Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

AGRICOLTURA E ALIMENTAZIONE
LA QUALITÀ DEI PRODOTTI DELL’ALVEARE MIELE TRADIZIONALE E BIOLOGICO, CERA E PROPOLI.
26/06/2014
di Gianluca Baiocchi  Vice Ispettore Comando Stazione di Comunanza


 # RiassuntoRiassunto

Il miele è un alimento di elevato valore nutritivo. I componenti principali sono: fruttosio, glucosio, acqua, acidi organici, sali minerali, enzimi e aromi.
È un alimento largamente consumato anche dalle fasce più vulnerabili, bambini e anziani e, come tutti gli altri alimenti, è soggetto a controllo da parte del Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Vista la sua presenza sul mercato sempre più massiccia per soddisfare la crescente domanda, considerato anche che la filiera produttiva è sostanzialmente vulnerabile a possibili sofisticazioni e inquinamenti da fitofarmaci, il Corpo Forestale dello Stato (CFS)  ha ritenuto opportuno intervenire con apposita indagine investigativa denominata (“Ape Maia”), in collaborazione con il laboratorio ARPAM di Ascoli Piceno, al fine di verificare la conformità dell’alimento alle vigenti normative. 

ABSTRACT:
The quality of beehive’s production: wax, propolis, traditional and biological honey
Honey has an high nutritive value. Its main elements are fructose, glucose, water, organic acids, mineral salts, enzymes and aromas. Its consumption is widespread, even among children and old people and its production is controlled by the National Health Service.
Given high quantities of honey sold and vulnerability of production chain to adulteration and poisoning from plant protection products, the Italian Forestry Service started an investigation called  Ape Maiain collaboration with the Regional Agency for Environment Protection of Ascoli Piceno in order to test the product’s compliance with the law.

 
 

#PremessaPremessa

Il miele viene prodotto in tutti i continenti del globo.
L’uomo lo utilizza da circa 12.000 anni, ma è dal 2400 a.c. che ha sviluppato l’apicoltura e soltanto dalla seconda metà del 1800 che si è avuta una forte evoluzione nella produzione del miele con l’invenzione dei favi mobili, dei fogli cerei e dello smielatore centrifugo.
Il miele è un alimento di elevato valore nutritivo. I componenti principali sono: fruttosio, glucosio, acqua, acidi organici, sali minerali, enzimi e aromi.
È un alimento largamente consumato anche dalle fasce più vulnerabili, bambini e anziani e, come tutti gli altri alimenti, è soggetto a controllo da parte del Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Vista la sua presenza sul mercato sempre più massiccia per soddisfare la crescente domanda, considerato anche che la filiera produttiva è sostanzialmente vulnerabile a possibili sofisticazioni e inquinamenti da fitofarmaci, il Corpo Forestale dello Stato (CFS)  ha ritenuto opportuno intervenire con apposita indagine investigativa denominata (“Ape Maia”), in collaborazione con il laboratorio ARPAM di Ascoli Piceno, al fine di verificare la conformità dell’alimento alle vigenti normative. 


 

L’operazione “APE MAIA” è partita nel gennaio 2008 da fonti riservate. Tali fonti indicavano un diffuso comportamento scorretto da parte di allevatori di api che incuranti delle direttive nazionali sperimentano tutto ciò che il commercio più o meno sommerso o camuffato offre loro, come per esempio gli acaricidi per la lotta alla Varroa (Varroa destructor),  malattia provocata da un acaro che infesta gli alveari.
Nel settembre 2008 si è venuti a conoscenza, da ulteriori indagini investigative, che molti apicoltori usano delle barrette di legno impregnate con sostanza acaricida, barrette di provenienza nazionale ed europea. Oppure usano fitofarmaci in polvere da posizionare in punti ben precisi dell’arnia. In entrambi i casi le api sono obbligate a venire in contatto con il principio attivo e se da un lato il contatto garantisce l’azione acaricida, dall’altro è responsabile del trasferimento del principio attivo stesso su tutte le parti dell’arnia frequentate dall’ape.
Per limitare la propagazione dell’acaricida sui prodotti dell’alveare, le operazioni di disinfezione vengono svolte in autunno e inverno, quando l’arnia è stata privata del “melario”, posizionando il prodotto fitosanitario

 

#L’alveareL’alveare

In figura è rappresentato uno dei tanti alveari presenti sulle colline del territorio marchigiano. Le arnie si trovano sul versante Sud di una collina del Piceno e sono state già private della copertura (tetto) durante la fase di rimozione del melario a fine estate.
Tutte le arnie rappresentate in figura sono composte da due parti essenziali, una superiore e l’altra inferiore: quella superiore è il melario, coperto dal coprifavo, quella inferiore è il corpo dell’alveare (nido)

 

Fig. 1                                                          Fig. 2


Fig. 1); alveare composto da 30 arnie
Fig. 2); arnia in cui possiamo distinguere, sopra il melario (cassetta scura) e sotto il nido (cassetta rossa).


