Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

AGRICOLTURA E ALIMENTAZIONE
AGRUMICOLTURA IN ITALIA, UNA CRISI REVERSIBILE
03/04/2023
di Guido SORRENTINO[1] e Silvia DI SILVESTRO[2]


FOTO 1L’agrumicoltura è veramente in crisi? Una domanda a cui vengono date risposte a volte contraddittorie. Esistono punti di vista soggettivi che non danno una risposta razionale.Ovviamente i tempi delle “veline” artistiche che avvolgevano parte del prodotto destinato al nord Italia e ai paesi del centro e del nord Europa sono lontani, ma ci sono numeri che non possono essere ignorati.

 

Is citrus cultivation really in crisis? A question to which sometimes contradictory answers are given, subjective points of view that do not give a rational answer. Obviously the times of the artistic "tissue wraps" that wrapped part of the product destined for northern Italy and the countries of central-northern Europe are long gone, but there are numbers that cannot be ignored.

 

Un primo dato ci deve fare riflettere, l’Italia è al tredicesimo posto tra i paesi esportatori di agrumi, con un valore di esportazione prossimo ai 240 milioni di euro e risulta invece all’undicesimo posto come paese importatore di agrumi, per una cifra pari a 400 milioni di euro, un deficit notevole pari a quasi 160 milioni di euro che risulta davvero poco accettabile (dati Rivista di Frutticoltura e Ortofloricoltura 9-2021).

Con una superficie produttiva calcolata in Ha. 138.000 nel 2021 e in leggera flessione nel 2022 calcolata in Ha. 135.000, con una produzione complessiva di 29.893.742 quintali, dei quali 29.016.000 raccolti nel 2021 (dati ISTAT) e soprattutto con un valore del prodotto superiore ai 900-950 milioni di euro (quasi il 2% della intera produzione agricola) e un valore del trasformato che sfiora il miliardo di euro, la posizione italiana nell’ import-export è a dir poco imbarazzante.

FOTO 2Le cause della crisi

Cosa determina questo quadro poco rassicurante nel settore agrumicolo? I motivi sono molti e inizieremo da quelli più noti per passare poi al più delicato e forse non reale.

  • Frammentazione e tardivo ricorso all’associazione.

    Un primo motivo facilmente individuabile potrebbe essere legato alla frammentazione delle aziende produttrici. La consistenza media dell’azienda agrumicola, con oltre 60.000 aziende, determina una superficie media aziendale di circa Ha. 2,30.00, un dato che in passato è stato aggravato dalla scarsa tendenza all’associazione; difatti se guardiamo altri paesi come la Spagna, troviamo aziende ancora più piccole, ma una rete di consorzi e associazioni molto efficiente, che in Italia si è costituita in ritardo rispetto ad altri paesi.

    In Italia i consorzi e le associazioni non sono stati graditi nel settore della agrumicoltura per anni, tuttavia oggi troviamo una rete di tredici strutture associative che lavorano in modo eccellente, sia tra i produttori “biologici” da sempre più sensibili che tra i produttori convenzionali; queste strutture oggi lavorano unendo una azione di marketing forte ad una base associativa efficiente, un esempio è quanto avviene per la produzione delle arance pigmentate del catanese o delle bionde di Ribera e dei limoni di Siracusa o ancora del bergamotto calabrese.

    Ma a questo punto il vero problema è legato ad altro, l’Italia è per produzione di agrumi al dodicesimo posto nel mondo, ma l’impatto sul mercato è sicuramente limitato se si considera che paesi come il Brasile hanno Ha. 760.000 in produzione e che concorrenti diretti dell’Italia come la Spagna hanno in produzione Ha. 363.000 (dati ATLAS); in generale poi nell’area mediterranea, l’impatto della nostra produzione, sia per superficie che per prodotto totale, è limitato anche in conseguenza dell’afflusso di agrumi anche da concorrenti extraeuropei e da territori oltremare appartenenti a paesi UE. In definitiva, sebbene in Italia si produca bene e ci siano cultivar di pregio, a livello internazionale siamo in competizione con paesi il cui impatto sul mercato è di gran lunga più elevato

  • Problemi fitosanitari.

