La dattiloscopia tra realtà biometrica ed indagine statistica

Luigi Capasso




Luigi Capasso
Dir. Sezione di Antropologia dell’Università
di Chieti - Facoltà di Medicina e Chirurgia




Alberto Cordedda



Alberto Cordedda

Maresciallo Capo dei Carabinieri
Dattiloscopista - gestore sistema A.F.I.S.





Gianfranco De Fulvio



Gianfranco De Fulvio
Tenente Colonnello dei Carabinieri
Comandante del Reparto Dattiloscopia Preventiva




Gertrude Hauser



Gertrude Hauser

Histolog. - Embryolog. Institut. Med. Universitat
Vienna.





Silvestro Marascio



Silvestro Marascio
Carabiniere Scelto
Dattiloscopista - gestore sistema A.F.I.S.


  

1. Premessa

Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, la dattiloscopia si affermò - non senza polemiche - come strumento di identificazione personale sull’ormai collaudato Bertillonage. A differenza di quest’ultimo, basato sul rilievo di undici misure corporee, la dattiloscopia fonda il suo potere identificativo su tre caratteristiche essenziali delle impronte papillari quali:
-  l’univocità;
-  l’immutabilità;
-  la classificabilità;
senza contare poi la maggiore praticità del segnalamento dattiloscopico rispetto alla laboriosità del rilievo delle undici misure corporee - operazione quasi impossibile con soggetto poco collaborativo -.
Riguardo l’univocità, non vi sono due soggetti che presentano le stesse impronte digitali; questa affermazione è valida anche per i gemelli omozigoti. Alcuni individui possono infatti presentare un tracciato papillare di identica morfologia e proporzioni ma le minutiae in esso presenti differiscono sicuramente tra i due soggetti.
Per minutiae o punti caratteristici s’intendono tutte le interruzioni di continuità che le creste cutanee (o dermatoglifi) componenti il disegno papillare presentano nel loro naturale decorso (Cummins and Midlo 1976). L’univocità è nota da tempo immemorabile come dimostra, ad esempio, il fatto che i notai cinesi già più di duemila anni or sono siglavano i loro rogiti con l’impronta digitale del pollice, volendo così assicurarsi da possibili contraffazioni.
Circa l’immutabilità, il disegno papillare comincia ad originarsi verso il terzo mese di vita intrauterina (qui si nota la presenza dei cosiddetti volar pads: una sorta di cuscinetti presenti, sia sulla zona volare della mano in formazione, sia sulle dita, che origineranno successivamente le creste cutanee) per essere completato verso il settimo mese; il tracciato così formato è immutabile in quanto solo un trauma o un ustione che intacchi la superficie endogena del derma può comportare una alterazione del disegno papillare, fermo restando che ciò introduce comunque un contrassegno non di poco conto ai fini identificativi.
L’immutabilità delle impronte digitali trae origine dalla conformazione dermica del corpo umano e, in particolare, del palmo della mano e della pianta dei piedi dove appunto è presente il cosiddetto ridge pattern - il disegno papillare - il motivo della cui presenza risiede nella maggiore capacità prensile che esso fornisce all’uomo.
La struttura dell’apparato tegumentario viene individuata da vari strati, come meglio descritto nell’illustrazione seguente, e il disegno digitale trae origine proprio nell’ultimo strato che viene proiettato - con il prosieguo dell’attività biologica - sulla superficie esterna.
 Ne consegue che eventuali modifiche al dermatoglifo che non interessino quest’ultimo strato vengono cicatrizzate fino al perfetto ripristino cutaneo con la generazione di nuove cellule. Come accennato in precedenza, verso il terzo mese di vita intrauterina compaiono i volar pads alla cui regressione durante il periodo gestatorio sembra potersi far risalire la figura generale dell’impronta e la stessa disposizione casuale delle minuzie - solo in parte derivante da fattori ereditari.
Da ultimo, le impronte digitali sono state classificate in quattro figure fondamentali in relazione alla presenza dei cosiddetti punti focali dell’impronta: il centro di figura ed il delta. Entrambe questi particolari sono originati dall’andamento delle creste cutanee che fondamentalmente si riferiscono a tre sistemi: il sistema marginale dove le creste contornano il polpastrello; il sistema basale con le linee papillari parallele al termine della falange e il sistema centrale. Dal congiungimento dei sistemi appena descritti possono originarsi figure del tipo adelta, mancanti del sistema centrale e del delta, poiché le linee del sistema basale nel loro naturale decorso s’innalzano sino quasi a congiungersi con le creste del sistema marginale, figure del tipo monodelta, caratterizzate dalla presenza di un centro di figura e da un solo delta, che si origina dall’intersezione dei tre sistemi anzidetti (le rappresentazioni grafiche di seguito indicate aiuteranno meglio la comprensione di quanto qui affermato); figure del tipo concentrico caratterizzate dalla presenza di un centro figura dalla forma tondeggiante e da due delta. Seguono infine le figure composte la cui denominazione origina dal particolare centro di figura dove le creste papillari formano figure complesse che presentano due delta.



