi d’acqua possono ormai essere considerati degli ecosistemi minacciati. Diversi, quindi, i progetti/studio che tendono a monitorare quanto di naturale resta o intervenire sulle aste fluviali compromesse al fine di programmare quei necessari riequilibri ecologici mirati in particolare a salvaguardare la biodiversità fluviale acquatica, terrestre e anfibia.

Abstract
Watercourses biodiversity(An outline of River ecology and biogeography)
Over the last century high impact human activities caused significant morphological alterations, so that many Italian and European waterways have become simple canal systems, that for their ecological monotony risk to lose their fundamental role of natural corridor. Human impact has been so heavy that almost all watercourses have become threatened ecosystems. Several projects include monitoring of remaining natural sites or intervention on compromised river courses in order to plan the necessary ecological rebalance to safeguard aquatic, terrestrial and amphibious biodiversity.

 

Habitat diversi per diverse specie

Solo negli ultimi anni al fiume, ma in generale a tutti i corsi d'acqua, sono state riconosciute quelle importantissime caratteristiche ecologiche che ne hanno permesso la loro definitiva rivalutazione; da semplice acqua che scorre in un alveo (da utilizzare e sfruttare nel peggiore dei modi) ad habitat complessi ovvero preziosi mosaici ecosistemici formati da diverse tessere di natura biotica e abiotica (1). Il corso d'acqua quindi ri-diventa tutt'uno con il territorio e con esso scambia energia per il mantenimento della fauna e la flora (acquatica e terrestre) che da esso dipende a seconda delle caratteristiche stagionali, ambientali e zonali. Di fatto un corso d’acqua naturale permette la convivenza di molteplici organismi animali e vegetali siano essi acquatici, anfibi e terrestri e questo grazie all'eterogeneità di habitat a loro volta dipendenti dalle innumerevoli “transizioni” morfologiche (ecotoni) del corso stesso. Si pensi ad esempio alla variabilità delle portate d'acqua riscontrabili tra il ramo principale e in quelli secondari, oppure alla tipologia di regime, torrentizio o fluviale, o addirittura alla presenza o meno di banchi di ghiaia nell'alveo o al deposito di sedimenti di un delta. E si deve certamente tener conto anche degli aspetti ambientali e dei parametri chimico fisici come l'idrodinamica, la temperatura e l'esposizione alla luce che influenzano notevolmente i popolamenti biologici. In pratica è la stessa diversità di un corso d'acqua in tutto il suo percorso che permette la presenza di biodiversità ossia “un elevata variabilità degli organismi viventi di ogni origine, compresi gli ecosistemi terrestri ed altri ecosistemi acquatici e i complessi ecologici di cui fanno parte, inclusa la diversità nell’ambito delle specie e tra le specie e la diversità degli ecosistemi (2)” .Tutto questo considerando il fiume come una successione di ecosistemi che sfumano gradualmente l’uno nell’altro e che sono interconnessi con gli ecosistemi terrestri circostanti (Ercolini, 2006). D’altronde come ci ricordano i modelli ecologici sulla diversità, a differenza dei sistemi dotati di una struttura fisica poco variabile nel tempo, come le foreste o le barriere coralline, nei quali la stabilità dell’ecosistema determina spesso l’instaurarsi di una biodiversità stabile, gli ecosistemi fluviali sono caratterizzati da diversità biologica tendenzialmente in crescita in quanto possono crearsi molte nuove possibilità per le specie più adattabili (e non specializzate) di sfruttare al meglio le svariate modifiche ambientali che per natura un corso d’acqua propone (Odum, 1988).

 

1 Le prime modifiche strutturali dei corsi d'acqua sono attribuibili agli Etruschi e successivamente ai Romani che iniziarono le grandi opere di regimazione e arginatura idraulica del fiume Po;  l’urbanizzazione e la costruzione di dighe e sbarramenti nel XX secolo hanno determinano un progressivo deterioramento della qualità degli ambienti fluviali. Con l'industrializzazione i corsi d'acqua assumono il ruolo di vie d’acqua per l’allontanamento degli scarichi o lo smaltimento di rifiuti.
2 Definizione di Biodiversità elaborata durante la Convenzione di Rio del 1992.


