Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

BIODIVERSITA' 
CHALARA FRAXINEA KOWALSKI: RUOLO DELLE RISERVE NATURALI STATALI DELL'ALTO ADRIATICO NELLA "PEST FREE AREA" CREATA IN ROMAGNA
10/03/2015
di  Paolo Caramalli Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Punta Marina (RA)


 
Riassunto

L'obiettivo del presente studio è descrivere il contributo dell'Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Punta Marina (RA) del Corpo Forestale dello Stato al dispositivo d'indagini fitopatologiche urgenti coordinato dal Servizio Fitosanitario Regionale per monitorare la diffusione di Chalara Fraxinea Kowalski in Emilia-Romagna, comprendendo quindi anche le 13 Riserve Naturali Statali amministrate dall’Ufficio nell’Alto Adriatico.
Sul finire del 2012 l'Autorità fitosanitaria del Regno Unito ha vietato la commercializzazione del MFM di frassino in Gran Bretagna consentendo la sola movimentazione del materiale cresciuto in aree per le quali fosse certificata l’assenza del patogeno; ciò si è tradotto in blocchi commerciali di forte impatto economico.
La metodologia di studio adottata ha richiesto anzitutto di curare l’omogenea formazione del personale.
Successivamente, sono stati individuati e visitati i siti forestali. Per ognuno è stata compilata una Scheda di monitoraggio e, se rinvenuti sintomi della malattia, anche prelevati campioni biologici avviati a indagini di laboratorio.
I risultati sono stati incoraggianti.
Dal punto di vista fitopatologico, in poche settimane sono stati controllati complessivamente 138 siti nelle Province di Ravenna, Forlì-Cesena e Bologna; in 17 casi sono stati prelevati campioni biologici.
All'interno delle Riserve sono stati controllati 20 siti e prelevati 3 campioni.
In tutti i casi l'esito è stato negativo nei riguardi della presenza del patogeno.
Dal punto di vista commerciale, è stato rimosso il principale ostacolo all'esportazione di frassini verso il Regno Unito.
Dal punto di vista istituzionale, è stata sperimentata una sinergia istituzionale che ha permesso di eseguire operazioni rapide ed efficaci.

Abstract
Fast Survey on CHALARA FRAXINEA KOWALSKI in the Alto Adriatico States Nature Reserves (Romagna Coast, Italy)
The aim of this study is to describe the role that the National Forest Corps - Punta Marina Local Office for Biodiversity (Ravenna Province) - has played in the express phytopathological survey hold by the Regional Plant Health Service of Emilia-Romagna about Chalara Fraxinea Kowalski diffusion all over the Region.
The Punta Marina Office was requested to check up on the forest areas inside the 13 State Nature Reserves managed in the North Adriatic Coast.
In the late 2012 the U.K. Plant Health Authority has introduced some protective measures against the threat from Chalara fraxinea. These plant protection rules have caused the blockade of ash exports to the U.K thus becoming a policy of strong economic impact.
Regarding to materials and method, and in order to get homogeneous results, firstly a comprehensive training phase of the staff involved was organized.
After that, many field trip were organized in order to fill out a separate Description sheet for every visited site. When the ash plants checked showed a Chalara fraxinea compatible symptoms, some biological samples were taken out for laboratory tests.
About the the results, on the scientific hand, in only few weeks a total of 138 sites were checked in the Provinces of Ravenna, Ferrara and Bologna. In 17 sites a biological sample was taken and submitted for laboratory analysis.
Twenty of that controlled sites were inside the Nature Reserves managed by the Punta Marina Office as well as 3 out of 17 biological samples submitted were gathered there.
The pest agent was found neither during field control nor in the laboratory tests.
On the commercial hand, the main obstacle to ash export from Romagna to U.K. was removed.
Finally, by the institutional side, a good synergy was experimented to optimize the resources and to fastly complete the requested survey.

 
 

