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Giustizia Militare

Applicazione della pena su richiesta delle parti.

(C.p.p., art. 444)

Corte di cassazione, Sez. I, 17 dicembre 2008, n. 3622. Pres. Chieffi, Est. Corradini; P.G. Gentile, parz. conf.; imp. ric. da sent. del GUP del Tribunale Mil. di Padova (rigetta).

Nell’ipotesi di applicazione della pena su richiesta delle parti, pur esistendo il potere - dovere del giudice di controllare l’esattezza della qualificazione giuridica dei fatti, le parti, una volta ottenuta la applicazione della pena, non possono rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, perché essi sono coperti dal patteggiamento; e ciò vale anche nell’ipotesi di un reato di diserzione, con riguardo alla mancanza di chiarezza della documentazione circa i periodi di assenza non giustificati dall’imputato sulla base degli atti.



Diserzione.

(C.p.m.p., art. 148)

Corte di cassazione, Sez. I, 17 dicembre 2008, n. 3622. Pres. Chieffi, Est. Corradini; P.G. Gentile, parz. conf.; imp. ric. da sent. del GUP del Tribunale Mil. di Padova (rigetta).

Il reato militare di diserzione militare non si configura nei casi in cui l’assenza dal servizio militare trovi titolo in un’autorizzazione dell’autorità militare, pur se carpita con dolo, come avviene qualora il militare ottenga una licenza ovvero addirittura il congedo assoluto attraverso l’espediente di simulare una infermità (1).
Tale soluzione rappresenta infatti puntuale applicazione del principio di tassatività della legge penale - diretto corollario del principio di legalità stabilito dall’art. 25, comma 2, della Costituzione e dall’art. 2, comma 1, del c.p. - che vieta all’interprete di ampliare la portata della norma incriminatrice rispetto all’ambito rigorosamente determinato della previsione normativa della condotta punita con sanzione penale (2).

(1) Come riconosce la stessa sentenza, trattasi di un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato.
(2) In questi sensi, anche Corte di cassazione, Sez. I, 2 maggio 2006, ric. D.F.



Diserzione.

(C.p.m.p., art. 148, n. 1)

Corte di cassazione, Sez. I, 28 gennaio 2009, n. 86. Pres. Fazzioli, Est. Vecchio; P.G. Rosin, parz. conf.; imp. ric. da sent. della C.M.A. Sez. dist. di Verona (rigetta).

Il reato militare di diserzione (art. 148, n. 1, C.p.m.p.) non si configura nei casi in cui l’assenza dal servizio militare trovi titolo in un’autorizzazione dell’autorità militare, pur se carpita con dolo, come nel caso della licenza di convalescenza, ottenuta attraverso l’espediente della simulazione di infermità (1).

(1) La stessa sentenza cita come precedenti conformi: “Corte di cassazione, Sez. I, 14 luglio 2006, n. 29105, ric. M., massima n. Rv. 235272; Sez. I, 2 maggio 2006, n. 18450, ric. D. F., massima n. 234465; cui adde: Sez. I, 6 marzo 2001, n. 15566, ric. A., massima n. 218915”; v. anche Corte di cassazione, Sez. I, 17 dicembre 2008, n. 3622, ric. N.



Dichiarazioni indizianti.

(C.p.p., artt. 63, comma 2,  e  350, comma 6)

Corte di cassazione, Sez. I, 17 dicembre 2008, n. 1515. Pres. Chieffi, Est. Corradini; P.G. Gentile, parz. conf.; imp. ric. da sent. della C.M.A. di Roma (rigetta).

Le dichiarazioni indizianti rese, senza l’assistenza del difensore, ad ufficiali di polizia giudiziaria da un imputato colto in flagranza di reato, non sono utilizzabili ai fini processuali, stante il divieto di cui all’art. 63, comma 2, C.p.p. e non possono essere recuperate neppure attraverso la testimonianza degli ufficiali di polizia giudiziaria stante il divieto di cui all’art. 350, comma 6, C.p.p. (1).

(1) In tale ipotesi, “essendo illegale la acquisizione delle dichiarazioni indizianti rese dall’imputato nell’immediatezza dei fatti - continua ancora la sentenza - si deve peraltro procedere alla cd. “prova di resistenza”, ormai pacificamente ammessa anche in sede di giudizio di legittimità (v. per tutte Cassazione, Sez. 6 n. 10094 del 2005, rv. 231832; rv. 212274; rv. 226972 e, da ultimo, Cassazione Sez. 5 n. 37694 del 2008, rv. 241299), onde valutare se gli elementi di prova acquisiti illegittimamente abbiano avuto un peso reale sulla decisione del giudice di merito, mediante il controllo della struttura della motivazione, al fine di stabilire se la scelta della soluzione di colpevolezza sarebbe stata la stessa anche senza l’utilizzazione di quegli elementi, per la presenza di altre prove ritenute di per sé sufficienti a giustificare l’identico convincimento”.



Elemento psicologico del delitto di violata consegna.