 

Il River Continuum Concept

Il River Continuum Concept (Vannote et all. 1980)




Il River Continuum Concept (concetto di continuità di un fiume) è uno studio elaborato e proposto da Robin L. Vannote all’inizio degli anni ‘80 con il quale il ricercatore americano, fornisce un'analisi sui cambiamenti strutturali degli ambienti fluviali che gradualmente si avvertono se si osserva un corso d'acqua nella sua interezza partendo dalla sorgente per arrivare alla foce. In pratica, il concetto di continuità fluviale fornisce quelle previsioni ecologiche in base alle quali ci si aspetta che le comunità biologiche possano cambiare nel passaggio del corso d'acqua da ruscello di sorgente a fiume più strutturato e definito. Senza addentrarci nell'ecologia applicata, tralasciando perciò l'analisi di flussi, gli scambi energetici e altri concetti analitici, e volendo sintetizzare l'argomento, si può dire che al variare delle dimensioni del corso d'acqua variano anche le comunità biologiche presenti in esso considerando che esiste una stretta dipendenza (in caso di naturalità) tra le condizioni geomorfologiche ed idrauliche e la strutturazione e la funzionalità delle popolazioni, tra le prime quella ittica(3). (Vannote et all. 1980).

 

3 Le specie acquatiche sono particolarmente influenzate dal regime di deflusso, determinato dalla profondità e dalla velocità di scorrimento dello stesso. Alcuni pesci, ad esempio, occupano diversi tipi di habitat nel corso del loro ciclo vitale e possono mostrare particolari esigenze ambientali per la riproduzione e lo sviluppo dei giovani esemplari. L’indisponibilità di questi substrati o le difficoltà di interconnessione tra i diversi ambienti può inficiare l’attività riproduttiva e portare alla diminuzione di popolazione e alla inevitabile estinzione delle specie specialistiche.


 

Ne consegue che nei tratti sorgivi o immediatamente dopo, comunque caratterizzati dalla turbolenza delle acque (zona delle rapide), si trovino maggiormente specie esigenti ed in particolare specialiste. Tra queste, oltre alla cospicua presenza della maggior parte della popolazione di macroinvertebrati4 , troviamo i pesci dell’ordine dei Salmoniformi quali ad esempio la trota (Salmo trutta fario) che necessita, anche per la deposizione delle uova, di acque a bassa temperatura, perciò maggiormente ricche di ossigeno disciolto nell’acqua. Al mantenimento delle basse temperature in queste acque contribuiscono le ombreggiature create dalla vegetazione ripariale che nel tratto fluviale in questione assumono caratteristiche di “tettoia”5.

 
Fig. 2: Il fiume Aterno (AQ) completamente ombreggiatoFig. 3: Gambero di fiume (Austropotamobius pallipes).  Esempio di indicatore biologico.
 

4 Organismi appartenenti a diversi taxa di animali invertebrati le cui dimensioni sono maggiori di 1 mm. Vengono considerati come fondamentali indicatori biologici di qualità perciò campionati (generalmente con il metodo dell'indice biotico esteso I.B.E.) al fine di verificare lo stato di naturalità degli ecosistemi lotici. Le comunità macrobenthoniche differiscono lungo la sezione trasversale a seconda della tipologia del substrato litologico (sabbia, ciottoli o massi) o della corrente ma occupano tutti i livelli nella catena trofica negli ambienti acquatici, in quanto organismi erbivori, carnivori e detritivori, capaci di sfruttare al meglio le risorse alimentari disponibili.
5 Nei corsi d’acqua montani le comunità biologiche acquatiche sono sostenute dal detrito organico (foglie, rami) provenienti dalla vegetazione riparia. L’ombreggiamento riduce lo sviluppo dei produttori fotosintetici, e di conseguenza delle alghe, e quindi il metabolismo sarà inevitabilmente eterotrofico.


 

Con l'aumento della dimensione del tratto fluviale, cambiano anche le funzioni della vegetazione circostante che assume diverse connotazioni prestandosi alle molteplici esigenze delle altre popolazioni faunistiche. È noto come il fiume, che nei tratti superiori è sempre più erosivo, nei tratti di pianura diminuisca la velocità della corrente; aumentano quindi le profondità, necessarie ai pesci più grandi come la carpa (Cyprinus  carpio) e lo storione (Acipenser sturio), ma soprattutto in questi tratti avviene il deposito del materiale trasportato che contribuisce alla formazione delle cosiddette piane alluvionali. Questi particolari ambienti, conosciuti anche per la loro fertilità, vengono considerati come habitat estremamente dinamici in quanto soggetti alla stessa variabilità fluviale; si pensi ad esempio agli eventi di piena o comunque alle variazioni di portata stagionali. Di fatto un corso d’acqua va interpretato non solo nella sua dimensione longitudinale (da monte a valle), ma anche in quella trasversale (dall’acqua alla terra) che, come già evidenziato, ha una notevole influenza sulla funzionalità del corso d’acqua. Le caratteristiche delle sponde, l’altezza dell’argine sul normale livello d’acqua, la presenza di banchi di ghiaia e la qualità del substrato diventano fattori importanti per le diverse specie acquatiche e terrestri che popolano questi particolari ecotoni. Sono zone di transizione caratterizzate da un’elevata biodiversità considerando l’interconnessione del sistema idrico con quello rivierasco che permette la compresenza di tutte le specie vegetali e animali a noi più note.

