Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

BIODIVERSITA' 
IL MIMETISMO NEL GECO COMUNE
14/05/2014
Sandro D'Alessandro Commissario Capo del Corpo forestale dello Stato

L’osservazione appassionata della natura può permettere a volte di rilevare dei fenomeni che non...

Riassunto
L’osservazione appassionata della natura può permettere a volte di rilevare dei fenomeni che non sono mai stati descritti e che non ci si sarebbe aspettati di riscontrare. In un mondo come il nostro, in cui tutto sembra essere stato codificato, come dimostra l’articolo c’è ancora spazio per piccole ‘scoperte’ che rendono conto dell’immensa, variegata complessità del mondo vivente. E’ questo il caso del Geco comune, un piccolo animale con cui tutti hanno familiarità, il quale si è rivelato in possesso di inattese quanto sorprendenti capacità mimetiche, che consentono di collocarlo a pieno titolo fra altri organismi ben più noti per tale caratteristica.

Abstract
The passionate observation of nature sometimes allows to discover phenomena never described before, that were unlikely to been countered. In our world, where everything seems to have been codified, little discoveries that show the great and multi-colored complexity of the living world, are still possible. This is the case of the common gecko, a well known little animal that reveals unexpected and surprising mimetic abilities.

 
 
 
 
Giovane Geco su muretto a secco (foto: S. D'Alessandro)
 
 

1. Sulla diversità che si mostra quotidianamente ai nostri sensi

Esistono organismi la cui presenza è comune al punto da essere contemplati nelle tradizioni e nella cultura popolare, nei modi di dire e nella terminologia dialettale, che assegna loro un nome preciso. Sono vivi e ben presenti nell'immaginario collettivo: si tratta di esseri viventi che tutti conoscono per averli visti, o di cui tutti hanno sicuramente sentito parlare.
Ogni persona comune ne ha sentito parlare, ognuno può vederli se frequenta i posti in cui detti esseri sono più frequenti: nessun ostacolo si frappone infatti, molto spesso, fra l'uomo comune e tali creature estremamente diffuse.
Si tratta a volte di organismi che rivelano però delle inaspettate e sconosciute caratteristiche, tanto da poter essere collocati a pieno titolo fra gli esseri viventi meritevoli di attenzione o di menzione per le loro peculiarità. La cosa è tanto più notevole quanto più si pensi che da un punto di vista "accademico", paradossalmente, detti esseri  sono spesso  solo accennati nei libri di testo e il più delle volte liquidati con un nome inserito in un elenco di specie, in un contesto che include altri esseri viventi di cui i primi sono prede, predatori, antagonisti, ecc. Eppure sono spesso, come nel caso degli esseri viventi oggetto di questa trattazione, animaletti che tutti conoscono bene e che ogni persona ha visto almeno una volta.
Poco,  o  francamente  niente,  viene  speso  nelle  più  elementari  ed  immediate  verifiche  su organismi comuni, abituali, della vita di tutti i giorni, la cui familiarità con l'essere umano fa ritenere, a torto,   inutile o vanamente dispendiosa ogni ricerca in merito. Viene da chiedersi quale sia il motivo per cui le ricerche, gli studi e le stesse osservazioni ben raramente traggano spunto da fenomeni concreti, di cui pure la natura è prodiga nei suoi spazi più vicini a noi e più facilmente accessibili.
Le manifestazioni inaspettate sono ritenute non meritevoli di essere divulgate e neanche annotate, dando per scontato che ciò che è alla portata di tutti sia stato già rilevato da scienziati ben più titolati di chi osserva un determinato processo o una determinata manifestazione; se così non è stato, evidentemente, si ritiene che quel fenomeno osservato non era degno di essere notato, in un mondo in cui ci si illude che non ci sia niente da scoprire e che tutto sia stato scritto.
Invece da osservare, rilevare, descrivere, c'è sempre; in qualche caso, forse ben più frequente di quanto comunemente non si pensi, c'è anche da ri-scrivere, facendo appello a tutta l'onestà intellettuale ed all'umiltà di cui siamo capaci.
I resoconti che seguono nell'articolo si riferiscono ad uno degli esseri viventi più comuni, un animale,  abituale  nelle  zone  antropizzate,  la  cui  presunta  familiarità  da  parte  dell'uomo ha giustificato l'estrema approssimazione delle informazioni al riguardo.
Complici alcuni programmi televisivi odierni ed una certa forma di sensazionalismo legato al fascino dell'esotico, del lontano, del difficilmente accessibile, spesso presentato quasi come se fosse sinonimo di  "naturale", "inesplorato", "incontaminato", o altre amenità del genere, è paradossale che tutti, o quasi, conoscano il grande animale delle regioni lontane, al punto da indicarne con poche probabilità  di  errore  nome,  caratteristiche,  abitudini,  habitat,  e  che  abbiano  invece  dubbi  nel riconoscere la specie o delineare le caratteristiche di un qualsiasi animaletto che è facile reperire (condizioni climatiche permettendo) anche quotidianamente, "banalmente" nei dintorni delle nostre abitazioni.

 

1 - E' appena il caso di rilevare che le novità scientifiche spesso consistono in scoperte che vengono fatte ai massimi livelli a proposito di questo o di quell'altro aspetto della ricerca, mentre si tralasciano aspetti – non necessariamente di poco conto - che sono in realtà sotto gli occhi di tutti e che ognuno potrebbe ben verificare. Così, le caratteristiche del pc di ultima generazione sono di dominio comune e di esse ognuno parla con cognizione di causa come se parlasse del contenuto delle proprie tasche, mentre sui “banali” aspetti del mondo naturale che ci circonda, nessuno, o quasi, sa molto più di niente.


 

2. Il mimetismo nel regno animale

Pesce ago fra le Posidonie

Nel regno animale molteplici sono i casi di mimetismo: si va dalle semplici colorazioni delle livree cosiddette "eclissali", che si confondono senza troppe difficoltà con il territorio che è l'habitat prediletto da quella specie,  a variazioni di colore, per così dire istantanee, finalizzate a far confondere l'animale con il colore di fondo dell'ambiente in cui si trova in quel momento.
Una   prima   osservazione   è   infatti   relativa   alle   caratteristiche   degli   organismi   che   si "mimetizzano".
Ad una prima approssimazione, si potrebbe indicare con "mimetismo" quella capacità che un animale ha di confondersi con il proprio ambiente; in tale prima definizione si prestano ad essere annoverate due tipologie ben differenti di "mimetismo": quella degli organismi che presentano ventiquattro ore al giorno una livrea che permette loro di confondersi nell'ambiente e quella, ben più complessa, derivante dalla capacità dell'organismo di modificare il proprio colore per adattarsi alle tonalità del territorio in cui esso si trova in quel preciso momento.
Alla prima delle due categorie appartengono animali superiori, omeotermi: Mammiferi (Leopardi, Giaguari, Tigri, ecc.) ed Uccelli (livree eclissali proprie di determinate specie o tipiche delle femmine di altre) 2, ma non solo.

 
 

2 - Un tipo di mimetismo paragonabile a questo è quello manifestato dalle sole femmine di alcune specie di Uccelli che, al contrario dei maschi, sfoggiano una livrea di tipo eclissale. Ciò è in linea con la maggiore importanza della femmina rispetto al maschio, in quanto (almeno nelle specie non prettamente monogame) ogni femmina, se fecondata, è potenzialmente in grado di dare origine ad una nidiata ed è pertanto garanzia di sopravvivenza della specie.


 
Fig. n° 2 – Raganella (da S. D'Alessandro, "La silenziosa scomparsa degli Anfibi, la cosmologica scomparsa dei Dinosauri", foto dell'autore; op. cit.)

