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Il sequestro preventivo

Fabiano MELELEO 

Fabiano Meleleo
Sottotenente in servizio alla Scuola Ufficiali Carabinieri






1. Introduzione

Il sequestro “preventivo” è uno dei tre tipi di sequestro che il codice di procedura penale del 1989 prevede e disciplina: il sequestro probatorio, regolato dagli artt. 253 ss.; il sequestro conservativo di beni mobili o immobili dell’imputato o del responsabile civile ovvero delle somme o cose a loro dovute (artt. 316 ss.) e il sequestro preventivo (artt. 321 ss.). Fondamentalmente diverse sono le funzioni e le tipicità di queste tre forme di sequestro. Innanzitutto, una prima distinzione deve essere fatta fra il sequestro probatorio e le altre due forme di sequestro: il primo rientra nel novero dei mezzi di acquisizione delle prove disposto dal codice (l’art. 253, infatti, parla di “sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato necessarie per l’accertamento dei fatti”); mentre le altre due tipologie attengono alle misure cautelari reali. Una seconda distinzione può essere fatta per quest’ultima tipologia: infatti, mentre il sequestro conservativo risponde all’esigenza cautelare di garantire patrimonialmente i crediti dello Stato e quelli derivanti dalle obbligazioni civili derivanti dal reato, il sequestro preventivo è finalizzato a prevenire il “pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati” (art. 321 c.p.p.). Si può affermare che il sequestro probatorio, in quanto mezzo di ricerca della prova, è finalizzato a rendere indisponibile fuori dal processo quegli oggetti che, in ragione di una qualsiasi relazione con la condotta criminosa, risultino comunque utili all’accertamento dei fatti(1).

La preoccupazione del legislatore del 1989 è stata soprattutto quella, come si ricava dalla relazione, di evitare di predisporre sequestri, in ambito strettamente penale, diversi da quello finalizzato all’acquisizione di elementi probatori (infatti, le restanti tipologie di sequestro attengono alle misure cautelari reali). Le preoccupazioni insite in queste disposizioni sembrano avvalorate dal regime delle cautele, in materia di sequestro, che il codice espressamente prevede. Ad esempio, ove non sia un corpo del reato, non è possibile operare il sequestro di “carte e documenti relativi all’oggetto della difesa” presso i difensori o i consulenti tecnici (art. 103, 2º comma c.p.p.). Sono ancora insequestrabili la corrispondenza fra l’imputato e il difensore (art. 103, 3º comma c.p.p.), anche in questo caso, ove il pubblico ministero non ritenga che nella corrispondenza stessa non sia ravvisabile un corpo del reato. A ciò si deve aggiungere che la giurisprudenza prevalente, come si vedrà meglio nel corso della presente trattazione, ha affermato il principio che, ove la prova possa ottenersi in altro modo, i beni sequestrati all’imputato devono essere rilasciati(2). Come si è detto a funzioni del tutto diverse rispondono le tipologie di sequestro previste dal codice nell’ambito generale delle misure cautelari di tipo reale. Il sequestro conservativo, che si esegue applicando le norme del codice di procedura civile, risponde all’esigenza di coprire crediti nascenti dalle obbligazioni civili del reato ovvero a garantire i crediti dello Stato nei confronti dell’imputato. Questi crediti, una volta eseguiti, sono considerati privilegiati, “rispetto ad ogni altro credito non privilegiato di data anteriore e ai crediti sorti posteriormente, salvi, in ogni caso, i privilegi stabiliti a garanzia del pagamento dei tributi” (art. 316, 4º comma c.p.p.). Il sequestro disposto giova anche alla parte civile; infatti, esso non ha efficacia relativamente ai crediti vantati dallo Stato se non nei limiti delle somme che residuano dopo il soddisfacimento dei crediti della parte civile (vedi art. 320, 2º comma c.p.p.)(3). Tipica funzione non satisfattiva ma cautelare è quella che deriva dal sequestro preventivo, argomento della presente trattazione. Il codice (art. 321 c.p.p.) disciplina due ipotesi di tale ordine: quella del sequestro obbligatorio, che il giudice deve disporre, a richiesta del pubblico ministero, quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati, ed un sequestro facoltativo che il giudice può disporre per le cose delle quali è consentita la confisca.
La funzione dell’istituto in questione si risolve quindi nella necessità di inibire attività illecite attraverso un vincolo di indisponibilità su cose, direttamente o in via mediata, implicate nell’agire vietato. In un necessario bilanciamento di interessi, dunque, il pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato o l’agevolazione della commissione di altri illeciti comporta la compressione dei diritti individuali di proprietà e di libera iniziativa economica privata, considerati, nella gerarchia dei valori costituzionali, come diritti “condizionati”.

