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Gazzetta Ufficiale

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 gennaio 2008
Disposizioni di attuazione dell’articolo 746, comma quarto, del codice della navigazione
(Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - N. 42 del 19 febbraio 2008)

Art. 1. Qualifica di volo di Stato

1. L’attribuzione della qualifica di volo di Stato è intesa a consentire l’efficace svolgimento delle attività aeronautiche occorrenti per realizzare o supportare la cura di interessi pubblici rilevanti.
2. L’attribuzione della qualifica di volo di Stato costituisce, ove occorra, il presupposto per il riconoscimento del carattere prioritario delle attività di cui al comma 1.
3. La qualifica di volo di Stato è attribuita alle attività aeronautiche esercitate, con aeromobili di Stato, equiparati o privati, per disposizione della Presidenza del Consiglio dei Ministri e, eccezionalmente, di altre Amministrazioni dello Stato, in presenza di specifiche esigenze tecniche, organizzative o protocollari ovvero di impedimenti al normale svolgimento delle operazioni aeree o aeroportuali, per l’effettuazione del trasporto aereo di interesse di autorità ed istituzioni pubbliche, allorquando sussistono rilevanti ragioni collegate all’esercizio di funzioni istituzionali, alla tutela della sicurezza, della salute pubblica o concernenti altri interessi primari della Repubblica.

Art. 2. Modalità di attribuzione della qualifica di volo di Stato

1. La qualifica di volo di Stato è attribuita dal Sottosegretario di Stato delegato, sentito il parere del Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, su proposta dell’Ufficio per i voli di Stato, di Governo e umanitari.
2. L’attribuzione della qualifica di volo di Stato è effettuata, di volta in volta, per singole tratte e si estende ai trasferimenti direttamente funzionali a quello oggetto della specifica missione.
3. L’atto che attribuisce la qualifica di volo di Stato individua l’aeromobile nonché la natura, le finalità, i limiti geografici e temporali del trasferimento a mezzo trasporto aereo.
4. In caso di straordinaria e imprevedibile urgenza ovvero in occasione di eccezionali esigenze organizzative inerenti a eventi nazionali di particolare rilevanza che non consentano l’effettuazione del procedimento previsto dal comma 1, la qualifica di volo di Stato è attribuita dall’Ufficio di cui al comma 1 il quale ne dà motivata notizia al Sottosegretario di Stato delegato e al Segretario generale entro il giorno lavorativo successivo ai fini della ratifica.

Art. 3. Adempimenti conseguenti

1. L’atto che attribuisce la qualifica di volo di Stato è comunicato alle Autorità preposte alla regolazione ed alla gestione della navigazione aerea dall’Ufficio di cui all’art. 2, comma 1, secondo procedure concordate con tali Autorità.
2. L’Ufficio attribuisce all’aeromobile individuato per l’effettuazione della missione di trasporto aereo i codici di esenzione dalle restrizioni di flusso aereo riconosciuti da EUROCONTROL.
3. L’attribuzione di codici di esenzione non è consentita per altri aeromobili, fatta eccezione per la sussistenza di insopprimibili ragioni di urgenza, comprovate dagli esercenti che ne facciano specifica e motivata istanza.
4. L’attribuzione della qualifica di volo di Stato dà diritto, ove l’aeromobile non abbia titolo ad un trattamento più favorevole, alla priorità di cui all’art. 748, secondo comma, ultima parte, del codice della navigazione.
5. L’attribuzione della qualifica di volo di Stato non esonera in nessun caso dall’osservanza delle autorizzazioni tecnico-operative rilasciate all’esercente dalle competenti Autorità aeronautiche.

Art. 4. Aeromobili destinatari dell’attribuzione

1. La qualifica di volo di Stato può essere attribuita, ricorrendone tutti i criteri e i presupposti fissati nel presente decreto, al trasporto aereo disposto o autorizzato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri o comunque dalla stessa riconosciuto di interesse dello Stato, impiegando, quanto agli aeromobili di cui alle lettere a) e b), sulla base di accordo con il Ministero della difesa:
a) in via primaria, aeromobili dedicati principalmente a tale fine, allestiti e gestiti dall’Aeronautica militare, avvalendosi anche delle relative strutture;
b) in via sussidiaria, aeromobili appartenenti a reparti militari secondo specifiche intese stipulate con l’Amministrazione della difesa;
c) in via residuale, altri aeromobili di Stato ovvero aeromobili equiparati ai sensi degli articoli 744 e 746 del codice della navigazione, sulla base di apposite convenzioni stipulate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con i relativi gestori;
d) in via eccezionale, aeromobili appartenenti a privati esercenti il trasporto aereo.