Esistono anche svariati animali ectotermi, come Pesci di scoglio o di sabbia, che hanno una livrea che li porta a mimetizzarsi con le anfrattuosità rocciose o con i substrati sabbiosi o fangosi (per il Mediterraneo elenco, in una lista ben lungi dall'essere completa, i generi Scorpena, Lithognathus, Trachinus, Conger, Muraena, Syngnatus).
Esempi del genere non mancano fra i Rettili (per citare solo un caso, Ramarri dal colore verde brillante come le foglie), Anfibi (Raganelle dello stesso colore delle foglie su cui vivono, Salamandre che si mimetizzano con il fogliame a terra nella stagione autunnale) e finanche Aracnidi (Tarantole con le stesse tonalità dei substrati terrosi che sono il loro habitat usuale) ed Insetti in possesso del colore del substrato sul quale essi vivono abitualmente (si anticipa qui il caso della "famosa" Biston betularia, di cui  si  parlerà  in  maniera  più  approfondita  appena  più  avanti,  oltre  all'Insetto  stecco,  la  Mantide religiosa, ecc).

 
Fig. n° 3 – Mantide religiosa fotografata nel suo ambiente (foto: S. D'Alessandro)

Si tratta in tutti i casi sopra elencati di animali che, pur non essendo in grado di cambiare colore al punto da riprodurre con esattezza i colori e le linee dell'ambiente fisico, hanno una colorazione "permanente" tale da confondersi molto bene con esso. È appena il caso di ricordare che molti Insetti sono in grado di riprodurre, oltre che i colori, anche la conformazione dell'ambiente in cui vivono senza dover apportare alcuna modifica, in quanto essi, come il già citato Insetto stecco, posseggono già in partenza una conformazione ed una colorazione tali da renderli perfettamente idonei a passare inosservati nell'ambiente in cui vivono.
Un caso "notevole" è quello della Biston betularia o "Peppered moth" dei Paesi di lingua anglosassone, la farfallina provvista di due varianti, una delle quali, quella "albina", si mimetizzava sui bianchi tronchi delle Betulle, mentre l'altra, quella melanica, sarebbe risultata avvantaggiata dall'inquinamento successivo alla rivoluzione industriale ed al conseguente annerimento della corteccia degli alberi.

 

3 - Come preesistenti erano le due varianti della Biston, che tanto inchiostro hanno fatto versare a proposito della supposta “evoluzione” della specie in risposta ad un adattamento della stessa alle mutate condizioni ambientali, in una visione lamarckiana che contraddice la casualità degli eventi, postulato alla base della variazione degli individui che la selezione naturale favorirebbe o sfavorirebbe. Il fatto che alcuni individui manifestino “la variazione giusta al momento giusto” dovrebbe invece, con coerenza, essere vista nell'ottica di una manifestazione della variabilità preesistente nella specie, sulla quale agisce la selezione naturale in veste appunto “selettiva” e non “creativa”.


 
Fig. n° 4 - Biston betularia, nelle due varianti bianca e nera così come appaiono su un tronco bianco e su un tronco nero (da "Fitness, Adaptation & Natural Selection in real populations

Si tratta, in tutti questi casi, di una preesistente colorazione simile a quella dell'ambiente 3  e non di una variazione nel colore a seconda del territorio in cui l'animale si viene a trovare in un dato momento 4.
Un tipo di mimetismo più propriamente detto è infatti quello che si verifica quando l'organismo è in grado di assumere una colorazione compatibile con quella del substrato in cui si trova in quel momento, al punto da risultare difficilmente distinguibile da esso.
Una  caratteristica  di  rilievo  di  questi  esseri  viventi  è  la  loro  appartenenza  esclusiva  alla categoria degli animali a sangue freddo, i cosiddetti ectotermi. Fra questi si annoverano molti Pesci bentonici: si citano qui la Sogliola, i Rombi e gli altri Pesci piatti affini, ma non solo: anche alcune Razze possono variare il loro colore adattandolo a quello del fondale sul quale sono adagiate.
La capacità di cambiare colore assume delle connotazioni che hanno dell'incredibile nel caso di alcuni Molluschi Cefalopodi come le Seppie ed i Polpi, che sono in grado di modificare ogni sfumatura cromatica  e  perfino  la  forma  di  qualsiasi  porzione  del  loro  corpo,  fino  a  diventare  del  tutto indistinguibili dall'ambiente circostante.

 
 

4 - La  cosa fu  enfatizzata come prova  dell'evoluzione della Biston, che  si  sarebbe  trasformata  in  una specie dalla colorazione nera, senza riflettere troppo sul fatto che, qualora di questo - anziché della manifestazione di una variabilità
sia fenotipica che genotipica insita nella specie – si fosse effettivamente trattato, si sarebbe dichiarata la validità di una
tendenza evolutiva di tipo lamarckiano (spunto evolutivo derivante dall'ambiente), non di tipo darwiniano (variazioni casuali ed indipendenti dall'ambiente).


 
Fig. n° 5 - Seppia perfettamente mimetizzata sul fondo marino

Esiste un'altra categoria di animali che, sebbene non in grado di raggiungere gli stessi livelli di "invisibilità"- anche per via di un apparato scheletrico ben più strutturato, che non li rende in grado di adattare, allo stesso modo dei Molluschi Cefalopodi, la conformazione del corpo alla morfologia del territorio sono in grado di cambiare colore a seconda dell'ambiente in cui si trovano. Si tratta di alcuni Rettili, nell'ambito dei quali la palma va sicuramente ai Camaleonti, le cui molteplici specie viventi  in  molti  angoli  tropicali  o  equatoriali,  sono  tutte  in  grado  di  cambiare  colore  in  modo strabiliante. Camaleonti, e non solo......

 
 

3. Un caso proverbiale di mimetismo: il Camaleonte

Fig. n° 6 – Un Camaleonte originario dello Yemen, il Chamaeleo calyptratus, fotografato in un terrario esposto per la vendita presso un negozio. Fino a non troppo tempo fa considerato in grave pericolo di estinzione, il Ch. calyptratus ha avuto una vasta diffusione in cattività, il che, unito alla sua capacità di riprodursi neo terrari con facilità, ne ha determinato un incremento della consistenza numerica (foto: S. D'Alessandro).

A livello popolare il mimetismo più celebrato è sicuramente quello del Camaleonte: anche a livello semantico si è assistito al florilegio di tutta una serie di termini che fanno riferimento all'inconfondibile Sauro tanta impronta ha lasciato nella fantasia popolare.
Per inciso, si sottolinea che le relazioni fra la cultura popolare del passato e questo animaletto non sempre si limitano ai racconti dei viaggiatori o ai bestiari, le mostre di animali esotici che venivano esposte in serragli itineranti, dato che il genere Chamaeleo è rappresentato da ben due specie viventi in uno dei Paesi europei che si affacciano nel bacino del Mediterraneo (Grecia e isole greche) 5, e che almeno una o (cosa che appare più probabile) entrambe le specie vivono, presumibilmente da millenni, in uno o più settori localizzati del nostro Paese 6.

 
 

5 - Non  risale  a  molti  anni  fa  il  riconoscimento,  accanto  al  Chamaeleo  chamaeleon  o  Camaleonte  comune,    del Chamaeleo africanus (Camaleonte basilisco) fra le specie viventi in Grecia. Si ringrazia il Prof. Franco Tassi per l'informazione.
6  - Quanto segue si riferisce al Salento, terra in cui la presenza del Camaleonte è rendicontata da testimonianze di diverso tipo ed in cui tuttora vengono rinvenuti sporadicamente dei Camaleonti, ma testimonianze di rinvenimento di sono presenti anche in Sicilia, in accordo con la storia della Magna Grecia (si veda al proposito “Il Camaleonte nel Salento - una realtà fra storia e leggenda” - in bibliografia -).