Figura nr. 2


 Nell'illustrazione a fianco, l'artifizio grafico di colore rosso evidenzia le creste del sistema marginale che - come detto in precedenza - contornano il polpastrello, mentre con colorazione gialla sono evidenziate le creste dl sistema centrale; quindi con colore azzurro vengono rappresentate le linee del sistema basale.







2.  Rappresentazione grafica delle figure nelle quali sono classificate le impronte digitali

L’A.F.I.S. (Automatic Fingerprints Identification System) effettua la ricerca delle impronte mediante algoritmi matematici che, basandosi sulla distanza tra i punti caratteristici indicati dall’operatore, attribuiscono un punteggio (score) ad ogni candidato della lista proposta al dattiloscopista che effettuerà la successiva comparazione. Ne consegue che l’operatore dattiloscopico deve avere un’approfondita conoscenza delle impronte sia per intervenire nei casi di dubbia classificazione delle stesse, sia per evitare falsi positivi. Seppur molto precisa, l’A.F.I.S. è infatti una integrazione software-hardware che può errare il giudizio d’identità che, per questo motivo, è demandato all’uomo. In precedenza, Figura nr. 3si è accennato alle caratteristiche dell’impronta digitale e tra queste veniva annoverata la Figura nr. 4 classificabilità, facendo riferimento ai centri focali ed all’interazione esistente tra i vari sistemi di linea. Questi elementi componenti il disegno dattiloscopico devono necessariamente essere ben noti al dattiloscopista che, come primo atto dello studio di un’impronta, è chiamato a classificare il dermatoglifo. Il disegno a sinistra raffigura un’impronta di tipo adelta: si notano infatti le linee del sistema basale e quelle del sistema marginale che sembrano quasi congiungersi, venendo a mancare il sistema centrale. Nella raffigurazione di destra la stessa impronta viene alterata graficamente per rendere ciò maggiormente comprensibile (colore rosso = basale; giallo=marginale). Figura nr. 6
Figura nr. 5La figura adelta può a sua volta essere suddivisa in due sottoclassifiche: arco piano (figura precedentemente descritta) ed arco a tenda, dove si può notare un innalzamento delle creste del sistema basale verso la parte apicale (figura a fianco a sinistra). Quest’ultima figura - in particolare - presenta grosse analogie con la figura monodelta che invece viene raffigurata a destra.
L’elemento fondamentale per discernere le differenze esistenti tra le predette figure è il ridge counting. Con ridge line s’intende la cresta papillare e, in questo caso, l’operazione da porre in essere è il conteggio delle creste intercettate da una linea immaginaria passante tra il centro di figura ed il delta. Infatti, caratteristica della figura monodelta è l’esistenza di almeno una cresta papillare che, entrando da un lato, compia una curva uscendo dalla stessa direzione (nella figura a fianco queste creste potrebbero essere individuate Figura nr. 7 dalle linee di colore verde); quindi tra il centro di figura ed il delta deve intercorrere almeno una cresta papillare (nella figura a fianco un esempio di counting: i punti evidenziati in rosso sono le intersezioni con le linee papillari). Venendo a mancare le caratteristiche descritte, si è in presenza di “arco a tenda”.
a. La figura monodelta è caratterizzata dalla presenza di tutti i tre sistemi di linee (centrale, basale e marginale) che intersecandosi origineranno poi un delta. Figura nr.8Nell’alterazione grafica sotto riportata si possono notare marcate con colore verde le linee del sistema marginale, con colore giallo le creste del sistema basale mentre con l’azzurro viene individuato il sistema centrale.
Il delta - una sorta di triangolino - viene meglio raffigurato con “l’esploso dimostrativo” a lato indicato.





