Afghanistan e Colombia, traffico internazionale di droga

Riflessi sull’Italia e risposta dell’Arma dei Carabinieri



Gen. C.A. Carlo Gualdi


Carlo Gualdi
Generale di Corpo d'Armata
Comandante Interregionale Carabinieri
"Pastrengo".





1. Premessa

Secondo quanto stimato dagli osservatori internazionali, primo fra tutti l’United Nations Office on Drug and Crime (UNODC), la produzione globale di stupefacenti non accenna a subire battute d’arresto, mostrandosi, invece, in costante aumento.
In questo scenario, l’Afghanistan ed il Sud America (con particolare riferimento alla Colombia), due aree estreme del pianeta, ricoprono, seppure con connotazioni diverse, un ruolo di assoluta centralità nella produzione e nel traffico dell’eroina e della cocaina dirette ai principali mercati di consumo, tra i quali l’Europa è ai primi posti al mondo. Il diffuso benessere delle popolazioni, lo stile di vita particolarmente rivolto al consumismo e a presunti “ideali di successo”, gli ampi rapporti commerciali ultracontinentali ed il costante aumento dei consumi di ogni tipo di droga pongono, infatti, il Vecchio Continente al centro delle strategie dei narcotrafficanti.
L’Italia, per la sua posizione geografica e per la presenza di organizzazioni criminali capaci di gestire grandi ordinativi di droga, rappresenta, sempre più, un’area di destinazione dei diversi tipi di sostanze stupefacenti ma anche di transito per i mercati nord-europei. Ma la risposta delle Forze di Polizia italiane, e tra queste in particolare dell’Arma dei Carabinieri, appare quanto mai aderente al mutare degli scenari, concretizzandosi in risultati di tutto rilievo sia nell’interdizione dei traffici e sia nella disarticolazione delle associazioni criminali ad essi dedite.


