Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

AGRICOLTURA E ALIMENTAZIONE
I SAPORI RITROVATI DELLA FRAGOLA
14/04/2023
di Gianluca BARUZZI, Giulia FAEDI, Sabina MAGNANI, Maria Luigia MALTONI, Paolo SBRIGHI, Patrizia TURCI
Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria
Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura- Sede di Forlì

Si può affermare che tutte le varietà di fragola coltivate oggi nel mondo appartengono alla specie Fragaria x ananassa, specie oggetto di una continua attività di miglioramento genetico attraverso incroci controllati, finalizzati alla costituzione di nuove varietà caratterizzate da tolleranza ai patogeni, aroma e fragranza e più elevata produttività. 

It can be said that all the strawberry varieties grown today in the world belong to the Fragaria x ananassa species, a species subject to continuous genetic improvement through controlled crossings, aimed at the creation of new varieties characterized by tolerance to pathogens, aroma and fragrance and blackberries

La fragola che siamo abituati a consumare viene coltivata pressoché in tutto il mondo. È una specie ottoploide denominata Fragaria x ananassa Duchesne. La denominazione binomiale richiama l’origine della specie. Deriva, infatti, da un incrocio “fortuito”, avvenuto all’inizio del ‘700 fra due specie “selvatiche” ottoploidi di origine americana: Fragaria chiloensis (L.) Mill. e Fragaria virginiana Mill., tuttora presenti nel continente americano. Secondo la ricostruzione più verosimile di quanto accaduto, alcune piante di F. chiloensis furono importate nel 1714 dal Sud America (Concepcion, Cile) a Marsiglia, in Francia, da Frazier, luogotenente di vascello francese appassionato di botanica e colpito dal rinvenimento nel Nuovo Continente di frutti di fragola di così elevate dimensioni, se confrontate con le fragole fin ad allora conosciute in Europa (oggi note come “fragoline di bosco”). Le piantine importate erano, tuttavia, pistillifere, cioè con solo fiori femminili, e quindi non in grado di fruttificare in assenza di piante impollinatrici.

Il caso ha voluto che alcune piante di F. chiloensis, distribuite in diversi giardini botanici francesi, abbiano fruttificato una volta venute in contatto con piante a fiori ermafroditi di F. virginiana, anch’esse importate in Francia, provenienti dal Nord America. Dai frutti ottenuti a Brest – località dove probabilmente era stata portata una delle prime piante da Frazier – si ottennero i semi dalla cui piantagione si svilupparono, fin dalla metà del ‘700, le prime piante di fragola, tutte ottenute dall’ibridazione spontanea delle due specie di origine americana. Da queste prime piante si originò pertanto la nuova specie Fragaria x ananassa e si può affermare che tutte le varietà coltivate oggi nel mondo appartengono a questa specie, già descritta da Duchesne nel 1766. Fin dall’inizio dell’Ottocento la specie è stata oggetto di attività di miglioramento genetico attraverso incroci controllati, finalizzati alla costituzione di nuove varietà caratterizzate da aspetti sempre più innovativi. Andrew Knight è stato probabilmente il primo breeder riconosciuto e nel 1817 costituì in Inghilterra le prime due importanti varietà di fragola (“Downton” ed “Elton”) le cui piante sono state moltiplicate ed ampiamente coltivate dai produttori di quei tempi.

Recenti indagini hanno evidenziato che in oltre due secoli sono state diffuse alcune migliaia di varietà di fragola e l’attività di miglioramento genetico si è particolarmente accentuata alla fine del XX secolo. Attualmente sono numerosi i programmi di miglioramento genetico attivi nel mondo, condotti sia da organismi privati che da enti pubblici, e l’offerta di nuove varietà in Europa è tale da creare non poche incertezze nei produttori chiamati a scegliere su quali varietà orientare le proprie coltivazioni. È piuttosto significativo che negli ultimi 5 anni oltre 200 nuove varietà di fragola siano state depositate presso l’Ufficio comunitario delle varietà vegetali (C.P.V.O.). Ciò denota una notevole offerta di tipologie di fragole, con proprie peculiarità e adatte ad aree e tecniche di coltivazione differenti. 

Il germoplasma

Le “vecchie” varietà di fragola rappresentano un patrimonio di grande interesse per la biodiversità genetica e quindi un grande potenziale per i programmi di miglioramento genetico e per le biotecnologie. La conservazione di questo germoplasma avviene in apposite collezioni varietali, ma rimane elevato il rischio di estinzione a causa delle gravi infezioni da patogeni soprattutto dell’apparato radicale.