 

#La colonia di apiLa colonia di api

L’arnia è occupata da una sola colonia di api, colonia composta  da un’unica regina, da molte operaie (femmine), da fuchi (maschi) e dalla covata (larve). Una colonia è composta da 30.000 a 70.000 individui.
L’ape regina proviene da un uovo uguale a quello da cui nasce l’ape operaia. La larva viene nutrita soltanto con pappa reale. Le regine nascono a primavera, la prima che nasce, appena uscita dalla celletta, uccide le altre più giovani presenti nell’arnia perché questa non può ospitare più di una colonia. Dopo una settimana dalla nascita intraprende il volo nuziale raggiungendo un punto del territorio dove si riuniscono i  fuchi del circondario e si accoppia con diversi maschi, in volo, fino a riempire il proprio ricettacolo seminale. Essendo i fuchi appartenenti a diversi alveari, ciò garantisce la mescolanza e la variabilità di geni.  I maschi che l’hanno fecondata moriranno poco dopo, gli altri non verranno più nutriti dalle api operaie e moriranno fuori dell’alveare per sfinimento. Il ruolo dei fuchi, nell’ambito della colonia, è terminato (1).
Le operaie nascono dalle uova deposte dalla regina. Dopo tre giorni l’uovo si schiude e la larva viene nutrita con pappa reale dalle operaie (la pappa reale è un liquido secreto dalle ghiandole faringee delle operaie giovani), poi con miscuglio di polline e miele. Dopo 10 giorni la larva completa la crescita e le operaie provvedono ad opercolare la celletta. Dodici giorni dopo, ventuno dalla deposizione, dalla celletta esce una giovane ape che inizia subito a lavorare.

i primi 10 giorni di vita li passa come nutrice delle larve all’interno dell’arnia, in quanto è in grado di secernere pappa reale dalle ghiandole faringee;
i secondi 10 giorni di vita, dal decimo al ventesimo, li passa prevalentemente come costruttrice di favi in quanto inizia a secernere cera, in sottili scaglie, dalle ghiandole situate nella parte ventrale dell’addome. In tale periodo svolge anche altre operazioni come la pulizia dell’arnia, la difesa dell’arnia stessa dai predatori e la regolazione della temperatura interna;
le ultime tre settimane di vita le passa come bottinatrice, ossia vola sul territorio per un raggio di 2 km per approvvigionarsi di nettare, polline, melata, propoli e acqua (1).

D’inverno l’ape operaia vive più a lungo perché c’è molto meno da fare rispetto a primavera ed estate.
I fuchi nascono in primavera e inizio estate. Sono più grossi delle operaie e privi di pungiglione. Non partecipano al lavoro dell’alveare, non possono nutrirsi a causa della lingua troppo corta e, per questo, dipendono interamente dalle operaie che provvedono a nutrirli. Escono dall’alveare raggruppandosi a volte in luoghi molto lontani.
Il loro ruolo è quello di fecondare le giovani regine provenienti da diversi alveari durante il volo nuziale (1).

 
Fig. 3 telaini del melario e del nido, il primo completo di favo, il secondo soltanto di foglio di cera saldato su supporto di fili metallici.

Il melario ha una altezza che è circa la metà di quella del nido, come può essere desunto osservando i telaini, in essi contenuti, mostrati in figura 3.
Nella fig.3, il telaino del melario contiene il favo parzialmente riempito di miele, mentre il telaino del nido contiene il foglio di cera reperito sul mercato e saldato sui supporti, ben visibili, di filo di ferro. Quest’ultimo telaino è pronto per essere riposto nel nido dell’alveare dove le api lo completano costruendo il favo, ovvero le cellette su entrambi i lati.
Nel melario le api immagazzinano il miele prodotto in eccesso, ossia una volta riempiti i favi del nido. Infatti, nel nido vengono conservate le riserve di cibo  necessarie per svernare.  Il nido è il magazzino delle provviste e il luogo della riproduzione, in quanto vi vengono depositate le uova, i pollini e la pappa reale che serve a nutrire le larve  e l’ape regina. Tutto ciò che è depositato nel nido appartiene alle api.

 
 
 
Fig. 4 telaino del nido in cui sono ben visibili cellette opercolate contenenti miele e larve
 

Nella figura 4 è riportato un telaino del nido in cui si osservano parti di favo contenente miele (parte superiore), parti di favo con cellette vuote e parti contenenti larve (parte centrale).

#La propoliLa propoli

La propoli è costituita per il 50-55% da resine, per il 25 % da cera e per il 10 % da sostanze volatili. Viene prelevata dalle api,  prevalentemente sui fusti degli alberi scalfiti e sulle gemme, per chiudere fessure createsi all’interno dell’arnia o piccole aperture che comunicano direttamente con l’esterno, al fine di conservare il microclima interno (temperatura, umidità) e scongiurare l’invasione da parte di insetti o predatori dell’arnia e dei suoi prodotti.
Nella  fig.5, per esempio, è riportato un melario dove è ben visibile un cordone di propoli che serviva a saldare le pareti del melario con il sovrastante coprifavo ed eliminare così ogni fessura comunicante con l’esterno.
La propoli grezza si ricava dal raschiamento (pulizia) delle superfici interne dell’arnia, compreso i telaini.
Il colore della propoli dipende dalla provenienza;

giallo verde;      pini,
rossastra;          pioppi,
nera                  betulla

La propoli di fig. 6, per esempio, proviene prevalentemente dai pini.
Nella  fig.6 è raffigurata, invece, la propoli prelevata sulle parti di legno dei telaini, del melario e del nido.
Tra le proprietà terapeutiche elenchiamo in ordine di importanza quella batteriostatica e battericida, fungicida, antivirale, cicatrizzante e antiossidante.
La propoli può essere assunta tal quale in polvere o in soluzione idroalcolica al 70%.

 

Fig. 5                                                    Fig. 6


Fig.5 propoli grezza presente sul bordo superiore del melario per fare tenuta con il coprifavo
Fig.6 propoli grezza raschiata con una spatola d’acciaio sulla struttura interna dell’arnia e sulle parti in legno dei telaini.


 
Fig.7 favo del melario carico di miele con le cellette chiuse dall’opercolo
 
 

Fig. 8                                                       Fig. 9


Fig. 8 le cellette vengono liberate dell’opercolo tramite una lama di acciaio
Fig. 9 telaino del melario pronto per essere centrifugato.