Figura nr. 9Figura nr. 10
b. La figura di tipo bidelta concentrica è invece caratterizzata dalla presenza di due delta dovuti alla convergenza dei sistemi di linea ed alla presenza di un sistema centrale tondeggiante.
Nelle figure qui riportate vengono raffigurate impronte di questa tipologia con evidenziate le creste dei vari sistemi unitamente alla posizione dei due delta (nei cerchi).







Figura nr. 11Figura nr.12
c.La figura bidelta composta prende il nome dalla particolare evoluzione che le creste compiono nel sistema centrale e dalla presenza di due delta. Nella figura a fianco indicata, l’impronta alterata graficamente individua i due delta (nei tondi), nonché la presenza degli elementi che compongono il sistema centrale; vengono infatti individuate le creste che avvicendandosi compongono una variante della figura bidelta concentrica con centri di figura doppi.





3. Pattern Intensity Index: indagine statistica

Sia la figura generale sia le minuzie sono state e sono tuttora oggetto di studi con diverse finalità. Arco, ansa e vortice rappresentano nell’ordine l’evoluzione verso figure di maggiore complessità. Nel passaggio dalla figura più semplice (arco) a quella più complessa (vortice) si assiste ad un aumento del numero di triradi - assenti nell’arco piano, a singola presenza nell’ansa e doppia nel vortice -. Di conseguenza, il numero di triradi è un dato significativo dell’intensità di figura (Pattern Intensity) e può essere determinato sia come numero di triradi in ogni singolo soggetto, sia come numero medio di triradi presenti in ogni dito.
Nel presente articolo si farà appunto riferimento ad uno studio condotto da Cummins e Midlo che attraverso le variazioni di un indice di intensità di figura (Pattern Intensity Index) ebbero a differenziare le razze umane.
In entrambi i casi, la determinazione del valore del Pattern Intensity Index in un campione di popolazione potrebbe essere ottenuto considerando il numero individuale di triradi o analizzando i dati delle frequenze delle figure fondamentali. Nell’ultima procedura, il calcolo del Pattern Intensity Index non tiene conto del fatto che particolari archi hanno un delta, che rare anse hanno due delta e che alcuni vortici (figure composte) hanno più di due delta.
Il numero di delta è approssimativamente calcolato aggiungendo la frequenza delle anse a due volte la frequenza dei vortici e dividendo il totale per il numero di soggetti quando le frequenze sono espresse in numeri assoluti o per dieci se in percentuale. Pertanto i dati di Scotland Yard parlano di un indice pari a 12,1 a livello di soggetti e 1,2 a livello di singolo dito. Quando gli individui sono valutati in termini di indice di pattern intensity i valori variano da 0 (presenza di soli archi) a 20 (per impronte contenenti soli vortici).
Oggetto del presente lavoro condotto presso il Reparto Dattiloscopia Preventiva - Reparto del Ra.C.I.S. con competenza a livello nazionale per l’identificazione dattiloscopica delle persone fermate e/o arrestate dall’Arma dei Carabinieri - è stata la determinazione dell’indice di pattern intensity su quattro campioni di individui di sesso maschile di etnia Europea (Italiani e Austriaci), Russa, Amerinda/Ispanica (Cileni). L’analisi del campione Austriaco e Russo è stata tratta da un lavoro edito nel 1976 dalla Prof.ssa Gertrude Hauser che ha condotto un’indagine statistica sulle impronte digitali di 1000 bambini Austriaci e di 293 Russi - tutti di sesso maschile - ; il campione “Italo-Cileno” è stato invece attinto dalla banca dati A.F.I.S.: 94 soggetti di presunta nazionalità Cilena e 100 Italiani, con età compresa tra i 18 ed i 60 anni fotosegnalati sul territorio nazionale nel periodo gennaio/giugno 2007 dai reparti dell’Arma territoriale.

