Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

AGRICOLTURA E ALIMENTAZIONE
DAL LECCIO CON GHIANDE DOLCI AL PANE DE ISPELI: UN ESEMPIO DI GEOFAGIA IN SARDEGNA
04/07/2023

di Michele Puxeddu
Accademico corrispondente dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali



Fig. 1La nota concentra l’attenzione sulla biodiversità delle piante utilizzata da alcune popolazioni dell’Ogliastra (Sardegna centro-orientale), già oggetto di studi avanzati sulla longevità, quale importante risorsa alimentare. Tra queste piante il leccio (Quercus ilex L.) che produce ghiande dolci, consentiva, almeno così accadeva fino agli anni ’60 del secolo scorso, la preparazione di un pane (Pane de ispeli), attualmente confezionato solo in occasioni rievocative e dimostrative, inquadrabile quale antico alimento che le popolazioni locali assumevano nei periodi di maggiore carestia. Il contemporaneo utilizzo di terra rossa argillosa nelle fasi della sua preparazione riveste particolare interesse come antico esempio di geofagia proprio della storia di altre civiltà ormai in estinzione sulla Terra.

The note focuses attention on the biodiversity of plants used by some populations of Ogliastra (central-eastern Sardinia), already the subject of advanced studies on longevity, as an important food resource. Among these plants, the holm oak (Quercus ilex L.) which produces sweet acorns, allowed, at least this was the case until the 60s of the last century, the preparation of a bread (Pane de ispeli), currently packaged only for commemorative and demonstrative occasions, framed as an ancient food that the local populations assumed in periods of greatest famine. The simultaneous use of clayey red earth in the phases of its preparation is of particular interest as an ancient example of geophagy typical of the history of other civilizations now in extintion on Earth.

Premesse storiche

In Sardegna l’utilizzo delle ghiande da parte delle popolazioni locali è assai antico e regolato fin dal 1392 nella ‘Carta De Logu’ promulgata dalla Giudicessa Eleonora d’Arborea (Mattone, 1993; Brigaglia, 2003). Ciò avviene ancor oggi attraverso l’allevamento (semibrado) di maiali di razze locali (Porcu sardu), principalmente nel periodo autunno-invernale, ma, soprattutto in passato, fino agli anni ’60 del secolo scorso, avveniva direttamente, in Ogliastra,  Sardegna centro-orientale,  nei comuni di Urzulei e Baunei (NU) caratterizzati da estese foreste naturali di leccio (Quercus ilex L.), distribuite nell’ambito di terre pubbliche ad uso collettivo comprendenti anche habitat di importanti endemismi animali e vegetali (Arrigoni, 2006; Puxeddu et al., 2021), in particolare a cura di famiglie locali che nei periodi di maggiore carestia preparavano il pane utilizzando ghiande dolci miste a terra rossa argillosa, quest’ultima impiegata soprattutto in funzione di protezione dall’eccesso di tannini e per assicurare un senso di relativa sazietà dopo il pasto.

Il contemporaneo utilizzo di ghiande e terra rossa argillosa a fini alimentari risulta anche un particolare esempio di geofagia proprio di antiche civiltà ormai in estinzione sulla Terra che tuttora resiste in questi comuni solo a scopi rievocativi e dimostrativi. D’altra parte dell’utilizzo delle ghiande come alimento vero e proprio da parte delle popolazioni locali nei periodi di maggiore carestia risultano prove anche in Spagna.





Fig. 3
Il leccio produttore di ghiande dolci

E nella penisola Iberica infatti il leccio che produce ghiande dolci, entità ben differenziata dal punto di vista sistematico [Quercus rotundifolia Lam. = Quercus ilex L. subsp. ballota (Desf.) Samp.], risulta favorito per l’uso diretto delle farine nella preparazione di cibi dolci e salati, e soprattutto nell’alimentazione delle razze locali di maiali (García-Gómez et al., 2017).

In Sardegna, precisamente ad Urzulei e Baunei (NU), vegetano tuttora svariate piante di leccio produttrici di ghiande dolci, in genere ghiande a maturazione precoce rispetto a quella delle ghiande normali e amare.