2. Cenni storici sul sequestro preventivo

Il sequestro preventivo è figura del tutto nuova nel nostro codice di procedura penale(4). Nel codice Rocco, però, si rinveniva un nucleo dell’istituto nel “sequestro penale” (vedi artt. 222 ss., 337 ss., 622 ss. c.p.p. abrogato), oltre che in alcune statuizioni giurisprudenziali e in leggi speciali(5). Si era ritenuto, autorevolmente, che nel “sequestro penale” precedentemente disposto dal codice di rito, albergasse una disciplina “bivalente”, nel senso che conteneva in sé sia la funzione probatoria, sia quella preventiva, cioè cautelare(6). I contenuti dell’art. 219 c.p.p. abrogato, che individuavano le funzioni attribuite alla polizia giudiziaria, ivi compresa quella di impedire effetti dannosi ulteriori del reato, avevano subito uno sviluppo pressoché incontrollabile, con riferimento ai compiti devoluti all’autorità giudiziaria, ma soprattutto gli atti attraverso cui realizzarli(7). La norma, infatti, operando parallelamente all’art. 700 c.p.c., aveva consentito di attuare una “tutela d’urgenza in sede penale”(8). La situazione era poi evoluta nel senso che i giudici (soprattutto i pretori), prendendo spunto da questa sorta di “vuoto legislativo” in materia di misure caute-lari preventive, e fondando le proprie decisioni su quanto surrettiziamente disposto dall’art. 219 c.p.p., avevano utilizzato lo strumento, soprattutto in materia di abusi edilizi, per scongiurare la perpetuazione ulteriore di reati(9). Come sottolinea una dottrina, “nella prassi, macroscopiche degenerazioni conseguenti al vuoto normativo, erano individuabili nei provvedimenti emessi al di fuori dei limiti di competenza o di giurisdizione del giudice penale: i pretori disponevano “sequestri di massa” che spiegavano efficacia su tutto il territorio nazionale anche quando il reato non avesse avuto origine nella propria circoscrizione mandamentale, sottraendo l’interessato al giudice naturale. E ancora, sebbene la prevenzione penale si distingua da quella amministrativa perché presupposto dell’intervento del giudice penale è sempre la commissione del reato, le pratiche giudiziarie avevano conosciuto, negli anni Settanta, interventi coercitivi ante delictum, oltre a provvedimenti abnormi, opportunamente censurati in Cassazione, con i quali si disponeva il sequestro di beni e prodotti estranei al nesso causale con la presunta condotta delittuosa”(10). Da qui, indubbiamente, l’esigenza di una previsione autonoma della fattispecie legale, introdotto per la prima volta nel codice del 1988, dove si specifica che la funzione fondamentale di questo istituto è di evitare che “la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati” (art. 321, 1° comma c.p.p.). Si tratta, dunque, di una tipica misura cautelare reale, in quanto è attuata per prevenire i danni derivanti dal protrarsi dell’uso di una determinata cosa (si pensi, ad esempio, ad un’arma da fuoco o ad altro oggetto con cui si sia commesso un reato). Come si vedrà meglio in seguito, le fattispecie disposte dal legislatore in ordine al sequestro preventivo sono due: a)un sequestro obbligatorio, relativo alla disposizione già citata del 1° comma dell’art. 321 c.p.c.; b)un sequestro meramente facoltativo, previsto dal 2° comma dell’art. 321, per le cose di cui è consentita la confisca. Si può notare come, per quanto il codice abrogato non prevedesse specificamente il sequestro preventivo, la giurisprudenza maggioritaria aveva ammesso la possibilità che la polizia giudiziaria operasse un sequestro quale misura cautelare nell’ambito delle funzioni ad essa assegnata in modo specifico dall’art. 219 c.p.p. abrogato(11). Ma l’ambito di applicazione del sequestro risulta più ampio rispetto alla costruzione giurisprudenziale, in quanto esso prevede non soltanto lo scopo di “evitare l’aggravamento o la protrazione di conseguenze del reato già commesso o in itinere, ma anche quello di impedire l’agevolazione della commissione di altri reati”(12). Il pericolo rilevante ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare di specie deve essere inteso, sempre secondo la giurisprudenza, in senso oggettivo, “come probabilità di danno futuro”, connessa alla “effettiva disponibilità materiale o giuridica della cosa”(13). Il riferimento alla pertinenza della cosa al reato, che ha un significato ben preciso in materia di sequestro probatorio, tende, quindi, a “perdere di significato in un sequestro che può essere adottato in funzione sia della confisca sia della prevenzione di un pericolo”(14). 

3. La nozione di sequestro preventivo

Il sequestro preventivo si configura come misura volta ad impedire che la libera disponibilità di “una cosa pertinente al reato” possa aggravare o protrarre le conseguenze dell’illecito penale, ovvero agevolare la reiterazione della condotta delittuosa (art. 321 c.p.p.). La funzione specifica del sequestro preventivo è quella di consentire la “fruttuosità” del processo, prevedendo il verificarsi di altri fatti criminosi, collegati a quello oggetto del procedimento penale. L’aggravamento del reato, la protrazione delle sue conseguenze e la commissione di altri reati sono eventi tali da pregiudicare l’effettività del processo penale. La fase dell’esecuzione è finalizzata ad impedire che il reo, in futuro, continui a delinquere, sia attraverso la c.d. “neutralizzazione”, cioè la segregazione carceraria, sia attraverso la rieducazione e risocializzazione che si consegue adottando il trattamento più idoneo(15). L’art. 321 c.p.p. prevede che il sequestro può essere disposto per impedire l’aggravamento del reato o il protrarsi delle sue conseguenze, ovvero la commissione di altri reati e stabilisce che il suo oggetto consiste in cose pertinenti al reato. Il dato normativo, dunque, subordina in modo evidente l’adozione del provvedimento alla commissione di un reato, rendendo in questo modo necessario, affinché l’adozione della misura cautelare risulti legittima, che “la creazione della situazione di indisponibilità avvenga a fronte di fattispecie criminose in atto, quando cioè la condotta delittuosa oggetto dell’accertamento si protrae in pendenza del procedimento ovvero quando gli effetti del reato continuano a manifestarsi nell’arco dell’iter procedimentale”(16). Il collegamento che si viene a stabilire fra la misura cautelare e il reato circoscrive l’ambito di applicazione del sequestro preventivo, il quale “non deve in sostanza esorbitare dalla cornice dell’imputazione, non potendo l’autorità giudiziaria sostituirsi all’autorità amministrativa in attività di prevenzione non finalizzate contestualmente alla repressione del reato”(17).


