Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

AGRICOLTURA E ALIMENTAZIONE
MAGGIORI CONTROLLI PER LA TUTELA DELLE PRODUZIONI NAZIONALI DI UOVA DI QUALITÀ
01/06/2015
di Alberto Di Monte Commissario Capo e Giuliano Palomba Commissario Capo - Comando Regionale CFS Puglia


Da sempre i dati statistici hanno evidenziato che l’Italia è un paese autosufficiente nella produzione di uova, oltre che essere un paese esportatore.

 

RIASSUNTO:
Da sempre i dati statistici hanno evidenziato che l’Italia è un paese autosufficiente nella produzione di uova, oltre che essere un paese esportatore. Contrariamente, gli ultimi dati hanno sottolineato un calo della produzione italiana e un incremento delle importazioni. Uova dalla Spagna, dalla Polonia e dalla Romania, e a breve, dall’Ucraina, sono sempre più presenti nei nostri mercati.
Il Corpo Forestale dello Stato – Comando Regionale di Bari ha analizzato i motivi di questo cambiamento mettendo in luce un drammatico e preoccupante sottobosco di illecite condotte che, oltre ad alterare il mercato, mettono a rischio la salute del consumatore.

ABSTRACT:
More controls to protect the national production of quality eggs
Statistical data have always highlighted that Italy is a self-sufficient country in the production of eggs, in addition to being an exporting country. On the other hand, the last records have pointed out a decrease of the italian production and an increase of the importation. Eggs from Spain, Poland and Romania, and shortly from Ukraine, are having a greater presence in our commerce.
The Corpo Forestale dello Stato-Regional Command of Bari have analyzed the reasons of this change verifying a dramatic and serious underworld of illegal behavior that, as well as modifying the trade, it endangers the health of the consumer. 

 
 
 

L’uovo è da sempre impiegato nell’alimentazione dell’uomo. Il più utilizzato è quello di gallina, ma si consumano anche quelle di altri volatili: quaglia, anatra, oca, struzzo. Nell'uso corrente il termine uovo senza altre precisazioni indica quello di gallina.
È una cellula prodotta dalle femmine di animali ovipari, costituita essenzialmente da guscio, tuorlo e albume, che racchiude in se le sostanze nutritive per lo sviluppo e la crescita dell’embrione durante il periodo di incubazione. Ogni gallina ovaiola ne può produrre ogni anno da 200 a 300 ed oltre, dal peso medio di 60 – 65 grammi.
La commercializzazione in Italia è disciplinata dal decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali dell’11 dicembre 2009, che recepisce la copiosa normativa europea.
I soggetti coinvolti nel commercio sono i produttori, i raccoglitori e i centri d’imballaggio.
Per poter operare, i produttori devono ottenere dai servizi veterinari delle ASL, territorialmente competenti, la registrazione dell’allevamento e il rilascio di un proprio codice distintivo. Hanno l’obbligo di annotare in un registro le informazioni riguardanti il sistema di allevamento, le galline, la produzione giornaliera di uova e gli scambi con gli altri soggetti.
Sono esonerati da tali obblighi i produttori aventi fino a 50 galline ovaiole. Categorico è il divieto di vendere quelle rotte e sporche.

 

I raccoglitori di uova, ai fini della consegna a centri di imballaggio, sono registrati dalle ASL e devono catalogare le notizie sulle uova, sui produttori e sui centri d’imballaggio.
Invece i centri d’imballaggio, nel quale le uova sono classificate in base alla qualità e al peso, sono autorizzati con un provvedimento espresso dalle regioni o dalle province autonome competenti per territorio e ricevono dal Mipaaf un codice di identificazione. Sono obbligati ad annotare i dati sulle uova, sui produttori e sui raccoglitori dai quali ricevono le uova.
La tracciabilità è assicurata da un codice alfanumerico stampigliato sul guscio ove sono riportati informazioni sulla tipologia di allevamento (0 - biologico, 1 – all’aperto, 2 – a terra, 3 - in gabbie), sul Paese di provenienza, sul comune, sulla provincia e sull’azienda avicola. Invece è facoltativo apporre sul guscio l’indicazione della data di termine minimo di conservazione o di deposizione.