Queste piante di leccio produttrici di ghiande dolci hanno foglie con dimensioni inferiori rispetto a quelle delle piante che producono ghiande cosidette normali, risultando per lo più localizzate, nell’ambito degli estesi boschi naturali, in prossimità di antichi ovili (Pinnettos) i cui pastori in passato se ne avvantaggiavano proprio a scopi alimentari diretti.




Fig. 4
Dalle ghiande dolci al Pane de ispeli

Le ghiande dolci, raccolte in autunno, venivano sbucciate e lasciate seccare, spesso vicino al fuoco, al fine di perdere l’endotelio. Queste ghiande assumevano così un colore molto scuro quasi nero e da queste veniva confezionato, in genere a novembre, un pane denominato in lingua sarda Pane de ispeli. Questa parola proviene dalla stessa radice linguistica dalla quale risulta disceso l’etrusco.  “Ispeli” in particolare veniva denominato lo stomaco del cinghiale che nel nutrirsi di ghiande assimila l’amido rilasciando nello stomaco solo una pasta bianca pulita. In tempi di carestia l’uomo cuoceva anche questa pasta bianca che si trovava nello stomaco del cinghiale e da questa con molta probabilità è scaturita la denominazione di Pane de ispeli. Le ghiande dopo la loro raccolta venivano poste in sacchi di juta quindi fatte bollire per ore in abbondante acqua contenente, disciolta, anche terra rossa argillosa (Troccu in lingua sarda), ricca di ossidi di ferro. La bollitura in particolare neutralizzava l’amaro dovuto ai tannini. Finita la bollitura si prelevavano le ghiande preparando, con quelle integre, un pane di colore nero. Il brodo concentrato che restava in pentola, lasciato bollire ulteriormente, veniva utilizzato ristretto per formare ciambelle da servire a vecchi e bambini, ma se allungato con il latte formava una pasta molto densa con la quale potevano confezionarsi altre pagnotte più piccole denominate Lande a perra.









Fig. 5Conclusioni

Le relazioni tra biodiversità e alimenti umani oramai scomparsi, la cui preparazione scaturiva da conoscenze etnobotaniche e da antiche varianti della dieta mediterranea, sono state considerate in questa nota che ha la precipua finalità di renderle conosciute attraverso informazioni multidisciplinari provenienti anche da specifici studi sulla longevità condotti negli ultimi decenni in Ogliastra (Sardegna centro-orientale). Nella nota sono fornite informazioni su un alimento importante nell’antica dieta di alcune popolazioni di questa parte dell’Isola, in particolare sul Pane de ispeli ovvero il pane proveniente dalle ghiande dolci del leccio (Quercus ilex L.). Questo pane pur non molto gradevole, consentiva comunque di allontanare la fame in particolari tempi di carestia.  Tra gli ultimi comuni che in Ogliastra hanno continuato a confezionare, almeno fino agli anni ’60 del secolo scorso, questo pane ricordiamo quelli di Urzulei e Baunei (NU), anche se in tempi antichi con tutta probabilità cio’ dovrebbe essere avvenuto un po’ in tutta l’area montana dell’interno dell’Isola. Di sicuro interesse, come si è inteso parimenti evidenziare, è il fatto che questo pane, contenendo terra rossa argillosa, seppur in modesta quantità, rappresenta un esempio di geofagia proprio di antiche civiltà ormai in estinzione sulla Terra.


 


Fig. 6
Bibliografia

Arrigoni P.V., 2006 - Flora dell’Isola di Sardegna. Ediz. Delfino, Sassari (ISBN 88-7138-414-8)

Brigaglia, M., 2003. Eleonora d'Arborea. La Carta de Logu.

García-Gómez, E., Pérez-Badia, R., Pereira, J. et al., 2017. The Consumption of Acorns (from Quercus spp.) in the Central West of the Iberian Peninsula in the 20th Century. Econ. Bot. 71, 256–268. https://doi.org/10.1007/s12231-017-9391-1

Mattone A., 1993 -  Eleonora d’Arborea. Dizionario biografico degli Italiani, vol. XLII, Istituto dell’Enciclopedia italiana Treccani, Roma

Puxeddu M., Cuccuru F., Fais S., Casula G., Bianchi M.G., 2021. - 3D Imaging of CRP and ultrasonic tomography to detect decay in a living adult holm oak (Quercus ilex L.) in Sardinia (Italy). Applied Sciences, 11, 1199. https://doi.org/10.3390/app11031199