Fig. n° 7 - Stemma del Comune di Sternatia (LE)



Da molto tempo circolano infatti nel Salento storie relative a non meglio precisati Sauri dai movimenti estremamente lenti che sarebbero stati rinvenuti nelle campagne della provincia di Lecce; con il passar del tempo, tali rinvenimenti si sono ristretti alla sola zona di Nardò, ma permangono, a testimoniare  tali  passate  conoscenze, svariati riferimenti, come ad es. lo  stemma  del  comune  di  Sternatia,  che  rappresenta  un "basilisco".
Si aggiungono altri importanti riferimenti, come il termine dialettale "dragheddu"7, piccolo drago, con cui in passato sarebbero stati indicati tali strani esseri viventi e, non ultimi, i resoconti riportati in alcuni vecchi testi che fanno esplicito riferimento a "basilischi" che sarebbe stati portati in giro nei secoli scorsi dai serpari girovaganti per le campagne salentine

 
 

7 - Ringrazio il Dr. Roberto Basso del Museo di Storia Naturale di Jesolo (VE) per la preziosa informazione


 
 
Fig. n° 8 – Camaleonte raffigurato nello stemma scolpito sulla facciata di una vecchia casa salentina risalente presumibilmente al XVI Secolo. L'iscrizione sovrastante "Humana vitae exemplum gero" ("porto ad esempio le vicende della vita") dimostra che già mezzo millennio fa, nell'immaginario collettivo delle popolazioni locali, tale animale fosse ben conosciuto, al punto da rappresentare un termine di paragone ben noto per chi si distingue per le sue capacità "trasformiste". (Foto: Sandro D'Alessandro)

La statua sopra raffigurata ha un duplice valore documentale.
In primo luogo perché, come ho scritto in altre occasioni8, testimonia l'inaspettata presenza della specie (o forse del Genere9) nel territorio dell'attuale Italia in tempi remoti.
In secondo luogo, perché testimonia la familiarità della popolazione, o per lo meno del "sapere comune", con la caratteristica più famosa dell'animaletto, cioè la possibilità di cambiare colore, al punto da paragonare il piccolo Rettile alle persone "camaleontiche" che cambiano colore, sia pure in senso figurato, per adattarsi alle condizioni del momento.
Il Camaleonte dell'effigie è raffigurato in un atteggiamento inconsueto, con la bocca aperta ed i denti ben in evidenza ad esaltarne la potenzialità aggressive (forse nell'atto di ghermire la preda, cosa che il Camaleonte in realtà fa protendendo rapidissimo verso l'esterno la mobilissima lingua, in un movimento che non poteva essere raffigurato in una statua di friabile calcarenite). Di fatto, se da una parte la raffigurazione rappresenta un inequivocabile documento comprovante la presenza della specie in epoca remota, dall'altra raffigura l'animale con modalità comportamentali che non gli sono proprie, dando un rilievo consistente al secondo dei punti considerati.
L'accostamento delle caratteristiche umane al Camaleonte indica infatti che la sua caratteristica saliente, la possibilità di cambiare colore, dovesse essere ben nota, e ciò non poteva essere possibile se l'animale non fosse stato, all'epoca, conosciuto più che bene.

 
 

8 - ved. riferimenti in bibliografia a “Oriundi d'Oriente” e “Strani taxa di Terra d'Otranto”
9 - Il Professor Franco Tassi ritiene che possano essere presenti nel Salento sia il Camaleonte comune ( Chamaeleo chamaeleon) che il Camaleonte africano (Chamaeleo africanus).


 

4. Un casco sconosciuto di mimetismo: i Gechi

Accanto all'universalmente noto Camaleonte, però, c'è un'altra categoria di animali ad esso affini, ma ben più comuni, che appare in grado di cambiare colore, assumendo toni simili a quelli dell'ambiente circostante: alcuni membri della Famiglia dei Gekkonidae.
Delle quattro specie viventi in Italia, almeno tre, ossia Tarentula mauritanica, Hemidactylus turcicus, Cyrtopodion kotschyi (o - per indicarlo con il nome che gli fu assegnato dal suo classificatore, il grande Theodor Kotschy – “Cyrtodactylus” kotschyi  che dir si voglia) sono in grado di cambiare colore. Sulla quarta  (Euleptes europaeus) chi scrive non ha alcuna notizia al riguardo. A dire il vero, ed a dirlo tutto, neanche sulle altre tre specie è stato possibile reperire nei canali ufficiali la minima notizia al riguardo: è stato possibile rinvenire solo dei semplici accenni ad un possibile melanismo "indotto" dalle elevate luminosità nel Geco di Kotschy.
L' osservazione  doverosa è che, mentre il Camaleonte è universalmente riconosciuto per le sue incredibili possibilità di mimetizzarsi, poco o niente si sa dei Gechi, di questi umili animaletti così strettamente ed incredibilmente associati - anche a livello etimologico - alla Tarantola al punto da essere ancora, nella terminologia corrente, tuttora confusi con essa.
E'  quanto  meno  singolare,  agli  occhi  di  chi  scrive,  che  ha  avuto  in  svariate  occasioni  la possibilità di osservare e di documentare fotograficamente la variabilità cromatica del Geco, il fatto che queste piccole creature, talmente comuni da essere considerati banali, hanno delle incredibili quanto inattese – e sorprendenti ! - capacità di cambiare colore.
Il mio interesse personale per questa categoria di animali nacque in concomitanza delle mie personali ricerche a proposito del Camaleonte salentino, quando mi resi conto delle strane concordanze fra l'areale di questo e quello di uno dei quattro Gechi italiani, il “Cyrtodactylus” kotschyi, organismo per la cui peculiare diffusione è stata analizzata per ipotizzare un processo di importazione similare, ma per certi versi ben  differenziata, a quello ipotizzato per il Camaleonte.

Fig. n° 9 – “Cyrtodactylus” kotschyi orientalis (da wikimedia)

A questo piccolo Geco mi accostai quindi per la singolarità della sua distribuzione, stranamente coincidente con quella del Camaleonte e, cosa ben singolare, delle due Querce del genere Cerris che ne condividono l'areale italiano e non solo (Quercus macrolepis10 e Quercus macedonica).
Da queste strane caratteristiche derivò il mio interesse per questo piccolo Geco che, malgrado i miei molteplici tentativi, finora non sono mai riuscito a vedere di persona; questo strano Geco dalle caratteristiche più simili a quelle delle Lucertole che a quelle dei Gekkonidae, al punto da formare, in alcune  isole  greche,  colonie  insieme  alla  Podarcis  milensis,  la  Lucertola  di  Milo,  con  la  quale condivide l'habitat, le prede, il territorio e persino l'etologia.
Di questo termofilo Geco che, a causa delle sue scarse possibilità di salire su muri completamente lisci – è privo di cuscinetti adesivi, avendo delle zampe in tutto e per tutto simili a quelle delle Lucertole – non si trova nei pressi delle abitazioni umane, dove non potrebbe usufruire degli insetti che la sera si raccolgono in sciami richiamati dalla luce delle lampadine.
Di questo Geco è accennata in letteratura la capacità di cambiare colore, che tende al nero in corrispondenza delle ore più luminose della giornata; a parere di chi scrive, si tratterebbe in tal caso di una variazione, legata alla sola termoregolazione, che potrebbe risultare anche controproducente ai fini di un'eventuale mimetizzazione dell'animale, rendendolo spesso ben più appariscente che non se fosse rimasto con la livrea pressoché "eclissale" che lo caratterizza quando non diventa scuro (ved. foto n° 2) Nel  caso  del  "Piccolo  Geco  dei  muretti  a  secco11"  questa  caratteristica  non  apporta  infatti, presumibilmente, alcun vantaggio in fase predatoria, in quanto il colore nero risalta notevolmente sul colore chiaro dei susbstrati, siano essi sassosi o murari, di calcarenite, il che lo rende ben visibile da parte delle prede e, allo stesso modo, dei predatori. Un aiuto viene al “Cyrtodactylus” dall'essere più veloce e meno flemmatico degli altri Gechi, tanto che esso riesce a sfuggire ai predatori ed a rincorrere le prede con un'efficienza tale da annullare gli eventuali effetti sfavorevoli derivanti da un'eccessiva visibilità.
Nel caso del Geco verrucoso (Hemidactylus turcicus) sembrerebbe di poter dire che, più che di un melanismo che procede di pari passo all'aumento della luminosità, si possa parlare al contrario di una riduzione della pigmentazione in concomitanza di ridotte illuminazioni; in condizioni di ridotta luminosità il corpo di qesto Geco, speci se si tratta di un individuo giovane, appare quasi trasparente.
E' difficile dire se la variazione di colore sia legata in qualche modo anche alla temperatura ambientale. Di fatto, il rendersi più scuro ha fra i suoi effetti quello di assorbire maggiore radiazione calorifica, per cui esiste effettivamente una relazione diretta fra la colorazione ed il riscaldamento corporeo.
Non va però dimenticato che, almeno in apparenza, il colore scuro del Geco comune sia in relazione diretta non tanto con la temperatura ambientale, quanto con la luminosità dell'ambiente  (si legga per confronto quanto riportato ne "Il melanismo nei Gechi mediterranei", op.cit); in tal modo, la possibilità di diventare più caldo sarebbe un effetto secondario della variazione cromatica dell'animaletto.
Un Geco verrucoso rinvenuto in inverno da chi scrive è risultato quasi privo di colorazione, al punto da rendere possibile vedere gli organi interni attraverso le pelle. Se la cosa può essere messa in relazione con le basse temperature, essa può però, forse a maggior ragione, essere connessa con le basse intensità luminose della stagione, di solito caratterizzata da cielo coperto, e con il fatto che l'animaletto era stato sorpreso in un pozzetto, con illuminazione pressochè nulla.