 

Il miele viene recuperato dal favo per centrifugazione previa rimozione degli opercoli con lama di acciaio, come mostrato nella fig. 8).
Si ottiene un telaino grondante di miele come mostrato nella fig. 9.
I telaini così preparati vengono disposti nella centrifuga elettrica di acciaio inox e centrifugati per circa 10 ‘.

 

Fig.  10                    Fig. 11


Fig.10 disposizione dei telaini carichi di miele in centrifuga elettrica per il recupero del miele
Fig.11 centrifuga elettrica in funzione


 

Fig. 12                                                                             Fig. 13


Fig.12 favo del melario dopo il prelievo del miele per centrifugazione .
Fig.13 trasferimento e stoccaggio del miele centrifugato in contenitori di acciaio inox.


 

Dopo centrifugazione il favo del telaino si presenta con le cellette del favo completamente vuote, come rappresentato nella figura 12). Il telaino è pronto per essere ricollocato nel melario e utilizzato di nuovamente dalle api.
Il miele prelevato dal melario viene filtrato con setaccio di acciaio a maglie strette e raccolto in secchio di acciaio inox per essere trasferito, tramite pompa, in contenitori di 100 o 200 litri, anch’essi di acciaio inox. (fig. 13).

 
Fig. 14 confezioni di miele di diverso tipo.
 

Dal contenitore, munito di rubinetto, il miele viene recuperato per caduta e confezionato in appositi vasi di vetro, da 0,5 kg o 1 kg, per essere consumato in famiglia oppure immesso sul mercato

 

#Trattamento dell’arnia contro la varroaTrattamento dell’arnia contro la varroa

Fig. 15 parte dell’alveare (nido) dove vengono posti i prodotti fitosanitari (barrette verdi) per la lotta contro la Varroa delle api.

A fine estate, il melario viene tolto perché non c’è produzione e questo è il periodo migliore per effettuare eventuali trattamenti contro la Varroa, inserendo nel nido i prodotti medicamentosi, come rappresentato nella fig. 15).
I prodotti fitosanitari di cui sopra vengono rimossi nel mese di febbraio o marzo dell’anno successivo, quando viene ricomposta l’arnia con il melario per raccogliere il nettare delle prime fioriture.
Quindi, sulla base di quanto finora premesso, si può senz’altro ipotizzare che i quantitativi di fitofarmaci trasferiti nel melario sono praticamente irrisori rispetto a quelli che possono interessare il nido.

 
 

#La ceraLa cera

Come accennato in premessa, al paragrafo “la colonia di api”, la cera viene secreta dalle api e rappresenta la materia prima per costruire i favi. Essa è costituita prevalentemente da esteri di acidi grassi con alcoli superiori (grassi) e da circa 15% di idrocarburi. Contiene anche acidi grassi liberi e alcoli superiori.
Un sottoprodotto dell’arnia è la cera grezza. Essa proviene soprattutto dalle operazioni di smielatura, ovvero dalla centrifugazione dei telaini carichi di miele, ed è costituita prevalentemente da cera proveniente dai favi rovinati, da tracce di miele e da parti anatomiche delle api.
La cera grezza viene fusa con l’ausilio della temperatura (fonde a 62-65°C), separata dalle impurità (miele e parti anatomiche delle api) e reinserita sul mercato sottoforma di pani in cambio di fogli pronti all’uso.
Nella cera riciclata è presente anche quella maggiormente contaminata  proveniente dai telaini del nido rinnovati. Ovviamente, anche la propoli ricavata dalla struttura del nido presenta un tenore di fitofarmaci più elevato di quello riscontrabile nella propoli del melario.
Tali fogli di cera vengono tagliati su misura e posti sullo scheletro di fili metallici del telaino, come mostrato nella figura 3).

 

Fig. 16                                           Fig. 17


Fig 16 pani di ceragrezza prodotta dall’apicultore einserita sul mercato.
Fig 17 foglio di cera,reperibile sul mercato, predisposto per costruire le cellette, ottenuto incambio della cera grezza.


 
Fig. 18 telaino in cui è possibile osservare un favo (promiscuo) costruito su fogli di cera predisposti e favo (vergine) costruito interamente su legno del telaino.

Sui fogli di cera pronti per l’uso sono già stampigliate in rilievo, su entrambe le facce, le basi esagonali su cui le api  innalzano le pareti laterali per costruire le cellette. Si ottiene cosi il favo, interamente di cera, di cui però, una parte (cera riciclata) costituisce la base di ogni celletta, un’altra parte (cera vergine)  le pareti delle stesse cellette. Un favo così costituito lo denominiamo “promiscuo” per differenziarlo da un favo “vergine” interamente costruito dalle api, come mostrato nella figura 18.  
Nella figura è possibile notare che le cellette del favo “promiscuo” sono visibilmente più piccole delle cellette del favo “vergine” costruito sul legno del telaino. Questa differenza scaturisce sicuramente da qualche economicità praticata dalle api, di difficile individuazione. Forse, a parità di superficie occupata, il favo con  le cellette più grandi contiene più miele e meno cera rispetto al favo con cellette più piccole. Ciò rappresenterebbe sicuramente un vantaggio per le api che hanno bisogno di circa 1 kg di miele per produrre 100 grammi di cera. Questo , d’altra parte, è il motivo principale per cui l’apicoltore ricorre all’utilizzo dei fogli cerei prestampati per avere un ritorno conveniente in produzione di miele.

