Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

BIODIVERSITA' 
CONTINUITÀ FLUVIALE E PASSAGGI PER PESCI
01/06/2014
dott. Davide Pagliai Provincia di Modena  U.O. Programmazione faunistica Nucleo Tutela Fauna Ittica

L’importanza della continuità fluviale si comprende anche solo pensando alla definizione del sistema fiume:un continuum, appunto, che gradatamente mutando caratteristiche e fisionomia si svolge dalle sorgenti alla foce in un susseguirsi di micro, meso e macro habitat in correlazione spaziale reciproca

 

Riassunto

L’importanza della continuità fluviale si comprende anche solo pensando alla definizione del sistema fiume:un continuum, appunto, che gradatamente mutando caratteristiche e fisionomia si svolge dalle sorgenti alla foce in un susseguirsi di micro, meso e macro habitat in correlazione spaziale reciproca.
La continuità è l’essenza stessa del sistema (o ecosistema) fiume; privato della continuità fra i vari habitat e della continuità fra fiume stesso ed ecosistemi terricoli il sistema vitale cede il passo ad una serie di contenitori di acqua capaci di mantenere la vita per il limitato tempo necessario all’esaurimento delle risorse.

Riassunto
River continuity and paths for fishes
The importance ofriver continuity can be understood simply by only thinking to the definition ofthe “river system”: a continuum that by gradually changing characteristics and shapeis carried out by the springs to the estuary, along a connection of micro,mesos and macro habitats being spatially interlinked.
The continuity is thereal essence of the river system (or ecosystem); without the continuity betweendifferent habitats and of the continuity between the river itself and landecosystems, its vital system gives space to a series of water sinks able tokeep the life just for the limited time needed to deplete the resources.

 
 
 
 

Il generatore per elettropesca tossisce gli ultimi colpi prima di spegnersi. Finita la benzina.
A volte anche quello che usualmente si definisce un inconveniente inopportuno può diventare un pretesto per prendere un minuto di riposo da un duro lavoro.
Medio corso del Fiume Panaro, provincia di Modena, fine Agosto. Su un letto fluviale già portato ai minimi termini dalla crescente domanda d’acqua per usi umani, un inverno poco nevoso, seguito da una primavera asciutta e da un’estate torrida, sono calati con mano pesante.
Il fiume, quel poco che ne resta, si è spinto sotto gli strati permeabili che di solito ne costituiscono il letto e per molte centinaia di metri ha lasciato il posto ad un greto assolato disseminato qua e là da pozze isolate.
Nelle più grosse, come questa grande buca ai piedi di una briglia imponente, si radunano letteralmente quintali di pesce di molte specie diverse, dalle alloctone a quelle di rilevante interesse conservazionistico, comuni prigioniere di un’isola liquida senza via d’uscita: niente acqua a valle, un salto insuperabile a monte, l’ossigeno che lentamente si consuma.
Normalmente, invece, il fiume è, o dovrebbe essere, continuità.
L’importanza della continuità fluviale si comprende anche solo pensando alla definizione del sistema fiume: un continuum, appunto, che gradatamente mutando caratteristiche e fisionomia si svolge dalle sorgenti alla foce in un susseguirsi di micro, meso e macro habitat in correlazione spaziale reciproca.
La continuità è l’essenza stessa del sistema (o ecosistema) fiume; privato della continuità fra i vari habitat e della continuità fra fiume stesso ed ecosistemi terricoli il sistema vitale cede il passo ad una serie di contenitori di acqua capaci di mantenere la vita per il limitato tempo necessario all’esaurimento delle risorse.
I pesci delle acque interne, nel corso della loro storia evolutiva, a questo continuum si sono adattati; qualche specie limitandosi a spostamenti di pochi metri, semplicemente per sfruttare mesohabitat diversi all’interno del medesimo tratto, altre sfruttando l’intero corso, altre ancora proseguendo addirittura oltre, per migliaia di kilometri all’interno delle acque marine, per poi ritornare, una generazione dopo, alla ragnatela di rigagnoli da cui erano partite.
Anche l’Uomo è legato, fin da tempi remoti, al sistema fluviale e ancora oggi al fiume l’uomo si rivolge per risorse fondamentali: acqua, cibo, materiale da costruzione, spazio, via di comunicazione, forza motrice; e in molti casi, utilizzando queste risorse, indirettamente depaupera anche la risorsa principale del sistema: la sua continuità.
La continuità, che di primo acchito pare esaustivamente correlata al concetto di longitudinalità, ovvero alla possibilità per le specie viventi di potersi spostare e di conseguenza sfruttare, in stagioni o stadi vitali diversi, le diverse risorse che il fiume offre nel suo intero corso,  si sviluppa in realtà in un piano dimensionale più articolato.
Sono quattro, infatti, le dimensioni in cui il sistema fiume deve estendersi senza soluzione di continuità per godere di buona salute: oltre alla già citata longitudinale esistono anche una dimensione orizzontale, verticale e temporale.