4. Le condizioni per l’adozione del provvedimento

Le condizioni richieste per l’adozione del provvedimento sono, in modo indefettibile: il fumus delicti ed il periculum in mora. Per quanto attiene al primo, è da notare come il sequestro preventivo non è finalizzato all’accertamento di un possibile reato, ma presuppone la commissione di un reato, sia pure accertato in via incidentale, nella sua astratta configurabilità: è, cioè, imprescindibile che storicamente si sia verificato un fatto avente i connotati dell’illecito penale, ancorché non sia necessario che il fatto-reato sia attribuito al soggetto nei cui confronti viene adottato il provvedimento, potendo essere emesso anche nei confronti di terzi estranei, prevalendo l’interesse a tutelare le più generali esigenze di prevenzione sociale e tutela della collettività. Il periculum in mora legittimante il sequestro preventivo, ai sensi del primo comma della norma in esame, deve intendersi non come generica ed astratta eventualità, ma come concreta, imminente ed elevata possibilità, desunta dalla natura del bene e da tutte le circostanze del fatto, che il bene assuma carattere strumentale rispetto all’aggravamento e alla protrazione delle conseguenze del reato ipotizzato e all’agevolazione della commissione di altri reati. Nel determinare le situazioni di periculum in mora si è posto un dubbio interpretativo circa il significato della dizione “aggravare o protrarre le conseguenze” e cioè se queste ultime, vadano o no identificate con l’evento del reato. La giurisprudenza è nel secondo senso, in quanto afferma che dopo la cessazione della condotta il giudice può sempre disporre il sequestro; il pericolo dunque va inteso in senso oggettivo, come probabilità di danno futuro sicché non è di ostacolo all’adozione della misura il fatto che il reato sia già consumato (Cass. 18 gennaio 1999, rv. 212151). Mentre per il periculum in mora non si presentano particolari problemi interpretativi, essendo lo stesso rappresentato dal fatto che la libera disponibilità di cose pertinenti al reato possa rappresentare concretamente un rischio di reiterazione del reato, il fumus non traspare dall’articolazione normativa(18). La necessità circa l’individuazione del fumus è ribadita in dottrina da numerose argomentazioni. Il sequestro preventivo è tipica misura cautelare reale e queste sono accomunate, oltre che dalla funzione di evitare che durante il processo si verifichino eventi pregiudizievoli il provvedimento finale, anche dal fatto che l’emissione è condizionata dal periculum e dal fumus. Mentre il primo fa riferimento all’esistenza del pericolo di pregiudizio per il futuro provvedimento, il fumus si riferisce alla probabilità che il provvedimento venga effettivamente adottato(19). Se dottrina e giurisprudenza, però, si mostrano abbastanza concordi nel ritenere necessaria la sussistenza sia del periculum, sia del fumus, quest’ultimo non pare con certezza individuabile. Secondo una corrente di pensiero giurisprudenziale, il fumus è ravvisabile nel fatto che “un reato sia stato compiuto ed a giustificare il sequestro preventivo è necessario e sufficiente il fumus di sussistenza degli estremi del reato ipotizzato”(20). Secondo un orientamento del tutto opposto, il fumus, che giustifica l’adozione del provvedimento cautelare reale, si ha solamente quando si presenta con ragionevole certezza la colpevolezza del-l’imputato. Per permettere un sequestro preventivo è dunque necessario avere indizi di colpevolezza(21). Una parola decisiva è stata emessa dalle Sezioni Unite della Cassazione, le quali hanno deciso che “le condizioni generali per l’applicabilità delle misure cautelari personali, indicate nell’art. 273 c.p., non sono estensibili, per la loro peculiarità, alle misure cautelari reali”, con la conseguenza che “ai fini della doverosa verifica della legittimità del provvedimento con il quale sia stato ordinato il sequestro preventivo di un bene pertinente ad uno o più reati, è preclusa ogni valutazione sulla sussistenza degli indizi di colpevolezza e sulla gravità degli stessi”(22). Secondo i giudici, inoltre, “il controllo del giudice non può investire, in relazione alle misure cautelari reali, la concreta fondatezza di un’accusa, ma deve limitarsi all’astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito ad un soggetto in una determinata ipotesi di reato”(23). In una successiva sentenza delle Sezioni Unite, si è ribadito più chiaramente che “l’accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica. Pertanto, il tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l’indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l’integralità dei presupposti che legittimano il sequestro”(24). 