2. Afghanistan. Produzione e traffico internazionale di eroina

Nonostante i ripetuti tentativi della Comunità e degli Organismi internazionali, finalizzati ad arginare la produzione dell’oppio e dell’eroina, a riconvertire le colture e ad infrenare il traffico di oppiacei, l’Afghanistan detiene, ormai da qualche anno, il sostanziale monopolio nella produzione di questi tipi di sostanze stupefacenti, essendo giunto a produrre, nell’anno 2007, 8.200 tonnellate di oppio, che equivalgono a 820 tonnellate di eroina, ovvero il 93% della produzione totale ed il 30% in più rispetto alla domanda globale. Inoltre, se fino alla fine degli anni ’90 in Afghanistan l’oppio veniva quasi esclusivamente coltivato ed estratto, per essere poi trasformato in morfina prima ed in eroina poi soprattutto in Turchia, oggi le successive fasi di lavorazione avvengono all’interno della Repubblica centro asiatica nei numerosissimi laboratori clandestini presenti a ridosso delle linee di confine con il Pakistan, con l’Uzbekistan e con l’Iran.
Le coltivazioni di papavero da oppio sono concentrate (78% del totale) nelle cinque province meno controllate dalle Autorità locali: quelle meridionali di Helmand, Nangarhar, Nimruz e Farah, dove è più forte la resistenza talebana, e quella orientale di Kandahar, al confine con le aree tribali pakistane. Circa 3 milioni di persone (il 13% della popolazione) sono dedite alla coltivazione del papavero che costituisce una delle principali e privilegiate fonti di guadagno (circa 1.700 Dollari Statunitensi l’anno pro capite). La fase della coltivazione non appare, però, gestita dalle organizzazioni criminali, poiché il compito dei contadini si concretizza nella coltivazione, nell’estrazione del lattice dal papavero e nella vendita dello stesso ai piccoli mercanti (sarebbero circa 250.000 quelli attivi nell’intero Paese), primo anello della filiera criminale, il cui ruolo è quello di raccogliere l’oppio dai coltivatori e venderlo ai grandi mercanti nei numerosissimi bazar afgani. Questi ultimi provvedono al trasferimento dell’oppio nelle aree a ridosso dei confini, presso i laboratori clandestini, dove persone soprattutto di etnia pashtun e tajika si occupano della raffinazione, o al successivo trasferimento oltre frontiera attraverso un folto numero di organizzazioni contrabbandiere. Ad ogni passaggio di mano, lo stupefacente aumenta il suo prezzo, finanziando le organizzazioni criminali, ed il traffico è sottoposto a forti tassazioni da parte dei gruppi armati e dei Signori della Guerra, assoluti controllori del territorio.
La quasi totalità della produzione dell’oppio e dell’eroina afgani è destinata ai mercati esteri e viene esportata: per il 53% circa verso l’Iran, dove in parte alimenta il mercato locale ed in parte prosegue verso l’Europa; per il 14% circa verso le Repubbliche Centro Asiatiche (Uzbekistan, Turkmenistan, Tajikistan, Kazakhstan e Kyrgyztan), soprattutto attraverso il confine tagiko, da dove viene veicolata sul mercato russo ed in parte verso l’Europa; per il 33% circa verso il Pakistan, da dove prosegue verso il mercati europeo e statunitense.