    Un secondo problema è di altra natura, ha condizionato per circa venti anni la produzione, in Sicilia, Calabria e Puglia, parliamo della devastante azione del Citrus Tristeza Virus, che ha portato ad una riconversione forzata che nella sola Sicilia ha interessato quasi il 35% della superficie agrumetata; su circa 86.000 ettari di agrumeti, il CTV ha interessato oltre 30.000 ettari (stimati per difetto sicuramente).

    Questo problema di natura fitopatologica, ha costretto gli agrumicoltori siciliani, calabresi e pugliesi, ad una veloce riconversione, con l’effetto immediato di una riduzione della produzione e un suo peggioramento qualitativo incredibile, un evento che secondo l’USDA ha portato ad una perdita di circa 8.400.000 quintali di prodotto, cui va aggiunto un decadimento qualitativo della produzione delle aree infette da CTV, nelle quali la patologia definita “Tristeza” avanzava dallo stadio di “infezione asintomatica” a quello di “infezione sintomatica” con peggioramento delle qualità organolettiche del frutto e una riduzione di pezzatura.

    La complessa opera di riconversione su portinnesti CTV-tolleranti, è in corso da anni, con alcune difficoltà iniziali dovute a altri patogeni endemicamente presenti e non compatibili con le nuove combinazioni di innesto basate su Citrange troyer e Citrange carrizo, ma inizia a dare dei risultati incoraggianti con la ripresa della produzione in aree vocate. Nonostante questo, attraversando le aree tradizionali di coltivazione si notano ancora oggi ampie superfici con un decadimento vegeto-produttivo importante.

    Abbiamo citato il CTV, ma un discorso simile poteva essere fatto per la patologia conosciuta come “Mal secco del Limone” che porta a perdite di produzioni importanti, fino al 50% della produzione annua.

  • Influenza del cambiamento climatico.

    Un aspetto importantissimo nella perdita di produzione e nella qualità del prodotto, lo ha anche il clima, quello che genericamente si definisce “cambiamento climatico”. E una realtà che si è estrinsecata con annate caratterizzate da eventi avversi gravi.

    Senza andare lontano, nel 2021 possiamo citare delle gelate tardive tra fine marzo e aprile, poi venti caldi prolungati e assenza di precipitazioni, infine piogge torrenziali e devastanti come quelle che hanno interessato le aree di produzione delle “arance pigmentate” in Sicilia; questi eventi si ripetono con frequenza sempre maggiore e anche quest’anno hanno causato un danno diretto, con perdita di prodotto e un danno indiretto con una riduzione della qualità di quello rimasto sulle piante danneggiato da vento e grandine.

    Ci rendiamo conto oggi, di andare incontro ad una condizione di “siccità” reale e prolungata, con mancanza di precipitazioni per periodi di 4-6 mesi e improvvise piogge torrenziali alla fine del periodo siccitoso; le due foto che indicano le condizioni atmosferiche tra gennaio e agosto 2021, mostrano a un occhio esperto l’assenza di quella fascia di bassa pressione (tra azzurro e blu) che indica periodi di clima più fresco e possibili piogge.

  • Le scelte varietali.

FOTO 3Siamo ora al punto forse maggiormente controverso. E’ opinione comune che le scelte varietali degli ultimi venti anni abbiano condizionato negativamente il mercato, ma è una opinione viziata da un errore di fondo.

Nell’ultimo mezzo secolo, si è avuta una notevole evoluzione del settore agrumicolo, sono state introdotte cultivar nuove, è stato effettuato il risanamento di cultivar tradizionali richieste dal mercato interno ed estero.

Tuttavia in questa evoluzione è stato sicuramente privilegiato il Tarocco con i suoi tanti cloni, lasciando superficie minime per Moro e Sanguinello, scelta ovvia e dettata da caratteristiche superiori del Tarocco, nella commercializzazione e nella eventuale “permanenza” sulla pianta in attesa di raccolta.

