Comparando i dati sopra esposti scaturisce molto chiaramente un’importante considerazione: se da un lato appare evidente che l’agricoltura italiana rappresenti una risorsa molto importante per il nostro Paese e per l’Unione Europea, dall’altro si desume anche come tale incidenza economica non si debba misurare tanto sul piano quantitativo (dove Stati come la Spagna, l’abbiamo visto, risultano di gran lunga più produttivi), quanto su quello qualitativo.
A questo proposito, un recente studio pubblicato il 4 marzo 2013 dalla Commissione di Bruxelles ha aggiornato la stima dei valori al consumo delle indicazioni geografiche europee, nate allo scopo di valorizzare le tipicità agroalimentari di qualità: per il 2010 il valore di vendita di tali indicazioni, Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.), Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.) e Specialità Tradizionale Garantita (S.T.G.), si sarebbe attestato a 54,3 miliardi di euro, 12% in più rispetto al 2005.
In termini di numerosità di prodotti e di relativo fatturato, l’Italia è il Paese europeo leader del settore: da sola possiede il 18% del totale delle indicazioni geografiche europee ed è in testa alla classifica delle specialità agroalimentari più vendute ed economicamente più remunerative. Queste ultime sono i formaggi e i prodotti a base di carne D.O.P. e I.G.P., con un fatturato globale di vendita pari, rispettivamente, a 6,3 e a 3,2 miliardi di euro. In entrambi i casi, più della metà del valore complessivo è a vantaggio del nostro Paese.
Le indicazioni geografiche europee rappresentano il 15% delle esportazioni totali di alimenti e bevande della UE e sono fondamentali, a detta del Commissario europeo all’agricoltura e allo sviluppo rurale Dacian Cioloş, per generare valore aggiunto e occupazione, rendendo più redditizia l’attività agricola.
I prodotti D.O.P., I.G.P. e S.T.G., disciplinati attualmente dal Reg. (UE) n. 1151 del 21 novembre 2012 (“Sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari”), non rappresentano soltanto un nuovo approccio strategico per la valorizzazione della qualità agroalimentare europea e, a cascata, italiana: essi si caratterizzano, inoltre, per la capacità di garantire un concetto di sicurezza agroalimentare basata sia su aspetti igienico sanitari (food safety), sia su proprietà organolettiche e culturali (food security), ma anche per la possibilità di promuovere una revitalizzazione di colture tradizionali e, più in generale, di interi territori.
Quello della qualità, infatti, è un concetto polivalente, che può comprendere anche aspetti ambientali, etici, culturali, ecc.; l’agricoltura è tra le poche attività manifatturiere con cui si trasformano materie prime, realizzando importanti quote di reddito, e contemporaneamente si tutelano l’ambiente, il territorio e il paesaggio.