Art. 5. Organizzazione e vigilanza

1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri provvede, a mezzo dell’Ufficio per i voli di Stato, di Governo e umanitari del Segretariato generale, all’organizzazione, al coordinamento e al monitoraggio dei voli di Stato.
2. L’Ufficio segnala alle competenti Autorità aeronautiche i casi di utilizzazione impropria della qualifica di volo di Stato e dei codici di esenzione.

Art. 6. Abrogazione

1. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 febbraio 2006 citato nelle premesse è abrogato.

Art. 7. Controllo

1. Il presente decreto sarà inviato agli organi del controllo per il visto di competenza.




Decreto Legislativo 28 gennaio 2008 n. 25
Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato
(Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - N. 40 del 16 febbraio 2008)

Capo I - Disposizioni generali

Art. 1. Finalità

1. Il presente decreto stabilisce le procedure per l’esame delle domande di protezione internazionale presentate nel territorio nazionale da cittadini di Paesi non appartenenti alla Unione europea o da apolidi, di seguito denominati: «stranieri», e le procedure per la revoca e la cessazione degli status riconosciuti.

Art. 2. Definizioni

1. Ai fini del presente decreto s’intende per:
a) «Convenzione di Ginevra»: la Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, ratificata con legge 24 luglio 1954, n. 722, e modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967, ratificato con legge 14 febbraio 1970, n. 95;
b) «domanda di protezione internazionale o domanda di asilo o domanda»: la domanda presentata secondo le procedure previste dal presente decreto, diretta ad ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria;
c) «richiedente»: il cittadino straniero che ha presentato la domanda di protezione internazionale sulla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva;
d) «rifugiato»: cittadino di un Paese non appartenente all’Unione europea il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese, oppure se apolide si trova fuori dal territorio nel quale aveva precedentemente la dimora abituale e per lo stesso timore sopra indicato non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, ferme le cause di esclusione previste dall’articolo 10 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251;
e) «status di rifugiato»: il riconoscimento da parte dello Stato di un cittadino straniero quale rifugiato, a seguito dell’accoglimento della domanda di protezione internazionale, secondo le procedure definite dal presente decreto;
f) «persona ammissibile alla protezione sussidiaria»: cittadino di un Paese non appartenente all’Unione europea o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dall’articolo 14 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto Paese;
g) «status di protezione sussidiaria»: il riconoscimento da parte dello Stato di un cittadino straniero quale persona ammessa alla protezione sussidiaria, a seguito dell’accoglimento della domanda di protezione internazionale, secondo le procedure definite dal presente decreto;
h) «minore non accompagnato»: il cittadino straniero di età inferiore agli anni diciotto che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e di rappresentanza legale;
i) ACNUR: l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati;
m) «Paese di origine sicuro»: il Paese inserito nell’elenco comune minimo di cui all’articolo 29 della direttiva 2005/85/CE.

Art. 3. Autorità competenti

1. Le autorità competenti all’esame delle domande di protezione internazionale sono le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui all’articolo 4.
2. L’ufficio di polizia di frontiera e la questura sono competenti a ricevere la domanda, secondo quanto previsto dall’articolo 26.
3. L’autorità preposta alla determinazione dello Stato competente all’esame della domanda di protezione internazionale in applicazione del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, è l’Unità Dublino, operante presso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno.

Art. 4. Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale

1. Le Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato, di cui all’articolo 1-quater del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, assumono la denominazione di: «Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale», di seguito: «Commissioni territoriali», e si avvalgono del supporto organizzativo e logistico del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno.
2. Le Commissioni territoriali sono fissate nel numero massimo di dieci. Con decreto del Ministro dell’interno sono individuate le sedi e le circoscrizioni territoriali in cui operano le commissioni.
3. Le Commissioni territoriali sono nominate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’interno, e sono composte, nel rispetto del principio di equilibrio di genere, da un funzionario della carriera prefettizia, con funzioni di presidente, da un funzionario della Polizia di Stato, da un rappresentante di un ente territoriale designato dalla Conferenza Stato - città ed autonomie locali e da un rappresentante dell’ACNUR. Per ciascun componente sono nominati uno o più componenti supplenti. L’incarico ha durata triennale ed è rinnovabile. Le Commissioni territoriali possono essere integrate, su richiesta del presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo, da un funzionario del Ministero degli affari esteri con la qualifica di componente a tutti gli effetti, ogni volta che sia necessario, in relazione a particolari afflussi di richiedenti protezione internazionale, in ordine alle domande per le quali occorre disporre di particolari elementi di valutazione in merito alla situazione dei Paesi di provenienza di competenza del Ministero degli affari esteri. Ove necessario, le Commissioni possono essere composte anche da personale in posizione di collocamento a riposo da non oltre due anni appartenente alle amministrazioni o agli enti rappresentati nella Commissione. Al presidente ed ai componenti effettivi o supplenti, per ogni partecipazione alle sedute della Commissione, è corrisposto un gettone di presenza. L’ammontare del gettone di presenza è determinato con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
4. Le Commissioni territoriali sono validamente costituite con la presenza della maggioranza dei componenti e deliberano con il voto favorevole di almeno tre componenti. In caso di parità prevale il voto del presidente.
5. Salvo quanto previsto dall’articolo 7 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140, la competenza delle Commissioni territoriali è determinata sulla base della circoscrizione territoriale in cui è presentata la domanda ai sensi dell’articolo 26, comma 1. Nel caso di richiedenti accolti o trattenuti ai sensi degli articoli 20 e 21 la competenza è determinata in base alla circoscrizione territoriale in cui è collocato il centro.
6. Le attività di supporto delle commissioni sono svolte dal personale in servizio appartenente ai ruoli dell’Amministrazione civile dell’interno.