5. L’oggetto del sequestro preventivo

Ai sensi dei commi 1 e 2 del 321 c.p.p. vanno sequestrate: a. le cose pertinenti al reato; b.le cose di cui è consentita la confisca [240 c.p.]. In riferimento al punto a), il problema principale che si pone in materia di oggetto del sequestro preventivo è se possa rientrarvi il corpo del reato. Esso non è infatti menzionato dall’art. 321 c.p.p. La dottrina maggioritaria ritiene che il corpo del reato possa rientrare fra le cose sequestrabili. Infatti, la categoria delle cose pertinenti ad un reato comprende il corpo del reato ed ogni cosa che serve ad accertare la consumazione dell’illecito, l’autore di esso, le circostanze e persino gli elementi da cui si desumono la personalità del reo e i moventi del reato(25). In questo senso, è stato affermato che la locuzione “corpo del reato” deve essere interpretata estensiva-mente e che in essa rientrano anche le cose pertinenti al reato. Le due categorie, infatti, si collegherebbero fra di loro in un rapporto di continenza, nel senso che la prima contiene anche la seconda. In particolare, si è distinto il corpo del reato dalle cose pertinenti, per dare una definizione sufficientemente comprensiva del concetto di corpo del reato e per mettere in risalto che la categoria dei beni pertinenti al reato non comprende solamente il corpo del reato ma abbraccia anche tutte le cose che indirettamente rientrano nella fattispecie criminosa, con l’ulteriore precisazione che, nell’art. 321 c.p.p., la suddetta nozione va riferita alle finalità del sequestro ed esprime non soltanto l’esistenza del vincolo tra cosa e reato ma tra essa e le eventuali conseguenze dannose legate alla sua libera disponibilità(26). Quindi la definizione della nozione di “cosa pertinente al reato” va operata in relazione alla concreta vicenda oggetto del procedimento: in linea generale, può dirsi che è cosa pertinente al reato non solo quella che è servita per commettere il reato, ma anche quella indirettamente legata alla fattispecie illecita, in quanto strutturalmente funzionale alla possibile reiterazione dell’attività criminosa. Poiché, in astratto, ogni cosa può servire per commettere reati futuri, la sequestrabilità ai fini preventivi va limitata alle cose munite di una pericolosità intrinseca, ossia una specifica e strutturale strumentalità rispetto a possibili illeciti futuri. In riferimento al punto b) invece, il sequestro preventivo in questione, funzionale alla confisca, costituisce figura autonoma e specifica, distinto rimedio rispetto a quello regolato dal primo comma. La particolarità di tale mezzo cautelare risiede nel fatto che per la sua applicabilità non occorre necessariamente la sussistenza dei presupposti previsti dal primo comma del sequestro preventivo tipico (pericolo che la libera disponibilità della cosa possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato, ovvero, agevolare la commissione di altri reati), ma basta il requisito della confiscabilità, la quale non è subordinata alla pericolosità sociale dell’agente. In altri termini, questa figura di sequestro non sottende alcuna prognosi di pericolosità connessa con la libera disponibilità delle cose medesime le quali, proprio perché confiscabili, sono di per sé oggettivamente pericolose indipendentemente dal fatto che si versi in materia di confisca obbligatoria o facoltativa.

6. Il sequestro operato dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero

Nel corso delle indagini preliminari, quando non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice, il sequestro è disposto con decreto motivato dal pubblico ministero. L’art. 321, comma 3-bis c.p.p. consente altresì agli ufficiali di polizia giudiziaria di procedere al sequestro preventivo in tutti i casi in cui, per la situazione di urgenza, non è possibile attendere il provvedimento del pubblico ministero al quale, nelle quarantotto ore successive, va comunque trasmesso il verbale dell’atto (questo termine temporale ha carattere perentorio, onde la sua inosservanza determina il dovere per l’organo inquirente di disporre la restituzione delle cose sequestrate; tuttavia, in considerazione dell’autonomia dei due provvedimenti, la decorrenza del lasso temporale indicato non preclude al P.M. la richiesta di imposizione del vincolo reale al G.I.P.). La situazione di urgenza che porta gli ufficiali di polizia giudiziaria a procedere al sequestro di iniziativa, può verificarsi sia nell’ipotesi in cui gli stessi agiscano di loro iniziativa, sia in quella in cui operino eseguendo un compito loro affidato dall’autorità giudiziaria(27). Il verbale di sequestro preventivo eseguito dalla polizia giudiziaria deve “contenere i motivi della misura cautelare, sia in relazione a quella “situazione di urgenza” che legittima il potere di autosostituzione della stessa, sia in relazione alle condizioni legittimanti il sequestro preventivo”(28). In base al comma 3-bis dell’art. 321 c.p.p., è prevista la richiesta da parte del pubblico ministero al giudice per le indagini preliminari di due provvedimenti: la convalida della misura adottata in via d’urgenza dallo stesso pubblico ministero e l’emissione del decreto motivato di sequestro previsto dal 1° comma del medesimo articolo. I due provvedimenti non sono inscindibilmente connessi(29), in quanto è possibile che il G.I.P. neghi la convalida, non ravvisando le ragioni che giustificavano l’iniziativa ma, ravvisando quelle che giustificano l’emissione del decreto motivato di sequestro preventivo, provveda in conseguenza disponendo comunque la misura, che avrà efficacia dal quel momento(30). C’è da precisare che analogamente al mancato rispetto del termine delle 48 ore per la trasmissione del verbale di sequestro dalla P.G. al P.M., e successivamente dal P.M. al giudice, la mancata osservanza da parte del giudice del limite temporale (10 giorni) per l’emissione dell’ordinanza di convalida del sequestro comporta la perdita di efficacia del sequestro stesso (art. 321-ter 3 co c.p.p.). 