 
Foto 1. Novembre 2012. Passata la piena si vedono gli effetti del torrente Scoltenna che ha cercato di riprendersi la continuità orizzontale interrotta per fare spazio ad infrastrutture viarie. (Foto D. Pagliai, Provincia di Modena).

La dimensione orizzontale si estende trasversalmente al corso garantendo la continuità dal centro alle rive e da queste oltre, all’area golenale e di esondazione, ai rami morti, alle lanche dove la minore forza della corrente permette l’esistenza di aree di rifugio dalle piene, di zone di svezzamento la cui presenza accresce notevolmente la produttività ittica del fiume, e dove è situato l’interfaccia di scambio fra ecosistema fluviale ed ecosistema terrestre.
Quella orizzontale è la continuità che viene interrotta da arginature, rimaneggiamenti ed escavazioni dei cumuli laterali di deposito, asportazione della fascia vegetazionale riparia, occupazione delle aree golenali.
La dimensione verticale permette, invece, ai pesci di sfruttare l’intera colonna d’acqua, e non solo.
La vita nel fiume non si esaurisce al confine fra strato liquido e il deposito solido che ne costituisce il letto, ma prosegue sotto e dentro a tale deposito, negli interstizi dei clasti di ghiaia brulicanti di invertebrati entro cui talune specie trovano la condizione necessaria (e non sufficiente) per deporre le uova e per fornire riparo allo stadio larvale.
Questa continuità viene interrotta non solo, ancora una volta, dalle escavazioni o da concetti distorti di sicurezza idraulica che vogliono i letti fluviali il più possibile simili al tappeto di un tavolo da biliardo, ma anche ad esempio dalle fluitazioni massicce di materiali fini, come risultato di pulizie di bacini idrici, che depositano sul letto strati più o meno consistenti di limi anossici, o da prelievi idrici che banalizzano le naturali escursioni del tirante idraulico.

 

Poi c’è il tempo. Tutte le altre tre dimensioni devono necessariamente trovare esse stesse continuità nella dimensione temporale.
Quando questa continuità viene interrotta, da un’estate torrida, da prelievi eccessivi, da sorgenti che scompaiono tutto deve ricominciare da capo, esattamente come accade in una parcella forestale matura che viene distrutta da un incendio.
Nulla di tragico, se le altre dimensioni di continuità sono preservate e rendono possibile la ricolonizzazione, e se gli eventi drastici si ripetono con tempi di ritorno compatibili con la capacità di resilienza del corso d’acqua; se però un sistema già provato dall’interruzione di continuità viene ulteriormente messo in crisi da eventi meteorologici estremi che dovrebbero avere tempi di ritorno quanto meno decennali ma si ripetono ormai con cadenza quasi annuale, ecco che la ripresa diventa molto più difficoltosa.
Nel caso della continuità longitudinale il più classico e diffuso degli elementi di frammentazione del corso in una molteplicità di segmenti più o meno lunghi e più o meno permeabili alla risalita e discesa di specie ittiche è costituito da sbarramenti dovuti alla realizzazione di traverse, briglie e dighe.
La presenza di uno sbarramento in alveo è un importante fattore di alterazione, costituendo un impedimento al movimento dei pesci lungo la dimensione longitudinale dell’ecosistema fiume.
Nel caso limite di alcune specie grandi migratrici la presenza di sbarramenti che impediscano la migrazione riproduttiva può addirittura portare all’estinzione di intere popolazioni; nei casi più comuni è invece un importante freno al rimescolamento genetico intraspecifico, un limite alle potenzialità riproduttive e un fattore in grado di portare a riduzioni dell’areale di distribuzione locale.
In questo senso la rimozione di ostacoli alla libera circolazione o più specificamente la realizzazione di passaggi per pesci costituisce un elemento chiave all’interno di una corretta politica di gestione del patrimonio ittico.
Si parla di “politica di gestione” non a caso.
Infatti, per avere efficacia, la realizzazione di passaggi per pesci deve avvenire non come intervento spot fine a se stesso ma all’interno di un più ampio quadro progettuale di ripristino della continuità e di riqualificazione a livello quanto meno di asta fluviale o meglio di bacino.
In un’ottica di progettazione, dato il generalmente elevato stato di frammentazione delle aste fluviali (e l’altrettanto generalmente cronica carenza di risorse economiche), la prima domanda da porsi è “dove?”
Ovvero: quale, o quali, fra i numerosi ostacoli posti sulla medesima asta fluviale, o all’interno dello stesso bacino ha più senso eliminare per ottenere, con la minima spesa, la massima resa?