 

A questo piccolo Geco mi accostai quindi per la singolarità della sua distribuzione, stranamente coincidente con quella del Camaleonte e, cosa ben singolare, delle due Querce del genere Cerris che ne condividono l'areale italiano e non solo (Quercus macrolepis10 e Quercus macedonica).
Da queste strane caratteristiche derivò il mio interesse per questo piccolo Geco che, malgrado i miei molteplici tentativi, finora non sono mai riuscito a vedere di persona; questo strano Geco dalle caratteristiche più simili a quelle delle Lucertole che a quelle dei Gekkonidae, al punto da formare, in alcune  isole  greche,  colonie  insieme  alla  Podarcis  milensis,  la  Lucertola  di  Milo,  con  la  quale condivide l'habitat, le prede, il territorio e persino l'etologia.
Di questo termofilo Geco che, a causa delle sue scarse possibilità di salire su muri completamente lisci – è privo di cuscinetti adesivi, avendo delle zampe in tutto e per tutto simili a quelle delle Lucertole – non si trova nei pressi delle abitazioni umane, dove non potrebbe usufruire degli insetti che la sera si raccolgono in sciami richiamati dalla luce delle lampadine.
Di questo Geco è accennata in letteratura la capacità di cambiare colore, che tende al nero in corrispondenza delle ore più luminose della giornata; a parere di chi scrive, si tratterebbe in tal caso di una variazione, legata alla sola termoregolazione, che potrebbe risultare anche controproducente ai fini di un'eventuale mimetizzazione dell'animale, rendendolo spesso ben più appariscente che non se fosse rimasto con la livrea pressoché "eclissale" che lo caratterizza quando non diventa scuro (ved. foto n° 2) Nel  caso  del  "Piccolo  Geco  dei  muretti  a  secco11"  questa  caratteristica  non  apporta  infatti, presumibilmente, alcun vantaggio in fase predatoria, in quanto il colore nero risalta notevolmente sul colore chiaro dei susbstrati, siano essi sassosi o murari, di calcarenite, il che lo rende ben visibile da parte delle prede e, allo stesso modo, dei predatori. Un aiuto viene al “Cyrtodactylus” dall'essere più veloce e meno flemmatico degli altri Gechi, tanto che esso riesce a sfuggire ai predatori ed a rincorrere le prede con un'efficienza tale da annullare gli eventuali effetti sfavorevoli derivanti da un'eccessiva visibilità.

 

10 - Per  maggiori  informazioni  in  merito  vedasi  S.  D'Alessandro:  “La  Vallonea  Quercia  di  Chaonia  –  un  viaggio nell'ecologia, nella storia e nella mitologia della Falanida salentina, albero delle civiltà mediterranee ” Tipografia Editrice Salentina, Galatina (LE) 2002
11 - Ved. bibliografia.


 
 
Fig. n° 10 – Giovane Geco fotografato su uno scarpone (foto: S. D'Alessandro)

Nel Geco comune (Tarentula mauritanica) - di seguito chiamato semplicemente "Geco" - che compartecipa sia della possibilità di diventare più scuro con l'insolazione12   che della possibilità di cambiare colore nel senso di un vero e proprio mimetismo, tale caratteristica si annida in processi che sono probabilmente molto più complessi rispetto a quanto avviene in altri Gechi ed avvicina in maniera alquanto singolare l'animaletto al ben più proverbiale Camaleonte, con il quale il Geco condivide la capacità di assumere lo stesso colore del substrato sul quale l'animale si trova, o per lo meno un colore molto  simile,  arricchendo  inoltre  le  sue  tonalità  a  quelle  dell'ambiente,  del  quale  è  in  grado  di riprodurre le linee, le chiazze, le sfumature.

 

12 - Si veda a tale proposito “Casi poco o per niente noti di variazione: il melanismo nel Geco comune” e “Il melanismo nei Gechi mediterranei”


 
 
Fig. n° 11 - Un Geco comune dal colore molto scuro, per fini probabilmente legati alla termoregolazione, particolarmente appariscente sul muro chiaro di una casa diroccata. (foto: S. D'Alessandro)

Il colore, di norma concorde con l'ambiente, soggiace infatti alla regolazione della temperatura del Geco, il quale si giova, nelle giornate assolate, di un iscurimento della sua colorazione al fine dell'assorbimento di una maggior quantità di radiazioni solari, anche a scapito di un suo maggior risalto sul substrato magari chiaro sul quale esso si trova.
La tendenza è di segno opposto quando al contrario l'illuminazione è molto bassa, e così ecco il Geco comune diventare pressoché candido13 nelle ore serali o notturne14.

 
 

13 - Il fenomeno è forse ancora più appariscente nel Geco verrucoso, il quale decolora la sua pelle a tal punto da permettere quasi di vedere gli organi interni. Va detto a tale proposito che il corpo dell'Emidattilo è, a maturità, molto meno massiccio  di  quello  del  Geco  comune  e  che  pertanto  si  presta  a  dare  maggiore  risalto  a  ciò  che  lo  costituisce internamente, ma la sua pelle, indubbiamente molto più sottile e meno scabrosa di quello del “cugino maggiore”, gli permette di dare un ben maggiore rilievo alle differenze cromatiche che l'animale manifesta.
14 - La cosa va in direzione opposta a quanto rilevato in altre occasioni, in cui, come si scriverà in seguito, l'assunzione di colore da parte dell'animale disente dal colore di ciò che appare nel suo campo visivo: di sera il Geco vede colori molto scuri, ma in questo caso l'animale non sembra concordare con essi.