Figura nr. 13


L'’immagine a fianco descrive la fase della classificazione della figura generale del dermatoglifo esaminato: con i numeri romani vengono individuate le dita:
I =  Pollice;
II =  Indice;
III =  Medio;
IV =  Anulare;
V =  Mignolo;
con i numeri arabi sono invece individuate le percentuali delle frequenze riscontrate; da considerare che tale raffigurazione fa riferimento a dati provvisori annotati all’inizio del lavoro proposto.



Tabella



Il caso in esame è un tipico esempio di possibile utilizzazione a fini di Polizia di uno studio antropologico su base dattiloscopica - quale quello condotto da Cummins e Midlo - originariamente concepito soltanto per correlare la variabilità razziale ad un indice numerico indicativo della tipologia di figura costituente il disegno papillare dei polpastrelli.
Tale interesse trae spunto dal fatto che, negli ultimi anni, il fenomeno dei flussi migratori ha raggiunto dimensioni tali che buona parte della popolazione criminale che opera in Italia appartiene ad etnie diverse dalla nostra.
La situazione è - di fatto - completamente cambiata rispetto agli anni ottanta, quando era obbiettivamente difficile trovare nel nostro Casellario Centrale d’Identità documenti di segnalamento intestati a Rumeni, Russi o Cinesi - solo per fare un esempio -. Da qui, pertanto, la ulteriore possibilità di studi sulle impronte papillari o una rilettura di vecchie ricerche effettuate in chiave antropologica, sia per quanto riguarda il “disegno” generale, sia le “minutiae”, con lo scopo di aprire nuovi orizzonti all’identificazione personale, interloquendo - almeno in termini probabilistici - sulla possibile appartenenza di un soggetto di identità ignota ad una determinata razza, sulla presenza in esso di eventuali patologie (anche non esclusivamente di natura genetica) e sul suo sesso biologico. In relazione ai diversi gruppi etnici si possono, infatti, cogliere importanti variazioni dei caratteri dei dermatoglifi papillari, soprattutto in relazione alla frequenza con cui compaiono le figure fondamentali. A tal proposito, si può anzi affermare che le popolazioni umane differiscono soprattutto riguardo a quest’ultimo punto piuttosto che rispetto alla morfologia dei dermatoglifi. Le differenze più evidenti riguardano comunque i dermatoglifi digitali, data la maggiore variabilità del decorso dei fasci di linee in tale zona rispetto ad alcune regioni dell’arco palmare.
Gli studi antropologici in questo settore hanno evidenziato - per i caucasoidi - una minore frequenza di vortici ed una maggiore di archi rispetto ad altre etnie. I negroidi presentano una frequenza nelle figure digitali simile a quella della maggior parte dei caucasoidi. Alcune popolazioni mediterranee (Portoghesi, Spagnoli, Italiani, Algerini, Tunisini, Marocchini, Libici, Israeliani, Ciprioti e Libanesi) presentano similitudini con le frequenze delle figure digitali riscontrate sulle popolazioni mongoloidi come descritto nel paragrafo seguente.


4. Variabilità del dermatoglifo ed area geografica d’origine

Il Reparto Dattiloscopia Preventiva ha condotto una ricerca statistica anche sulla variabilità dei dermatoglifi in relazione all’area geografica di provenienza del soggetto titolare del cartellino segnaletico; tale attività è stata incentrata sulle seguenti nazionalità: Algeria, Marocco, Egitto, Albania, Romania, Polonia, Cina, India e - ancora - la Russia ampliando però il campione di riferimento.
In questo caso, i soggetti individuati - nel periodo gennaio/giugno 2007 - sono stati 600 per singolo gruppo razziale, con età compresa tra i 18 ed i 60 anni senza distinzione di sesso, vista la maggiore presenza di soggetti maschili censiti negli archivi di Polizia rispetto alle donne.
 In effetti, sulla scorta di quanto commentato precedentemente, si può notare come - in generale ed indipendentemente dal tipo razziale - il dermatoglifo più ricorrente sia il tipo monodelta, seguito dalle figure concentrica e composta (doppia ansa), mentre all’ultimo posto è l’adelta. La differenza a livello statistico è di pochi punti percentuali variabili in funzione del gruppo di origine e della consistenza del campione numerico in esame, come si può osservare nei tre grafici seguenti che individuano l’area maghrebina, quella asiatica e l’Europa dell’est.