Fig 4. Rappresentazione delle successioni di fasce ecotonali, comprese tra l’alveo principale permanentemente bagnato e i versanti boscati. Si notano da ambienti molto diversi tra cui alvei riattivabili in condizioni di piena, zone umide perifluviali, rilievi e bassure con vegetazione eterogenea, condizionati dalla diversa frequenza e intensità delle inondazioni (da APAT: I.F.F. 2007)
 
 

La biodiversità nelle successioni floristiche

Sono molti i fattori che influenzano la biodiversità dei corsi d’acqua e tra questi rientra di diritto la presenza o meno di una zona riparia, la quale può considerarsi, a sua volta, elemento di biodiversità a seconda della sua complessa costituzione. La vegetazione ripariale si sviluppa in base alle prospettive longitudinali e  trasversali secondo modalità precise che sono influenzate principalmente dal regime delle portate6 ;spesso, a causa dell’estrema antropizzazione di porzioni di territorio prossime al fiume, si assiste ad una banalizzazione paesaggistica con forte riduzione in termini di complessità strutturale7.

 

6  Quando si parla di vegetazione ripariale non ci si riferisce alla posizione topografica delle formazioni, ma alla loro composizione, data da specie riparie, ovvero adattate a insediarsi nel corridoio fluviale.
7  Anche in ambienti montani si assiste alla forte semplificazione del complesso delle formazioni riparie; questo fenomeno non è imputabile ad alterazioni antropiche del corridoio fluviale ma è, piuttosto, determinata dalle caratteristiche morfologiche quali l’acclività dei versanti ed il suolo più roccioso. Nei tratti fluviali collinari e montani spesso l’unica formazione riparia presente è costituita da una stretta fascia di salici arbustivi.


 

Ad accentuare il fenomeno, la sostituzione delle formazioni riparie con coltivazioni intensive, come la pioppicoltura, e le formazioni secondarie a dominanza di specie esotiche o comunque sinantropiche sempre più frequenti nei tratti planiziali, dove le bonifiche o gli interventi di arginatura degli alvei provoca l'inesorabile perdita di importanti ambienti quali le lanche ed i rami secondari. Le formazioni riparie più frequenti lungo i corsi d’acqua (naturali) sono gli arbusteti a conferma del carattere pionieristico di queste formazioni. Questi si insediano in ambiti di scarso interesse antropico come gli alvei di piena e, non patendo il continuo rimaneggiamento del corso d’acqua, possono certamente considerarsi come la prima formazione vegetale strutturata a partire dal limite esterno dell’alveo di morbida. Prima degli arbusteti l'ambiente fluviale mostra solo la presenza di specie erbacee o ancora prima di specie acquatiche che non vengono considerate appartenenti all'ambiente ripario in quanto non costituiscono formazioni vegetali strutturate. Esternamente alla fascia ad arbusteti si insediano le formazioni arboree legnose prevalentemente a dominanza di salici (Salix spp) e ontani (Alnus spp) che sono in grado di tollerare, seppur in modo diverso, anossia radicale e periodi di sommersione. Alla composizione di queste formazioni partecipano anche specie più termofile, quali frassini (Fraxinus oxycarpa) e platani (Platanus orientalis), soprattutto nelle regioni peninsulari a clima mediterraneo. L'importanza della presenza di una fascia riparia lungo un corso d'acqua per il mantenimento della biodiversità fluviale è desumibile dalle tante funzioni naturali che questa svolge; dalla protezione delle rive dall’erosione, svolgendo un efficace consolidamento delle sponde con le radici, alla riduzione della velocità della corrente, svolgendo la funzione di regolazione dell’umidità del suolo. Ancora la vegetazione riparia svolge un ruolo di regolazione termica delle acque in quanto protegge da un eccessivo irraggiamento solare e, quindi, da aumenti di temperatura che come già detto possono determinare una limitata solubilità dell’ossigeno in acqua. Inoltre, introduce materia organica disponibile all’interno dell’ecosistema fluviale permettendo la presenza degli organismi animali sminuzzatori/tagliuzzatori, vero punto di equilibrio dell'intera comunità biologica. In ultimo, l’ambiente ripario è una fondamentale fonte di cibo e di rifugio: le zone d’ombra sono habitat indispensabili alla vita di molti pesci che, essendo privi di palpebre, non tollerano condizioni di estrema luminosità; nella vegetazione gli uccelli trovano zone di sosta durante le migrazioni o punti di nidificazione; i mammiferi usano la fascia riparia come corridoio ecologico che facilita gli spostamenti e per i rettili e molti anfibi è una zona umida di riproduzione e sviluppo. Si può certamente affermare che la massima funzionalità negli ambiti fluviali, e per tanto la presenza di diversità di  specie, la si riscontra solo in presenza di più tipologie vegetazionali insediate secondo modelli strutturali complessi.