Nel mondo sono attivi diversi centri di conservazione di germoplasma di fragola e, in Italia, il C.R.E.A. rappresenta un importante punto di riferimento. Presso la Sede di Forlì del C.R.E.A. Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, sono conservate oltre trecento cultivar di Fragaria x ananassa di diversa origine. Molte di queste sono importanti per aver svolto in passato un ruolo determinante nella fragolicoltura europea e oggi sono praticamente scomparse. Inoltre sono conservati diversi cloni di specie selvatiche appartenenti al genere Fragaria con differente livello di ploidia: F. vesca (diploide), F. viridis (tetraploide), F. moschata (esaploide), F. chiloensis, F. virginiana e F. virginiana glauca, (ottoploidi).

Fra queste sono note F. vesca, conosciuta come “fragolina di bosco”, (di cui sono coltivate alcune varietà rifiorenti, non stolonifere, come “Regina delle Valli” e “Alpine”) e F. moschata diffusa in un vasto areale dell’Europa centro-settentrionale, che va dalla Francia, Germania, Russia fino alla Valle Padana, in Italia.

F. moschata è una specie esaploide, dioica, con piante che portano fiori femminili e altre maschili, ma esistono anche cloni con fiori perfetti ermafroditi (es. Capron). In Italia è nota fin dal 1600 la varietà “Profumata di Tortona”, ancora diffusa nell'area di Tortona (AL). I frutti di “Profumata di Tortona” sono più grossi della fragolina di bosco, poco consistenti, di colore da rosa chiaro a rosso violaceo, di solito di forma arrotondata, caratterizzati da un penetrante aroma di moscato e dal calice molto reflesso che si distacca abbastanza agevolmente a completa maturazione. Attualmente questa varietà è a rischio totale di estinzione.

Il vecchio per un nuovo migliore

Presso la Sede di Forlì del C.R.E.A. Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura è attiva, da oltre mezzo secolo, un’intensa attività di breeding con risultati significativi in termini di nuove varietà che si sono ampiamente diffuse in diverse aree di coltivazione. Attualmente l’attività si potrebbe definire “pubblico-privata” in quanto è alimentata da finanziamenti provenienti da organismi privati, produttori in particolare, che prendono attivamente parte al programma indicando gli obiettivi e condividendone i risultati.

È importante evidenziare che nell’ambito dell’attività di ricerca, i breeder del C.R.E.A. hanno mostrato un notevole interesse verso alcune accessioni del vecchio germoplasma:

- accessioni di specie selvatiche ottoploidi di F. virginiana glauca e F. chiloensis sono tuttora impiegate come parentali in numerosi incroci con genotipi di Fragaria x ananassa, finalizzati all'introduzione di caratteri specifici. In particolare, con F. virginiana glauca s’intende recuperare oltre alla qualità dei frutti anche il carattere rifiorenza (DN = giorno neutro), di particolare interesse per ottenere nuove varietà rifiorenti con maggiore adattabilità ai diversi ambienti e sistemi di coltivazione. L’introduzione del carattere rifiorente DN nelle varietà di fragola coltivata è avvenuto per opera del dr. R.Bringhurst dell’Università Californiana di Davis partendo da un clone di F. virginiana spp. glauca rinvenuto in Utah alla fine degli anni ’50 del secolo scorso.

- alcuni cloni di F. chiloensis selezionati in Cile sono stati utilizzati nel programma di breeding del C.R.E.A. come parentali in incroci con alcune varietà commerciali di Fragaria x ananassa con l’obiettivo di trasmettere la rusticità della pianta unita alla tolleranza alle vaiolature fogliari e all’oidio e la buona qualità del frutto. I risultati di questa attività di “re-incrocio” sono stati significativi ed è prossima la diffusione di genotipi del tutto resistenti ad alcune malattie come l’oidio. L’utilizzo di alcune accessioni di Fragaria chiolensis rinvenute in aree limitrofe all’Oceano Pacifico nell’isola di Chiloé (Cile), ha consentito di ottenere materiale genetico piuttosto tollerante alla siccità e soprattutto alla salinità del substrato di crescita e dell’acqua irrigua, aspetti piuttosto importanti e attuali, considerato il drammatico cambiamento climatico in atto che impone un meticoloso utilizzo delle risorse idriche.   