7. Il regime delle impugnazioni: il riesame, l’appello e il ricorso in Cassazione

Con le leggi n. 398/1984 e 330/1988, si è introdotto un importante strumento di impugnazione tipico delle misure cautelari, che è la richiesta di riesame. L’importante strumento di impugnazione, che non sospende l’esecuzione del provvedimento (art. 322, 2 co c.p.p.), consente al difensore di intervenire in camera di consiglio per illustrare la richiesta di riesame(31). L’articolo che prevede il riesame avverso il decreto di sequestro cautelare preventivo è dotato di maggiore specificità rispetto al paritetico che disciplina il riesame del sequestro conservativo (rif. art. 318 c.p.p.). Secondo tale articolo sono legittimati alla richiesta: l’imputato, il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che ha diritto alla loro restituzione. La persona offesa dal reato non è legittimata a proporre né una richiesta di riesame né un’altra forma di impugnazione avverso i provvedimenti in materia. Ai fini dell’interesse al riesame avverso il sequestro da parte dell’indagato rileva la disponibilità che questi fa del bene: invero l’interesse diretto ed attuale ai sensi dell’art. 568 c.p.p. sussiste quando vi sia la possibilità di ottenere un beneficio dalla rimozione del provvedimento impugnato, nella finalità di evitare che dalla misura derivino o possano derivare lesioni di un diritto o di una situazione giuridica comunque tutelata. Se non vi è dubbio sulla autorità della richiesta da parte del difensore e della persona alla quale le cose sono state sequestrate, per la persona che avrebbe diritto alla restituzione della cosa sequestrata, sorgono dubbi che sono stati affrontati dalla giurisprudenza nel modo seguente: “La persona che avrebbe diritto alla restituzione deve individuarsi solo in quella che ha una posizione giuridica autonomamente tutelabile e coincidente, quindi, con un diritto soggettivo (reale o anche solo personale) o anche con una situazione di mero rapporto di fatto giuridicamente protetto (ad esempio, il possesso). In ragione di tale regola è stato affermato che, se vi è locazione del bene in sequestro, il proprietario di siffatto bene non è legittimato a proporre istanza di riesame perché la res non è nella sua disponibilità, e la restituzione non potrebbe essere disposta in suo favore”(32). Va inoltre sottolineato che il provvedimento impugnabile può essere solo il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice (art. 322 c.p.p.). Avverso il decreto di sequestro emesso dal P.M., destinato ad una automatica caducazione in caso di mancata convalida nei tempi e con le modalità di cui all’art. 321 c.p.p., non è esperibile alcuna autonoma impugnazione. Limitatamente al sequestro preventivo (e non anche per quelli conservativo e probatorio) è esperibile anche l’appello, gravame di primo grado, alternativo ma non concorrente con il riesame. I soggetti legittimati alla proposta sono gli stessi del riesame. Oggetto dell’appello sono le ordinanze di contenuto non costitutivo (cioè quelle di modifica, sostituzione, revoca della misura o di rigetto delle relative istanze). La decisione del Tribunale della Libertà è, a sua volta, ricorribile in Cassazione. In base a quanto disposto dall’art. 324 c.p.p. la richiesta di riesame deve essere presentata presso la cancelleria del tribunale del riesame entro dieci giorni dalla data di esecuzione del provvedimento che ha disposto il sequestro o dalla diversa data in cui l’interessato ha avuto conoscenza dell’avvenuto sequestro. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno però stabilito che la richiesta può anche essere presentata presso la cancelleria della pretura dove si trovano le persone legittimate, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento(33). Problemi interpretativi si sono posti soprattutto per quanto concerne la delimitazione della cognizione del tribunale del riesame. Anche in questo caso sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione, le quali hanno stabilito che “in sede di riesame del sequestro, il tribunale deve stabilire l’astratta configurabilità del reato ipotizzato. Tale astrattezza, però, non limita i poteri del giudice nel senso che questi deve esclusivamente “prendere atto” della tesi accusatoria senza svolgere alcun’altra attività, ma determina soltanto l’impossibilità di esercitare una verifica in concreto della sua fondatezza. Alla giurisdizione compete, pertanto, il potere-dovere di espletare il controllo di legalità, sia pure nell’ambito delle indicazioni fornite dal pubblico ministero. L’accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica”(34). Il potere del giudice del riesame appare dunque limitato, nel senso che non può vagliare la fondatezza di un’accusa, ma deve limitarsi all’astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito ad una determinata ipotesi di reato. L’art. 325, 1° comma c.p.p. prevede che si possa ricorrere per violazione di legge contro le ordinanze emesse a norma degli artt. 322-bis e 324 c.p.p. È pertanto possibile il ricorso immediato in Cassazione, contro il provvedimento che respinge la richiesta di revoca del sequestro, ai sensi dell’art. 321 c.p.p., in quanto tale mezzo non rientra fra quelli di cui all’art. 568 c.p.p., che si riferisce ai provvedimenti sulla libertà e non è disciplinato dall’art. 325, 2° comma c.p.p., che concerne soltanto il ricorso avverso il decreto di sequestro. Legittimati a proporre ricorso in Cassazione sono l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione (art. 325 c.p.p.). 

8. Rapporti tra i vari tipi di sequestro

Come abbiamo visto nell’introduzione esistono diversi tipi di sequestri disciplinati dal codice di procedura penale. Accanto al sequestro preventivo si collocano il sequestro penale, o probatorio, e il sequestro conservativo. Il sistema delineato dal codice consente peraltro sia la conversione di un sequestro da penale a preventivo o conservativo, sia il contrario. L’elasticità della disciplina si spiega con la considerazione che non sempre il sequestro di un bene risponde a una sola finalità e che non sempre è agevole distinguere, nella pratica, i casi in cui il bene può essere assoggettato a un sequestro probatorio o, invece, a un sequestro solo preventivo. Può pensarsi, ad esempio, al sequestro di grimaldelli: esso risponde sia a finalità di prova dei reati di furto - art. 624 c.p. - e di possesso ingiustificato di arnesi atti allo scasso - art. 707 c.p. - sia a evidenti finalità di prevenzione rispetto a futuri reati contro il patrimonio. Riguardo ai rapporti fra i vari tipi di sequestro, in dottrina si ammette generalmente che, sullo stesso bene, essi possano coesistere. Può dunque accadere che più sequestri omogenei (tutti penali, tutti preventivi, ecc.) siano disposti da più uffici, ciascuno in relazione alle proprie esigenze, ovvero che si accentrino sugli stessi oggetti sequestri del tutto differenti (uno penale che colpisce cose già sequestrate in sede civile, o viceversa; così come un sequestro preventivo può intervenire mentre già è in corso un precedente sequestro penale)(35). Salvi i casi nei quali possano verificarsi, a monte di più sequestri, veri e propri conflitti, questi andranno risolti con riguardo alle rispettive finalità ed alle rispettive destinazioni. A questo riguardo, rilevano le disposizioni che regolano le priorità secondo le specifiche norme sui privilegi (ad esempio, l’art. 191 c.p. per il sequestro conservativo, l’art. 265 c.p.p. per il sequestro penale, ecc.). Ovviamente, quando più sequestri cadono sulle medesime cose, l’effetto di ciascuno si protrae fino a quando non subentrino provvedimenti di contenuto contrario. In questo modo, può accadere che un sequestro penale incida su cose già sottoposte a sequestro civile, sia giudiziario sia conservativo; potrà prevalere operativamente quello, rispetto a questo, ove esigenze processuali impongano l’asporto e la conservazione, ma se il penale viene meno, proseguiranno gli effetti del civile. In linea di massima, la Corte di Cassazione aveva ammesso il concorso fra il sequestro preventivo e quello probatorio(36). Secondo il ragionamento seguito dai giudici di legittimità, il codice di procedura penale prevede diversi tipi di sequestro a seconda delle finalità che si perseguono. Da ciò scaturisce, logicamente, che sia consentita “l’adozione di diversi provvedimenti, anche in concorso fra di loro, ove ricorrano i predetti presupposti e finalità. La ratio di tale concorso appare di particolare evidenza nella specie, perché il sequestro probatorio poteva essere limitato soltanto al quantitativo necessario per le analisi di revisione o per eventuali perizie giudiziarie, mentre l’esigenza di prevenire la messa in vendita del vino adulterato (oltretutto confiscabile) richiedeva che la cautela fosse posta sull’intero quantitativo rinvenuto, esigenza giuridicamente assicurata soltanto dal sequestro preventivo”. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno ribadito tale orientamento(37), aggiungendo alcune precisazioni e puntualizzazioni. In particolare, si è precisato che il concorso di sequestri sul medesimo oggetto è possibile ma perché ciò effettivamente accada è necessario che sia reale, e non soltanto presunta, la prospettiva della riconduzione del bene soggetto a sequestro probatorio nella disponibilità di chi potrebbe servirsene per le finalità che l’art. 321 c.p.p. tende a contrastare. 