 
Fig. n° 12 - Un Geco comune quasi completamente privo di pigmentazione, fotografato di notte su un muro alla luce flebile di un lampione (Foto: S. D'Alessandro)

La possibilità di cambiare colore si accorda bene con le caratteristiche del Geco, che è un animale relativamente lento, corpulento a maturità ed inadatto a mantenere a lungo andature di una certa velocità, probabilmente anche a causa della maggiore "portanza", rispetto all'Hemidactylus, dei cuscinetti adesivi che gli permettono di salire su substrati completamente lisci.
La sua andatura a scatti lo rende un animale facilmente predabile da tutta una serie di organismi, per cui esso si avvantaggia  non poco  di una capacità  come  quella  del mimetismo;  il discorso  è ovviamente  analogo  se lo  si  riferisce  all'esigenza  che  il  Geco  ha  di  non  essere  scorto  dalle  sue potenziali prede.
Come documentato nelle foto che fanno parte integrante del paragrafo che segue, il Geco ha quindi la possibilità di adattare il proprio colore a quello dell'ambiente in cui esso si trova. E, cosa ancora più notevole, il Geco lo fa in maniera pressoché immediata, adattandosi all'istante al colore del substrato sul quale l'animaletto si trova.
A ben vedere, esistono tutti i presupposti perché un animale come il Geco sia, fra tanti animali terrestri, uno di quelli in grado di trarre maggior vantaggio da una caratteristica del genere.

 
 
 
Fig. n° 13 - Questo corpulento Geco comune al sole sul muro di una casa colonica diroccata ha assunto le tonalità del muro, riproponendo sul suo corpo, in chiazze, addirittura le sfumature e gli accostamenti di colore dei Licheni presenti (foto: S. D'Alessandro)

Innanzitutto,  è, insieme agli altri Gekkonidae, l'unico Vertebrato terrestre in grado di salire su superfici pressoché lisce. Mentre sale (ad es. su un albero) il Geco è allo scoperto, pertanto è facilmente individuabile.
La possibilità di assumere una colorazione che lo renda poco appariscente o del tutto invisibile nel contesto ambientale in cui esso si trova può avere pertanto un'importanza molto rilevante.
Esistono, è vero, altri Rettili che salgono sugli alberi, come ad es. alcuni Serpenti in misura maggiore o minore arboricoli, ma questi, oltre ad avere delle potenzialità offensive che il Geco non è in grado di esplicare, hanno movimenti più fluidi, mentre il Geco, con i suoi movimenti a scatto, risulta ben più facilmente scorgibile. Poi, spesso, il Geco si ferma. Evitare di essere individuato è quindi  per lui di fondamentale importanza.

 
 
Fig. n° 14 – Un Geco comune appeso sulla superficie di una ondulina, ahimè di eternit, all'interno di un vecchio cascinale: i suoi toni ed anche gli "stacchi" nella sua colorazione appaiono incredibilmente concordi, quasi delle prosecuzioni, con quelle che sono le caratteristiche cromatiche dell'ambiente (foto: S. D'Alessandro)

Ancora, il Geco compartecipa della duplice natura di animale "da tana" e di animale che vive allo scoperto, per quanto le sue abitudini si esplichino maggiormente allo scoperto: la vita in tana riveste un carattere di fuga nei confronti di predatori per lo più a sangue caldo (gli altri Rettili avrebbero ben poche difficoltà ad introdursi nei rifugi del Geco) o di rifugio nei confronti degli estremi termici legati ad una eccessiva insolazione. Essendo spesso allo scoperto, e pertanto facilmente visibile, diventa pertanto opportuno per il nostro Geco potersi celare alla vista degli altri organismi ad esso in qualche maniera correlati ecologicamente in qualche maniera (prede, competitori, predatori...).

 
 
Fig. 15 – Un giovane Geco comune, dalle dimensioni ben inferiori di quello riportato in fig. 12, sorpreso di sera dalla luce del flash su un muro nello stesso atteggiamento del primo (foto: S. D'Alessandro)

Rispetto al “Cyrtodactylus”, il Geco comune è spiccatamente notturno; a differenza del primo, che è in grado di raggiungere buone velocità e di mantenerle per un certo periodo, esso è inoltre è più goffo nei movimenti e le sue fughe si risolvono in scatti destinati a raggiungere mete poco lontane.
Allo stesso modo, la scarsa illuminazione del suo periodo giornaliero di attività – che si protrae fino ad una fase crepuscolare o schiettamente notturna - fanno sì che esso non debba, come invece avviene in modo diametralmente opposto per il “Cyrtodactylus”, inseguire le prede, nè debba avere uno scatto  bruciante:  gli  è  sufficiente  nascondersi,  modificando  l'aspetto  del  suo  corpo  e  la  sua colorazione15.
Alla luce di queste diverse caratteristiche, va da sè che il metodo di caccia che meglio si adatta al Geco comune è la caccia "all'agguato", tecnica predatoria in cui l'animaletto risulta sicuramente avvantaggiato dalla possibilità di sfruttare in qualche modo il fattore sorpresa.
E la possibilità di cambiare colore, conformandosi all'ambiente circostante, è di certo un elemento che va a favore dell'animale.
Non vanno trascurate, nelle considerazioni relative alla "coerenza" di una fisiologia come quella qui descritta per il Geco comune, le correlazioni con le sue dimensioni relative: il Geco è molto più grande  degli  Insetti,  il  che  mal  si  adeguerebbe  con  un  effetto  "sorpresa",  ma  la  sua  superficie biturzoluta contribuisce forse a determinarne, di concerto con le proprietà mimetiche dell'animale, la scomposizione dell'immagine, che viene percepita probabilmente dagli ocelli dell'entomofauna come una "montagna" inanimata e immobile.

 
 

15 - Sulla base di quanto sopra, ossia sulla capacità di cambiare colore in base a quanto presente nel campo visivo dell'animale, l'apparato visivo del Geco comune assumerebbe pertanto un'importanza di eccezionale rilievo, in quanto la sua caratteristica di predare gli Insetti di notte sarebbe correlabile ad una sua particolare acuità visiva anche nelle ore a scarsa illuminazione. Il particolare della pupilla estremamente modificabile, al punto da poter essere ridotta ad una sottile linea, rende conto della capacità del piccolo Rettile di adattare la sensibilità dell'occhio all'illuminazione. Si confronti al riguardo la dilatazione della pupilla del piccolo Geco delle foto che vanno dalla n° 3 alla n° 9 e la si confronti con quella sottilissima del Geco della foto n° 10, in cui l'animale è in penombra, ma è circondato da una luce abbagliante, riflessa com'è da un imponente ed esteso muro di colore chiaro tutto attorno all'animale. Non sarebbe del tutto da escludere, a parere di chi scrive, che la vista del Geco comune permetta all'animale di adattarsi per una certa misura all'oscurità.


 
Fig. 16 – Un massiccio Geco immobile al sole sullo scalino di una vecchia casa colonica; benché l'immagine sia bene a fuoco, appare difficoltoso distinguere il profilo del suo dorso dallo sfondo a causa dell'evidente analogia dei colori (foto S. D'Alessandro)

Si potrebbe ipotizzare che la superficie corporea del Geco - superficie che, come le foto documentano, si caratterizza per molteplici protuberanze variamente colorate - possa sortire una specie di "effetto confusione"  nell'Insetto che il Rettile si appresta a predare.
La possibilità di mimetizzarsi da parte del Geco Comune e – forse - del Geco verrucoso è pertanto conforme con la loro possibilità di salire su superfici verticali.
Nel caso di organismi necessariamente legati a substrati "terrestri", al suolo o in prossimità di questo, in un ambiente in cui le differenti colorazioni sono garantite dalla presenza di vegetazione, pietre, anfratti, ecc., la possibilità di cambiare colore non è strettamente  necessaria, per nascondersi. Le cose sono ovviamente diverse sulle superfici, spesso uniformi, di costoni rocciosi, muri, tronchi, ecc., di norma non offrono né rifugi né ripari per potersi occultare; se pure non appare determinante la possibilità  di  predare  nel  corso  degli  spostamenti  su  tali  superfici  (cosa  che  il  Geco  comune  è comunque in grado di fare),  è opportuno, o per lo meno vantaggioso, non rivelare la propria presenza nel corso dei tragitti allo scoperto. Poter fruire di variazioni cromatiche può essere spesso risolutivo, al fine della mancata individuazione da parte della preda (e/o del predatore).
A conferma di quanto riferito sopra, si mette qui in evidenza che tutti gli organismi in grado di assumere lo stesso colore dell'ambiente in cui vivono sono sempre in grado di spostarsi nelle tre direzioni dello spazio, o perché vivono in un ambiente acquatico (Sepia, Octopus, Solea, ecc.), o perché sono in grado di arrampicarsi su alberi o su superfici verticali (Chamaeleon, Gekkonidae spp., ecc.).