L’opinione errata di molti consumatori, ha generato questa idea che le arance rosse avessero perso la pigmentazione e così non è. I nuovi cloni di Tarocco hanno una pigmentazione pari ai vecchi cloni con dati colorimetrici alla mano, anzi alcuni cloni sono anche più pigmentati. Ovviamente se paragonati al Moro e ad alcuni Sanguinelli, possono indurre a pensare che si sia persa quella colorazione rossa intensa, ma i difetti “commerciali” del Moro e la ridotta produzione di Sanguinello, hanno fatto prevalere il Tarocco come arancia pigmentata e con una qualità sicuramente eccellente.

Il rinnovamento varietale è andato in una direzione sicuramente razionale: ampliare il calendario di raccolta per potere offrire i nostri agrumi da settembre fino a maggio; sul mercato oltre agli agrumi tradizionali e sempre risanati riconoscibili dalla sigla “VCR” o Vecchio Clone Risanato che hanno conservato le peculiarità che li rendevano “appetibili” come la finezza della polpa e la pezzatura di alcune “arance bionde” o la forte presenza di pigmentazione delle “arance rosse” o l’aroma e la succosità dei mandarini delle vecchie cultivar, sono comparse nuove cultivar, nuovi cloni, che non sono inferiori per qualità a quelle del passato. Unica differenza è che, come già accadeva venti o trenta anni fa, tra le pigmentate il Tarocco ha mantenuto una minore pigmentazione rispetto al Moro e in parte al Sanguinello.

FOTO 4Se il vecchio Moro ha fatto la fortuna delle arance rosse in Svizzera, Germania, Gran Bretagna e via dicendo, ha anche creato problemi con un breve periodo di commercializzazione; è stata una scelta obbligata valorizzare la cultivar con un più ampio calendario di commercializzazione e esente da difetti legati alla conservazione. Si ricordi poi che la pigmentazione, è legata al clima in fase di cambiamento con minore escursione termica tra giorno e notte nel periodo di sintesi degli antociani, e se si è ridotta in annate particolari, già nella annata agraria in corso era sicuramente evidente e apprezzabile.

Gli aspetti considerati negativi dal consumatore medio, senza considerare le differenti varietà oggi presenti, hanno richiesto per la loro soluzione un impegno notevole a chi si occupa di breeding, con tempi che ieri erano piuttosto lunghi, ma che oggi sono molto più brevi grazie alle nuove tecniche utilizzabili.

Oggi infatti la ricerca e il miglioramento genetico richiedono tempi minori, le ultime cultivar arrivano alla produzione in tempi veramente ridotti.   

FOTO 5La soluzione alla crisi esiste.

La crisi che attraversiamo nel settore agrumicolo non è irrisolvibile; ci sono soluzioni pratiche e non impossibili da mettere in atto.

Un forte intervento strutturale, che sostenga ulteriormente le associazioni di produttori, è un primo passo da fare; un sostegno per strutture efficienti che migliorino l’azione di marketing, premiando quindi i risultati in particolare dove esistono le “eccellenze” del settore; un valore maggiore alla vocazionalità delle differenti aree produttive, spingendo le cultivar vocate, questo è un argomento spinoso che si dibatte da oltre trent’anni, una carta vocazionale per gli agrumi.

FOTO 7Sia in Sicilia, che in Calabria e Puglia, come nelle altre aree agrumicole esistono specie e cultivar vocate, per queste va effettuato un lavoro di promozione, una azione di sostegno sui mercati esteri, senza dimenticare che l’Italia ha anche una seria produzione di agrumi biologici (il 45% a livello mondiale), che vengono sicuramente valorizzati da forme efficienti di associazionismo, spinte anche dagli Organismi di Controllo.

È chiaro che l’impatto della agrumicoltura italiana richiederebbe anche un aumento della produzione e delle superficie ovviamente, con un’attenzione a destinare a questo settore terreni idonei, considerando che noi siamo in competizione con paesi che coltivano in condizioni sicuramente più semplici rispetto ai nostri coltivatori delle zone terrazzate o non pianeggianti.