Art. 5. Commissione nazionale per il diritto di asilo

1. La Commissione nazionale per il diritto di asilo ha competenza in materia di revoca e cessazione degli status di protezione internazionale riconosciuti, nelle ipotesi previste dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, oltre che compiti di indirizzo e coordinamento delle Commissioni territoriali, di formazione e aggiornamento dei componenti delle medesime Commissioni, di costituzione e aggiornamento di una banca dati informatica contenente le informazioni utili al monitoraggio delle richieste di asilo, di costituzione e aggiornamento di un centro di documentazione sulla situazione socio-politico-economica dei Paesi di origine dei richiedenti, di monitoraggio dei flussi di richiedenti asilo, anche al fine di proporre l’istituzione di nuove Commissioni territoriali e di fornire, ove necessario, informazioni al Presidente del Consiglio dei Ministri per l’adozione del provvedimento di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 25 luglio 1988, n. 286. La Commissione mantiene rapporti di collaborazione con il Ministero degli affari esteri ed i collegamenti di carattere internazionale relativi all’attività svolta.
2. La Commissione nazionale è nominata, nel rispetto del principio di equilibrio di genere, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta congiunta dei Ministri dell’interno e degli affari esteri. La Commissione è presieduta da un prefetto ed è composta da un dirigente in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, da un funzionario della carriera diplomatica, da un funzionario della carriera prefettizia in servizio presso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione e da un dirigente del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno. Ciascuna amministrazione designa un supplente. L’incarico ha durata triennale ed è rinnovabile. La Commissione è validamente costituita con la presenza della maggioranza dei componenti e delibera con il voto favorevole di almeno tre componenti. Alle riunioni partecipa senza diritto di voto un rappresentante del delegato in Italia dell’ACNUR. La Commissione nazionale si avvale del supporto organizzativo e logistico del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno.
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri dell’interno e degli affari esteri, possono essere istituite una o più sezioni della Commissione nazionale. I componenti di ciascuna sezione sono individuati e nominati secondo quanto previsto al comma 2. Le sezioni della Commissione nazionale sono validamente costituite e deliberano con le medesime modalità previste per la Commissione nazionale.

Capo II - Principi fondamentali e garanzie

Art. 6. Accesso alla procedura

1. La domanda di protezione internazionale è presentata personalmente dal richiedente presso l’ufficio di polizia di frontiera all’atto dell’ingresso nel territorio nazionale o presso l’ufficio della questura competente in base al luogo di dimora del richiedente.
2. La domanda presentata da un genitore si intende estesa anche ai figli minori non coniugati presenti sul territorio nazionale con il genitore all’atto della presentazione della stessa.
3. La domanda può essere presentata direttamente dal minore non accompagnato ai sensi dell’articolo 19.

Art. 7. Diritto di rimanere nel territorio dello Stato durante l’esame della domanda

1. Il richiedente è autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato, ai fini esclusivi della procedura, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 11 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140, fino alla decisione della Commissione territoriale in ordine alla domanda, a norma dell’articolo 32.
2. La previsione di cui al comma 1 non si applica a coloro che debbano essere:
a) estradati verso un altro Stato in virtù degli obblighi previsti da un mandato di arresto europeo;
b) consegnati ad una Corte o ad un Tribunale penale internazionale;
c) avviati verso un altro Stato dell’Unione competente per l’esame dell’istanza di protezione internazionale.