A questo proposito sono stati elaborati due Indici di Priorità di Intervento (Pini Prato, 2008) che si configurano come strumenti di semplice applicazione per discriminare fra i vari interventi possibili.
Nello specifico gli indici proposti sono due:

 
  • IPs (indice di priorità su singolo sbarramento), elaborato per confrontare l’intervento su due diversi sbarramenti posti sullo stesso o diversi corsi d’acqua;
  • IPt (indice di priorità di intervento totale) elaborato per l’impiego a scala di bacino o per il confronto fra bacini diversi
 

Tali descrittori, che prendono in considerazione un fattore morfologico (continuità a monte e a valle dello sbarramento, altezza dello sbarramento), ed un fattore biologico (mobilità e interesse conservazionistico delle specie ittiche presenti), sono indici numerici adimensionali che correlano la priorità di intervento al crescere del valore dell’indice.
In seconda battuta, identificato il sito di intervento sulla base di una scala di priorità, la domanda è: “quale?”
Innanzitutto è necessario conoscere, tramite opportune campagne di campionamento, la composizione del popolamento ittico quanto meno nel tratto di asta fluviale a monte e a valle dell’ostacolo, individuando una o più specie target alle quali andrà data priorità nella scelta della tipologia di passaggio.
I passaggi per pesci, insomma, non sono mere opere ingegneristiche, ma sono manufatti che devono calarsi in una realtà quanto mai dinamica e “viva”, per cui una corretta progettazione non può prescindere dalla conoscenza dell’elemento biologico ed idrologico in cui l’opera è inserita e a servizio della quale deve funzionare.

Elementi fondamentali da tenere in considerazione sono:

Capacità natatorie della/e specie target.

Non tutte le specie ittiche hanno la stessa capacità natatoria e la medesima resistenza a sforzi intensi e prolungati, pertanto la progettazione va effettuata tenendo in considerazione quale è la velocità natatoria massima sostenibile e quale sia la durata massima per cui tale sforzo può essere sostenuto al fine di scegliere la tipologia costruttiva migliore ed il dimensionamento dell’opera.

Foto 2. Collaudo passaggio per pesci in periodo di risalita salmonicola: misurazione parametri di portata e velocità. Passaggio tecnico denil, torrente Scoltenna loc. Piandellavalle; progettista Enrico Pini Prato, proprietario K7 s.r.l. (Foto R. Banfi, F.I.P.S. Modena).


Necessità di recuperare la continuità solo in risalita o anche in discesa.
Mentre tutti i passaggi per pesci sono realizzati per permettere la risalita di ostacoli, non tutti sono idonei ad essere percorsi sia in upstream che in downstream; nel caso in cui nel bacino di interesse siano presenti specie migratrici diadrome queste dovranno essere sicuramente prese in considerazione nella realizzazione dell’opera che dovrà pertanto permettere anche la discesa.
Il tema della ricostituzione della connettività in downstream, oltre che per la presenza di migratori diadromi, acquista notevole peso anche nel caso di sbarramenti idroelettrici, dove le specie in discesa possono andare incontro a considerevoli livelli di mortalità imboccando la classica “cattiva strada”…che in questo caso porta alle turbine.