 
 

#Parte sperimentaleParte sperimentale

Sono stati analizzati complessivamente 130 campioni (miele, cera, propoli, favo e pappa reale) presentati dal Corpo Forestale dello Stato (CFS), prelevati sul territorio della Regione Marche e su quello nazionale, finalizzati alla determinazione dei fitofarmaci.
Per l’analisi del miele, come accennato sopra, si è fatto riferimento ad una procedura analitica adottata dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), mentre  per la determinazione degli stessi fitofarmaci nella cera, nel propoli e negli altri prodotti si è fatto riferimento ad un metodo analitico interno, sufficientemente collaudato e rispondente ai requisiti tecnici per le analisi su matrice alimentare, anche se la cera non lo è.

 

Analisi dei campioni
Dei 110 campioni analizzati,

48 sono di miele
23 di propoli, di cui 3 costituiti da prodotto naturale, 11 “perle” e 9 soluzioni idroalcoliche, questi ultimi sono preparati a base di propoli.
35 di cera
3 di pappa reale
21di favo

Sui campioni di miele sono stati determinatii seguenti principi attivi:

 
1) -AZINPHOS METHYL;

1) AZINPHOS METHYL;
2) AZINPHOS ETHYL;
3) CHLORPYRIFOS METHYL;
4) CHLORPYRIFOS;
5) DIAZINON;
6) ETHION;
7) METHIDATHION
8) PARATHION;
9) PIRIMIPHOS METHYL;
10) PIRIMIPHOS ETHYL;
11) CHLORFENVINFOS;
12) COUMAPHOS;
13) FLUVALINATE.

 
 

miele

La procedura analitica adottata prevede la purificazione del miele (circa 10 gr) prima  su cartuccia di extralut, poi su cartuccia di gel di silice da 3 ml ed infine l’iniezione del campione al gas cromatografo con colonne capillari e rivelatori specifici di azoto, fosforo e alogeni, elementi, questi, che caratterizzano la struttura chimica dei composti ricercati, come si può desumere dalle formule di struttura riportate sopra.

Fig. 19 tracciato gas cromatografico relativo ad uno standard di fitofarmaci iniettato al gas cromatografo provvisto di rivelatori specifici all’azoto e al fosforo Legenda: R = ronnel = Standard Interno (S.I.); 11) 1,2 e 2,4 clorfenvinfos 40 μg/L; 12) coumafos 44,6 μg/L; 13) fluvalinate 148 μg/L

Di seguito si riportano due tracciati gas cromatografici, il primo di uno standard di fitofarmaci, clorfenvinfos e coumafos e fluvalinate, il secondo di un campione di miele risultato positivo per la presenza dei primi due fitofarmaci.
Il clorfenvinfos standard e quello presente in commercio sono costituiti da una miscela di isomeri, cis e trans clorfenvinfos, il primo è circa il 10 % del secondo. Nel tracciato gas cromatografico di figura 19 sono visibili i picchi dei due isomeri, quello a più bassa concentrazione eluisce prima dell’altro e si trova più vicino al ronnel (R). Il fluvalinate, appena visibile nel tracciato, viene determinato con rivelatore specifico ECD, molto sensibile, posto in parallelo all’NPD, tramite derivazione della colonna nella parte terminale.
La concentrazione di 40 μg/L di principio attivo nel campione finale iniettato al gas cromatografo corrisponde a 4 μg dello stesso principio attivo presente in un kg di miele.

 
Fig 20 tracciato gas cromatografico relativo ad un campione di miele risultato positivo per la presenza di clorfenvinfos e coumaphos. Per l’identificazione dei picchi si veda fig. 19).

La presenza dell’isomero a più bassa concentrazione del clorfenvinfos, appena individuabile nel tracciato della fig. 20, e il rapporto con l’isomero a più alta concentrazione, rappresentano una garanzia che trattasi proprio di tale sostanza.
I principi attivi riscontrati sui campioni di cera , di favo e di propoli sono gli stessi: chlorfenvinfos e il coumaphos che, come detto prima, corrispondono a quelli più comunemente utilizzati in apicoltura, pur non essendo consentiti, per combattere la Varroa.

 
 

cera e favo

Per quanto riguarda la cera e il favo, il metodo interno prevede ladissoluzione del campione (circa 350 mg) in 35 ml di cicloesano, aiutandosi conbagno ad ultrasuoni e con frequenti agitazioni manuali.
Descrizione del campione:

Favo prelevato dal nido dell’alveare e contenente eventuali residui organici di api e di miele. Tre quadratini di 20 cm2, per un totale di 60 cm 2, in modo da avere un campione rappresentativo con le rispettive aliquote da conservare in caso di campione ufficiale.
fogli di cera già predisposti per l’utilizzo nell’arnia.

 

Procedura semplificata (1):

 

2, 3 grammi di campione vengono sminuzzati sul fondo di un becher da 50 ml, si aggiunge acqua distillata e si lascia diffondere eventuali residui di miele presenti;
a 0,5 grammi di campione, esattamente pesati, si aggiungono 5 µl di Standard Interno (R o S.I.)  e si trasferisce il tutto in cilindro o matraccio da 50 ml
si aggiungono 50 ml di cicloesano,  si agita manualmente e, se necessario, si sonifica per 5’ fino a completa dissoluzione della cera;
35 ml di soluzione cicloesanica si estraggono con DMSO,
retro estrazione del DMSO, a cui è stata aggiunta acqua nel rapporto 1:2, con cicloesano,
evaporazione della soluzione cicloesanica a circa 1 ml con evaporatore rotante,
caricamento su cartuccia di gel di silice da 3 ml -
eluizione con 3 ml di etere etilico,
si riprende con 1 ml di etile acetato dopo evaporazione a secco sotto flusso di azoto,
iniezione al gas cromatografo, rivelatore azoto e fosforo (NPD) e/o selezione di massa per eventuale conferma.