Art. 8. Criteri applicabili all’esame delle domande

1. Le domande di protezione internazionale non possono essere respinte, né escluse dall’esame per il solo fatto di non essere state presentate tempestivamente.
2. La decisione su ogni singola domanda deve essere assunta in modo individuale, obiettivo ed imparziale e sulla base di un congruo esame della domanda effettuato ai sensi del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251.
3. Ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall’ACNUR, dal Ministero degli affari esteri, o comunque acquisite dalla Commissione stessa. La Commissione nazionale assicura che tali informazioni, costantemente aggiornate, siano messe a disposizione delle Commissioni territoriali, secondo le modalità indicate dal regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 38 e siano altresì fornite agli organi giurisdizionali chiamati a pronunciarsi su impugnazioni di decisioni negative.

Art. 9. Criteri applicabili alle decisioni dell’autorità accertante

1. Le decisioni sulle domande di protezione internazionale sono comunicate per iscritto.
2. La decisione con cui viene respinta una domanda è corredata da motivazione di fatto e di diritto e deve recare le indicazioni sui mezzi di impugnazione ammissibili.

Art. 10. Garanzie per i richiedenti asilo

1. All’atto della presentazione della domanda l’ufficio di polizia competente a riceverla informa il richiedente della procedura da seguire, dei suoi diritti e doveri durante il procedimento e dei tempi e mezzi a sua disposizione per corredare la domanda degli elementi utili all’esame; a tale fine consegna al richiedente l’opuscolo informativo di cui al comma 2.
2. La Commissione nazionale redige, secondo le modalità definite nel regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 38 un opuscolo informativo che illustra:
a) le fasi della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale;
b) i principali diritti e doveri del richiedente durante la sua permanenza in Italia;
c) le prestazioni sanitarie e di accoglienza e le modalità per riceverle;
d) l’indirizzo ed il recapito telefonico dell’ACNUR e delle principali organizzazioni di tutela dei richiedenti protezione internazionale.
3. Al richiedente è garantita, in ogni fase della procedura, la possibilità di contattare l’ACNUR o altra organizzazione di sua fiducia competente in materia di asilo.
4. Il richiedente è tempestivamente informato della decisione. Tutte le comunicazioni concernenti il procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale sono rese al richiedente nella prima lingua da lui indicata, o, se ciò non è possibile, in lingua inglese, francese, spagnola o araba, secondo la preferenza indicata dall’interessato. In tutte le fasi del procedimento connesse alla presentazione ed all’esame della domanda, al richiedente è garantita, se necessario, l’assistenza di un interprete della sua lingua o di altra lingua a lui comprensibile.
5. In caso di impugnazione della decisione in sede giurisdizionale, allo straniero, durante lo svolgimento del relativo giudizio, sono assicurate le stesse garanzie di cui al presente articolo.

Art. 11. Obblighi del richiedente asilo

1. Il richiedente ha l’obbligo di cooperare con le autorità preposte alle singole fasi della procedura, al fine di fornire tutti i documenti e le informazioni di cui può disporre, utili ad agevolare l’esame della domanda.
2. Il richiedente è tenuto ad informare l’autorità competente in ordine ad ogni suo mutamento di residenza o domicilio.
3. In caso di mancata osservanza dell’obbligo di cui al comma 2, eventuali comunicazioni concernenti il procedimento si intendono validamente effettuate presso l’ultimo domicilio del richiedente.
4. In tutte le fasi della procedura, il richiedente è tenuto ad agevolare il compimento degli accertamenti previsti dalla legislazione in materia di pubblica sicurezza.

Art. 12. Colloquio personale

1. La Commissione nazionale e le Commissioni territoriali dispongono l’audizione dell’interessato tramite comunicazione effettuata dalla questura territorialmente competente. La Commissione, su richiesta motivata dell’interessato, può decidere di svolgere il colloquio alla presenza di uno solo dei propri componenti e, ove possibile, dello stesso sesso del richiedente.
2. La Commissione territoriale può omettere l’audizione del richiedente quando ritiene di avere sufficienti motivi per accogliere la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato in relazione agli elementi forniti dal richiedente ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, ed in tutti i casi in cui risulti certificata dalla struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale l’incapacità o l’impossibilità di sostenere un colloquio personale.
3. Il colloquio può essere rinviato qualora le condizioni di salute del cittadino straniero, certificate ai sensi del comma 2, non lo rendano possibile, ovvero qualora l’interessato richieda ed ottenga il rinvio per gravi motivi.
4. Se il cittadino straniero benché regolarmente convocato non si presenta al colloquio senza aver chiesto il rinvio, l’autorità decidente decide sulla base della documentazione disponibile.
5. Nel caso la convocazione non sia stata portata a conoscenza del richiedente asilo non ospitato nelle strutture di accoglienza o di trattenimento e non sia già stata emessa nei suoi confronti decisione di accoglimento della relativa istanza, la Commissione territoriale competente o la Commissione nazionale dispone, per una sola volta ed entro dieci giorni dalla cessazione della causa che non ha consentito lo svolgimento del colloquio, una nuova convocazione dell’interessato, secondo le modalità di cui al comma 1, al fine della riattivazione della procedura.