 
 

5. Il mimetismo del Geco comune – Evidenze immediate nel tempo e nello spazio

Fig. n° 17 - In questa, che è la prima della sequenza di fotografie scattate nell'arco di tre minuti ad un piccolo Geco comune osservato su una casa in pietrame grezzo, si nota l'animale sulla porta di una casa: dalla foto, che appare purtroppo molto sfocata, è possibile evidenziare come il colore del Rettile, per quanto non definibile come "mimetico", abbia tonalità prossime a quelle della porta stessa. (Foto: Sandro D'Alessandro)

Con la premessa che il Camaleonte non è, contrariamente a quanto si ritiene comunemente, una specie "esotica", per il semplice fatto di essere presente Italia per lo meno da diversi secoli - se non da millenni - il Geco, il comune animaletto così frequente da vedere sui muri delle case, meglio se diroccati16, e un Rettile a tutti gli effetti autoctono nel nostro Paese.
L'evidenza delle sue variazioni di colore è stata resa possibile dall'adozione di sequenze di scatti fotografici a brevi intervalli, scatti che hanno permesso di registrare i mutamenti di colore dell'animale a seconda del colore del substrato sul quale il piccolo Sauro   si trovava in quel preciso momento. Anche se purtroppo alcuni problemi a carico del supporto sul quale erano state memorizzate hanno portato alla perdita delle foto più rappresentative ed eloquenti, le più indicative in tal senso, quelle a corredo del presente articolo possono essere analogamente ritenute in grado di documentare, in modo credo inoppugnabile, quanto scritto in queste pagine.

 

16 - Il  Geco  si  avvantaggia  della vicinanza  con  l'Uomo,  potendo  nei  pressi  delle  abitazioni  sfruttare  l'illuminazione artificiale che richiama gli Insetti di cui si nutre; tuttavia, è innegabile che questo animale, in presenza della nostra specie, venga di regola ucciso o comunque allontanato per paura o per superstizione.


 
Fig. n° 18 - In questa foto, anch'essa purtroppo sfocata perchè scattata senza flash – che avrebbe falsato i colori - in condizioni di penombra ed a distanza non eccessivamente ravvicinata, si vede come l'animale, dopo aver visto un soggetto di un altro colore, ha cambiato tonalità, adeguandola al colore della mia giacca fino ad apparire in contrasto con la colorazione della porta. (Foto: S. D'Alessandro).

Singolare appare la spettacolare variazione di colore di questo piccolo Geco comune: si tratta di un esemplare che, avvistato da alcuni metri di distanza su una porta di una casa in pietrame a secco mentre era in possesso di un colore compatibile con quello del legno della porta, ha iniziato a cambiare colore.Il colore del Geco è infatti diventato grigio, assumendo una colorazione discrona con quella dell’ambiente circostante, man mano che mi avvicinavo; il perché della colorazione grigia ha costituito per me un dilemma…. finché non mi sono ricordato che indossavo una giacca grigia! Le foto riportate nell'articolo hanno un valore documentale, in quanto, anche volendo prescindere dall'adeguamento della livrea dell'animale al colore "ambientale" dominante (rivelatosi essere volta per volta il colore della porta, quello della mia giacca – non rilevabile dalle foto - e quello del muro, visibile nelle foto seguenti), esse testimoniano la variazione del colore dell'animale.Riportate nell'ordine in cui sono state scattate, tali foto sono state acquisite con la modalità di scatto "in sequenza" e lo scatto è avvenuto a distanza di secondi o frazioni di secondo l'una dall'altra, in ordine al mio tentativo di avvicinamento in maniera poco brusca per non allarmare l'animale e non indurlo ad una fuga precipitosa.

 
 
Fig. n° 19 – In questa foto, molto più nitida delle precedenti perchè scattata a distanza ben più ravvicinata, si nota come, passato l'effetto sorpresa, e dopo aver adeguato all'istante la sua colorazione al nuovo colore apparso nel suo campo visivo, il Geco assume nuovamente una colorazione prossima a quella della porta. Si sottolinea che in nessuna delle foto è stato usato il flash al fine di non falsare i colori, rendendo impossibile il confronto (Foto: S. D'Alessandro).

La cosa permette di avanzare alcune ipotesi. In primo luogo, il Geco comune cambia colore adattandosi a quelli che sono i toni dell’ambiente circostante ma, in caso di un fattore di disturbo, o comunque di un fattore che desta la sua attenzione, l‘animale può fissarsi sul colore di quest’ultimo ed acquisirne i toni. Perché ciò si verifichi devono probabilmente essere fatte salve due condizioni: la rilevanza  del  fenomeno  e  la  „sorpresa“ (discostamento  dalle  condizioni  abituali,  che  l'animale  si aspetta) che esso ingenera nel Geco.Il processo potrebbe essere spiegato con la necessità dell'animale di adattarsi istantaneamente alle condizioni ambientali in cui si trova: così, nel passare da un substrato roccioso ad uno in cui sia invece presente vegetazione, è opportuno che esso vi si mimetizzi all'istante, in modo da non dar modo alle sue eventuali  prede –  o ai  suoi eventuali  predatori  –  di notare  l'animaletto  che,  vale  la pena  di ricordarlo, si  caratterizza  per  una  certa  lentezza  di  movimenti  e  per  una  intrinseca incapacità  a mantenere per molto tempo velocità idonee a raggiungere le prede di cui si nutre o a sfuggire agli attacchi dei predatori.

 
 
Fig. n° 20 - Il Geco cambia bruscamente il proprio colore, adeguandolo alla tonalità grigia della mia giacca, che occupa la quasi totalità del campo visivo dell'animale: nella foto è infatti possibile vedere come, a differenza della foto precedente, lo sguardo del Geco non sia rivolto verso la porta, bensì al di sopra di essa. (Foto: S. D'Alessandro).

Con molta probabilità l’assunzione di una data colorazione è indipendente dalla volontà“ del Geco, ma viene assunta in automatico in base ai toni che dominano l’orizzonte visivo che esso ha adisposizione. In caso contrario, bisognerebbe ammettere una funzione in grado di avere un controllo di incredibile precisione, pressoché fotografica, nel rilevare i colori,   le variazioni di tonalità e le successioni dei colori che si stemperano l'uno nell'altro, adeguando i toni del corpo e persino "frammentandolo"   in   termini  cromatici   in   relazione   all'ambiente   circostante.  E'   sorprendente l'efficienza del Geco nel cambiare colore, adattando il suo corpo persino a quelle che sono le sfumature dell'ambiente circostante.Considerata l’abitudine del piccolo Sauro di cacciare gli Insetti presenti nelle sue vicinanze, è plausibile che il suo sguardo metta a fuoco i soggetti posti nell'immediatezza e si fissi su tonalità cromatiche non troppo distanti, stante la stringente necessità che esso ha di mettere a fuoco piccoli particolari a breve distanza. A meno che il soggetto avente una data colorazione non sia molto grande, tale da occupare l’orizzonte dell‘animale. In questo caso non è evidentemente richiesta una grande accuratezza dell'immagine come invece nella precisione con cui l'animale riproduce le colorazioni ad esso contigue, ma è sufficiente l’adozione di un mantello“ coerente con i toni dell’ambiente posto superiormente.

 
 
Fig. n° 21 - Dopo aver proseguito il suo cammino, il piccolo Geco comune ha superato la porta ed ha proseguito verso il muro sul quale erano fissati gli stipiti, cambiando ulteriormente colorazione ed adattandola ai toni del substrato cementizio sul quale si trova. (Foto: S. D'Alessandro).