I campioni preparati, se ritenuto necessario, sono stati analizzati, per la conferma del dato, al gas cromatografo con rivelatore a selezione di massa, con modalità SIM, alle seguenti condizioni operative:

gas cromatografo della dittaFinnigan Trace GC ULTRA
temperatura iniettore 300° C
temperatura trasfer line 280° C
temperatura della sorgente 250°C
Acquisizione frammenti analitici

 
 

Fig. 21                                         Fig. 22


Fig 21 tracciato gas cromatografico relativo ad un foglio di cera riciclata acquistato a Piacenza risultato positivo per la presenza dei fitofarmaci, clorfenvinfos e coumaphos.
Perl’identificazione dei picchi si veda fig.19).
Fig 22 tracciato gas cromatografico relativo ad un campione di FAVO risultato positivo per la presenza di clorfenvinfos ecoumaphos.
Per l’identificazione dei picchi si veda fig. 19).


 

Per quanto riguarda, invece, la propoli, l’analisi prevede due procedure analitiche molto simili, diverse soltanto nella procedura di estrazione iniziale che dipende dalla tipologia del preparato alimentare da analizzare;

1) perle gelatinose a base di propoli

Descrizione del campione
Il campione analizzato è costituito da perle molli al tatto, del peso di circa 1 grammo ciascuna, di cu i0,4 grammi di involucro gommoso e 0,6 grammi di contenuto oleoso.
La procedura analitica semplificata è la seguente:

1 grammo di campione (1perla)
la perla viene sminuzzata dentro a un becher da 50 ml, si aggiunge lo Standard Interno (S.I.) e 10 ml di cicloesano,
si estrae agli ultrasuoni per 10’,
si ripete l’estrazione altre due volte con 10 ml ciascuna di cicloesano,
le soluzioni cicloesaniche riunite si estraggono con DMSO,
si continua seguendo la procedura analitica per l’analisi della cera e del favo.

2) soluzione idroalcolica a base di propoli

Descrizione del campione
Prodotto confezionato in flacone di vetro scuro, capacità 20 ml, con tappo a vite e contagocce incorporato. Il campione analizzato è liquido di colore marrone scuro (soluzione idroalcolica, circa 70 % di alcol etilico) avente in sospensione piccole particelle di materiale dello stesso colore.
La procedura analitica semplificata è la seguente:

0,1 ml di campione + Standard Interno (S.I.)
caricamento su cartuccia di gel di silice da 3 ml
si continua seguendo la procedura analitica per l’analisi della cera e del favo riprendendo dalla purificazione per TLC.

 

Il risultato finale è stato ottenuto senza tenere conto del recupero che, in ogni caso, è risultato essere pressoché totale.

Il valore di concentrazione di 10 µg/kg, per il clorfenvinfos, è considerato dalla vigente normativa come valore di default, ossia valore di concentrazione derivante dal fondo naturale, pari al limite inferiore di determinazione analitica.
Il limite di quantificazione della procedura analitica adottata è di 0,1 µg/kg (cento volte inferiore al limite di default) eseguendo la determinazione strumentale per gas cromatografia con rivelatori specifici di azoto e fosforo.

 

Come per la cera e il favo, i tracciati gas cromatografici dei due campioni a base di propoli, la soluzione idroalcolica e le perle masticabili, risultati positivi, presentano tracciati gas cromatografici sovrapponibili in cui svettano i picchi relativi al clorfenvinfos e al coumaphos, come mostrato nella figura 23.

 

Fig. 23                                       Fig. 24


Fig 23 tracciato gas cromatografico relativo ad un campione di soluzione idroalcolica a base di propoli risultato positivo per la presenza dei fitofarmaci, clorfenvinfos e coumaphos Per l’identificazione dei picchi si veda fig. 19)
Fig 24 tracciato gas cromatografico relativo ad una soluzione standard 250µg/L di clorfenvinfos e 510 µg/L di coumaphos. Per l’identificazione dei picchi si veda fig. 19).


 

Analizzando campioni di propoli per via gas cromatografica si è notato che nell’ambito di una sessione analitica i tracciati gas cromatografici degli standard iniettati erano del tutto differenti da quelli dei campioni, almeno a giudicare dalla simmetria e dall’abbondanza del picco relativo allo std interno.  In particolare il tracciato gas cromatografico relativo allo standard di 250 µg/L di clorfenvinfos e 510  µg/L coumaphos, si presentava inservibile per l’analisi quantitativa anche perché il clorfinvinfos e il coumaphos non risultavano rilevabili, come mostrato nel tracciato gas cromatografico di fig. 24.
È probabile che la differenza di risposta tra lo STD e i campioni sia dovuta alla presenza nelle parti iniziali del sistema gas cromatografico di siti attivi che trattengono gli analiti e lo S.I. per un tempo così lungo da alterare irrimediabilmente la geometria dei picchi e la loro corretta rivelazione. Al fine di evitare le frequenti manutenzioni di pulizia dell’iniettore e la sostituzione della precolonna gas cromatografica, si è pensato di aggiungere, ad ogni ml di soluzione standard e di campione, 10 µl di estratto di propoli purificato esente da clorfenvinfos e coumaphos.

Fig 25 tracciato gas cromatografico relativo ad una soluzione standard 250 µg/L di clorfenvinfos e 510 µg/L di coumaphos di fig. 24, a cui sono stati aggiunti 10 µl di soluzione purificata di propoli Per l’identificazione dei picchi si veda fig. 19).

Allo stesso STD di fig. 24, sono stati aggiunti 10 µl di soluzione di propoli purificata ottenendo il tracciato gas cromatografico riportato nella fig. 25
La differenza tra i due tracciati gas cromatografici è veramente sorprendente e la spiegazione data è la seguente: la soluzione di propoli purificata contiene sostanze in grado di competere con gli analiti nell’occupare i siti attivi presenti nella camera di iniezione e nella precolonna. Un tenore elevato di tali sostanze fa in modo che all’atto dell’iniezione non restino siti attivi liberi in grado di interagire con gli analiti ricercati, i quali possono essere così correttamente cromatografati.
L’aggiunta di 10 µl di estratto purificato di propoli vergine è stata effettuata sia  allo STD che ai campioni, per coerenza procedurale e per il fatto che i campioni sono purificati quasi ad omogeneità.