 

Le diciture “extra” ed “extra fresche” sull’imballaggio possono essere utilizzate solo nei primi 9 giorni dalla deposizione. Dopo tale termine, le uova devono essere ritirate dagli scaffali di vendita al pubblico oppure deve essere rimossa la dicitura “extra”.
La timbratura deve essere effettuata dal produttore o dal primo centro d’imballaggio che le riceve.
Il termine minimo di conservazione è di 28 giorni dalla deposizione, ma devono essere ritirate dal commercio sette giorni prima del termine indicato.
Nel caso d’importazione da uno Stato membro, le uova devono essere timbrate nel Paese d’origine.
Nel 2013 in Italia il consumo di uova è aumentato in media del 2%, e nei primi tre mesi del 2014 del 3,6%. Questo fenomeno è facilmente spiegabile perché i prezzi delle uova, già solitamente contenuti, sono rimasti stabili o hanno subito una leggera diminuzione, andando a sostituire sulle tavole i più costosi alimenti proteici, carni e pesce.
Secondo Unaitalia, Unione nazionale delle filiere agroalimentari delle carni e delle uova, i produttori e gli allevatori italiani garantiscono con il loro lavoro un’autosufficienza pari al 106%. In Italia ogni anno si produrrebbero oltre 12 miliardi di uova rispondendo in pieno alla richiesta del mercato italiano.
La stessa associazione afferma che la freschezza e la provenienza di questo prodotto è garantita dall’etichettatura riportata su ogni uovo, sostenendo da anni che l’industria avicola italiana punta sulla qualità e sulla provenienza delle proprie uova, portando avanti lotte a favore della completa tracciabilità, e dei controlli necessari a garantire la trasparenza di tutta la filiera.
Contrariamente, i dati inerenti il 2013 di coldiretti indicano un calo della produzione nostrana di oltre il 2% su base annua, a fronte di un enorme incremento delle importazioni, pari al +108%, prodotti provenienti principalmente da aziende spagnole, rumene e polacche.
Il dato, secondo Coldiretti, seppure non incoraggiante, era comunque atteso. Gli allevatori e i produttori italiani di uova hanno rallentato la produzione in quanto hanno dovuto adeguare i loro allevamenti agli standard imposti dalle nuove direttive europee sul benessere animale, che obbligava la sostituzione delle vecchie gabbie con quelle arricchite, ossia dotate di posatoi e nidi.
Secondo la stessa federazione il 2014 avrebbe dovuto essere l’anno dell’adeguamento delle gabbie alle normative europee e quindi l’anno in cui la produzione sarebbe ritornata a crescere e l’Italia sarebbe tornata ad essere un paese autosufficiente per il consumo di uova.
In tale settore il Corpo Forestale dello Stato ha evidenziato, diversamente da quanto sottolineato da Coldiretti, una situazione poco rassicurante per le aziende avicole Italiane in questo momento in forte difficoltà.

Infatti l’attività di indagine effettuata dai Forestali del Comando Regionale di Bari ha messo in luce un drammatico e preoccupante sottobosco di condotte fraudolenti poste in essere da aziende disoneste che, oltre ad inquinare l’intero mercato, mettono a rischio la salute del consumatore, chiarendo contestualmente il fenomeno dell’aumento delle importazioni.
I controlli effettuati nel corso degli ultimi mesi del 2013 e nei primi mesi del 2014 ha permesso di constatare la coesistenza sul mercato italiano di uova nostrane, straniere (romene, polacche e spagnole) e di prodotti di cui è ignota la provenienza.
In alcune aziende avicole, è stata verificata la presenza di un numero, ingiustificato, di uova non timbrate maggiore rispetto alla produzione delle galline presenti.
Inoltre è stato accertato un continuo movimento di tir, provenienti dalle nazioni sopra menzionate, i quali possono contenere fino a 400 mila uova. Queste, non sempre timbrate, sono acquistate ad un prezzo nettamente inferiore (circa 30%) rispetto alle uova italiane.
Infine è stata verificata la commercializzazione illegittima di uova straniere vendute come nostrane, di uova immature, rotte e sporche e con la fraudolenta apposizione della data di “scadenza” posticipata fino a 15 giorni rispetto a quella effettiva.