Introduzione e scopo

L’accidentale introduzione di nuove specie esotiche unitamente ai cambiamenti climatici sta portando a un forte aumento delle emergenze fitosanitarie ed anche ambientali. Nell’Unione Europea l’introduzione di numerosi organismi nocivi ha riguardato anche Chalara fraxinea Kowalski (MiPAAF, 2014) con ingenti danni per il patrimonio arboreo forestale e ornamentale.
La comunità scientifica, infatti, è sempre più concorde nell'indicare tale patogeno fungino quale agente responsabile del deperimento del frassino, una malattia che a partire dai primi anni Novanta del secolo passato ha provocato gravi fenomeni degradativi su piante di frassino in vaste regioni dell’Europa centrale.
Rilevato per la prima volta in Polonia nel 1992, nel 2006 Kowalski riuscì a descriverne e provarne l’associazione con i sintomi dell’infezione e dunque attribuirgli l’attuale denominazione.
Grazie alla veloce capacità di diffusione (cfr. WEBBER J. & HENDRY S., 2012), dal centro del continente il patogeno ha rapidamente colonizzato aree forestali naturali e di origine artificiale, vivai e aree verdi urbane (parchi pubblici e giardini privati) dirigendosi ad Ovest (Germania, Paesi Bassi), ad Est (Romania, Russia), a Nord (Danimarca, penisole baltica e scandinava e, nel 2012, Regno Unito) e a Sud (Slovacchia, Repubblica Ceca, Ungheria, Austria, Svizzera, Francia, Croazia, Slovenia e Italia). Danimarca e Regno Unito sono state particolarmente flagellate dagli attacchi di questa malattia che in talune aree, per l’estensione e la severità dell’infestazione, hanno assunto il carattere di morie diffuse arrivando a infettare pressoché la totalità degli esemplari di frassino presenti.
Nel 2007 Chalara fraxinea K. è stata inserita nella Lista d’allerta dell’EPPO(1) .
Sul territorio nazionale italiano la presenza di questo patogeno è stata accertata su piante di F. excelsior e di F. angustifolia in aree boschive della Provincia di Udine nel 2009, dove sembra sia sopraggiunto proprio attraverso dagli stati della ex Jugoslavia, e successivamente anche in Trentino Alto e in Veneto.
A fini precauzionali, sul finire del 2012 THE FOOD AND ENVIRONMENT RESEARCH AGENCY (FERA), agenzia operativa del Department for Environment, Food and Rural Affairs (DEFRA) del Regno Unito ha diffuso nel territorio britannico e trasmesso alla Commissione Europea una nota informativa inerente le misure di protezione adottate per contenere le infestazioni di questa malattia fungina.
Il principio ispiratore della strategia di contenimento è che l’agente patogeno e il suo teleomorfo, l’ascomicete Hymenoscyphus pseudoalbidus, non devono essere introdotti o diffusi nel Regno Unito. Viene così sancito il divieto di commercializzare materiale di moltiplicazione di frassino (piante, semi e parti di pianta idonei a essere posti a dimora) in tutto il territorio britannico.
Sulla base della normativa analizzata (AA.VV., 2013), resta consentita solamente la movimentazione del materiale che nel corso della propria vita è cresciuto in aree per le quali è stata ufficialmente provata l’assenza di questo agente patogeno attraverso l’istituzione di una Pest Free Area e l’esecuzione di uno specifico monitoraggio. Una condizione che deve essere confermata dalla certificazione fitosanitaria (per il materiale commerciale proveniente dai Paesi terzi(2) ) o dal passaporto delle piante (per ciò che proviene dalla EU).
Una norma fitosanitaria, dunque, è stata tradotta in blocchi commerciali con fini economici e ha comportato l’arresto delle esportazioni di frassini verso il Regno Unito, anche dall’Italia dove ogni Regione si è trovata a dover individuare una strada per uscire da questa situazione di impasse.
In Emilia-Romagna, nella stagione autunnale del 2013, il Servizio Fitosanitario Regionale(3)  ha predisposto una campagna d’indagini fitopatologiche urgenti per verificare la presenza o meno del patogeno in particolare nelle province di Ravenna, Ferrara e Bologna.
Come riferito da MONTUSCHI et al. (2014), i motivi che hanno spinto ad effettuarlo sono stati la necessità di indagare il territorio in via preventiva, in considerazione dei grossi problemi che il patogeno stava creando a nord del territorio regionale, e la verifica delle condizioni di fattibilità di una Pest Free Area a garanzia delle esportazioni verso il Regno Unito.
La presente ricerca vuole descrivere il particolare contributo dato in tale ambito dall’Ufficio Territoriale per la Biodiversità (UTB) di Punta Marina del Corpo Forestale dello Stato, incaricato di ideare concrete modalità d’indagine in bosco e di applicarle nel territorio di propria competenza, interamente costituito da Riserve Naturale Statali.

 
1. La sigla EPPO identifica la European and mediterranean Plant Protection Organization (in italiano la sigla diviene  OEPP-Organizzazione Europea e mediterranea per la Protezione delle Piante), agenzia intergovernativa responsabile per il continente europeo e per la regione mediterranea delle attività di cooperazione e armonizzazione internazionale in materia di protezione delle piante. Viene finanziata direttamente dai governi degli oltre 50 stati membri attraverso contributi annui ed ha tra i propri compiti istituzionali quello di emettere bollettini, resoconti e messaggi di allerta relativi alle patologie delle specie vegetali presenti nelle aree di competenza (EUROPEAN AND MEDITERRANEAN PLANT PROTECTION ORGANIZATION, 2013).
2. Third countries è una locuzione comunemente utilizzata a livello comunitario per definire quegli Stati che non fanno parte né dell’Unione Europea né delle Comunità Europee (EEA-European Economic Area, EFTA-European Free Trade Association). Da non confondersi con third-world countries, ne sono esempio tutti gli Stati dei continenti America, Oceania, Asia e Africa nonché, in Europa, gli Stati Balcanici dell’Est come Albania, Bosnia-Herzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Turchia, Bielorussia, Moldova, Ucraina, Russia, Svizzera.
3. Già Osservatorio regionale per le malattie delle piante.
 