 
 

#Risultati e discussioneRisultati e discussione

Miele

L’indagine è iniziata sottoponendo ad analisi 17 campioni di miele tradizionali di vario tipo e provenienza reperiti sul mercato locale e, come detto prima, determinando i principi attivi più significativi impiegati in agricoltura e nella lotta contro la Varroa.
I risultati ottenuti sono raccolti nel seguente prospetto.

Tab.A; valori di concentrazione dei fitofarmaci riscontrati nei campioni di miele


 
 

Per facilitarne la lettura i dati vengono rappresentati nell’istogramma di fig. 26)

 
.Fig. 26 valori di concentrazione di clorfenvifos e coumafos riscontrati nei campioni di miele esaminati

Dalla valutazione dei dati riportati in tabella si evince che solo due principi attivi sono stati riscontrati nel miele analizzato, il coumaphos, in 16 campioni su 17 e il chlorfenvinfos, soltanto su due campioni. Occorre far presente, tuttavia, che le concentrazioni dei principi attivi riscontrate sono tutte al di sotto dei 10 µg/kg, per cui i campioni analizzati risultano tutti conformi alla vigente normativa.
In tutti i campioni di miele esaminati non è stata evidenziata la presenza di residui di fitofarmaci normalmente utilizzati in agricoltura nel trattamento delle colture orto frutticole in concentrazione uguale o superiore al limite di quantificazione della procedura analitica adottata (0,1 µg/kg). Ciò lascia ipotizzare che il trattamento delle colture orto frutticole con fitofarmaci non rappresenti un pericolo di contaminazione consistente per il miele tradizionale che, sotto questo punto di vista, è da considerarsi alimento sicuro.
L’affidabilità del dato, ancorché a basse concentrazioni, valutata in termini di ripetibilità e sensibilità, ha permesso l’approfondimento dell’indagine su altra matrice legata alla produzione del miele, sulla base di due interessanti deduzioni:

 
 

iil campione risultato negativo alla determinazione del coumaphos è un miele biologico prelevato sul mercato, campione 25/AL;
il coumaphos è stato rilevato, sia pure in modeste concentrazioni, in quattro campioni di miele provenienti da alveari sicuramente non trattati con tale principio attivo; campioni n. 9/AL; 16/AL; 21/AL e 24/AL.

 

Con l’intento di individuare per tali campioni di miele la fonte di contaminazione da coumaphos, l’indagine è stata estesa alle operazioni di manutenzione delle arnie e alle fasi produttive del miele. Così facendo, è stata individuata una possibile criticità nel ricircolo della cera ricavata nella fase finale di smielatura.
I diversi apicoltori interpellati hanno dichiarato di raccogliere i favi rovinatisi con le operazioni di smielatura, di fonderli con il calore in pani di cera grezza e consegnarli ai vari consorzi apistici locali per ricevere in cambio un corrispondente quantitativo di cera già confezionata in fogli pronti per essere utilizzati nell’arnia.
Sulla base dei risultati ottenuti, è stato ipotizzato che la cera riciclata e trasformata in fogli pronti all’uso fosse contaminata da principi attiv iutilizzati dai vari apicoltori del centro Italia nella lotta contro la Varroa.

 

Favo e cera

Sono stati analizzati 4 diverse tipologie di cera in fogli forniti, in parte da apicoltori locali, in parte acquistati sul mercato nazionale.
I dati analitici ottenuti sono raccolti nella seguente tabella:

 
Data
prelievo
Tipologia cera
Prot.
chlorfenvifos μg/kg
Coumaphos μg/kg
fluvalinate μg/kg
note
24.08.09
cera in fogli
30/AS
280
1500
280
Acquistata da rivenditore locale
24.08.09
cera in fogli
29/AS
220
3000
270
Acquistata alla fiera apistica di Piacenza
24.08.09
cera in fogli
28/AS
70
290
320
cera certificata*
24.08.09
cera melario
31/AS
<>
10
<>
Cera vergine di api

* la cera certificata si differenzia da quella comune perché sottoposta a ciclo di sterilizzazione per effetto della temperatura (autoclave).


I dati raccolti in tabella comprovano l’ipotesi formulata, per cui la cera confezionata in fogli reperibile sul mercato locale e nazionale risulta contaminata almeno da tre principi attivi utilizzati dagli apicoltori nella lotta contro la Varroa, il chlorfenvinfos, il coumaphos e il fluvalinate.
Il clorfenvinfos e il coumaphos riscontrati nei fogli di cera sono presenti a livelli di concentrazione variabili a seconda delle zone di raccolta.
La cera vergine di api presenta un tracciato gas cromatografico perfettamente piatto, ossia privo di picchi relativi ai suddetti principi attivi.
Il foglio di cera certificata, rispetto agli altri normali, è risultato sensibilmente meno contaminato da coumaphos e chlorfenvinfos, in quanto si riferisce ad una partita di cera contenente solo fluvalinate.
A questo punto, constatata la presenza sul mercato di fogli di cera pronti all’uso, contaminati da coumaphos e clorfenvinfos, vengono spontanee le seguenti domande:

 

1) qual è il meccanismo di contaminazione del miele?

2) gli altri prodotti dell’alveare, quali la propoli e la pappa reale, sono anch’essi contaminati dagli stessi principi attivi?