Periodo di massima mobilità della/e specie target
. Possibilmente il passaggio dovrebbe essere progettato per funzionare per tutto il corso dell’anno; esistono tuttavia situazioni in cui ciò non è fattibile. In questi casi le opere devono essere pienamente funzionanti almeno per il periodo in cui la/le specie target ha/hanno il momento di massima mobilità, altrimenti si corre il rischio di realizzare una struttura perfetta tecnicamente, ma biologicamente inutile. Anche le necessarie manutenzioni periodiche dovranno essere calendarizzate tenendo conto di questa finestra temporale, affinché i passaggi si presentino in perfetta efficienza all’appuntamento con i pesci.
Tenuto conto delle considerazioni di cui sopra, al fine della scelta delle caratteristiche dell’opera, i passaggi per pesci possono essere raggruppati in tre “famiglie”, ciascuna comprendente diverse tipologie realizzative.

 
 
Foto 3. Passaggio tecnico a bacini successivi, torrente Scoltenna, loc. Piandellavalle; progettista Enrico Pini Prato, proprietario K7 s.r.l. (Foto D. Pagliai, Provincia di Modena).

Nello specifico si possono individuare:

1. Passaggi tecnici (vertical slot, pool and weir, denil):
gruppo che comprende tipologie di passaggi che privilegiano l’uso di murature, parti metalliche o meccaniche, paratoie, deflettori ecc. Simili a comuni opere di ingegneristica civile, non tendono all’imitazione delle condizioni d’alveo naturale.
Questo gruppo permette una grande adattabilità a scenari diversi ed è pertanto molto utilizzata.
Ricadono nella categoria dei passaggi tecnici:

il vertical slot è generalmente costituito da un canale in muratura provvisto di setti divisori recanti ciascuno 1 o 2 fenditure che si estendono per tutta la lunghezza della parete. Questa è una soluzione valida per piccoli e grandi corsi, per salti piccoli, medi o elevati. Adatti a tutte le specie, a seconda del dimensionamento, i passaggi vertical slot permettono, se il fondo è naturalizzato, la risalita anche alla mesofauna benthonica e presentano bassi rischi di intasamento delle fenditure;

il pool and weir
, o passaggio a bacini successivi, è un manufatto in muratura che frammenta il salto in una successione di bacini separati da setti che presentano 1 fenditura laterale ed 1 orifizio sul fondo in posizione alternata. Anche questi manufatti, se opportunamente dimensionati, si adattano a un molteplice numero di specie ma rispetto al vertical slotpresentano una maggiore tendenza all’intasamento e permettono l’utilizzo solo di basse portate, andando ciò a discapito dell’attrattività;
il passaggiodenil è un canale avente sul fondo una serie di deflettori sagomati a “U” angolati a 45°.

Il denil è una soluzione ideale laddove vi sia carenza di spazio, impiega portate relativamente alte ed è in grado di generare correnti fortemente attrattive; per contro è un’opera selettiva che può essere superata solo da specie con buone capacità natatorie, non permette la risalita degli invertebrati benthonici e se applicato a dislivelli elevati deve prevedere la realizzazione di resting pools intermedie per dar modo al pesce di riposare.

 
 

Fig. 4                                                                 Fig. 5

 

Foto 4. Risultato di errata progettazione di un passaggio tecnico a bacini successivi. Il passaggio, oggi funzionante, è stato modificato (cfr. foto 5) come primo risultato dell’attuazione del protocollo fra Provincia di Modena e titolare della concessione di derivazione. (Foto D. Pagliai, Provincia di Modena).
Foto 5. Il passaggio della foto 4 convertito in denil, correttamente funzionante. Torrente Scoltenna loc. Piandellavalle. Progettista Enrico Pini Prato, proprietario K7 s.r.l. (Foto D. Pagliai, Provincia di Modena).