L’impatto di un così ampio flusso di stupefacenti sulle popolazioni locali è devastante. La Federazione Russa e l’Iran sono due dei Paesi maggiormente afflitti, al mondo, dall’abuso di sostanze oppiacee da cui dipende anche un alto tasso di infezioni dal virus dell’ HIV. In Iran, infatti, sarebbero 2,5 milioni i tossicodipendenti abituali ed 1,5 milioni quelli occasionali, mentre nella Federazione Russa le stime quantificano in 1,5 milioni di persone la popolazione di tossicodipendenti.
Ma è in Iran che più emerge l’entità della lotta al narcotraffico. Sulla lunga linea di confine orientale, infatti, si articolano le tre principali rotte di ingresso della droga: attraverso il Turkmenistan transita la c.d. rotta del nord; direttamente dall’Afghanistan e passando per il Pakistan si articolano la rotta del sud che sbocca nelle province iraniane del Sistan e del Belucistan; ed infine sulla fascia costiera sud orientale si estende la rotta di Hormozgan che prende il nome dall’omonima provincia meridionale iraniana. Gli oppiacei vengono trasportati da spalloni, per i quantitativi minori, e, soprattutto, da carovane ben armate, attrezzate e gerarchicamente strutturate il cui scopo è quello di trasferire grandi carichi di oppio, morfina ed eroina dalle zone di produzione sulla principale direttrice di flusso che conduce all’Europa. Al fine di interdire un traffico di queste dimensioni, che provoca peraltro numerosi scontri a fuoco tra forze di polizia e narcotrafficanti (negli ultimi anni sarebbero morti in combattimento 3.500 appartenenti all’apparato di contrasto iraniano) le Autorità locali hanno approntato un sistema di sbarramento architettonico lungo l’intera linea di frontiera. Sono quindi stati innalzati terrapieni, scavati fossati e canali di sbarramento e costruite strade asfaltate e postazioni di avvistamento.
Una volta attraversato l’Iran, l’eroina giunge in Turchia dove le organizzazioni criminali locali, tradizionalmente dedite al narcotraffico, provvedono allo stoccaggio ed alla successiva distribuzione, gestendo in proprio la spedizione verso il mercato europeo oppure alimentando i gruppi criminali dell’area balcanica, tra i quali quelli albanesi appaiono sempre più coinvolti.
L’introduzione in Europa avviene su tre direttrici principali:
-  la rotta del nord, ovvero quella che, attraversata l’area caucasica, l’Ucraina e la Bielorussia, alimenta direttamente i mercati settentrionali dell’Unione Europea. Su questa direttrice operano organizzazioni est europee, come quelle ucraine, e quelle di etnia russa, particolarmente radicate nei Paesi Baltici;
-  la rotta balcanica, che consente l’introduzione dell’eroina: nell’area centro orientale dell’Unione Europea, dopo aver attraversato l’Ungheria e la Repubblica Ceca e nell’area meridionale attraversando la Slovenia e l’Italia, sulla via terrestre, o l’Italia sulla rotta adriatica. Il traffico viene gestito, per la maggior parte, dalle organizzazioni albanesi che, controllando l’intera area balcanica, lo introducono in quantitativi parcellizzati (20-40 kg.) sul mercato europeo. Lungo la rotta balcanica (in Bulgaria e Macedonia) operano anche criminali collettori dei grandi carichi che ridistribuiscono ai gruppi narcotrafficanti;
-  la rotta marittima adriatica che dalla Turchia, attraverso il Mediterraneo orientale, consente il trasferimento di carichi di eroina più consistenti (oltre i 100 kg.) nei principali Porti Adriatici italiani, tra cui quello di Trieste riveste un ruolo primario.