Nell'esaminare   alcune   delle   foto   a   corredo   dell'articolo,   che   testimoniano   in   maniera inoppugnabile la capacità del Geco comune di cambiare colore adattandolo a quello dell'ambiente, appare evidente la possibilità che   l'animaletto ha di "frammentare" la colorazione del suo corpo, scomponendone l'immagine al punto da adattarlo alle sfumature di colore che insistono in corrispondenza delle diverse parti del suo corpo.
Una cosa sorprendente è che ciò – al pari peraltro dei Molluschi cefalopodi come Polpo e Seppia - avviene anche in parti del corpo che sono presumibilmente al di fuori della capacità visiva dell'animale, il quale non avrebbe pertanto la possibilità di regolare a livello centrale le diverse tonalità di colore che il suo organismo assume.

 
 
Fig. n° 22 – Dopo aver percorso pochi centimetri rispetto alla posizione della foto precedente, il Geco si piazza su un substrato in cui prevalgono i toni rossicci, acquisendone immediatamente la tonalità. (Foto: S. D'Alessandro).

A ben vedere, la faccenda è controversa e rende conto della straordinaria complessità delle forme di vita, anche di quelle ritenute a torto "minori", termine che potrebbe anche ingenerare, in chi lo sente, la falsa convinzione di un'estrema semplificazione delle strutture, semplificazione del tutto inadeguata a descrivere non già il Geco o un altro appartenente alla Classe dei Rettili, ma ad una qualsiasi forma vivente.
Per definizione, il concetto stesso di "vivente" è assolutamente incompatibile con il concetto di "semplice": se ciò poteva essere accettabile nei secoli scorsi, quando, a causa dell'estrema semplificazione dei mezzi di ricerca, non si aveva nemmeno una pallida idea della complessità che caratterizza a tutti i livelli il mondo vivente, non è assolutamente scusabile oggi, in un'epoca in cui l'estrema sofisticatezza dei mezzi di indagine non lascia nè deve lasciare spazio ad approssimazioni che, anche a livello terminologico,  che non sono più giustificabili nè scusabili.
Chiunque abbia un minimo di esperienza nell'osservazione delle cose della natura non può non rendersi conto che la vita in sè è a tutti i livelli l'espressione stessa di una complessità straordinaria, ben difficilmente percepibile "ad integrum" e difficilmente rinchiudibile in parole, idee, teorie, paradigmi, ecc. umani.

 
 
Fig. n° 23 - Complice anche una non eccessiva nitidezza della foto, lo stesso Geco delle foto precedenti diventa quasi invisibile, confondendosi con le colorazioni e con le sfaccettature del muro in pietrame grezzo. (Foto: S. D'Alessandro).

Ritornando al fatto che il Geco assume colorazioni differenti anche in zone del suo corpo al di fuori del suo raggio visivo, ciò potrebbe dar vita ad ipotesi sicuramente suggestive ma poco sostenibili, come ad es. giungere a presupporre una sorta di "intelligenza" del corpo dell'animale, che in ogni suo millimetro quadrato prende cognizione dei toni e delle sfumature di colore presenti nell'ambiente circostante  e  "si  regola"  di  conseguenza,  riprendendone  non  già  i  cromatismi,  ma  addirittura l'andamento e le sfumature delle linee, che vengono assunte con una precisione geometrica che ne riproduce finanche le discontinuità.
Di fatto, la minuziosità con cui esso è in grado di riproporre colorazioni, toni  e sfumature anche in parti del suo corpo che sono al di fuori del suo campo visivo, caratteristica che ricorda in un certo qual modo il Camaleonte ma anche organismi appartenenti a categorie sistematiche ben differenti, come Polpi e Seppie, è una caratteristica difficile da spiegare.

 
 
Fig. n° 24 – Quasi invisibile nel suo accostamento cromatico alle tonalità del muro, un Geco comune sfrutta la capacità che ha di ancorarsi saldamente alle superfici permanendo "a testa in giù" in attesa di una preda. (Foto: S. D'Alessandro).

Peraltro, si rileva come una dipendenza dalle tonalità percepite con l'immagine visiva esista innegabilmente; ciò è particolarmente evidente nella fig. 23, ma rende ragione anche delle colorazioni documentate in molte delle altre immagini a corredo di questo lavoro.
Come appare evidente nella foto che segue, i Gechi comuni hanno la possibilità di adattare il colore del proprio corpo a quelle che sono le picchiettature dell'ambiente, al punto che tali animali potrebbero essere in grado di rendersi pressoché invisibili ad uno sguardo poco attento, se non ci fosse la tridimensionalità della loro figura a dare risalto al loro corpo, che risulta in ogni caso ben più appariscente di quello che può sembrare in foto.
Per contro, essi non sembrano particolarmente idonei a mutare colore quando sono sugli alberi come il loro ben più famoso cugino, il Camaleonte, rispetto al quale i nostri Gechi potrebbero essere indicati come una sorta di "specie vicariante", potendo fare sui muri ciò che il Camaleonte fa sulle piante.
La foto che segue rende ragione dell'accostamento  dei toni del Geco a quelli dell'ambiente: ognuna  delle  sfumatore  di  colore  del  muro  è  stata  assunta  dal  Geco,  che  ne  ripropone  anche l'andamento a chiazze. Dal confronto fra le foto sembra che persino l'iride cambi colore a seconda della colorazione percepita.

 
 
Fig. n° 25 – Due Gechi comuni sul muro in una mattina di primavera inoltrata: essi presentano visibilmente colorazioni molto diverse, che sembrano accordarsi ai toni presenti nelle immediate vicinanze dei loro rispettivi orizzonti visivi. (Foto: S. D'Alessandro).

L'adeguamento del colore del corpo alle tonalità dell'ambiente adiacente può essere illustrato nella foto che segue, in cui sono raffigurati due Gechi comuni fotografati sul muro di una vecchia casa colonica: come si vede, essi presentano una livrea visibilmente diversa, senza che sia apparentemente dato modo di capire quale sia il motivo di questa differente colorazione.
Tuttavia, a prendere per buona l'ipotesi fatta precedentemente, si notano delle variazioni di colore sul muro che appaiono del tutto concordi con le rispettive colorazioni dei due animali: si nota infatti una marcata corrispondenza fra le livree dei due animali e le tonalità dei substrati ubicati nelle immediate adiacenze dei due documentati nelle foto.
Osservando la foto con una certa attenzione, è infatti possibile rilevare come il Geco posto superiormente, di colore più scuro, è su un tratto di muro caratterizzato sia da una colorazione scura dei Licheni che lo ricoprono che dalla presenza di piccoli anfratti che determinano condizioni di ombreggiamento e di chiaro/scuro; viceversa, il Geco posto inferiormente, caratterizzato da tonalità giallastre con picchiettature bianche, è su un tratto di muro con Licheni di colore giallastro e biancastro, oltre che senza crepe o anfrattuosità.