Art. 13. Criteri applicabili al colloquio personale

1. Il colloquio personale si svolge in seduta non pubblica, senza la presenza dei familiari, a meno che l’autorità decidente non ritenga che un esame adeguato comporti anche la presenza di altri familiari.
2. In presenza di un cittadino straniero portatore delle particolari esigenze di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140, al colloquio può essere ammesso personale di sostegno per prestare la necessaria assistenza.
3. Il colloquio del minore avviene alla presenza del genitore che esercita la potestà o del tutore. In caso di minori non accompagnati, il colloquio si svolge alla presenza del tutore di cui all’articolo 26, comma 5.
4. Se il cittadino straniero è assistito da un avvocato ai sensi dell’articolo 16, questi è ammesso ad assistere al colloquio.

Art. 14. Verbale del colloquio personale

1. Dell’audizione è redatto verbale che è sottoscritto dall’interessato e contiene le informazioni di cui all’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251. Al cittadino straniero è rilasciata copia del verbale. La Commissione territoriale adotta le idonee misure per garantire la riservatezza dei dati che riguardano l’identità e le dichiarazioni dei richiedenti la protezione internazionale.
2. Il rifiuto di sottoscrivere il contenuto del verbale e le motivazioni di tale rifiuto sono registrati nel verbale stesso e non ostano a che l’autorità decidente adotti una decisione.

Art. 15. Formazione delle commissioni territoriali e del personale

1. La Commissione nazionale cura la formazione ed il periodico aggiornamento dei propri componenti e di quelli delle Commissioni territoriali, anche al fine di garantire che abbiano la competenza necessaria perché il colloquio si svolga con la dovuta attenzione al contesto personale o generale in cui nasce la domanda, compresa l’origine culturale o la vulnerabilità del richiedente. La Commissione nazionale cura altresì la formazione degli interpreti di cui si avvalgono le Commissioni, per assicurare una comunicazione adeguata in sede di colloquio e la formazione del personale di supporto delle Commissioni.

Art. 16. Diritto all’assistenza e alla rappresentanza legali

1. Il cittadino straniero può farsi assistere, a proprie spese, da un avvocato.
2. Nel caso di impugnazione delle decisioni in sede giurisdizionale, il cittadino straniero è assistito da un avvocato ed è ammesso al gratuito patrocinio ove ricorrano le condizioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. In ogni caso per l’attestazione dei redditi prodotti all’estero si applica l’articolo 94 del medesimo decreto.

Art. 17. Ambito di applicazione dell’assistenza e della rappresentanza legali

1. Al cittadino straniero o al suo legale rappresentante, nonché all’avvocato che eventualmente lo assiste, è garantito l’accesso a tutte le informazioni relative alla procedura che potrebbero formare oggetto di giudizio in sede di ricorso avverso la decisione della Commissione territoriale o della Commissione nazionale, con le modalità di cui all’articolo 18.

Art. 18. Applicazione della legge 7 agosto 1990, n. 241

1. Ai procedimenti per l’esame delle domande di protezione internazionale si applicano le disposizioni in materia di procedimento amministrativo e di accesso agli atti amministrativi, di cui ai capi I, ad esclusione dell’articolo 2, comma 2, II, IV-bis e V, nonché agli articoli 7, 8 e 10 del capo III della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Art. 19. Garanzie per i minori non accompagnati

1. Al minore non accompagnato che ha espresso la volontà di chiedere la protezione internazionale è fornita la necessaria assistenza per la presentazione della domanda. Allo stesso è garantita l’assistenza del tutore in ogni fase della procedura per l’esame della domanda, secondo quanto previsto dall’articolo 26, comma 5.
2. Se sussistono dubbi in ordine all’età, il minore non accompagnato può, in ogni fase della procedura, essere sottoposto, previo consenso del minore stesso o del suo rappresentante legale, ad accertamenti medico-sanitari non invasivi al fine di accertarne l’età. Se gli accertamenti effettuati non consentono l’esatta determinazione dell’età si applicano le disposizioni del presente articolo.
3. Il minore deve essere informato della possibilità che la sua età può essere determinata attraverso visita medica, sul tipo di visita e sulle conseguenze della visita ai fini dell’esame della domanda. Il rifiuto, da parte del minore, di sottoporsi alla visita medica, non costituisce motivo di impedimento all’accoglimento della domanda, né all’adozione della decisione.
4. Il minore partecipa al colloquio personale secondo quanto previsto dall’articolo 13, comma 3, ed allo stesso è garantita adeguata informazione sul significato e le eventuali conseguenze del colloquio personale.