 

Tutto ciò comporta la destabilizzazione del mercato italiano, poiché tali condotte illecite pongono fuori mercato le aziende avicole virtuose che non riescono a competere con i prezzi. In questa situazione di sleale concorrenza diventa difficile pensare alla produzione di uova di casa nostra. Troppi alti sono i costi di produzione da sostenere e basso è il prezzo delle uova. Questo spinge altre aziende a emulare le condotte fraudolenti sopra citate in considerazione del fatto che tale scelta rappresenta per alcune di loro l’unica soluzione alternativa al fallimento.
A fare le spese di questa situazione non sono solo le aziende italiane ma anche i consumatori la cui salute è messa in pericolo da condotte sconsiderate.
Infatti il commercio di uova rotte, sporche e la presenza di uova con data di “scadenza” taroccata, aldilà di quella consentita dalla legge, aumentano i rischi per la salute pubblica legati al deterioramento delle uova e allo sviluppo di patogeni.
A tal proposito importanti sono i risultati di uno studio di un gruppo di esperti scientifici (Biohaz) che sono stati incaricati della Commissione europea di esprimere un parere sul tema in questione. In particolare, è stato chiesto di valutare “il rischio per la salute pubblica legato agli agenti patogeni rilevanti e in particolare a quello Salmonella Enteritidis”, considerato il patogeno che attualmente rappresenta il maggiore rischio di malattie legate al consumo di uova, in caso di una prolungata shelf-life di questi alimenti.
Secondo i risultati di questo studio, il prolungamento del tempo di conservazione delle uova da tavola si traduce in un aumento del numero di malattie. L'entità di questo aumento dipende dal tempo supplementare di stoccaggio delle uova, sia presso i punti vendite sia presso l’abitazione. L’aumento dei rischi diventa allarmante dopo i 42 giorni di vita dell’alimento.
Un modo efficace per ridurre al minimo qualsiasi aumento del rischio è mantenere il prodotto in frigorifero. Ma quando la durata delle uova è prolungata di oltre tre settimane, le stime di rischio sono ugualmente alte, anche se viene applicata la refrigerazione presso i punti vendita e vengono conservate in frigorifero dai consumatori.
Le temperature alte, o lunghi periodi di stoccaggio, hanno, quindi, un chiaro effetto deleterio sulla qualità delle uova e sul tasso di sviluppo delle alterazioni macroscopiche, in particolare se sono contaminati da batteri dannosi.
Per quanto sopra riportato vanno quindi aumentati i controlli da parte di tutte le autorità competenti, per dare ragione e supporto alle aziende oneste che da anni lavorano a favore di una produzione sana e trasparente, e per garantire ai consumatori il miglior prodotto possibile, alla vigilia dell’ingresso in Europa delle uova provenienti dall’Ucraina.
Infatti secondo l’ufficio stampa della principale azienda agricola dell'Ucraina, sono in spedizione prime forniture di uova verso l'Unione europea.
L’azienda in questione ha dichiarato che il suo complesso avicolo ha superato tutti i test necessari per ottenere il permesso per l’esportazione della produzione verso l'Unione europea.
L'intenzione di avviare le forniture di uova verso l'Unione europea è stata espressa anche dal secondo più grande produttore di uova in Ucraina. La società ha ricevuto il permesso alle esportazioni, ed è pronta per le spedizione di ovoprodotti secchi e liquidi.
Le consegne potranno essere effettuate nell'ambito dei contingenti comunitari per l'importazione di merci dalla Ucraina. Nel 2014 l'Ucraina poteva esportare verso l’Unione europea, 3.000 tonnellate di uova in guscio, e 3.000 tonnellate di prodotti trasformati a base di uova.