Inquadramento Territoriale

Gli ecosistemi naturali ospitati nella fascia costiera romagnola possiedono un rilevante valore naturalistico-ambientale riconosciuto anche dall’istituzione di numerose aree naturali protette di vario genere, livello e natura giuridica: Siti d’Interesse Comunitario, Riserve Naturali Statali e Aree Naturali Protette regionali e d’importanza locale.
Una fascia caratterizzata da facies paesaggistico-ambientali diversificate: litorali sabbiosi, zone umide salmastre, pinete litoranee di origine artificiale, lembi di vegetazione di origine naturale.
La copertura forestale è quasi interamente di origine artificiale e relativamente recente, essendo stata costituita a partire da lavori di rimboschimento avviati nel 1882.
I biosistemi forestali si sviluppano per circa 80 chilometri in direzione Nord-Sud a partire dal limite settentrionale della Provincia romagnola di Forlì-Cesena sino ad arrivare, dopo aver attraversato le Province di Ravenna e di Ferrara  che ospitano gran parte dei territori protetti  a lambire il confine meridionale della Provincia veneta di Rovigo.

Fig. 1 – Riserva Naturale Statale “Pineta di Ravenna” – sezione Ramazzotti (RA), da Lido di Dante, a sinistra, alla Foce del Bevano, a destra. Il 19 luglio 2012 in questa sezione boschiva si è sviluppato un incendio che ha percorso poco meno di 60 ettari di superficie forestale quasi interamente ricompresa nella Riserva. Si tratta dell’incendio di maggiori dimensioni che le fonti orali e scritte consultate menzionino per l’area ravennate (foto UTB Punta Marina).

Queste formazioni boschive costiere, prevalentemente pinetate ma non solo, rivestono un ruolo fondamentale quale corridoio ecologico di collegamento tra la parte meridionale del Delta del Po e l’estremità più mediterranea della Romagna. Un tracciato biologico che incrocia importanti corsi d’acqua appenninici (Reno, Fiumi Uniti, Bevano) e che negli ultimi decenni ha subito una decisa alterazione passando dall’essere una fascia pressoché continua e profonda diverse centinaia di metri all’aspetto attuale: ridotto ad una sottile striscia boscata larga solamente poche decine di metri subito a ridosso della linea di costa interrotta da diffusi insediamenti antropici.
Ecosistemi forestali preziosi ma complicati per l’esistenza di annosi e gravi problemi gestionali non di rado interconnessi tra loro: subsidenza (di origine sia naturale che artificiale) ed erosione del litorale con conseguente ingressione del cuneo salino; aerosol marino e, più di recente, anche devastanti incendi boschivi.
Una situazione complessa che si aggiunge alla fortissima pressione antropica, importante fattore destabilizzante che, per dirla con CIANCIO e NOCENTINI (1994), aggiunge instabilità a instabilità. Problemi di non facile soluzione che, peraltro, in prospettiva biologica, possono essere considerati come una medaglia a due facce: problemi gestionali da una parte, evoluzione assai rapida degli ecosistemi dall’altra. Entropia crescente e disordine mai totalmente compreso verso dinamiche evolutive caratterizzate da equilibri sempre metastabili destinati a cedere con l’insorgere e lo scatenarsi del prossimo fattore di disturbo.

 
Figura 2 – Riserva Naturale Statale “Pineta di Ravenna” – sezione Ramazzotti (RA), pressi Lido di Dante. L’erosione costiera causata dall’azione del mare rappresenta uno dei più gravi e annosi problemi del tratto ravennate della costa romagnola (foto Posto Fisso Forestale Marina di Ravenna).

Anche per questo motivo da lungo tempo i sistemi biologici forestali della costa romagnola sono oggetto di una specifica pianificazione volta a soppesarne adeguatamente origine, evoluzione passata, stato attuale e tendenze evolutive future.
Problemi di non facile soluzione che, peraltro, in prospettiva biologica, possono essere considerati come una medaglia a due facce: problemi gestionali da una parte, evoluzione assai rapida degli ecosistemi dall’altra. Entropia crescente e disordine mai totalmente compreso verso dinamiche evolutive caratterizzate da equilibri sempre metastabili destinati a cedere con l’insorgere e lo scatenarsi del prossimo fattore di disturbo.
Anche per questo motivo da lungo tempo i sistemi biologici forestali della costa romagnola sono oggetto di una specifica pianificazione volta a soppesarne adeguatamente origine, evoluzione passata, stato attuale e tendenze evolutive future.
Le informazioni specialistiche riportate nei paragrafi successivi sono state interamente desunte da fonti documentali, principalmente da AA.VV. (2008), con particolare riferimento ad alcune considerazioni fatte in quella sede da ANDREATTA (2008), e da CARAMALLI (2014).