 
Tab. C contenuto di fitofarmaci nelle basi e nelle pareti delle cellette che costituiscono il favo del nido.
 
 

Il passaggio dei principi attivi dalla cera al miele sembra avvenire soprattutto per diffusione attraverso le superfici a contatto.
Nella fatti specie, nel favo, tra la cera che costituisce la base esagonale della celletta (base formata dal foglio contaminato) e il miele contenuto nella celletta stessa. Anzi, occorre sottolineare che i processi di contaminazione avvengono tra tutta la cera che costituisce la celletta (base più pareti) e il miele ivi contenuto.
Infatti, sono state effettuate prove su cinque campioni di favo analizzando, previa separazione tramite pinzette e bisturi, sia il foglio di cera riciclata che le pareti di cera vergine delle cellette. I risultati ottenuti hanno dimostrato senza alcun dubbio che i principi attivi presenti nel foglio di cera riciclata, col tempo, diffondono per contatto nella cera vergine delle pareti della celletta e nell’opercolo, fino a quando la concentrazione non è pressoché uniforme su tutta la cera del favo.
Altre prove hanno evidenziato che il favo vergine costruito dalle api sul telaino del melario per riparare un danno su quello promiscuo già esistente, è risultato anch’esso contaminato a livelli pressoché uguali. In pratica, il contatto tra il favo vergine e quello promiscuo assicura la diffusione dei contaminanti, sia pure lenta, dal secondo verso il primo fino all’annullamento di qualsiasi gradiente di concentrazione esistente nell’intero favo.
Benché non sia supportato da prove mirate su un numero adeguato di campioni, risulta che la concentrazione del coumaphos riscontrata nel favo contaminato è di tre ordini di grandezza (103) superiore a quella riscontrata nel miele con cui è venuto a contatto. Questo vuol dire che se nella cera è presente coumaphos alla concentrazione di 1000 µg/kg, nel miele ne riscontriamo circa 1 µg/kg.

 

Propoli

Il meccanismo di contaminazione della propoli e della pappa reale è praticamente identico a quello della cera, ossia è dovuto al trasferimento dei principi attivi, dal punto di applicazione a tutte le parti dell’arnia, per mezzo delle api stesse.
Al fine di verificare la presenza sul mercato di preparati alimentari contaminati, sono stati effettuati dagli agenti del CFS prelievi mirati di prodotti a base di propoli. I risultati sono riportati nel seguente prospetto:

 
Tab. D valori di concentrazione di alcuni principi attivi di fitofarmaci riscontrati in tre preparati alimentari a base di propoli.
 
 

Alla luce dei risultati ottenuti è emerso un problema di ordine prettamente sanitario dovuto alla propoli contaminata immessa sul mercato per fini medicamentosi e alimentari.
A seguito delle segnalazioni di non conformità dei prodotti analizzati, grazie all’azione investigativa del CFS, sono state ritirate dal mercato nazionale migliaia di preparati alimentari con grande sorpresa dei produttori di propoli,  dei produttori di preparati alimentari a base di propoli, dei laboratori di controllo e, soprattutto, dei consumatori.
Dai risultati finora ottenuti è possibile stabilire che quando il miele risulta positivo all’analisi chimica strumentale per la presenza di clorfinvinfos e/o di coumaphos rispettivamente alle concentrazioni, assolutamente compatibili con i valori di legge, inferiori a 0,01 mg/kg e 0,10 mg/kg (rispettivamente Quindi, benché il chlorfenvinfos  e il coumaphos siano rivelabili nel miele nei limiti tollerati dalla vigente normativa, in base ai risultati dell’indagine effettuata, essi possono essere considerati utili indicatori di qualità della cera impiegata nell’arnia o indicatori di operazioni sanificatrici effettuate con principi attivi non consentiti.

 

Pappa Reale

Analisi effettuate su tre campioni di “pappa reale” hanno dato esito negativo. È probabile che la pappa reale non sia contaminata a causa del breve tempo di esposizione dovuto al suo veloce ricambio, ovvero al sua  continua produzione e consumo per alimentare regina e larve.
Di fronte a tale quadro analitico, l’attenzione si è spostata  sulla produzione di miele biologico, settore importante da controllare, sia per tutelare i consumatori che per i risvolti economici che tale pratica implica.

 

Miele biologico

La pratica nella produzione di miele biologico impone l’uso di cera rispondente a caratteristiche di qualità come da Regolamento CEE 2092/91 e da disciplinare di settore.
Dai dati finora in possesso è risultato che l’unico campione di miele analizzato, dichiarato biologico, sia stato prodotto correttamente, per lo meno non sono stati utilizzati fogli di cera contaminata, come nella produzione di miele tradizionale. In tale campione di miele non si riscontrava, infatti, la presenza di chlorfenvinfos, né di coumaphos in concentrazioni superiori ai rispettivi limiti di determinazione della procedura analitica adottata (0,1 μg/kg).
Al fine di dare supporto statistico a tale risultato, sono stati prelevati dal CFS, su tutto il territorio nazionale, 31 campioni di miele biologico proprio per la ricerca del clorfenvinfos e del coumaphos:

 

I risultati ottenuti sono riportati nel seguente prospetto:

 
Tab.F valori di concentrazione dei fitofarmaci riscontrati nei campioni di miele biologico.
 
 

I dati riassunti in tabella possono essere rappresentati tramite istogramma di fig.27, per facilitarne la lettura.