3. Sud America. Produzione e traffico internazionale di cocaina

Le stime più recenti dell’UNODC sulla coltivazione dell’arbusto della coca e sulla produzione della cocaina cloridrato in Sud America (Bolivia, Colombia e Perù) riguardano l’anno 2006. Le stesse, da una parte, indicano, rispetto all’anno precedente, un leggero decremento dell’estensione delle coltivazioni (156.900 ettari, -1,69%), dall’altra un aumento, seppur lieve, tanto della resa delle piantagioni in termini di raccolto di foglie (292.430 tonnellate di foglie secche, +1,01%) quanto della produzione globale di cocaina cloridrato (984 tonnellate, +0,40%). Questo andamento, solo apparentemente paradossale, riflette il livello di organizzazione raggiunto da questo fenomeno, che ha consentito alle grandi organizzazioni narcotrafficanti di affinare sempre più le tecniche di coltivazione (giungendo a realizzare fino a quattro raccolti per anno solare) e di lavorazione della foglia di coca mantenendo la produzione adeguata alla crescente domanda mondiale.
Il traffico della cocaina, sin dalla fase della coltivazione dell’arbusto di coca, giace sotto il completo controllo della criminalità organizzata e risponde a precise strategie volte a mantenere l’alimentazione del mercato mondiale e ad evitare i contraccolpi derivanti dalle crescenti iniziative locali ed internazionali. Sul primo aspetto, quindi, oltre a quanto già argomentato in relazione alle accresciute capacità dei coltivatori, si registra, da un lato, il lento declino delle superfici coltivate ad arbusto di coca in Colombia e, parallelamente, un pari aumento delle colture in Bolivia e Perù, cui si aggiunge il tentativo di impiantare arbusti geneticamente modificati in aree geograficamente meno adatte (l’arbusto di coca cresce nelle regioni subandine) ma, parimenti, meno esposte all’azione di controllo, come il Brasile (dove sono state rinvenute le prime coltivazioni OGM). Al fine di evitare l’apparato di contrasto che progressivamente si sta stringendo attorno ai Paesi produttori, la strategia delle organizzazioni narcotrafficanti è soprattutto dettata dalla necessità di far uscire l’imponente quantità di droga dalle aree di produzione ed avvicinarla il più possibile alle aree di stoccaggio poste nelle vicinanze dei Porti marittimi dai quali, poi, inviarla sui mercati di consumo.
Sebbene il traffico di cocaina dal Sud America costituisca la principale risorsa finanziaria di una moltitudine di organizzazioni criminali operanti non solo nei Paesi di produzione, ma anche in quelli di transito, le principali organizzazioni criminali sono colombiane e tra esse l’assoluto predominio nel narcotraffico è detenuto dalle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (F.A.R.C.), un esercito guerrigliero di ispirazione marxista, che oggi controlla un’ampia parte del territorio colombiano, nato alla fine degli anni ’60 con l’idea di portare la rivoluzione castrista nello Stato subandino.
Negli anni ’90 le FARC dapprima sottoposero a tassazione gli allevatori e gli agricoltori colombiani, e tra essi anche i coltivatori di foglia di coca, e poi divennero l’acquirente di tutta la pasta di coca prodotta nel territorio da esse occupato, assumendo, di conseguenza, il controllo della maggior parte del traffico della cocaina colombiana.
Al fine di arginare le FARC, nacque quindi un esercito paramilitare, le A.U.C. (Autodefensas Unidas de Colombia). In breve tempo, dopo un periodo di contrapposizione armata con le forze guerrigliere, anche le A.U.C. rivolsero il proprio interesse al narcotraffico divenendone, anch’esse, player di livello mondiale.
Nel corso del 2007, dopo una lunga trattativa con il Governo colombiano, i capi delle A.U.C. hanno deposto le armi decretando la resa dell’intero esercito paramilitare e consegnandosi alle Autorità governative. Alcuni membri delle stesse, invece, hanno dato vita a gruppi narcotrafficanti, tra i quali le Aguilas Negras appaiono quello maggiormente temibile. Deve, inoltre, essere menzionato il Cartello de Norte del Valle, unico sopravvissuto alla controffensiva lanciata dal Governo colombiano ai grandi cartelli negli anni ’90, che appare, oggi, tra le principali organizzazioni narcotrafficanti colombiane in quanto capace di gestire le grandi transazioni commerciali di cocaina su scala mondiale. Le organizzazioni colombiane curano in proprio tutte le fasi del traffico e sono strutturate in maniera compartimentata, ovvero su diversi livelli ognuno dei quali viene incaricato di gestire una specifica attività della filiera criminale.
Allo stato attuale, poiché il segmento più critico dell’intera filiera è quello dell’introduzione dello stupefacente nei due principali mercati, quello statunitense e quello europeo, i narcos colombiani si servono rispettivamente delle organizzazioni messicane, che stanno progressivamente acquisendo il controllo del narcotraffico sul territorio statunitense, e di quelle galiziane che, grazie all’esperienza acquisita nel contrabbando marittimo di tabacchi, recuperano i grandi carichi di stupefacente nelle acque atlantiche introducendoli, per mezzo di velocissime imbarcazioni, nell’impervia costiera galiziana e restituendoli ai referenti colombiani in Spagna. Ed è la Penisola Iberica a fungere da principale porta d’ingresso della cocaina in Europa. Ma la stringente azione di contrasto realizzata dalle Autorità spagnole e da quelle dell’Unione Europea spinge le organizzazioni colombiane ad individuare nuove rotte di traffico. Tra esse, quella certamente più praticata, negli ultimi anni, è la via che attraversa l’Africa occidentale.
La vicinanza tra il Sud America ed il West Africa e fra quest’ultima e l’Europa, unitamente alle difficoltà interdittive dell’apparato di contrasto africano, all’instabilità sociale dell’area ed alla povertà delle popolazioni sono i fattori che maggiormente hanno indotto le organizzazioni colombiane ad individuare l’intera regione quale area ideale per il trasferimento, pressoché sicuro, di enormi quantitativi di cocaina destinati al mercato europeo.
La vicinanza delle tre aree (di origine, di transito e di destinazione), inoltre, non rappresenta solamente un’agevolazione nello spostamento dello stupefacente, ma anche nella realizzazione delle transazioni.
Oltre alla sempre maggiore presenza di esponenti delle organizzazioni colombiane, negli Stati dell’Africa dell’Ovest si registra anche la presenza di esponenti della criminalità organizzata europea, talvolta latitanti, che agiscono in qualità di broker, per coniugare la domanda all’offerta, o quali “agenzie di servizio” in favore delle organizzazioni criminali di riferimento.