 
 

1.1. Cenni su storia e collocazione istituzionale
Le aree studiate possiedono un marcato valore storico e culturale per la storia naturale, e non solo naturale, italiana.
Comprendono, infatti, quelle zone che nei primi anni del ’900 furono oggetto di antesignane discussioni parlamentari sulla conservazione della natura e del paesaggio in Italia promosse dal politico e deputato ravennate Luigi Rava  . Questi fu convinto promotore di quella legge 16 luglio 1905, n. 441, nota proprio come “legge Rava”(4), con la quale alcuni relitti marittimi posti in Provincia di Ravenna(5)  venivano dichiarati inalienabili e affidati, a scopo di rimboschimento, all’allora Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio analogamente ad altri boschi demaniali già amministrati a norma della legge 20 giugno 1871, n. 283(6) .
Nel caso dei territori ravennati, per inciso, lo scopo di rimboschimento era precipuamente diretto alla protezione delle colture agricole retrostanti dai venti salsi provenienti dal mare.
Pochi anni a seguire, con legge 2 giugno 1910, n. 277, all’insieme di tutte le Foreste Demaniali dichiarate inalienabili sarà conferita la natura giuridica di Demanio Forestale per la cui gestione verrà appositamente istituita l’Azienda Speciale del Demanio Forestale dello Stato.
Si può ben affermare, quindi, che le aree naturali protette italiane - che sarebbero state istituite massicciamente in Italia solamente dopo la prima metà del XX secolo(7)  - discendano ontologicamente, culturalmente ed anche politicamente proprio da questo provvedimento.
Un atto normativo che, peraltro, secondo i dettami culturali dell’epoca, eminentemente estetici, intendeva tutelare queste zone non tanto per il valore ambientale quanto in considerazione del pregio che possedevano quali bellezze naturali intimamente connesse alla letteratura, all’arte e alla storia d’Italia.
Oggi, trascorsi molti decenni da allora, a norma della legge 6 dicembre 1991 n. 394 “Legge Quadro sulle aree protette”, dal punto di vista amministrativo, tali porzioni di territorio sono individuate come aree naturali protette nazionali (art. 8) classificate come Riserve Naturali Statali (art. 17) amministrate dal Corpo Forestale dello Stato attraverso l’Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Punta Marina (RA) e i reparti da questo dipendenti (Posti Fissi).
A livello tipologico, invece, secondo la vigente classificazione ministeriale su cui si basano i rispettivi decreti istitutivi(8) , possono assumere la denominazione di Riserva Naturale (da qui R.N.), R.N. Biogenetica, R.N. di Ripopolamento Animale, R.N. Integrale, R.N. Orientata e R.N. Zoologica.

 
4) Figura politica di rilievo nazionale, tra i numerosi incarichi rivestiti da Luigi Rava vi furono prima, dal 1900 al 1901, l’incarico di Sottosegretario di Stato e poi, dal 1903 al 1905, quello di Ministro presso il dicastero di Agricoltura, Industria e Commercio del Regno d’Italia. 
5) MALFITANO (2002) riferisce che si trattava di un vasto arenile esteso su circa 200 ettari di litorale pervenuti al Demanio dello Stato in forza dell’atto di transazione datato 30 giugno 1904 fra il Demanio stesso e le Signore Pergami-Belluzzi.
6) Una natura, quella di relitto, che, con una certa inquietante ricorsività storica, in qualche modo ancora oggi non abbandona la vegetazione forestale presente sulla costa romagnola che, secondo BERNETTI e GABBRIELLI (2000) costituisce il caso più spettacolare di distruzione e snaturazione perpetrato negli anni Sessanta e Settanta del XX secolo.
7) Prima di allora risultano istituiti solamente i primi Parchi Nazionali, creati a partire dal 1921. La Riserva Naturale Statale Integrale di Sasso Fratino (AR), invece, istituita nel 1959 dall’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali allora operativa presso il Ministero per l’Agricoltura e le Foreste, risulta la prima Riserva naturale ufficialmente creata in Italia.
8) Si tratta di una caratterizzazione tipologica adottata negli anni ’70 dall’allora Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste (oggi MiPAAF)  in occasione della loro istituzione e giunta fino a noi poiché ritualmente recepita tal quale dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) in sede di Elenco ufficiale delle aree naturali protette, arrivato al VI aggiornamento approvato con Decreto del MATTM 27 aprile 2010 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 125 serie generale parte prima del 31/05/2010.
 

1.2. Descrizione ambientale

1.2.1. Quadro geo-pedologico
La geomorfologia dell’area è dominata dalla presenza di varie serie di cordoni dunali che sovrastano di pochi metri appena il piano della campagna circostante.
Caratteristica pedologica fondamentale dei terreni del litorale romagnolo è, oltre alla grande permeabilità e al forte dilavamento, anche la mancanza di evaporazione dovuta all’impossibilità di ascesa capillare da parte delle acque del suolo che rimangono immagazzinate in profondità e vanno a costituire una preziosa riserva idrica per le piante che riescono a raggiungere questo strato acquifero (M.A.F. - A.S.F.D., 1959, in ANDREATTA 2008).
La natura mineralogica e chimica del substrato mostra un marcato aumento dei carbonati procedendo da Nord verso Sud.
Ciononostante, le caratteristiche del terreno sono fortemente influenzate dalla presenza e dalle condizioni strutturali ed evolutive della pineta; i suoli si presentano in condizioni estremamente diversificate nei riguardi della presenza di sostanza organica, definizione degli orizzonti, granulometria e pH.

 

1.2.2. Aspetti climatici

La fascia geografica costiera alto adriatica, da Venezia a Rimini  lunga poco più di cento chilometri e profonda alcune decine  afferisce alla regione climatica continentale padana e denota un andamento climatico leggermente modificato dalla presenza del mare, la cui azione mitigatrice non risulta essere particolarmente incisiva.
Il regime pluviometrico del litorale ravennate mostra una piovosità media compresa tra 720 e 750 mm/anno con significative variazioni annue e una generale tendenza alla diminuzione in corso da molti decenni. L’andamento stagionale delle precipitazioni evidenzia i due consueti massimi primaverile e autunnale, mentre in inverno e soprattutto in estate si hanno i minimi; non di rado, in quest’ultimo periodo dell’anno si verificano periodi siccitosi che determinano aridità nel terreno.
I principali parametri termometrici dell’area, rilevati dalla stazione meteorologica del Posto Fisso Forestale di Marina di Ravenna (RA), sono i seguenti: temperatura media annua 13,1°C, media del mese più freddo -1,6°C, media del mese più caldo 27,3°C; temperatura massima assoluta 40,2°C (estate 1985), minima assoluta -17,5°C (inverno 1984/1985).
Secondo la ben nota classificazione di PAVARI (1916) così come modificata da DE PHILIPPIS (1937), l’area afferisce alla zona fitoclimatica del Lauretum sottozona fredda del tipo ad estate calda e siccità estiva.

 

1.2.3. La vegetazione forestale
La superficie forestale indagata è occupata da popolamenti di origine artificiale, a prevalenza di pino marittimo (Pinus pinaster Ait.) che negli ultimi decenni ha preso il sopravvento sul pino domestico (Pinus pinea L.) che pure, all’epoca della piantagione, venne messo a dimora in gran quantità.
Ciononostante, soprattutto in virtù della marcata contrazione delle utilizzazioni boschive verificatasi negli ultimi decenni, oggi in queste aree si può riscontrare una non trascurabile ricchezza in termini di biodiversità.
ANDREATTA (2012) evidenzia come ognuna delle Sezioni boschive in cui è suddivisa la pineta abbia vissuto vicende storiche, selvicolturali e gestionali differenti che hanno portato nel corso degli anni ad una notevole variabilità nella composizione specifica, nella struttura sia orizzontale sia verticale, nella presenza o meno del sottobosco: ciò ha fatto sì che, pur ricompresi nella denominazione di Riserva Naturale “Pineta di Ravenna”, siano presenti popolamenti forestali assai diversi tra loro.
Talune zone presentano maggior grado di evoluzione evidenziato da composizione specifica mista con significativa presenza di latifoglie e buona consistenza del sottobosco. Talaltre si caratterizzano per la diffusione pressoché uniforme di pino marittimo allo stato adulto con ridotta consistenza del sottobosco - ad eccezione del rovo che solitamente è sempre ben rappresentato. Altre ancora vedono giovani fustaie pressoché pure di pino marittimo dove la presenza del sottobosco è fitta e diversificata a livello specifico. Vi sono poi le aree dove il livello di naturalità è minimo: una specifica e particolarissima Sezione costituita da pino domestico a densità colma con assenza totale di sottobosco, e la fascia più prossima alla battigia dove invece è il pino marittimo a  mantenersi in quasi totale purezza.
All’attualità, quindi, seppur con diversi gradi di sviluppo, si può affermare che la pineta demaniale si presenta nel suo complesso come un popolamento forestale in fase di transizione, insediato su terreni sabbiosi di scarsa evoluzione (SANDRI, 1956), ancora in buona parte costituito da pino marittimo in purezza ma con presenza di pino domestico e delle latifoglie che nel tempo si sono affermate, ovvero farnia (Quercus peduncolata Ehrh.), leccio (Quercus ilex L.), pioppo bianco (Populus alba L.), frassino ossifillo (Fraxinus oxyphylla Bieb.) (ANDREATTA, 2003; 2008).

 

2. Materiali e metodo

2.1. – Identificazione sintomatologica del patogeno
Ad oggi, il patogeno è stato isolato su tutte le specie di origine europea appartenenti al genere Fraxinus spp. ma, secondo quanto riportato dalla REGIONE EMILIA-ROMAGNA (2014), le più sensibili al patogeno sembrano essere il frassino maggiore (Fraxinus excelsior L.), il frassino ossifillo (Fraxinus angustifolia Vahl) e anche il frassino nero (Fraxinus nigra Marshall); l’orniello (Fraxinus ornus L.) e il frassino verde (Fraxinus pennsylvanica Marshall) presenterebbero una moderata suscettibilità; frassino bianco (Fraxinus americana L.) e frassino di Manciuria (Fraxinus mandschurica Ruprecht), invece,  sono risultate scarsamente suscettibili.
In bibliografia si riporta che Chalara fraxinea colpisce piante di frassino di ogni età e si diffonde a breve distanza per via anemocora a mezzo di ascospore che possono essere portate anche a 30 km di distanza. Distanze maggiori possono essere percorse grazie al trasporto di piante, di semi e di materiale legnoso infetto.
La gravità della malattia dipende da alcuni fattori quali età, posizione sociale, condizioni climatiche, e presenza di fattori d'indebolimento della pianta ospite (cfr. MONTUSCHI 2013).
Gli individui giovani risultano maggiormente sensibili potendo arrivare a disseccarsi anche nel corso di una sola stagione vegetativa mentre spesso sulle piante adulte l’infezione si cronicizza e porta ad un disseccamento più progressivo che consente loro anche di sopravvivere a lungo.
Sembra che i soggetti aduggiati o cresciuti in condizioni di eccessiva densità o vicino a corsi d’acqua siano maggiormente suscettibili a questo parassita, specialmente in presenza di elevata umidità dell’aria e del suolo (Cech, 2008; Ogris, 2008; in STRAZZABOSCO, s.d.)
La presenza di altri funghi patogeni o opportunisti indebolisce le piante ospiti e agevola l’attacco del patogeno.
Il più comune quadro sintomatico è rappresentato dai seguenti elementi, sensibilmente più invasivi sulle piante più giovani: presenza di cancri sulle piante; rapido disseccamento dei rametti dell’anno (apicali e laterali), con infezioni estese lungo la nervatura principale; avvizzimento delle foglie, che pur infettate rimangono a lungo sulla pianta prima di annerirsi e cadere.
I segni della presenza del patogeno possono essere osservati durante tutto l'anno poiché ad ogni stagione corrispondono sintomi specifici. Il periodo che va da giugno a ottobre, però, presenta una particolare ricchezza e in questi mesi la malattia può essere riconosciuta per gli apoteci presenti sulle foglie cadute a terra, per gli annerimenti e gli avvizzimenti fogliari, per le lesioni e i cancri corticali, per i disseccamenti degli apici. Rappresenta il periodo più idoneo per eseguire i controlli.
Tuttavia, vista l'esigenza di concludere rapidamente l'indagine richiesta e considerata la stagionalità dei sintomi, si è deciso di concludere l'indagine entro e non oltre il mese di ottobre trascorso il quale sarebbe stato necessario cercare sintomi invernali e non più estivo-autunnali.
Ciononostante si tratta di una sintomatologia basata su manifestazioni talvolta anche chiare ma non sufficientemente specifiche per evitare il rischio di confondere gli attacchi di questo fungo con le infestazioni provocate da altri patogeni dei frassini quali: cancri corticali da Nectria galligena, necrosi della corteccia da Leperisinus varius, avvizzimento dei germogli da Prays fraxinella, danni da gelo, da siccità o da problemi fisiologici.
Per una sicura identificazione dell’agente responsabile del deperimento del frassino si rende pertanto necessario eseguire apposite indagini di laboratorio (analisi biomolecolari e isolamento diretto con osservazione al microscopio) a carico di campioni prelevati sul campo (ex multis REGIONE EMILIA-ROMAGNA, 2014 e STRAZZABOSCO, s.d.).

 

2.2. – Metodologia d’indagine
In Italia la materia fitosanitaria è oggetto di competenza concorrente fra Stato e Regioni.
In particolare, al primo spetta la gestione del servizio fitosanitario centrale quale autorità unica nazionale di contatto e coordinamento dei Servizi Fitosanitari Regionali.
Agli enti regionali, invece, compete l’organizzazione autonoma dei propri Servizi Fitosanitari al fine di dare concreta attuazione alle politiche fitosanitarie. In materia di prevenzione e lotta ai parassiti e alle malattie delle piante, la Regione applica sul proprio territorio le norme di profilassi internazionale contenute nella Convenzione internazionale per la protezione dei vegetali e nelle Direttive fitosanitarie emanate dall’Unione Europea.
Con l'istituzione e la definizione dei compiti del  Servizio fitosanitario nazionale (D. Lgs. n. 214/2005) alle Regioni sono state attribuite funzioni di presidio del territorio per tutte le attività di controllo dei vegetali e di lotta agli organismi nocivi regolamentati, oltre a studio, sperimentazione e divulgazione nel settore della difesa fitosanitaria (REGIONE EMILIA-ROMAGNA, 2014 b).
I Servizi Fitosanitari Regionali provvedono anche alla sorveglianza sanitaria del territorio di competenza avvalendosi, quando necessario, della collaborazioni di altri enti pubblici operanti sul territorio regionale. È il caso della vigilanza sulle lotte obbligatorie, del controllo di merci vegetali importate da Paesi Terzi, del monitoraggio mirato per organismi a rischio di introduzione, dell’adozione di misure di profilassi obbligatorie, della protezione fitosanitaria del verde e degli alberi di rilevante interesse.
Per fare tutto ciò, il Servizio Fitosanitario dispone a Bologna di uno specifico ufficio deputato alla diagnostica fitosanitaria che fornisce agli enti locali un supporto tecnico-scientifico specialistico.

Figura 3 – La scheda descrittiva impiegata nella campagna di monitoraggio fitosanitario (da REGIONE EMILIA-ROMAGNA, 2014 a).

Al fine di monitorare le aree forestali e urbane della regione romagnola nei riguardi della possibile presenza di Chalara fraxinea K., il Servizio Fitosanitario dell’Emilia-Romagna ha predisposto con urgenza una campagna d’indagini fitopatologiche mirate a comprovare o escludere  la presenza del patogeno in tale regione.
Nell’ambito di questa campagna è stata richiesta, per il tramite del relativo Comando Regionale Emilia-Romagna, la collaborazione dei reparti del Corpo Forestale dello Stato operanti nelle province di Bologna, Ravenna e Ferrara.
Al Corpo Forestale dello Stato è stato chiesto di ricercare il patogeno nelle aree forestali delle Provincie di Ravenna e di Bologna. A seguito di accordi interni, all’Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Punta Marina è stato affidato il compito di condurre l’indagine nelle aree boschive amministrate nelle Riserve Naturali Statali del comprensorio Alto Adriatico.
Prima di avviare le indagini sul campo, è stato necessario realizzare specifiche attività di formazione. Il personale direttivo, incaricato di organizzare il monitoraggio in bosco, ha quindi partecipato ad un apposito workshop organizzato dal Servizio a Bologna.
L’UTB di Punta Marina, inoltre, ha organizzato nei propri locali un briefing operativo propedeutico all’avvio del monitoraggio al fine di trasferire a cascata le informazioni al personale dei Posti Fissi operativo sul campo.
Particolare attenzione è stata dedicata a definire le operazioni di rilievo da eseguire e di cui riportare gli esiti sull’apposita Scheda monitoraggio per Chalara fraxinea K. elaborata dal Servizio (cfr. Fig. 3), e alle modalità di prelievo conservazione e consegna dei campioni biologici per i quali era prevista la conservazione in frigorifero e la consegna all’Ufficio diagnostica fitosanitaria entro 48 ore dal prelievo senza interruzione della catena del freddo.

 

Al fine di facilitare l’individuazione dei sintomi della malattia eventualmente presenti sulle piante, è stato consegnato il depliant tecnico-informativo illustrato Ash Dieback disease (Chalara fraxinea) realizzato dalla Forestry Commission da utilizzarsi sul campo come guida alle immagini della malattia.
Sempre in sede di briefing operativo è stato determinato in 5 il numero minino di siti che ogni Posto Fisso avrebbe dovuto monitorare. Ciononostante, i rilevatori sono stati lasciati liberi di accrescere questo numero qualora nel corso delle operazioni di rilievo, anche sulla base di peculiari caratteristiche emergenti dai sopralluoghi nella propria giurisdizione, lo ritenesse necessario per garantire l’affidabilità complessiva del monitoraggio.

 

Risultati

L’indagine fitopatologia coordinata dal Servizio Fitosanitario della Regione Emilia-Romagna ha consentito di controllare, in quattro settimane, dal 16 ottobre 2013 al 14 novembre 2013, complessivamente 138 siti individuati nelle Province di Ravenna, Ferrara e Bologna: per ogni sito è stata compilata la prevista Scheda monitoraggio.

Figura 4 – Riserva Naturale Statale “Sacca di Bellocchio III” (FE), pressi Lido di Spina. Personale del Corpo Forestale dello Stato monitora le condizioni di salute di alcune piante di frassino radicate all’interno della Riserva (foto Posto Fisso Forestale di Casalborsetti, RA).

In 17 casi sono stati prelevati campioni biologici consegnati all’Ufficio diagnostica fitosanitaria del Servizio Fitosanitario che, nel proprio laboratorio di micologia, li ha sottoposti alle specifiche analisi di laboratorio accennate in precedenza (cfr. par. 2.1.): in tutti i casi, l’esito è stato negativo nei riguardi della presenza del patogeno ricercato.
Nel dettaglio delle Riserve Naturali Statali dell’Alto Adriatico, poste nelle Province di Ravenna e Ferrara, sono stati controllati n. 20 siti e compilate altrettante schede descrittive: n. 8 a cura del Posto Fisso di Bosco Mesola (FE), n. 6 del Posto Fisso di Casalborsetti (RA) e n. 6 del Posto Fisso di Marina di Ravenna (RA) .
In 3 casi, sempre a cura del Posto Fisso di BoscoMesola, sono stati prelevati ti prelevati campioni biologici sottoposti alle previste analisi di laboratorio: opportuno ribadire come l’esito sia stato negativo nei riguardi della presenza del patogeno ricercato.

 
 

Conclusioni

Figura 5 – Mappa della Pest Free Area ottenuta nel 2013 grazie al monitoraggio di cui al presente studio (da MONTUSCHI et al., 2014)

La gestione dell’emergenza manifestatasi in Romagna ha portato principalmente a tre risultati.
Anzitutto, dal punto di vista fitopatologico, ha permesso di escludere la presenza di Chalara fraxinea K. all’interno del perimetro delle Riserve Naturali Statali dell’Alto Adriatico fornendo così il contributo richiesto ai fini della definizione areale e perimetrale della Pest Free Area (cfr. Fig. 4
Nondimeno, dal punto di vista commerciale, ha consentito di rimuovere il principale ostacolo alla ripresa delle esportazioni verso il Regno Unito. All’atto pratico, peraltro, nonostante l’esito confortante dell’indagine condotta, l’esportazione di frassini verso il Regno Unito non è ripartita comunque, più per motivi di natura strategica commerciale non direttamente legati alla malattia in questione.
Infine, dal punto di vista istituzionale, ha evidenziato come, dinanzi a situazione emergenziali, branche diverse della pubblica amministrazione e del volontariato siano riuscite ad instaurare un’efficiente sinergia: risultato significativo, specialmente in tempi di spending review.

 
 

Bibliografia citata

AA.VV., 2013. Aspetti normativi per i produttori di piante ornamentali. Documentazione diffusa nell’ambito del “Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali” – Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 – Direzione Generale Agricoltura - Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Lombardia 2007 – 2013 in applicazione del Regolamento Comunità Europea n. 1698 del 2005, articolo 43. Misura 111 A formazione informazione e diffusione della conoscenza.
ANDREATTA G., 2003 – Le pinete demaniali dell’Alto Adriatico: studio sull’evoluzione dei rimboschimenti eseguiti ad inizio ’900. In: Atti del III Congresso Nazionale S.I.S.E.F. (Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale). Atti 3, p. 133-141.
ANDREATTA G., 2008 – La storia e l’evoluzione delle pinete demaniali litoranee nelle province di Ravenna e Ferrara. In: Le pinete demaniali litoranee dell’Alto Adriatico. Corpo Forestale dello Stato, p. 9-20.
ANDREATTA G., 2012. Interventi gestionali all’interno della Riserva Naturale “Pineta di Ravenna”: un esempio di selvicoltura sistemica. L’Italia Forestale e Montana, 67 (6): 459-472.
CARAMALLI P., 2014. Analisi dendrometrica e naturalistica speditiva a fini pianificatori forestali. Un caso di studio e di concreta applicazione sul campo. L’Italia Forestale e Montana 69 (1): 47-59.
CIANCIO & NOCENTINI, 1994.  – La foresta mediterranea: una nuova dimensione. In: “Atti del 5° Colloquio su Approcci metodologici per la definizione dell’ambiente fisico e biologico mediterraneo”, a cura di AA.VV., p. 41-51. Edizioni Orantes, Lecce.
EUROPEAN AND MEDITERRANEAN PLANT PROTECTION ORGANIZATION, 2013. EPPO// Profile of an International Organization. http://www.eppo.int
IGNOTO, 2013.  Ash dieback disease (Chalara fraxinea). Forestry Commission, U.K.
MALFITANO A., 2002. Alle origini della politica di tutela ambientale in Italia. Luigi Rava e la nuova Pineta “storica” di Ravenna. Storia e Futuro n. 1: 1-18.
MINISTERO PER LE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI (MiPAAF), 2014. Situazione attuale del settore florovivaistico europeo. www.politicheagricole.it.
MONTUSCHI C., 2013. Chalara fraxinea nuovo patogeno del frassino. Dattiloscritto non pubblicato.
MONTUSCHI C., SOLMI P., VAI N., 2014. Allerta per Chalara fraxinea: nuovo rischio per i frassini. Agricoltura 42 (6): 60-61.
REGIONE EMILIA-ROMAGNA, 2014 a. Deperimento del frassino – scheda tecnica. http://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/fitosanitario
REGIONE EMILIA-ROMAGNA, 2014 b. Cosa fa la Regione. http://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/fitosanitario
SANDRI G., 1956. I terreni della pineta demaniale del litorale ravennate. L’Italia Forestale e Montana, 1: 36-42
STRAZZABOSCO L., s.d. Chalara fraxinea Kowalski. http://www.monzaflora.it
THE FOOD AND ENVIRONMENT AGENCY (FERA), 2012. Chalara fraxinea. Documento interno con allegati datato 29/10/2012; non pubblicato.
WEBBER J., HENDRY S., 2012. Rapid risk assessment of the need for a detailed Pest Risk Analysis for Chalara fraxinea. Forestry Commission - Forest Research, U.K., 15 pgg.