9. Particolari ipotesi di sequestro preventivo

Alcune norme speciali prevedono che la P.G. e il pubblico ministero possano effettuare sequestri di cose immobili per finalità assimilabili a quelle del sequestro preventivo. Le ipotesi particolari di sequestro preventivo più significative e frequenti sono: a. immobili sedi di enti, associazioni o gruppi (art. 3 della legge 8 agosto 1977, n. 533). Il sequestro può intervenire quando in tali sedi siano rinvenute armi da sparo, esplosivi o incendiari ovvero quando l’immobile sia pertinente a reati in materia di armi o esplosivi o ai reati previsti dagli artt. 241 (attentati contro l’integrità, l’indipendenza o l’unità dello Stato), 285 (devastazione, saccheggio o strage), 286 (guerra civile) e 306 (banda armata) c.p. o dalla L. 20 giugno 1952, n. 645 (ricostruzione del partito fascista). Al sequestro, qualora vi sia flagranza di reato, devono procedere “gli ufficiali di pubblica sicurezza” trasmettendo alla autorità giudiziaria il relativo verbale nelle 48 ore; b. sequestro di persona a scopo di estorsione (artt. 1 e 7 D.L. 15 gennaio 1991, n. 8 convertito nella legge 15 marzo 1991, n. 82). Si tratta della nota e controversa ipotesi del “blocco dei beni” di colui che è sottoposto a sequestro di persona, introdotta nella normativa per la considerazione che il “congelamento” di tali beni rende più difficile agli autori del reato ottenere il pagamento del riscatto e impedisce trattative segrete con la famiglia della vittima. Il sequestro temporaneo dei beni e il blocco delle operazioni bancarie possono rendere più arduo il perseguimento degli scopi di lucro che animano gli autori di questo tipo di reato. Spetta agli organi di investigazione utilizzare le maggiori difficoltà nel pagamento create dal “blocco” stesso per articolare le attività di indagine. In questo senso si muovono le altre disposizioni in materia sia per ciò che riguarda il potenziamento delle strutture di polizia destinate alla prevenzione e repressione dei delitti di sequestro, sia per ciò che riguarda la possibilità di eseguire operazioni controllate di pagamento del riscatto. L’ipotesi del “blocco” ha suscitato com’è ovvio molte polemiche ma l’intenzione del legislatore era quella di agevolare, nel periodo di durata del blocco, le investigazioni della polizia. Volendoci limitare ad una schematica esposizione degli aspetti processuali della normativa in materia di “blocco dei beni”, può dirsi: - il pubblico ministero richiede e il giudice dispone (sequestro preventivo obbligatorio) il sequestro dei beni appartenenti alla persona sequestrata, al coniuge e ai parenti e affini conviventi; - il pubblico ministero può altresì richiedere e il giudice disporre (sequestro preventivo facoltativo) il sequestro dei beni appartenenti ad altre persone quando vi è fondato motivo di ritenere che tali beni possano essere utilizzati, direttamente o indirettamente, per far conseguire agli autori del delitto il prezzo della liberazione della vittima; - il sequestro ha durata di un anno, ma può essere rinnovato; - il sequestro non comporta limitazioni alla facoltà di gestione dei beni e il giudice, in caso di necessità o per motivi familiari, professionali, economici o imprenditoriali, sentito il pubblico ministero, può autorizzare atti di disposizione dei beni sequestrati; - quando è necessario per acquisire rilevanti elementi probatori, ovvero per la individuazione o cattura dei responsabili del delitto, il pubblico ministero può richiedere al giudice che venga autorizzata la disposizione di beni, denaro o altra utilità, per l’esecuzione di operazioni controllate di pagamento del riscatto, indicandone le modalità. Al “sequestro preventivo” in questione la P.G. non può procedere a iniziativa; c. immobili utilizzati per attività rivolte al compimento di reati di discriminazione razziale (art. 5, 2° e 3° comma, D.L. 26 aprile 1993, n. 122). Si tratta di una ipotesi di sequestro pressoché analoga a quella di cui alla precedente lettera A) in tema di immobili sedi di enti, associazioni o gruppi. Il sequestro interviene quando in un immobile (che si ritiene utilizzato per riunioni, deposito, rifugio o altre attività connesse a reati di discriminazione razziale), sono rinvenuti, a seguito della perquisizione speciale disposta a norma dell’art. 5 co. 1 D.L. 122/1993, armi, munizioni, esplosivi, ordigni esplosivi o incendiari ovvero oggetti atti a offendere (ricompresi fra quelli di cui all’art. 4 L. 18 aprile 1975, n. 110) riferibili a organizzazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Il sequestro, che è obbligatorio, non può protrarsi per oltre 30 giorni quando l’immobile è in proprietà, in godimento o in uso esclusivo a persona estranea al reato. Con la sentenza di condanna (anche “patteggiata”), e quando si tratta di casi di particolare gravità, il giudice dispone la confisca dell’immobile sequestrato salvo che lo stesso appartenga a persona estranea al reato. Al sequestro procede di norma l’autorità giudiziaria; possono procedervi anche gli ufficiali di P.G. quando il rinvenimento degli oggetti avviene dall’esito di una perquisizione effettuata su loro iniziativa; d.criminalità organizzata (art. 12-sexies D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356). Nel corso di procedimenti penali per gravi delitti, in generale riferibili alle attività della criminalità organizzata, si può procedere (art. 321, 2° comma c.p.p.) al sequestro preventivo dei valori (= denaro, beni o altre utilità) di cui l’imputato, o l’indagato: -non può giustificare la provenienza (= valori ingiustificati); -risulta essere titolare o avere a qualsiasi titolo la disponibilità (anche per interposta persona) in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica. Il procedimento penale nel quale può operarsi il sequestro deve riguardare, in alternativa, i reati di: -associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.); -associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/1990); -produzione e traffico illecito di stupefacenti, se non si tratta dell’ipotesi lieve (art. 73 D.P.R. 309/1990); -estorsione (art. 629 c.p.); -sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.); -usura (art. 644 c.p.); -ricettazione o riciclaggio o reimpiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (artt.648 o 648-bis o 648-ter c.p.), esclusa l’ipotesi di “particolare tenuità” dell’ art. 648 co. 2 c.p.; -trasferimento fraudolento di valori (art. 12-quinquies D.L. 306/1992). I valori “ingiustificati” sono sottoposti a confisca obbligatoria, se il procedimento si conclude con una sentenza di condanna anche se patteggiata. Il sequestro è disposto dal giudice ma può essere disposto anche dal pubblico ministero, nei casi di cui all’art. 32 co. 3-bis (indagini preliminari in corso e situazione di urgenza che non consente di attendere il provvedimento del giudice). Il sequestro non può essere disposto, invece, dalla p.g. a iniziativa (art. 12sexies co. 4 D.L. 306/1992). Sono dettate specifiche disposizioni in materia di custodia, conservazione e amministrazione dei beni sequestrati e confiscati (art. 12-sexies commi 3 e 4 D.L. 306/1992). La previsione consente, per un verso, la sequestrabilità di interi patrimoni sospetti e non di singoli beni collegabili allo specifico reato contestato; per un altro, sposta sull’imputato o indagato, l’onere di documentare la provenienza del suo patrimonio tutte le volte in cui esso si presenta sproporzionato rispetto alla attività svolta dall’imputato medesimo. 