-alcune vecchie varietà di Fragaria x ananassa, come “Fracunda” e “Liberation d’Orleans”, sono state utilizzate in passato come parentali in apposite combinazioni d’incrocio, finalizzate a selezionare nuovi genotipi di fragola con frutti di elevata qualità organolettica, simile ai due parentali, ma con maggior resistenza della pianta alle malattie e maggiore produttività, quest’ultimo aspetto grazie anche al carattere della rifiorenza portato dalla cultivar “Liberation d’Orleans”.

Le varietà antiche sono caratterizzate da aroma e fragranza, elementi pressoché assenti nelle attuali varietà di fragola commercializzate. Il detto di uso comune “non ci sono più le fragole di una volta” ha sicuramente un fondamento scientifico: tutti i principali programmi di breeding hanno infatti operato principalmente per migliorare l’aspetto produttivo, introducendo sul mercato nuove varietà di fragola rustiche e tolleranti ai patogeni dell’apparato radicale. Questi caratteri hanno sicuramente consentito un significativo incremento della produttività della pianta, aspetto ovviamente alla base della redditività della coltura, mettendo però in secondo piano la qualità organolettica dei frutti, dolcezza in particolare. Nella fragola è nota la correlazione negativa fra produttività della pianta e contenuto in zuccheri dei frutti: la capacità fotosintetica delle piante, da cui l’attitudine a sintetizzare zuccheri da accumulare nei frutti, dipende dalla dimensione della pianta stessa che evidentemente non può superare certi limiti per una specie come la fragola. È necessario raggiungere un opportuno compromesso fra produttività e qualità intesa soprattutto come contenuto zuccherino nei frutti. Anche la pezzatura del frutto, piuttosto ridotta nelle fragole antiche, è stato in passato uno dei principali obiettivi dei programmi di miglioramento genetico: fragole di elevate dimensioni consentono di diminuire proporzionalmente i costi di raccolta e quindi aumentare la redditività della coltura. A tal riguardo è importante citare che il primo risultato significativo dell’attività di miglioramento genetico condotto in Italia dall’allora Istituto Sperimentale per la Frutticoltura (ora C.R.E.A.-O.F.A.) in collaborazione con l’Università di Bologna fu la diffusione di alcune varietà (“Addie”, “Cesena” e “Dana”, 1982) che ebbero negli anni ’80 un enorme successo, soppiantando rapidamente lo standard varietale del Nord Italia, allora basato su fragole di origine estera, con minor pezzatura del frutto: studi economici evidenziarono che aumentando la pezzatura dei frutti di 1 grammo consentiva, sul costo di raccolta ad ettaro, il risparmio di un milione delle vecchie Lire.

Infine, anche la consistenza della polpa e la resistenza alle manipolazioni della superficie del frutto sono stati oggetto di notevole interesse da parte dei breeder. Le fragole antiche erano fragranti e decisamente più aromatiche delle attuali, per via della loro scarsa consistenza della polpa e scarsa resistenza della superficie. Le pareti cellulari robuste sono alla base di frutti consistenti ma contemporaneamente formano una barriera fisica alla liberazione dei composti volatili che determinano l’aroma e il profumo di fragola. Anche in questo caso l’esigenza commerciale di avere a disposizione fragole di elevata consistenza, quindi in grado di resistere a lunghi trasporti e periodi di conservazione, ha spinto l’innovazione varietale verso cultivar di elevata shelf-life, ma inesorabilmente di limitata aromaticità. Il C.R.E.A. ha recentemente diffuso due nuove varietà che derivano da un programma di re-incroci durato oltre un ventennio. Il programma fu avviato utilizzando la vecchia varietà “Fracunda”, caratterizzata da spiccata aromaticità del frutto, ma scarsissima consistenza della polpa e limitata resistenza della superficie. Le nuove varietà “Elodì” e “CRAPO 135” sono un primo significativo risultato di attività di ricerca finalizzata a prendere dal “vecchio” germoplasma la qualità della fragola (l’aroma, in particolare) per immetterla nel nuovo materiale genetico, di pregio commerciale. Si tratta di varietà produttive, rustiche dotate di frutti di buona consistenza della polpa unita a spiccata aromaticità del frutto e per questa combinazione di caratteri, rappresentano una novità assoluta sul mercato.