 

La fauna ittica

Generalmente la variazione della composizione delle specie ittiche lungo tutta l'asta fluviale viene definita dal principio di “zonazione ittica” ossia la suddivisione degli ambienti fluviali in base alle tipiche caratteristiche ecologiche e morfodinamiche degli stessi. I fiumi europei vengono tradizionalmente divisi in quattro zone ossia la zona della trota (Salmo trutta), la zona del temolo (Thymallus thymallus), la zona del barbo (Barbus barbus) e la zona dell’abramide (Abramis brama) ma questa semplice (e datata) schematizzazione della distribuzione delle specie ittiche, pur esaustiva per quanto concerne la distribuzione a livello continentale, trova difficoltà ad essere applicata appieno nei maggiori fiumi italiani8. Ad oggi possiamo dire che questa sorta di omologazione biologica diventa ufficiale in tutti i paesi europei se si considerano i tanti fattori di disturbo, di origine antropica, provocati dall’introduzione di specie alloctone; di fatto in Italia la presenza diffusa dell'Abramis bramanon è naturale, così come il Thymallus thymalluspuò essere considerato un particolare endemismo presente solo nel lombardo-veneto ed il barbo italico o padano (Barbus plebejus), endemico del fiume Po, va sempre più rarefacendosi certamente a causa dell'ibridazione con una o più specie di barbi esotici (Barbus barbus). Purtroppo nel solo bacino idrografico del Po dove si ritiene resistano solo 45 specie ittiche autoctone, (35  le specie dulcicole e 10 quelle eurialine marine), sono segnalate complessivamente 38 specie alloctone di pesci, delle quali 26 sono state immesse dal 1950 ad oggi (Viaroli, 2010). Ancora, delle 54 specie ittiche censite nel bacino del Tevere solo 24 sono di origine autoctona; delle 30 specie esotiche, 16 risultano naturalizzate, 3 le specie non naturalizzate e 11 quelle invasive (Pedicillo, 2009/10). Numeri importanti se si pensa che dagli ultimi censimenti risulta che in tutta Italia la fauna ittica autoctona delle acque dolci comprende solo 48 taxa tra specie, sottospecie e semispecie; di questi, 13 taxa sono endemici e 9 taxa sono subendemici tra cui la lampreda padana (Lethenteron zanandreai). Giova puntualizzare che dei 48 taxa citati 31 siano a rischio di estinzione e pertanto inseriti nelle prime 3 categorie di rischio dell’IUCN (Zerunian, 2003)9 . Ed oltre all’inquinamento biologico, con l’introduzione di specie ittiche esotiche, esistono altri fattori di pressione importanti quali la pesca, la navigazione, gli sbarramenti fluviali e non ultimo l’incremento della pressione predatoria da parte degli uccelli ittiofagi.