Un dato in ogni caso ci fa capire quanto la “concorrenza” di paesi che portano sul mercato grandi quantitativi di prodotto freni i nostri agrumi; le segnalazioni di “Black spot” sui limoni argentini e il conseguente blocco degli stessi, ha portato ad un rapido aumento della richiesta e del prezzo del nostro limone per la GDO.

FOTO 8Relativamente ai problemi fitosanitari, la soluzione era a portata di mano pochi mesi fa. Importante un rafforzamento dei Servizi Fitosanitari che come molti organi dello Stato, soffrono a causa del grande esodo di pensionati e del ridotto ricambio generazionale; l’Italia ha molti punti di ingresso delle produzioni agricole importate, è necessario un rafforzamento dei controlli visto che, oggi patogeni e vettori hanno una velocità di movimento sicuramente maggiore rispetto al passato. L’abbattimento delle barriere fitosanitarie tra paesi europei ovvio e lecito, non deve impedire un controllo su quei prodotti che arrivano da paesi extracomunitari o d’oltremare, dove sia già segnalata la presenza di patogeni o vettori alieni.

Le segnalazioni nei porti commerciali, per patogeni come il Black Spot (Phyllosticta citricarpa) sono aumentate in modo preoccupante, altri patogeni e vettori sono molto prossimi e alcuni già segnalati in paesi della UE. Il loro ingresso in un momento in cui, si sta già portando a termine una riconversione a seguito di CTV, sarebbe un evento gravissimo.

Certamente il problema del clima è molto grave, sicuramente non possiamo intervenire cambiandolo e l’andamento attuale, con un aumento costante delle temperature, una riduzione delle precipitazioni, non si fermerà, tuttavia per quanto possibile, si deve intervenire su due livelli.

Il meridione d’Italia, fatte salve alcune eccezioni, ha una gestione molto complessa dei consorzi irrigui per l’agricoltura, con impianti vecchi, con riserve sempre minori, invasi non ancora collaudati e non utilizzabili per la loro potenzialità effettiva. Anche in questo caso solo un intervento strutturale serio, può risolvere il problema, garantendo un idoneo apporto di acqua all’agricoltura, idoneo ma con cambiamenti anche nella distribuzione finale.

Un secondo livello è infatti quello “aziendale”. Ancora oggi abbiamo aree dove si irriga per scorrimento, limitate ma esistono, già è un passo avanti la classica irrigazione per aspersione, ma tutto questo va cambiato; la razionale distribuzione aziendale dell’acqua, sfruttando mezzi tecnici efficienti che indichino le quantità necessarie e i momenti in cui irrigare, così come avviene in altre nazioni, è un passo indispensabile. L’acqua irrigua già quasi carente oggi, lo sarà a maggior ragione domani; gli studi sulla irrigazione sono molto avanti, indicano come, quando e quanto irrigare, anche con l’ausilio di semplici centraline utilizzabili a livello aziendale, ma pochi se ne avvalgono.

Arriviamo all’ultima criticità, quella legata alle scelte varietali. Come accennato prima, in produzione abbiamo cultivar che hanno esaltato le caratteristiche tradizionali delle arance rosse, nuovi mandarini e mandarino-simili che hanno caratteristiche di pregio realmente interessanti per il mercato, ma la conquista dello spazio di mercato perduto e l’aumento del nostro export non può essere immediato. Il Moro che per anni è stato prodotto in quantità limitate a causa del suo difetto di alterarsi a maturazione avanzata, ha un degno sostituto il Moro M45; per tutte queste varietà va portata avanti un’azione forte di marketing, è inaccettabile che nel 2023 si senta dire che non si commercializza il limone “verdello” per non disorientare il consumatore, come non sono accettabili le contestazioni alla pigmentazione delle arance rosse.