4. Riflessi sull’Europa e sull’Italia

Come più volte accennato, l’Europa costituisce uno dei principali mercati di consumo di ogni tipo di sostanza stupefacente. In particolare, benché il mercato dell’eroina risulti, ormai da anni, in calo in tutti i Paesi dell’Europa occidentale, fatta eccezione per la Gran Bretagna dove resta una sostanza ancora diffusamente consumata, i dati pubblicati dall’UNODC sui sequestri avvenuti nel periodo 2000-2005 evidenziano che una grande quantità di questo tipo di droga giunge annualmente nel Vecchio Continente. Nel periodo in esame sono state sequestrate, in media, 9,5 tonnellate circa per anno solare e, di queste, il 30% circa è stato sequestrato in Gran Bretagna (principale Paese di consumo), mentre il 21% circa in Italia (Paese di consumo, sebbene in decremento rispetto agli anni ’80 e ’90, e principale Paese di transito). Per quanto riguarda la cocaina, invece, l’Europa, secondo le stime degli osservatori internazionali, rappresenta il secondo mercato di consumo al mondo, dopo quello statunitense, giudicato saturo. Secondo i dati forniti, sempre dall’UNODC, infatti, i sequestri di cocaina realizzati in Europa nel 2005 equivalgono al 14% del dato mondiale, secondi solo a quelli registrati in Nord America che incide per il 28%.
E nello scenario europeo l’Italia ricopre un ruolo importante, anche se diversificato in relazione alle due sostanze stupefacenti in argomento: primaria porta d’ingresso in Europa per l’eroina e secondo mercato di consumo (dopo quello britannico) per la cocaina.
Per la compattezza della sua struttura, per l’enorme disponibilità di denaro, per le sue accertate capacità criminali e per il livello di controllo del territorio che è capace di esprimere, la ‘ndrangheta si giova, oggi, della massima credibilità delle organizzazioni narcotrafficanti colombiane rappresentando uno dei principali attori nello scenario internazionale del narcotraffico.
Ma la ‘ndrangheta è anche fortemente coinvolta nei traffici di eroina. Pure in questo campo sono le sue “referenze” e le sue capacità di collaborazione a consentirle di accreditarsi presso le principali organizzazioni criminali internazionali, soprattutto turche ed albanesi.
Non può essere trascurato, poi, il ruolo ricoperto nel narcotraffico internazionale dalle altre organizzazioni mafiose italiane. In particolare:
-  la camorra, un tempo impegnata quasi esclusivamente nell’ambito dell’Unione Europea (soprattutto in Olanda, Germania e Spagna), dove era riuscita ad accreditarsi presso i principali broker colombiani, risulta oggi aver superato il ristretto ambito Schengen trattando l’acquisizione di consistenti carichi di cocaina direttamente nelle aree di produzione;
-  l’interesse di cosa nostra nel narcotraffico, mai del tutto abbandonato, appare in progressivo aumento. Sebbene non emerga un diretto coinvolgimento delle principali famiglie mafiose, soprattutto palermitane, nel narcotraffico, sulla base della decisione strategica di abbassare il livello di esposizione alla crescente azione di contrasto dello Stato, le ripetute significative spedizioni di droga in direzione della Sicilia consentono di ipotizzare un rinnovato interesse nello specifico settore criminale. In Italia, inoltre, operano a vario livello organizzazioni straniere a base etnica e particolarmente:
-  albanesi, che, controllando la rotta balcanica, grazie a stabili alleanze con quelle turche specializzate nella grande distribuzione dell’eroina ed essendo dedite alla coltivazione di marijuana, gestiscono la distribuzione all’ingrosso dei due tipi di droga. Esse, inoltre, appaiono sempre più coinvolte anche nei traffici di cocaina;
-  marocchine, stabilmente radicate nei Paesi dell’Europa sud occidentale (specie Spagna, Francia ed Italia) e sempre più interessate al traffico della cocaina realizzato attraverso la fitta rete di distribuzione dell’hashish cui sono tradizionalmente dedite;
-  tunisine, coinvolte soprattutto nel traffico al minuto dell’eroina che in alcune città hanno pressoché monopolizzato (soprattutto in Toscana ed in Veneto) ma non estranee a quello della cocaina;
-  nigeriane, concentrate soprattutto in Campania (Caserta e Napoli), Veneto (Padova) e Piemonte (Torino).
Veramente considerevole è l’azione di contrasto che le Forze di Polizia italiane realizzano annualmente. Secondo i dati diffusi dalla Direzione Centrale Antidroga, infatti, anche il 2007 ha fatto registrare un trend in incremento. Sono state, in particolare:
-  condotte 21.702 operazioni antidroga (+5,92% rispetto al 2006);
-  trasmesse all’Autorità Giudiziaria 35.341 denunce (+6,99%);
-  realizzati sequestri in ambito nazionale per complessivi 31.702 kg. di stupefacenti (-4,43%).
Un’ampia parte dell’intera attività di contrasto è stata realizzata nell’area nord occidentale del nostro Paese, laddove, oltre alla presenza di importanti punti d’ingresso delle sostanze stupefacenti (frontiera terrestre con Francia e Svizzera, porti di Genova e La Spezia ed aeroporto di Malpensa), operano le articolazioni delle principali organizzazioni criminali, nazionali e straniere, dedite al narcotraffico.