 

8 Per i corsi d'acqua italiani esiste una tipologia di zonazione più specifica. Le zone sono sempre quattro: zona dei Salmonidi, (con acque limpide e ben ossigenate a corrente molto veloce. Il fondo a massi o ghiaia grossolana con temperatura fino a 16°C), zona dei Ciprinidi a deposizione litofila (con acque limpide o torbidità di breve durata, discretamente ossigenata e corrente veloce o rallentata. Maggiori profondità con fondo a ghiaia fine e sabbia e temperature raramente superiore ai 19- 20°C),  zona dei Ciprinidi a deposizione fitofila (con acque molto torbide a bassa velocità di corrente con fondo fangoso), zona dei Mugilidi (con acqua salmastra, per il rimescolamento delle acque fluviali con quelle marine a bassa velocità della corrente con fondo fangoso).
9 Il grado di compromissione delle comunità ittiche nei maggiori bacini nazionali (Po, Tevere ed Arno) è certamente da attribuirsi all’azione combinata di diverse interferenze quali inquinamento, sbarramenti fluviali e introduzione di specie esotiche. Questo ha comportato una progressiva diminuzione della componente autoctona nella comunità ittica e si assiste alla totale o quasi scomparsa di specie come lo Storione (Acipenser sturio) e le Lamprede (Lampetra fluviatilis), oltre alla rarefazione di specie come il Ghiozzo (Padogobius nigricans) (Lorenzoni 2010). È allarmante inoltre la continua espansione in questi corsi d’acqua dell'elevato numero di specie aliene, estremamente dannose per la nostra fauna ittica, tra le quali spicca il siluro (Silurus glanis).


 

L'altra fauna fluviale

Fig 4: il corridoio fluviale riveste un fondamentale ruolo per l’alimentazione e la sosta di specie migratrici, quali il cormorano.

La diversità di tutta la comunità faunistica vertebrata riscontrabile in un corso d'acqua deve sempre considerarsi legata alle variazioni longitudinali e trasversali del corso stesso.
Di fatto la presenza nei fiumi di uccelli, rettili, anfibi e mammiferi è fortemente vincolata al fattore idrico ed ittico ma, alla stessa maniera dei pesci, anch'essi sono influenzati dalle diverse successioni ambientali. La presenza diversificata di avifauna, ad esempio, è motivata sia dal tipo di regime idrico e dalla diversificata preferenza di fauna ittica (interconnessione longitudinale) e sia dalla tipologia di vegetazione costituente le zone ripariali (interconnessione trasversale). Non è un caso che nei corsi d’acqua di pianura troviamo più specie di uccelli, tra i quali l’airone cenerino (Ardea cinerea), lo svasso maggiore (Podiceps cristatus), il germano reale (Anas platyrhynchos), il fraticello (Sterna albifrons), la gallinella d’acqua (Gallinula chloropus), il cormorano (Phalacorax carbo) e altri, rispetto ai torrenti  collinari e  montani dove  l'ambiente  acquatico offre meno opportunità alimentari e floristiche10.

 
Fig. 5: La nutria è inserita dalla IUCN tra le cento specie invasive più dannose al mondo in quanto è considerata fortemente impattante sugli ecosistemi che colonizza e per la mancanza di antagonisti naturali.

I tratti fluviali con superfici più aperte e profondità maggiori sono ideali per gli uccelli “tuffatori” oltre a svolgere il ruolo di zone di sosta delle specie migratrici.
Nella vegetazione ripariale molti uccelli nidificano, ma in essa trovano anche piccoli anfibi di cui alimentarsi senza dover necessariamente entrare in contatto con l’acqua. Il bosco ripariale moderatamente umido permette anche la presenza di numerosi rettili ed in particolare nei fiumi italiani non è difficile incontrate il saettone (Elaphe longissima) e la testuggine palustre (Emys orbicularis). I mammiferi legati in senso stretto agli ambienti d’acqua dolce sono pochi; per la loro estrema diversità di caratteristiche e di distribuzione meritano una particolare citazione la nutria (Myocastor coypus), specie esotica che per la sua elevata capacità di adattamento ha colonizzato tutti gli ambienti fluviali nazionali ed europei, e la lontra (Lutra lutra) che a causa della riduzione dei suoi habitat idonei è a forte rischio di estinzione ed in Italia sopravvive solo in alcune zone del centro.

 
 

10 Negli uccelli, la concorrenza alimentare è diminuita dal fatto che le singole specie prediligono nutrimenti diversi, che ricercano in vari modi e in diverse località. Gli insettivori prediligono gli ambiti fluviali congrandi pietre che fuoriescono dall’acqua in quanto molte specie di insetti acquatici hanno bisogno di questi per deporre le uova.