10. Conclusioni

Il sequestro preventivo, disciplinato dagli articoli 321 e seguenti del codice di procedura penale, è una misura cautelare reale preventiva, posta cioè a tutela di interessi futuri, nascenti in senso lato, dall’illecito penale. Comporta l’indisponibilità temporanea di cose - beni mobili ed immobili - sempre sotto il profilo giuridico e, talvolta anche sotto quello fisico-materiale. Pur essendo una misura cautelare, diversamente da quanto previsto per le misure personali, si attua attraverso la necessità di inibire attività illecite attraverso l’indisponibilità di cose. Si tratta, pertanto, di finalità extraprocessuali ben distinte da quelle probatorie perseguite dal sequestro penale il quale, per tali ragioni, è stato collocato nel libro delle prove (art. 253 c.p.p.). La giurisprudenza, nonostante pareri a volte discordi, ritiene ammissibile il sequestro preventivo di un bene, sebbene questo sia già stato colpito da sequestro probatorio (cfr. Cass. S.U., 1° marzo 1995, n. 23). La previsione di diversi tipi di sequestro, collegati a diversi presupposti ed alla diversa funzione da ciascuno perseguita, consente l’adozione di diversi provvedimenti in concorso tra loro, ove però ricorrano i rispettivi presupposti e finalità. Per quanto riguarda le impugnazioni alle misure cautelari reali, e quindi anche avverso il sequestro preventivo, troviamo la disciplina negli articoli 324 e 325 c.p.p.. Le misure reali sono cioè presidiate da mezzi di impugnazione autonomi rispetto alla sentenza che definisce il giudizio, che ne consente una verifica anticipata ed immediata rispetto al ritmo necessariamente lento dei gradi di giudizio cosiddetti di merito. I mezzi di impugnazione alla misura si articolano in due gradi, uno di merito ed uno di legittimità. Sono gravami di merito il riesame e l’appello, alternativi tra loro. L’esperibilità dell’uno o dell’altro dipende dal contenuto del provvedimento impugnato: oggetto del riesame (art. 322 c.p.p.) sono le ordinanze costitutive, oggetto dell’appello (art. 322 bis c.p.p.) sono le ordinanze di contenuto non costitutivo: quelle di modifica, sostituzione, revoca della misura o di rigetto del-l’istanza. Il gravame di legittimità è il ricorso per Cassazione, limitato però alle violazioni di legge inficianti la decisione sull’appello o sul riesame.