Abbiamo quindi cultivar e cloni eccellenti, che solo la concorrenza di chi produce quantitativi di agrumi superiori a quelli italiani, con costi minori, può frenare, ma per questo è necessario pensare ad un aumento delle superficie produttive, partendo dal recupero delle superficie perse in conseguenza della diffusione di CTV.

Sarebbe anche utile una “programmazione” della produzione basata sempre più sulla vocazionalità di una zona rispetto a cultivar ben precise, valorizzando al massimo l’immagine del prodotto vocato e spingendo con azioni di marketing professionali.

Oggi poi abbiamo una freccia in più al nostro arco: la “ricerca” ha fatto dei passi fondamentali, portando in produzione alcune cultivar di elevato interesse che si stanno diffondendo rapidamente. E’ il caso del “Tarocco Ippolito m2016”, del “Tarocco Rosso” e del “Moro m45”, con elevata produzione antocianica e colorazione spinta, ma è anche il caso di mandarino-simili come “Sweet Sicily” e “Early Sicily” che sono solo i primi di una vasta selezione.

Cosa ha cambiato i tempi di selezione dei nuovi cloni? La ricerca basata su nuove tecniche legate a lavori di grande valore scientifico. L’individuazione del gene “Ruby” responsabile della produzione di antociani, permette la riduzione dei tempi di “selezione” di cloni o cultivar valide, mediante l’uso di marcatori specifici legati al gene “Ruby”.

Nel mondo del breeding degli agrumi, si sta anche lavorando molto sulla “ploidia”, utilizzando tecniche di coltura in vitro per una sua alterazione mirata, finalizzata a ottenere apirenia in generale, ma anche a selezione di caratteri positivi (epoca di maturazione, pigmentazione, doti organolettiche) effettuando sequenziamento di mutanti naturali di arancio dolce e mandarino-simili, ma anche mutanti indotti.

Tutto questo è in atto nelle strutture del CREA-OFA di Acireale, alcune nuove selezioni sono già produttive come abbiamo accennato sopra, altre sono in fase di riconoscimento e potranno dare una spinta alla ripresa del settore agrumicolo.

Conclusioni

La crisi è concreta. Una concomitanza di fattori, alcuni non controllabili dall’uomo e altri gestibili con un serio impegno, hanno portato ad una condizione di paese che importa più agrumi di quanti ne esporta. Oggi abbiamo mezzi tecnici che possono aiutare molto il settore produttivo, dal miglioramento genetico, alla gestione del campo fino al controllo dei patogeni. Serve un intervento molto forte a livello strutturale, con un incentivo all’associazione dei produttori e ad una gestione migliore del marketing. Sarebbe pure opportuno portare i nostri 130.000 ettari a valori maggiori, aumentare l’impatto del nostro prodotto e la “massa critica” che questo può rappresentare sul mercato nella competizione con i grandi paesi produttori come Brasile, Spagna, Egitto o Turchia.

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FOTO

1: esempio di velina un tempo destinata ad avvolgere le arance da esportazione.

2: grafico, superficie produttiva totale in Sicilia, confrontata con la superficie infetta da Citrus Tristeza Virus dal 2002 al 2017.

3: immagine di un agrumeto in fase avanzata di decadimento, per infezione da CTV.

4 e 5: piante di Limone 2KR colpite dal “Mal secco del Limone”, con dettaglio della colorazione rosa assunta internamente dal ramo colpito.

6: effetto di una gelata tardiva su piante di arancio dolce, immagine ripresa nella zona di elezione dell’arancio Tarocco in provincia di Catania.

7:visualizzazione delle condizioni atmosferiche del bacino mediterraneo e del nostro paese, a sinistra nel mese di gennaio 2021 e a destra nel mese di agosto, i dati della pressione atmosferica, tradotti in parole povere indicano un preoccupante avvicinamento alle condizioni di “siccità” stabile.

8: frutti di arancio dolce Tarocco Ippolito M2016

9: frutti di arancio dolce Moro M45



[1] Primo Tecnologo CREA OFA Acireale

[2] Ricercatore presso CREA