(C.p., art 5;
C.p.m.p., art. 120)

Corte di cassazione, Sez. I, 17 dicembre 2008, n. 1510. Pres. Chieffi, Est. Corradini; P.G. Gentile, concl. conf.; imp. ric. da sent. della C.M.A. Sez. dist. di Napoli (rigetta).

In ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato di violata consegna, è sufficiente il dolo generico di violare la consegna ricevuta e cioè la coscienza e la volontà di tenere un comportamento difforme dalle prescrizioni imposte dalla consegna ricevuta, ed è del tutto irrilevante il convincimento dell’imputato, più o meno fondato, che la sua condotta non conforme alle prescrizioni non possa influire sulla regolarità e sulla efficienza del servizio, poiché tutte le prescrizioni hanno forza cogente e non è dato al militare di valutare se alcuna di esse non possa influire sulla efficienza e sulla regolarità del servizio (1).

(1) Come precedente conforme, v. Corte di cassazione, Sez. I, n. 3919 del 1986, rv. 175519.



Ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di archiviazione.

(C.p.p., art. 409, comma 6)

Corte di cassazione, Sez. VII, Ord. 16 dicembre 2008, n. 18523. Pres. Rossi, Est. Rombolà; P.G. Gentile, concl. conf.; p.o. ric. da ord. del GIP del Tribunale Mil. di Palermo (dich. inammissibile).

Posto che l’ordinanza di archiviazione è ricorribile per cassazione, a norma dell’art. 409, comma 6, c.p.p., solo nei casi di nullità previsti dall’art. 127, comma 5 (ibidem, commi 1, 3 e 4), il ricorso per cassazione deve essere dichiarato inammissibile, quando, a fronte di questioni di fatto e di valutazioni di merito dedotte dal ricorrente, il giudice abbia fornito corretta e puntuale motivazione sulla mancanza di elementi di oggettivo riscontro alla tesi accusatoria.



Simulazione di infermità.

(C.p.m.p., art. 159)

Corte di cassazione, Sez. I, 28 gennaio 2009. n. 86, Pres. Fazzioli, Est. Vecchio; P.G. Rosin, concl. parz. conf.; imp. ric. da sent. della C.M.A. Sez. dist. di Verona (rigetta).
Il delitto di simulazione di infermità, di cui all’art. 159, comma 1, prima previsione, C.p.m.p. prescinde, sotto il profilo oggettivo, dal carattere definitivo o temporaneo dalla sottrazione all’obbligo del servizio militare (1) e si consuma quando l’autorità militare è indotta in errore, ossia nel momento in cui viene ritenuta la sussistenza dell’infermità simulata al quale seguirà, ma dopo la consumazione del reato, l’eventuale provvedimento richiesto dal soggetto attivo (2).

(1) Se, invece, la sottrazione non dovesse avere ad oggetto la prestazione del servizio militare in quanto tale, ma l’adempimento di singoli doveri estranei al servizio stesso, ricorre la meno grave fattispecie delittuosa di cui all’art. 161 C.p.m.p. (Procurata inabilità o simulata infermità a fine di sottrarsi all’adempimento di alcuno dei doveri inerenti al servizio militare). In questi sensi, oltre alla sentenza sopra massimata, anche Corte di cassazione, Sez. I, 25 settembre 2000, n. 5272.
(2) La stessa sentenza cita come precedente conforme Corte di cassazione, S.U., 31 gennaio 1987, n. 5.



Simulazione di infermità.

(C.p.m.p., art. 159)

Corte di cassazione, Sez. I, 28 gennaio 2009, n. 86. Pres. Fazzioli, Est. Vecchio; P.G. Rosin, concl. parz. conf.; imp. ric. da sent. della C.M.A. Sez. dist. di Verona (rigetta).

Il delitto di simulazione di infermità è a forma libera. Sono, pertanto, irrilevanti le modalità della condotta con la quale l’agente determina l’induzione in errore del Comando di appartenenza, circa la sussistenza della dedotta infermità.
Nella previsione incriminatrice è senz’altro sussumibile il comportamento del militare che produca falsi certificati medici per accreditare la fittizia infermità dedotta e per lucrare indebitamente la licenza di convalescenza e non si richiede che il soggetto attivo insceni la sintomatologia della malattia simulata.



Violata consegna.

(C.p.m.p., art. 120)

Corte di cassazione, Sez. I,  17 dicembre 2008, n. 1510. Pres. Chieffi, Est. Corradini; P.G. Gentile, concl. conf.; imp. ric. da sent. della C.M.A. Sez. dist. di Napoli (rigetta).

Per la configurabilità del reato di violata consegna è sufficiente la violazione della consegna, la cui tassatività esige l’osservanza incondizionata, senza che sia necessario il verificarsi di un ulteriore evento come conseguenza di tale violazione, trattandosi di reato di pericolo presunto (1).

(1) Come precedente conforme, v. Corte di cassazione, Sez. I, n. 19760 del 2008, rv. 240281.

a cura del Dott. Giuseppe Scandurra
Magistrato Militare