Art. 20. Casi di accoglienza

1. Il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda.
2. Il richiedente è ospitato in un centro di accoglienza richiedenti asilo nei seguenti casi:
a) quando è necessario verificare o determinare la sua nazionalità o identità, ove lo stesso non sia in possesso dei documenti di viaggio o di identità, ovvero al suo arrivo nel territorio dello Stato abbia presentato documenti risultati falsi o contraffatti;
b) quando ha presentato la domanda dopo essere stato fermato per aver eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera o subito dopo;
c) quando ha presentato la domanda dopo essere stato fermato in condizioni di soggiorno irregolare;
d) quando ha presentato la domanda essendo già destinatario di un provvedimento di espulsione adottato ai sensi dall’articolo 13, comma 2, lettere a) e b), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ovvero di un provvedimento di respingimento ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, anche se già trattenuto in uno dei centri di cui all’articolo 14 del medesimo decreto legislativo.
3. Nel caso di cui al comma 2, lettera a), il richiedente è ospitato nel centro per il tempo strettamente necessario agli adempimenti ivi previsti e, in ogni caso, per un periodo non superiore a venti giorni. Negli altri casi il richiedente è ospitato nel centro per il tempo strettamente necessario all’esame della domanda innanzi alla commissione territoriale e, in ogni caso, per un periodo non superiore a trentacinque giorni. Allo scadere del periodo di accoglienza al richiedente è rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo valido tre mesi, rinnovabile fino alla decisione della domanda.
4. La residenza nel centro non incide sull’esercizio delle garanzie inerenti alla sua domanda, né sulla sfera della sua vita privata, fatto salvo il rispetto delle regole di convivenza previste nel regolamento di cui al comma 5, che garantiscono comunque la facoltà di uscire dal centro nelle ore diurne. Il richiedente può chiedere al prefetto un permesso temporaneo di allontanamento dal centro per un periodo di tempo diverso o superiore a quello di uscita, per rilevanti motivi personali o per motivi attinenti all’esame della domanda, fatta salva la compatibilità con i tempi della procedura per l’esame della domanda. Il provvedimento di diniego sulla richiesta di autorizzazione all’allontanamento è motivato e comunicato all’interessato ai sensi dell’articolo 10, comma 4.
5. Con il regolamento di cui all’articolo 38 sono fissate, le caratteristiche e le modalità di gestione, anche in collaborazione con l’ente locale, dei centri di accoglienza richiedenti asilo, che devono garantire al richiedente una ospitalità che garantisca la dignità della persona e l’unità del nucleo familiare. Il regolamento tiene conto degli atti adottati dall’ACNUR, dal Consiglio d’Europa e dall’Unione europea. L’accesso alle strutture è comunque consentito ai rappresentanti dell’ACNUR, agli avvocati ed agli organismi ed enti di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore, autorizzati dal Ministero dell’interno.

Art. 21. Casi di trattenimento

1. È disposto il trattenimento, nei centri di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, del richiedente:
a) che si trova nelle condizioni previste dall’articolo 1, paragrafo F, della Convenzione di Ginevra;
b) che è stato condannato in Italia per uno dei delitti indicati dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, ovvero per reati inerenti agli stupefacenti, alla libertà sessuale, al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati, o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite;
c) che è destinatario di un provvedimento di espulsione, salvo i casi previsti dall’articolo 20, comma 2, lettera d).
2. Il provvedimento di trattenimento è adottato dal questore con le modalità di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Quando è già in corso il trattenimento, il questore chiede al tribunale in composizione monocratica la proroga del periodo di trattenimento per ulteriori trenta giorni per consentire l’espletamento della procedura di cui all’articolo 28.
3. L’accesso ai centri di permanenza temporanea e assistenza è comunque garantito ai rappresentanti dell’ACNUR, agli avvocati ed agli organismi di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore autorizzati dal Ministero dell’interno.

Art. 22. Residenza nei casi di accoglienza e di trattenimento

1. L’accoglienza dei richiedenti di cui all’articolo 20, comma 2, è subordinata all’effettiva permanenza nella struttura, salvo il trasferimento in altro centro che può essere disposto, per motivate ragioni, dalla prefettura-ufficio territoriale del Governo in cui ha sede la struttura che ospita il richiedente. L’indirizzo dei centri di cui agli articoli 20 e 21 è comunicato dal questore alla Commissione territoriale e costituisce il luogo di residenza valevole agli effetti della notifica e delle comunicazioni degli atti relativi al procedimento di esame della domanda di protezione internazionale. Al termine del periodo di accoglienza nei centri di cui all’articolo 20 o del periodo di trattenimento di cui all’articolo 21, è fatto obbligo al richiedente di comunicare alla questura e alla competente Commissione territoriale il luogo di domicilio ai sensi e per gli effetti dell’articolo 11.
2. L’allontanamento del richiedente dal centro senza giustificato motivo fa cessare le condizioni di accoglienza e la Commissione territoriale decide la domanda sulla base della documentazione in suo possesso.