 

2. Passaggi naturalistici (bottom ramp, fish ramp, canali by pass):
gruppo di passaggi che si caratterizzano per l’aspetto teso ad imitare le caratteristiche naturali del corso d’acqua, sostituendo il dislivello da superare con rapide, rampe in pietrame, percorsi alternativi ecc.

Bottom e fish ramps sono strutture che occupano il manufatto che interrompe il corso idrico rispettivamente per l’intera lunghezza o solo per una sua porzione.

Le altezze superabili non devono eccedere i 2-4 m con pendenze massime del 6-7%, il fondo del manufatto è realizzato con pietrame che garantisce un’elevata scabrezza e può avere un profilo a pool and weirs mediante la realizzazione di apposite soglie in pietrame.
Se opportunamente realizzate e dimensionate le rampe permettono il passaggio in ambo le direzioni;

i canali by pass sono corsi d’acqua artificiali che aggirano l’ostacolo. Possono superare qualunque dislivello, a patto che si disponga di spazio sufficiente alla realizzazione. Se opportunamente naturalizzati costituiscono buoni habitat seminaturali per alcune specie. Sono superabili da qualunque specie ittica.

 

Fig. 6                                                                                                Fig. 7


Foto 6. Passaggio naturalistico fish ramp – dettaglio del fondo in pietrame. Fiume Secchia loc. Saltino. Progettista Giorgio Malaguzzi, proprietario Italbrevetti SpA.(Foto D. Pagliai, Provincia di Modena).
Foto 7 Passaggio naturalistico fish ramp – sulla destra è visibile l’alta traversa. Lo sviluppo del canale, più simile a quello di un by pass che di una fish ramp, è funzionale sia al superamento dell’elevato dislivello, sia a riportare l’imbocco di valle in posizione tale da non subire l’interferenz del richiamo del flusso idrico in scarico dalla centrale idroelettrica sita sulla briglia. Progettista Giorgio Malaguzzi, proprietario Italbrevetti SpA.(Foto D. Pagliai, Provincia di Modena).


 

3. Strutture speciali (passaggi per anguille, chiuse, ascensori):
questo gruppo permette il passaggio da valle a monte, e in alcuni casi viceversa, spostando passivamente od attivamente gli animali senza che però la continuità fluviale sia ricostituita.
Ad eccezione dei passaggi per anguille, di realizzazione semplice ed economica, ma strettamente selettivi per le piccole anguille, le altre strutture (chiuse ed ascensori) sono di complessa e costosa  realizzazione, richiedono manutenzione onerosa e l’impiego di energia e manodopera per il funzionamento; sono strutture idonee solo per alcuni specifici casi (es. grandi dighe) di sbarramenti altrimenti invalicabili e in presenza di grandi migratori che concentrano i propri spostamenti con numeri elevati in ristretti archi temporali.
A prescindere dalla tipologia di passaggio migliore per un determinato contesto, un particolare cui dedicare attenzione è la capacità attrattiva dell’opera che può ottenersi con un idoneo flusso idrico, con strutture di richiamo e con il corretto posizionamento all’interno del fiume.
Un’opera accuratamente progettata, ben realizzata e correttamente dimensionata per le esigenze della specie target ma posizionata sulla sponda sbagliata diventa un’opera poco o per nulla attrattiva, difficile da imboccare e pertanto di scarsa o nulla efficacia.
Infine, considerato che l’opera si inserisce in un sistema in continua evoluzione, il suo funzionamento va testato e monitorato nel tempo al fine di poter prevedere corrette misure di manutenzione e/o di riadattamento.
La Provincia di Modena, grazie alla visione lungimirante del dott. Mauro Ferri prima e del dott. Massimiliano Gianaroli poi, ha intrapreso e approfondito, a partire dalla metà degli anni Ottanta un percorso di conoscenza della tematiche legate alla realizzazione dei passaggi per pesci.
Questo percorso ha portato alla organizzazione di tre importanti convegni, l’ultimo dei quali, tenutosi nel Marzo 2006 ha visto la presentazione del documento “Linee guida per il corretto approccio metodologico alla progettazione dei passaggi per pesci”.
Oggi l’esperienza della Provincia continua tramite l’applicazione di un protocollo di lavoro, sviluppato grazie alla collaborazione dello studio Aquaterra e di soggetti privati titolari di concessioni di derivazione ad uso idroelettrico, finalizzato alla gestione delle fasi di progettazione, realizzazione e monitoraggio dei passaggi per pesci realizzati quale opera compensativa a fronte della concessione di derivazioni idriche.