 

Conclusioni

Sull'importanza della biodiversità dei sistemi fluviali si è scritto tanto, ma sono ancora pochi i dati che permettono una puntuale valutazione sul reale stato di salute dei maggiori fiumi nazionali ed europei. In particolare mancano molte informazioni per analizzare al meglio le mutazioni dei popolamenti algali e delle comunità di invertebrati dei fiumi e degli ambienti acquatici perifluviali11. Inoltre sulla presenza e distribuzione di specie di vertebrati e di piante superiori le informazioni non sono sempre aggiornate anche se negli ultimi anni quasi tutti gli studi realizzati sui principali bacini mostrano dati sconfortanti sull'aumento delle bio-contaminazioni dei nostri ambienti fluviali12. Per ovviare a questo grave problema si assiste sempre più alla promozione di specifiche progettazioni volte alla reintroduzioni di specie autoctone con l'intento di migliorare o ripristinare quelle dinamiche fluviali il più possibile prossime ad uno stato naturale. A volte l'accentuato degrado fluviale causato dalle eccessive frammentazioni dello stesso corso d’acqua con barriere, dighe o arginature, riduce drasticamente le probabilità di successo dei progetti e non tutte le specie scomparse a causa dell’inquinamento o della forte pressione antropica riescono a ricolonizzare il loro areale naturale13. Questo fenomeno, in parte dovuto all’insufficiente interconnessione lungo le acque, è spiegato anche dalle ridotte capacità di diffusione o dalle scarse capacità omeostatiche (capacità di mantenere o recuperare il proprio equilibrio in seguito ad un disturbo) di alcune specie indigene. Per questo motivo, la conservazione dell'ambiente fluviale non potrà più basarsi sulla creazione e tutela di isole ecologiche sparse ma si dovrà guardare sempre più alla realizzazione di reti naturali all'interno dei bacini nei quali avvengono i flussi di materia, di energia e di patrimoni genetici. I fiumi e la fascia di territorio a cavallo di essi, se in condizioni vicine alla naturalità, si prestano in maniera ottimale alla realizzazione e/o il mantenimento di quei corridoi ecologici necessari alla biodiversità. Solo attraverso la conservazione al naturale degli ecosistemi fluviali, attraverso una gestione integrata lungimirante, si potrà preservare la biodiversità e garantire la conservazione delle comunità locali. L'attività preventiva volta al controllo delle diverse specie autoctone e l'impedimento della loro estinzione dovrà passare anche attraverso i piani di eradicazione delle molteplici specie invasive già considerate come antagoniste biologiche delle specie nostrane.D'Altronde in alcuni casi le misure di tutela da sole non garantiscono la sopravvivenza di specie minacciate, che presentano popolazioni talmente ridotte o isolate tra loro da non essere più in grado di una ripresa naturale senza l’intervento dell’uomo. Si parla ovviamente di interventi contrari e risanatori ai tanti scempi compiuti sino ad oggi. Sappiamo che in un corso d'acqua naturale, la presenza e la diffusione di tutte le specie avviene ad opera delle interconnessioni; l'impedimento di queste interrompendo i flussi tra sorgente e foce e tra alveo e territorio circostante, provoca una forte riduzione della funzionalità ecologica. La continua semplificazione strutturale di un qualsiasi corso d'acqua porta ad una maggiore fragilità e minore resilienza considerando che è  la diversità ambientale l'unico presupposto alla biodiversità.

 

11 La biodiversità di un fiume, o di un altro ecosistema, è rappresentata per oltre l'80% da invertebrati i quali assieme ai vegetali, rappresentano il fondamento di tutta la rete alimentare e la fonte di sostentamento dei livelli trofici superiori.
12 L'ultimo censimento delle specie vegetali presenti negli ambienti acquatici del reticolo idrografico padano mostra l'aumento numerico delle entità floristiche ma di queste circa la metà sono invasive e sono causa di un marcato degrado soprattutto delle aree alveali e perifluviali. Le formazioni autoctone sono sopraffate da quelle esotiche invasive dei generi Amaranthus, Bidens, Cyperus, Oenothera e Persicaria; inoltre sono diffusamente presenti specie lianose quali Apios americana, Humulus japonicus e Sicyos angulatus (Viaroli 2008).
13 Gli interventi che hanno per obiettivo la promozione della biodiversità, necessitano di un approccio globale che deve considerare i corsi d’acqua nel loro complesso. In molti casi il miglioramento di un singolo aspetto non è sufficiente per ripristinare una speciee. Dopo la realizzazione di alcuni interventi è stato appurato che molti altri fattori ambientali (p. es. mancato deflusso minimo, inquinamento, modifiche della morfologia dell’alveo) possono limitare o vanificare gli effetti positivi attesi  dalle rivitalizzazioni.


 

Bibliografia

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