Figura 14




- Algerini: colore azzurro;
- Marocchini: colore rosso;
- Egiziani: colore verde.















Figura nr. 15




- Albanesi: colore azzurro;
- Rumeni: colore rosso;
- Polacchi: colore verde.










Figura nr. 16






- Cinesi: colore azzurro;
- Russi: colore rosso;
- Indiani: colore verde.









La tabella seguente indica le diverse morfologie dei dermatoglifi - espresse in percentuali sul totale delle impronte di 4.800 soggetti - suddivise per singola nazionalità e tipologia.


Tabella




Dalla tabella si evince chiaramente come la figura concentrica sia maggiormente presente nei cinesi, mentre la figura “a racchetta” - seppur ben distribuita - non sia molto ricorrente o comunque presente con percentuali inferiori rispetto alla monodelta e alla doppia ansa. Lo studio condotto ha poi permesso di provare - sia pur in chiave statistica - l’associazione tipo di dermatoglifo/dito; è stato riscontrato, infatti, come sul pollice ricorra sovente la figura “a doppia ansa”, mentre sull’indice l’adelta, sul dito mignolo la figura monodelta, mentre le figure concentrica e “a racchetta” prevalgono sull’anulare. Circa la figura “tridelta”, viene confermata la rarità documentata nella bibliografia citata e comunque la ricorrenza sulle dita indice - specie della mano sinistra -.
Incrociando i dati di quest’ultima analisi con quelli relativi allo studio sul Pattern Intensity Index, si può osservare come solitamente la direzione delle creste papillari sia correlata alla mano: le dita della mano sinistra presentano infatti creste tendenti verso sinistra, mentre su quelle della mano destra le stesse tendono verso destra; fa eccezione a tale regola il dito indice che spesso presenta figure tendenti nella direzione opposta rispetto alla frequenza appena citata: si noti infatti l’alta percentuale di figure ad ansa ulnare nell’indice della mano sinistra e ad ansa radiale sullo stesso dito della mano destra.
Il presente studio ha quindi voluto verificare come la variabilità del disegno papillare dei polpastrelli sia influenzata dal tipo razziale, confermando così l’esistenza di un’influenza genetica che agisce a livello di popolazione sui dermatoglifi; influenza genetica peraltro la cui sede ed i cui meccanismi di azione permangono ancora sconosciuti. La biodiversità umana a questo livello non si esprime mai in termini qualitativi, ed infatti tutte le razze anche da noi esaminate presentano comunque tutti i disegni papillari già in precedenza classificati (e pertanto classificabili), ma si esprime solo a livello quantitativo, cioè sotto forma di percentuali differenti con le quali i diversi tipi compaiono nelle varie razze e popolazioni umane.
Il fatto che questa variabilità sia solo e squisitamente quantitativa non consente di applicare il metodo dattiloscopico per la determinazione della razza in un solo, singolo individuo di identità ignota. Tuttavia è teoricamente possibile applicare il metodo per l’identificazione razziale di gruppi di persone geneticamente correlate fra loro, cioè stabilire l’appartenenza razziale di un gruppo di persone, di ignota identità, accomunate dall’appartenenza alla medesima popolazione.
L’allargamento del campione, che rappresenta il nostro futuro programma di ricerca, ha esattamente lo scopo di costituire una banca dati che possa in un prossimo futuro servire da riferimento antropologico per l’individuazione di gruppi di persone geneticamente correlate fra loro soprattutto su base razziale. Le potenzialità di questa nuova metodica nel campo applicativo criminologico possono essere veramente innovative, dimostrando che la dattiloscopia, lungi dall’avere esaurito il suo ruolo nelle analisi criminali, resta un pilastro insostituibile nel campo dell’identificazione personale, in quanto sta sviluppando al proprio interno nuove tecniche identificative che potranno senz’altro agevolare le indagini in una società sempre più caratterizzata dalla multietnicità.

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