Il protocollo, messo a punto nel 2009, in cui il privato interessato alla concessione idrica, seguito da un tecnico qualificato nella progettazione di passaggi per pesci, mette a disposizione le risorse finanziarie e l’Ente pubblico mette a disposizione ilknow how tecnico scientifico per eseguire le campagne ittiche ante operam ed i monitoraggipost operam, ha ad oggi portato alla realizzazione e collaudo di quattro passaggi: tre sul torrente Scoltenna (foto 2-5) permettono di valicare altrettante traverse poste nell’arco di 700m in un tratto del torrente sottoposto a derivazione ed una sul Fiume Secchia (foto 6-7) che permette di valicare una grande traversa su cui si attesta la derivazione di una centrale idroelettrica ad acqua fluente che sfrutta il salto della traversa stessa.
Sono, inoltre, attualmente in fase di studio altri due passaggi sul medio corso del Panaro.
Riposo finito. Rabboccato il serbatoio l’elettropesca riprende la sua voce.
A fine giornata se avremo lavorato bene avremo catturato e traslocato in un tratto ancora vivibile circa il 70% del pesce rimasto imprigionato nelle buche segnalate dal solito prezioso pescatore di passaggio.
Il linguaggio amministrativo la definisce “procedura di recupero per secca”, in parole povere potremmo dire che ci abbiamo messo una pezza.
Una pezza che costa: una giornata di lavoro, due automezzi con vasca ossigenata, tre guardiapesca, 6-7 volontari, nel caso di recuperi importanti come questo.
In attesa che una più lungimirante politica di gestione del sistema fiume e dell’utilizzo delle sue risorse (purtroppo ad oggi dobbiamo metterci anche gli effetti dei cambiamenti climatici) restituisca al corso quella continuità che da sola sarebbe capace di fare un lavoro assai più efficace ed economico del nostro.

 

Bibliografia di approfondimento

I documenti prodotti dalla Provincia di Modena sono scaricabili al seguente link:
http://www.provincia.modena.it/page.asp?IDCategoria=7&IDSezione=2757&Speciale=CercaProv&Tipo=5&IDAmbito=21
BALDO G., SALVIATI S. Dalla sorgente alla foce: il fiume come ecosistema aperto. L’esperienza lungo i corsi d’acqua Astico, Leogra, Posina in provincia di Vicenza. Industrie Grafiche.
Vicentine.
COWX G., WELCOMME R. (editors), 1998. Rehabilitation of rivers for fish. FAO fishing news books.
PINI PRATO E., GIANAROLI M. (a cura di), 2002. Passaggi per pesci, atti del seminario tecnico di Modena, 25 Gennaio 2002. Provincia di Modena Servizio Politiche Faunistiche.
PINI PRATO E., 2008. Le scale di risalita per la tutela del patrimonio ittico, progetto di intervento per i corsi d’acqua del Mugello. Provincia di Firenze, Assessorato agricoltura caccia e pesca.
PINI PRATO E., GIANAROLI M, COMOGLIO C. (a cura di), 2006. Linee guida per il corretto approccio metodologico alla progettazione dei passaggi per pesci. Il caso studio del medio corso del Panaro. Provincia di Modena.
TRASFORINI S., CLERICI S., BENDOTTI R., ET AL, 2011. Interventi idraulici ittiocompatibili: linee guida. Regione Lombardia, Quaderni della ricerca n° 125 – Gennaio 2011.
ZERUNIAN S., 2002. Condannati all’estinzione? Edagricole Bologna.
ZERUNIAN S., 2003. Piano d’azione generale per la conservazione dei pesci d’acqua dolce italiani, quad. cons. nat. 17, Min. Ambiente, Ist. Naz. Fauna Selvatica.