Art. 23. Ritiro della domanda

1. Nel caso in cui il richiedente decida di ritirare la domanda prima dell’audizione presso la competente Commissione territoriale, il ritiro è formalizzato per iscritto e comunicato alla Commissione territoriale che dichiara l’estinzione del procedimento.

Art. 24. Ruolo dell’ACNUR

1. Oltre a quanto previsto dagli articoli 4, comma 3, 5, comma 2, 8, comma 3, 10, comma 3, i rappresentanti dell’ACNUR sono in ogni caso ammessi nelle strutture di cui all’articolo 20 secondo le modalità previste dal regolamento di cui all’articolo 38.
2. L’ACNUR svolge in relazione ai propri compiti istituzionali attività di consulenza e di supporto a favore del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno e delle Commissioni territoriali e nazionale, su richiesta del Ministero dell’interno.

Art. 25. Raccolta di informazioni su singoli casi

1. Ai fini dello svolgimento della procedura in nessun caso possono essere acquisite informazioni dai presunti responsabili della persecuzione ai danni del richiedente.
2. Le Commissioni territoriali e la Commissione nazionale in nessun caso forniscono informazioni circa la domanda di protezione internazionale presentata dal richiedente ovvero altre informazioni che possano nuocere all’incolumità del richiedente e delle persone a suo carico, ovvero alla libertà e alla sicurezza dei suoi familiari che ancora risiedono nel Paese di origine.

Capo III - Procedure di primo grado

Art. 26. Istruttoria della domanda di protezione internazionale

1. La domanda di asilo è presentata all’ufficio di polizia di frontiera ovvero alla questura competente per il luogo di dimora. Nel caso di presentazione della domanda all’ufficio di frontiera è disposto l’invio del richiedente presso la questura competente per territorio, per l’adozione dei provvedimenti di cui al comma 2. Nei casi in cui il richiedente è una donna, alle operazioni partecipa personale femminile.
2. La questura, ricevuta la domanda di protezione internazionale, redige il verbale delle dichiarazioni del richiedente su appositi modelli predisposti dalla Commissione nazionale, a cui è allegata la documentazione prevista dall’articolo 3 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251. Il verbale è approvato e sottoscritto dal richiedente cui ne è rilasciata copia, unitamente alla copia della documentazione allegata.
3. Salvo quanto previsto dall’articolo 28, comma 3, nei casi soggetti alla procedura di cui al regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, la questura avvia le procedure per la determinazione dello Stato competente per l’esame della domanda, secondo quanto previsto dall’articolo 3, comma 3.
4. Il questore, qualora ricarrono le ipotesi di cui agli articoli 20 e 21 dispone l’invio del richiedente nelle strutture ivi previste e rilascia al richiedente un attestato nominativo che certifica la sua qualità di richiedente protezione internazionale presente nel centro di accoglienza o di permanenza temporanea e assistenza. Negli altri casi rilascia un permesso di soggiorno valido per tre mesi, rinnovabile fino alla definizione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria da parte della Commissione territoriale.
5. Quando la domanda è presentata da un minore non accompagnato, l’autorità che la riceve sospende il procedimento, dà immediata comunicazione al tribunale dei minorenni e al giudice tutelare per l’apertura della tutela e per la nomina del tutore a norma degli articoli 343, e seguenti, del codice civile, ed informa il Comitato per i minori stranieri presso il Ministero della solidarietà sociale. Il giudice tutelare nelle quarantotto ore successive alla comunicazione del questore provvede alla nomina del tutore. Il tutore prende immediato contatto con la questura per la conferma della domanda, ai fini dell’ulteriore corso del procedimento e l’adozione dei provvedimenti relativi all’accoglienza del minore.
6. L’autorità che riceve la domanda ai sensi del comma 5 informa immediatamente il Servizio centrale del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati di cui all’articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, per l’inserimento del minore in una delle strutture operanti nell’ambito del Sistema di protezione stesso e ne dà comunicazione al tribunale dei minori ed al giudice tutelare. Nel caso in cui non sia possibile l’immediato inserimento del minore in una di tali strutture, l’assistenza e l’accoglienza del minore sono temporaneamente assicurate dalla pubblica autorità del comune dove si trova il minore. I minori non accompagnati in nessun caso possono essere trattenuti presso le strutture di cui agli articoli 20 e 21.