 
 

6. Conclusioni

Questo piccolo viaggio alla scoperta di caratteristiche che davvero non ci si aspetterebbe di trovare, in animali così comuni ed ordinari – in una parola così "banali" –, finisce qui, senza avere la pretesa di costituire una pietra miliare nell'attribuzione di caratteristiche inaspettate a specie comunemente considerate poco importanti sotto ogni punto di vista, o un punto d'arrivo nella restituzione agli esseri viventi, a tutti gli esseri viventi, della loro intrinseca complessità. Forse i tempi non sono ancora maturi per questo.
Ma la velleità di aver dimostrato che un qualsiasi organismo, per quanto "umile", sia per lo meno degno di nota, in questo lavoro, forse, quella c'è; e c'è forse anche la pretesa di aver restituito un po' di quello stupore che dovrebbe circondare ogni scoperta inaspettata (per quanto così "alla portata").
Magari insieme alla consapevolezza di un mondo che, come si è detto all'inizio, è pronto a riconoscere il bello nelle cose che sono lontane e - sempre - a liquidare come banali o prive di interesse le cose che, pur vicine ed accessibili a chiunque, non hanno mai lasciato traccia di sè nelle ricerche e negli apprezzamenti di questo o quello illustre luminare, avesse questi la "l" minuscola o maiuscola.
Come spero sia sufficientemente chiaro dalla documentazione offerta dalle foto, più che dalle mie parole, le forme viventi, ancorché anonime, come in questo caso il Geco comune, sono invece in grado di offrire inaspettate sorprese.
Ma chi mai si sognerebbe di andare a ricercare caratteristiche nuove, e meritevoli di essere evidenziate, in organismi così a portata di mano e per la cui caratteristiche nessuno ha mai speso una parola  di  apprezzamento  ?  Chi  mai  si  aspetterebbe  di  rilevare  delle  novità  offerte  così  "a  buon mercato", quando gli sforzi dei ricercatori, che pure utilizzano notevoli risorse (sempre meno, per la verità...), messe a disposizione da questo o quello istituto di ricerca o istituzione scientifica, si limitano spesso a riconoscere quanto già dimostrato in passato da altri, arrivando al massimo ad arricchire o a ratificare il già conosciuto ?
Le cose, forse, non stanno proprio così: nella nostra concezione "ristretta" di un mondo naturale la cui ricerca è spesso affidata a "scientisti" che rivolgono l'occhio più a quanto asserito dalla scienza (soprattutto a quella del passato), più che a "scienziati" che lo rivolgono all'oggetto dell'osservazione, ogni specie vivente risente dei concetti limitanti che le derivano direttamente dalle visioni che di essa si avevano ieri (per non dire l'altro ieri).
Come si è visto, esistono due diversi motivi di sorpresa, in cui l'inatteso per la collocazione geografica (nel caso del Camaleonte) si unisce all'inatteso per le potenzialità dell'animale (nel caso del Geco); in entrambi i casi una "cosa" è dove non ci si aspetterebbe che fosse, ed in entrambi i casi si tratta di episodi di vicinanza, nel senso della distanza o dell'accessibilità, che rendono questi fenomeni molto vicini a noi.
Io non dico che quanto documentato in questo lavoro sia di primaria importanza, o che esso costituisca un passo imprescindibile nella documentazione scientifica, ma che esso metta in luce una caratteristica inaspettata e sorprendente, che io stesso non mi aspettavo minimamente  di rilevare, questo sì. Che la cosa poi abbia o non abbia una sua qualche rilevanza, questo lo lascio decidere ad altri.
E il bello è che le strumentazioni  e le difficoltà richieste per rilevarne le proprietà non sono dispendiose o riservate ad una ristretta cerchia di "addetti ai lavori", ma sono accessibili a tutti, proprio a tutti. Persino il reperimento dell'animale non ha richiesto spostamenti di rilievo, tali da rappresentare un ostacolo,  come sicuramente non rappresenterebbero  un ostacolo  gli spostamenti che sarebbero necessari per osservare un qualsiasi altro essere vivente poco conosciuto e poco apprezzato, per quanto comune.
Non è vero che al mondo non ci sia più niente da scoprire: la natura, quella vera, è là ed  aspetta solo di essere conosciuta, con tutta la sua mole di  variegate sfaccettature e con tutti i suoi organismi viventi, così inaspettatamente sconosciuti e così irriducibilmente brulicanti di informazioni benché "semplici", benché a sangue freddo (e, in quanto tali, non esplicitamente protetti da norme legislative nazionali17 e soggetti a periodi più o meno lunghi di letargo invernale) e benché, in base a quanto si dice, appartenenti a categorie faunistiche cosiddette "minori".

 

17 - La L. 157/92, “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, dopo aver sancito che “La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale”, precisa che “fanno parte della fauna selvatica oggetto della tutela della presente legge tutte le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale”. La locuzione “tutte le specie di mammiferi e uccelli” va vista anche nel senso di “solo le specie di mammiferi e uccelli”. La cosa potrebbe apparire peraltro abbastanza logica, se si considera che la Legge in questione si riferisce, ed in maniera esplicita, alla fauna selvatica omeoterma - e pertanto esclusivamente ad Uccelli e Mammiferi – ma, dopo aver sancito per tutta la fauna selvatica un regime di protezione di grande rilevanza, essa sottrae non già a questa protezione, ma alla definizione stessa di “Fauna selvatica” tutte le specie di animali cd. “a sangue freddo”: Pesci, Molluschi, Aracnidi, Insetti, Anfibi, Rettili.... A ciò si aggiunge che a tale anomalia – in senso biologico – nessun'altra legge ha provveduto a rettificare il tiro con l'asserire che la fauna non si limita solo a Mammiferi ed Uccelli, ma che comprende anche una stragrande maggioranza di altri organismi, a cui allo stato attuale non si è ancora data, in Italia, la dignità di esseri viventi.


 

Bibliografia

La particolarità e l'assoluta novità della tematica affrontata sono tali che nella letteratura scientifica non è possibile reperire alcuna documentazione utile al riguardo; fra i lavori dello stesso autore che sviluppano, introducendoli, alcuni aspetti dell'argomento trattato si segnalano:

"Il Camaleonte nel Salento: una realtà fra storia e leggenda" – Criptozoo.com http://www.criptozoo.com/it/criptozoologia/dossier/criptidi-terrestri/item/114- il-camaleonte-nel- salento-una-realt%C3%A0-tra-storia-e-leggenda

"Cyrtodactylus kotschyi: il Piccolo Geco dei muretti a secco" – Criptozoo.com
http://www.criptozoo.com/images/pdf/cyrcto.pdf

“La silenziosa scomparsa degli Anfibi, la cosmologica scomparsa dei Dinosauri” – Bipedia n° 25 – 2008  http://initial.bipedalism.pagesperso-orange.fr/25d.htm#4

"Strani taxa di Terra d'Otranto" – Bipedia   http://cerbi.ldi5.com/article.php3?id_article=176

"Oriundi d'Oriente" - Silvae anno III, n° 8 http://www3.corpoforestale.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/489/UT/systemPrint

"Casi poco o per niente noti di variazione: il melanismo nel Geco comune" – Criptozoo.com http://www.criptozoo.com/it/risorse/contributi/item/148-casi-poco-o-per-niente-noti-di-variazione-il-melanismo- nel-geco-comune

"Il melanismo nei Gechi mediterranei" - Bipedia n° 28, 2011 http://cerbi.ldi5.com/article.php3?id_article=186

Per  approfondimenti  relativi  a  singoli  argomenti  trattati,  non  direttamente  connessi  con  il mimetismo nei  Sauri, si citano:

- E.N. ARNOLD, BURTON J.A. - "Guida dei Rettili e degli Anfibi d'Europa” – 1985 ed. F. Muzzio, Padova

- Roberto BASSO, Claudio CALASSO – "I Rettili della Penisola Salentina" – edizioni del Grifo, Lecce 1991

- Valentina BORNIOTTO - “Rex serpentium: il Basilisco in arte tra storia naturale, mito e fede” https://www.academia.edu/2252674/_

- Rex_Serpentium_il_basilisco_in_arte_tra_storia_naturale_mito_e_fede

- Silvio BRUNO – "Tartarughe e Sauri d'Italia" Giunti Ed., 1986

- E. DE MARTINO "La terra del rimorso” – ed. Il Saggiatore, 1994

- M. GRECO - "Superstizioni, medicamenti popolari, tarantolismo" Filo ed. Manduria

La particolarità e l'assoluta novità della tematica affrontata sono tali che nella letteratura scientifica non è possibile reperire alcuna documentazione utile al riguardo; fra i lavori dello stesso autore che sviluppano, introducendoli, alcuni aspetti dell'argomento trattato si segnalano: