Grazie all’azione di tutela, esercitata da qualche decennio, chi visita oggi boschi come Rubbio, si trova di fronte a formazioni che tendono naturalmente a ricostituirsi, evolvendo lentamente, verso il loro aspetto originario.
In particolare, nel “Bosco Rubbio” è possibile osservare tre tipologie strutturali in cui si organizza la consociazione naturale faggio-abete.
Esistono dei nuclei di giovani abeti che attendono il momento giusto per raggiungere il piano superiore della vegetazione. L’abete, infatti, cresce rigoglioso in gruppi cospicui, protetto dal faggio sovrastante, pur essendo in età per passare dal piano dominato a quello dominante, unitamente ai grandi faggi.
In aree limitrofe, il soprassuolo è rappresentato da faggio che occupa il piano dominante, dove però accede anche l’abete bianco in misura numericamente ridotta. In tali aree, la presenza dell’abete, in stadio di spessina e perticaia, è consistente al punto da determinare localmente una copertura biplana.
Altra porzione di soprassuolo è organizzata in misura equilibrata tra faggio e abete che costituiscono il piano dominante della copertura. In quest’ultima tipologia strutturale, l’abete bianco occupa anche il piano inferiore e intermedio allo stadio di spessina e perticaia creando una copertura a tratti stratificata.
L’abete, in gioventù ombrivago, attende che si creino le condizioni, offerte in natura dalla caduta di qualche grande esemplare di faggio, per emergere dai piani vegetazionali sottostanti, manifestando la sua natura lucivaga (o eliofila), che si sviluppa con il trascorrere del tempo. E’ proprio in tali radure che, i giovani abeti, iniziano il loro rapido percorso verso l’alto che li porterà a beneficiare del giusto quantitativo di luce per evolvere in piante portaseme utili alla riproduzione della specie ma anche alla nidificazione e all’alimentazione dell’avifauna.
Qualora, non dovessero verificarsi le condizioni idonee alla migrazione verso l’alto dell’abete, un aduggiamento prolungato sarebbe “fatale” per tale specie, poichè la costringerebbe per sempre a rimanere sottoposta, compromettendone la sopravvivenza.
Da segnalare, infine, nella parte più sommitale della Riserva, in località “Tre Confini”, la possibilità di osservare caratteristici esemplari di faggio, dall’aspetto singolare nelle forme dei tronchi e delle chiome, instancabilmente modellati dagli elementi naturali, in particolare dalle abbondanti nevicate e dall’azione del vento che, durante i lunghi periodi invernali, spazza le foreste in quota e lambisce con fermezza le vette dei monti del Pollino.