 
 

Dalla valutazione dei dati riportati in tabella e rappresentati in figura si evince che sedici campioni di miele biologico dei 31 analizzati risultano contenere fitofarmaci, sia pure largamente al di sotto dei rispettivi valori di concentrazione massimi ammissibili.
Sei campioni di miele risultano contenere entrambi i principi attivi, coumaphos e chlorfenvinfos, dieci campioni soltanto di coumaphos, mentre quindici campioni sono esenti da tali principi attivi.
Sulla base dei risultati ottenuti nella presente indagine e sulla base delle ipotesi formulate, i favi corrispondenti ai sedici campioni di miele di cui sopra dovrebbero risultare contaminati da coumaphos e/o chlorfenvinfos in concentrazione anche superiore a quella ammessa dal disciplinare di settore. Il favo corrispondente al miele n  1, per esempio, dovrebbe risultare contaminato da coumaphos in concentrazione circa mille volte superiore, mentre i favi corrispondenti ai campioni di miele  prot. n. 2 e 3 dovrebbero risultare contaminati anche da chlorfenvinfos  oltre che da coumaphos.
L’indagine è proseguita con lo scopo di verificare quanto sopra supposto e, in caso di riscontro positivo, fornire uno strumento utile agli enti controllori nell’individuazione di frodi merceologiche nel campo dei mieli biologici.
In data 04.08.2011 sono stati prelevati dagli agenti del CFS sette campioni di favo nelle arnie  di ditte produttrici di miele biologico, lo stesso miele biologico già prelevato sul mercato e sottoposto ad analisi di laboratorio.
Tutti i favi sono stati prelevati nel nido dell’arnia.

 

I risultati ottenuti sono riportati nel seguente prospetto

 
Tab.G; valori di concentrazione dei fitofarmaci riscontrati nei campioni di favo

Dalla valutazione dei dati riportati in tabella e dalla interpretazione dei rispettivi tracciati gas cromatografici si evince che tre campioni di favo dei sette analizzati risultano contenere principi attivi di fitofarmaci (acaricidi) in concentrazione superiore ai rispettivi limiti critici indicati al punto 2) del Regolamento CEE 2092/91 “Caratteristiche Analitiche dei Prodotti Da Agricoltura Biologica”.
I risultati ottenuti sono in sintonia con i dati dei corrispondenti mieli biologici analizzati e cioè: il favo prot.  17/AS  risulta contaminato sia da clorfenvifos che da coumaphos  in concentrazione rispettivamente di 130 μg/kg e 1.640 μg/kg, entrambe superiori a quelle ammesse dal Regolamento CEE di cui sopra, rispettivamente 10 μg/kg e 200 μg/kg.
I favi 19/AS e 24/AS risultano contaminati da clorfenvifos al livello di concentrazione di 320 μg/kg, superiore ai limiti consentiti e da coumaphos in concentrazione al limite tabellare di cui al sopraccitato regolamento.
Tutti gli altri campioni di favo risultano conformi allo “standard di prodotto” richiesto per la  pratica biologica. In questo caso i mieli biologici corrispondenti non risultano contaminati, ossia non contengono i due principi attivi in concentrazione superiore ai corrispondenti limiti di determinazione della procedura adottata.

 
 

#ConclusioniConclusioni

L’operazione “APE MAIA”, avviata quattro anni fa dal Corpo Forestale dello Stato con la collaborazione del Dipartimento ARPAM di Ascoli Piceno, avente lo scopo di reprimere l’utilizzo, da parte degli apicoltori, di fitofarmaci non consentiti nella lotta contro la “Varroa” delle api e, nel contempo, verificare la conformità dei prodotti dell’alveare alla vigente normativa, ha dato ottimi risultati sia per quanto riguarda la rivelazione di frodi sanitarie che merceologiche, con notevole vantaggio per il consumatore.
Riguardo alle prime, sono state ritirate dal mercato nazionale migliaia di confezioni di preparati (perle e soluzioni idroalcoliche) a base di propoli contaminata da clorfenvinfos e il coumaphos in concentrazione al di sopra dei rispettivi limiti di accettabilità.
Riguardo alle seconde, grazie alla versatilità della procedura analitica adottata, nonché agli approfondimenti analitici e investigativi effettuati, è stato possibile scoprire che sul mercato nazionale girano fogli di cera pronti all’uso contaminati dagli stessi principi attivi, clorfenvinfos e il coumaphos, al livello di concentrazione di qualche mg/kg.
Inoltre, è stato possibile stabilire che la presenza nel miele biologico di una frazione di μg/kg di uno dei fitofarmaci di cui sopra, ci rivela  che almeno una fase della filiera di produzione del miele biologico non è stata condotta correttamente. In altre parole, la presenza nel miele di fitofarmaci non consentiti nella lotta contro la varroa rappresenta un indicatore sicuro che il miele è venuto in contatto con cera contaminata a livelli di concentrazione non consentiti dai disciplinari di settore e dal regolamento CEE 2092/91 “Caratteristiche Analitiche dei Prodotti Da Agricoltura Biologica”.
I risultati delle analisi del favo prelevato nel nido rappresentano la prova incontrovertibile della violazione commessa, che può configurarsi nell’aver usato fogli di cera contaminati (vietato dal disciplinare di settore) o, peggio ancora, che è stata praticata la disinfezione dell’arnia con prodotti fitosanitari non consentiti dal Regolamento UE.

 

#BibliografiaBibliografia

1) Apicolture 2000
2) G. Amendola; P. Pelosi;I.L. Cataldi; E. Gregori and R. Dommarco.“Multiresiduedetermination of pesticides in honey” ;European Pesticide Residues Workshop; May 21-25. 2006, Corfu Grece.
3) Gianluca Baiocchi;Ernesto Corradetti; Maritza Mirti; Silvana Celani; Piergiorgio Ceccarelli; Ines Petrucci. BEA il bollettino degli Esperti Ambientali. ”Analisi multi residuo degli oli vegetali prelevati sul territorio e sul mercato della Regione Marche”; 2013/1 p. 31.