Approfondimenti

(1) -Vedi, in tal senso: E. SELVAGGI, art. 253, in M. CHIAVARIO, Commentario al nuovo codice di procedura penale, II, Torino, 736.
(2) -In tal senso: Cass. pen. 30 giugno 1996, in Arch. nuova proc. pen., 1997, 391 ss.
(3) -Su questo punto, vedi: Misure cautelari reali, in E. AMODIO - O. DOMINIONI, COMMENTARIO AL NUOVO CODICE DI PROCEDURA PENALE, III, Milano, 1998, 241 ss.
(4) -A. NAPPI, Guida al nuovo codice di procedura penale, Milano, 1991, 398.
(5) -Vedi, su questo punto: F. CORDERO, Guida alla procedura penale, Torino, 1986, 353 ss.
(6) -F. CORDERO, Procedura penale, cit., 526. La giurisprudenza riteneva, in modo simile, che l’istituto contenesse qualcosa di ibrido e che, comunque, non potesse considerarsi quale fattispecie del tutto autonoma: “Il sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato non è subordinato ad alcuna finalità predeterminata, come, del resto, conferma l’art. 347 c.p.p. che consente il sequestro in qualsiasi stato e grado del giudizio ed anche dopo la definizione del procedimento con sentenza di condanna irrevocabile, cioè quando non può più configurarsi alcuna finalità di assicurazione delle prove” (Cass. pen. 31 gennaio 1974, in Giur. pen., 1974, III, 597).
(7) -F. CORDERO, Procedura penale, cit., 629, nota 1.
(8) -L. PAOLOZZI, Il sequestro personale, Padova, 1984, 32.
(9) -Lo strumento così utilizzato aveva superato anche la censura della Corte costituzionale, secondo la quale (C. cost. 23 marzo 1975, n. 82, in Giur. cost., 1975, I, 788 ss.), in materia di pubblicazioni oscene, aveva ritenuto perfettamente compatibile con il disposto dell’art. 21 Cost. il sequestro con funzione preventiva cui la stessa norma costituzionale rimanda.
(10)-A.M. DE SANCTIS, Sequestro preventivo, in DIGESTO, DISC. PENALISTICHE, XVIII, Torino, 1995, 265.
(11)-L’art. 219 c.p.p. abrogato disponeva: “La polizia giudiziaria deve anche di propria iniziativa prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, assicurarne le prove, ricercare i colpevoli e raccogliere quanto altro possa servire all’applicazione della legge penale”.
(12) -Vedi, fra le altre, Cass. pen. 27 marzo 1990, in Arch. pen., 1990, 1093.
(13) -Cass. pen., 26 aprile 1990, in Mass. Cass. pen., 1990, 449.
(14) -A. NAPPI, Guida al nuovo codice di procedura penale, cit., 401.
(15) -T. PADOVANI, Diritto penale, Milano, 1997, 380.
(16) -N. GALANTINI, Sub. art. 321, E. AMODIO - O. DOMINIONI, COMMENTARIO AL NUOVO CODICE DI PROCEDURA PENALE, III, cit., 269.
(17) -N. GALANTINI, Sub. art. 321, E. AMODIO - O. DOMINIONI, COMMENTARIO AL NUOVO CODICE DI PROCEDURA PENALE, III, cit., 269. La Cassazione ha peraltro specificato che l’istituto in parola non può essere utilizzato per surrogare altri istituti di matrice civilistica (come nel caso di specie, l’utilizzazione del sequestro preventivo per tutelare i creditori astrattamente pregiudicati, vedi Cass. pen. 17 novembre 1994, in CED Cass., n. 200642).
(18) -Vedi, su questo punto: A.A. DALIA - M. FERRAIOLI, Manuale di diritto processuale penale, cit., 388.
(19) -E. ZAPPALÀ, Le misure cautelari penali, in D. SIRACUSANO - A. GALATI - G. TRANCHINO - E. ZAPPALÀ, Diritto processuale penale, cit., 505.
(20) -Cass. pen. 23 novembre 1994, in CED Cass., n. 200216.
(21) -Cass. 12 novembre 1990, in Rass. giur. Enel, 1990, 795.
(22) -Cass. S.U. 25 marzo 1993, in Cass. pen., 1993, 1969.
(23) -Cass. S.U. 25 marzo 1993, cit., 1969.
(24) -Cass. S.U. 20 novembre 1996, in CED Cass., n. 206657.
(25) -N. GALANTINI, Sub. art. 321, E. AMODIO - O. DOMINIONI, COMMENTARIO AL NUOVO CODICE DI PROCEDURA PENALE, III, cit., 271 ss., F. LATTANZI, Brevi considerazioni sul sequestro del corpo del reato, in CASS. PEN., 1990, 1777 ss.
(26) -E. SELVAGGI, L’oggetto del sequestro probatorio e del sequestro preventivo, in CASS. PEN., 1991, 936 ss.
(27) -Vedi, su questo punto: Cass. pen. 5 luglio 1995, in CED Cass., n. 202405.
(28) -P. BALDUCCI, Il sequestro preventivo nel processo penale, Milano, 1991, 174.
(29) -P. BALDUCCI, Il sequestro preventivo nel processo penale, cit., 175.
(30) -Cass. 8 luglio 1991, in Cass. pen., 1993, 338.
(31) -Vedi, sul punto: F. CORDERO, Procedura penale, cit., 188 ss.
(32) -Cass. Sez. III, 12 febbraio 98, rv. 209861.
(33) -Cass. S.U. 18 giugno 1991, in Cass. pen., 1992, 48.
(34) -Cass. S.U. 20 giugno 1996, in CED Cass., n. 206257.
(35) -A. MELCHIONDA, Sequestro per il procedimento penale, cit., 200.
(36) -Vedi Cass. 16 giugno 1992, in Cass. pen., 1994, 1612.
(37) -Vedi Cass. S.U. 14 dicembre 1994, in Cass. pen., 1995, 699.