5. La risposta dell’Arma dei Carabinieri, con particolare riferimento al Nord Ovest

I dati riferiti all’apporto dell’Arma nel contrasto nazionale al narcotraffico hanno evidenziato, anche per l’anno 2007, una straordinaria incidenza sul dato complessivo.
Le 14.232 operazioni antidroga condotte dai diversi Comandi evidenziano un incremento pari al +8,60% rispetto alle 13.105 del 2006, incidendo per il 65,58% sul totale nazionale. Esse hanno riguardato tutti i tipi di sostanze stupefacenti ed i più significativi risultati sono stati raggiunti nel contrasto alla cocaina, nel quale le 4.542 operazioni (64,13% di quelle complessivamente condotte in Italia nello specifico settore) hanno segnato un incremento del +8,16%, in quello dell’hashish (4.285 operazioni, +11,12%) e dell’eroina (2.485 operazioni, +3,41%).
La maggior parte delle operazioni condotte hanno riguardato il traffico di droga al minuto, ma le 88 condotte nei confronti di traffici superiori alle 10 tonnellate, che incidono per il 25,88% sul dato totale per la stessa fascia di peso, evidenziano le capacità penetrative raggiunte nei confronti dei traffici più qualificati.
Come per le operazioni antidroga, anche le 23.228 denunce inoltrate all’A.G. dai Reparti dell’Arma incidono notevolmente sul totale nazionale (65,72%) e rappresentano un incremento del +7,41% rispetto al 2006. Nell’ambito delle stesse è stato poi registrato un incremento tanto per quelle riguardanti l’ipotesi di reato prevista dall’art. 73 del D.P.R. 309/90 (produzione, detenzione e traffico illeciti), inoltrate nel numero di 21.359 (+7,02% rispetto al 2006), quanto per quelle riguardanti la più grave ipotesi di reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (prevista dall’art. 74 dello stesso D.P.R.), che, raggiungendo il numero di 1.853, rappresentano un incremento del +12,16% rispetto al 2006 ed il 48% di quelle complessivamente inoltrate in territorio nazionale dalle tre Forze di Polizia. Quest’ultimo dato, inoltre, evidenzia, ancora una volta, l’incisività delle indagini condotte dai Reparti dell’Arma rivolte non solo al traffico al minuto, ma anche nei confronti delle organizzazioni criminali.
Il maggior numero di denunce ha riguardato il traffico di cocaina (8.287), seguito da quelle per il traffico di hashish (5.950) e di eroina (4.482). Per quest’ultima droga, deve essere precisato, le denunce ipotizzanti il reato associativo (447) sono risultate seconde a quelle inoltrate per la cocaina (778) ed hanno preceduto quelle riguardanti l’hashish (153).
I sequestri di sostanze stupefacenti realizzati in Italia dalle strutture investigative dell’Arma ammontano, nel 2007, a 7.521 kg. (+8,01% rispetto al 2006) ed hanno riguardato, per la maggior parte l’hashish (4.643 kg.), la marijuana (1.139 kg.) la cocaina (1.053 kg.) e l’eroina (431 kg.). Ad essi devono essere aggiunti i sequestri di droga:
-  quantificati in dosi, come le droghe sintetiche (152.825 pasticche o dosi, +172,80% rispetto al 2006), o in numero, come le piante di cannabis, pari a 1.478.398 (+2.580,34% rispetto al 2006);
-  promossi all’estero, per precisa strategia o esigenza investigativa, che hanno riguardato 6.576 kg. di cocaina (in Portogallo, Spagna e Colombia), 1.035 kg. di marijuana (in Albania), 230 kg. di hashish (in Spagna) e 15 kg. di eroina (in Albania).
I dati relativi all’attività di contrasto realizzata dai Reparti dell’Arma nell’Italia nord occidentale (Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta e Liguria) rispecchiano il trend riportato a livello nazionale. Comparando infatti tali dati con quelli riportati nella stessa area da tutte le Forze di Polizia (compresa l’Arma) emerge che i Carabinieri, nell’ambito del territorio del Comando Interregionale “Pastrengo”, hanno:
-  condotto 3.334 operazioni antidroga (che incidono per il 53,85% sul dato registrato sullo stesso territorio dalle tre Forze di Polizia e per il 23,42% sul dato complessivo dell’Arma dei Carabinieri in ambito nazionale);
-  inoltrato all’A.G. 5.337 denunce (58,15% del dato territoriale e 22,95% del dato nazionale riguardante l’Arma), delle quali 5.164 per il reato di produzione, detenzione e traffico (60,01% del dato territoriale e 24,16% di quello riguardante l’Arma), 164 per il reato associativo (29,12% del dato territoriale e 8,84% del dato nazionale riferito all’Arma) e 9 denunce per altre fattispecie di reato;
-  sequestrato 3.114 kg. di droga quantificata in peso (28,51% del dato territoriale e 41,39% del dato relativo all’Arma in ambito nazionale) e 107.850 pasticche o dosi di droghe sintetiche (36,71% del dato relativo all’Italia nord occidentale e 70,56% di quello relativo all’intero Paese ottenuto dall’Arma).
Il traffico di stupefacenti, dunque, è una minaccia crescente e mutevole il cui contrasto richiede un costante adeguamento delle strategie, un continuo affinamento delle tecniche di indagine ed un crescente sforzo in termini di risorse umane, tecniche e finanziarie. Se da un lato l’Italia costituisce un obiettivo sempre più appetibile da parte delle organizzazioni criminali narcotrafficanti, dall’altro le Forze di Polizia italiane continuano a dimostrare profonda conoscenza del fenomeno e capacità investigative elevate. Tra esse l’Arma dei Carabinieri esprime, ormai da anni, lo sforzo principale ottenendo risultati di notevole rilevanza, così come evidenziato dai dati sopra riportati e riconosciuto dai più autorevoli organismi investigativi mondiali.