Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

AGRICOLTURA E ALIMENTAZIONE
“LA VALORIZZAZIONE DEL GRANO DURO PASSA ATTRAVERSO LA DOP”
01/06/2015
di Giuseppe Dibisceglia Dottore agronomo “contributo del Comitato Scientifico di Cerealia. La festa dei cereali”

Il concetto di qualità e la mancanza di difetti vengono spesso associati ma la “perfezione” è solo un parametro per valutare la qualità di un prodotto. L’autocontrollo effettuato dalle aziende produttrici e i controlli degli Enti certificatori sono una buona pratica per una certificazione qualitativa

 
Riassunto

Il concetto di qualità e la mancanza di difetti vengono spesso associati ma la “perfezione” è solo un parametro per valutare la qualità di un prodotto. L’autocontrollo effettuato dalle aziende produttrici e i controlli degli Enti certificatori sono una buona pratica per una certificazione qualitativa.
Nel 1994 un gruppo di olivicoltori di Cerignola ha caratterizzato geograficamente la genericità della propria oliva consapevoli delle enormi potenzialità della stessa, l’unicità del proprio prodotto. Grazie all’appoggio del Comune di Cerignola e della provincia di Foggia, decise d’incamminarsi sulla strada che li avrebbe poi condotti all’ottenimento della Denominazione di Origine Protetta.

ABSTRACT:
Enhancement of wheat through the DOP
Quality and lack of defects are often associated, but  perfection is just one of the parameters for assessing the quality of a product. Control carried out by manufacturers and inspection of Certification bodies are good practices for  quality certification. In 1994 a group of growers in Cerignola enhanced the uniqueness of their olive trees, aware of the enormous potential of the same.
With the support of the City of Cerignola and the Province of Foggia, they decided to set out on the road that would lead to obtain the Protected Designation of Origin.

 
 

 

Il concetto di qualità tante volte è associato alla mancanza di difetti. Ma tale concetto è fortemente riduttivo. Sarebbe più giusto considerare la mancanza di difetti come uno strumento per misurarne la difettosità e non già la qualità. Qualità che può essere assicurata in diversi modi. Ci sono gli autocontrolli che consentono, almeno alle aziende più serie, di raggiungere livelli qualitativi di eccellenza. Ci sono poi gli assoggettamenti volontari delle proprie produzioni ai controlli svolti da Enti di certificazione, quali ad esempio le ISO, che permettono di documentare il raggiungimento di determinati standard qualitativi, per l’appunto attraverso l’ottenimento di determinate certificazioni. Per il raggiungimento di ambiziosi traguardi di qualità vi è, a mio avviso, un’altra strada, quella delle Indicazioni Geografiche, più precisamente delle DOP (Denominazione di Origine Protetta), delle IGP (Indicazione Geografica Protetta) e delle STG (Specialità Tradizionale Garantita). Tale strada presuppone che dapprima venga presentata apposita domanda per il riconoscimento della Indicazione Geografica desiderata e, successivamente, una volta ottenuta, è necessario assoggettare le produzioni ai controlli di Organismi controllati dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali.

 
 

Questa è la strada che nel 1994 un gruppo di olivicoltori di Cerignola decise di intraprendere. Stanchi della genericità della propria oliva ma consapevoli delle enormi potenzialità della stessa, date principalmente dalle grandi dimensioni, uniche al mondo, questo gruppo di olivicoltori, con l’appoggio del Comune di Cerignola e della provincia di Foggia, decise d’incamminarsi sulla strada che li avrebbe poi condotti all’ottenimento della Denominazione di Origine Protetta. Questo gruppo di agricoltori si era costituito in cooperativa nel 1993 ed aveva avviato l’attività di trasformazione della pregiata cultivar da mensa “Bella di Cerignola”. Con loro, nella qualità di direttore della piccola realtà cooperativa volutamente chiamata “La Bella di Cerignola”, dal nome della cultivar, ho avuto modo d’interessarmi al disbrigo delle procedure per la richiesta di riconoscimento della DOP. L’iter è stato abbastanza impegnativo e relativamente lungo, ma ha condotto nell’anno 2000 all’ottenimento della DOP “La Bella della Daunia varietà Bella di Cerignola”. Dopo soli due anni, il medesimo gruppo, cui si erano aggiunti altri olivicoltori, trasformatori e confezionatori, ha promosso la costituzione del relativo Consorzio di tutela. Da oltre dieci anni vi è dunque la possibilità di commercializzare le olive Bella di Cerignola con l’anzidetto marchio DOP. La DOP ha di fatto rivoluzionato il comparto olivicolo da mensa dell’areale di Cerignola, finendo col condizionare anche mercati lontani da esso. Lo strumento della DOP si è dimostrato vincente in termini di penetrazione in mercati esigenti, primo fra tutti quello americano. Gli sforzi fatti hanno consentito il raggiungimento di obiettivi ambiziosi, sollevando l’oliva Bella di Cerignola dai bassi livelli di remunerazione in cui si trovava fino a non molto tempo fa. Oggi, sempre più frequentemente, le olive di qualità si identificano con l’Oliva da mensa DOP La Bella della Daunia varietà Bella di Cerignola.
La premessa era d’obbligo per poter comprendere quale potrebbe essere la strada da intraprendere se si vuol tentare di portare il grano duro italiano a livelli di remunerazione soddisfacenti oltre che ad una più dignitosa notorietà. È risaputo che i cerealicoltori ormai da tempo non vedano corrisposti adeguati guadagni per le produzioni ottenute nei propri campi con costi di produzione sempre più crescenti. Nel Tavoliere delle Puglie, il “granaio d’Italia”, si ottengono grani duri delle migliori qualità, che vengono poi destinati all’ottenimento di semole, utilizzate poi per la produzione di pasta in ogni angolo d’Italia. Tale condizione di genericità è la medesima nella quale versava l’oliva Bella di Cerignola prima del riconoscimento della DOP. Basterebbe un po’ di ricerca storica volta a documentare l’origine di determinate varietà, la provenienza delle stesse da un determinato areale geografico, un po’ d’impegno volto a dimostrare le peculiarità e la tipicità dei grani coltivati, nonché uno sforzo per la predisposizione di un disciplinare di produzione e relativa documentazione, per far sì che anche dal grano duro si possa ottenere pasta a Denominazione di Origine Protetta. Il cammino è irto e faticoso, ma provarci ne vale sicuramente la pena.