Art. 27. Procedure di esame

1. L’esame della domanda di protezione internazionale è svolto dalle Commissioni territoriali secondo i principi fondamentali e le garanzie di cui al capo II.
2. La Commissione territoriale provvede al colloquio con il richiedente entro trenta giorni dal ricevimento della domanda e decide entro i tre giorni feriali successivi.
3. Qualora la Commissione territoriale, per la sopravvenuta esigenza di acquisire nuovi elementi, non abbia potuto adottare la decisione entro i termini di cui al comma 2, informa del ritardo il richiedente e la questura competente.

Art. 28. Esame prioritario

1. La Commissione territoriale esamina in via prioritaria la domanda, conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, quando:
a) la domanda è palesemente fondata;
b) la domanda è presentata da un richiedente appartenente alle categorie di persone vulnerabili indicate dall’articolo 8 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140;
c) la domanda è presentata da un richiedente per il quale sono stati disposti l’accoglienza o il trattenimento ai sensi degli articoli 20 e 21, fatto salvo il caso in cui l’accoglienza sia disposta per verificare o accertare l’identità del richiedente.
2. Nei casi previsti dall’articolo 21, appena ricevuta la domanda il questore, competente in base al luogo in cui è stata presentata, dispone il trattenimento del richiedente ai sensi dell’articolo 21, comma 2, e contestualmente provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla Commissione territoriale che, entro sette giorni dalla data di ricezione della documentazione, provvede all’audizione. La decisione è adottata entro i successivi due giorni.
3. Lo Stato italiano può dichiararsi competente all’esame delle domande di cui al comma 1, lettera c), ai sensi del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003.

Art. 29. Casi di inammissibilità della domanda

1. La Commissione territoriale dichiara inammissibile la domanda e non procede all’esame, nei seguenti casi:
a) il richiedente è stato riconosciuto rifugiato da uno Stato firmatario della Convenzione di Ginevra e possa ancora avvalersi di tale protezione;
b) il richiedente ha reiterato identica domanda dopo che sia stata presa una decisione da parte della Commissione stessa senza addurre nuovi elementi in merito alle sue condizioni personali o alla situazione del suo Paese di origine.

Art. 30. Casi soggetti alla procedura di cui al regolamento (CE) n. 343/2003

1. Nei casi soggetti alla procedura di cui al regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, la Commissione territoriale sospende l’esame della domanda. Qualora sia stata determinata la competenza territoriale di altro Stato, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, la Commissione dichiara l’estinzione del procedimento.

Art. 31. Acquisizione di ulteriori dichiarazioni o di nuovi elementi

1. Il richiedente può inviare alla Commissione territoriale memorie e documentazione in ogni fase del procedimento. Nel caso in cui il richiedente reitera la domanda prima della decisione della Commissione territoriale, gli elementi che sono alla base della nuova domanda sono esaminati nell’ambito della precedente domanda.

Art. 32. Decisione

1. Fatto salvo quanto previsto dagli articoli 23, 29 e 30 la Commissione territoriale adotta una delle seguenti decisioni:
a) riconosce lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria, secondo quanto previsto dagli articoli 11 e 17 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251;
b) rigetta la domanda qualora non sussistano i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale fissati dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, o ricorra una delle cause di cessazione o esclusione dalla protezione internazionale previste dal medesimo decreto legislativo, ovvero il richiedente provenga da un Paese di origine sicuro e non abbia addotto i gravi motivi di cui al comma 2.
2. Nel caso in cui il richiedente provenga da un Paese di origine sicuro ed abbia addotto gravi motivi per non ritenere sicuro quel Paese nelle circostanze specifiche in cui egli si trova, la Commissione non può pronunciarsi sulla domanda senza previo esame, svolto in conformità ai principi ed alle garanzie fondamentali di cui al capo secondo. Tra i gravi motivi possono essere comprese gravi discriminazioni e repressioni di comportamenti non costituenti reato per l’ordinamento italiano, riferiti al richiedente e che risultano oggettivamente perseguibili nel Paese di origine sicuro.
3. Nei casi in cui non accolga la domanda di protezione internazionale e ritenga che possano sussistere gravi motivi di carattere umanitario, la Commissione territoriale trasmette gli atti al questore per l’eventuale rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’articolo 5, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
4. La decisione di cui al comma 1, lettera b), ed il verificarsi delle ipotesi previste dagli articoli 23 e 29 comportano alla scadenza del termine per l’impugnazione l’obbligo per il richiedente di lasciare il territorio nazionale, salvo che gli sia stato rilasciato un permesso di soggiorno ad altro titolo. A tale fine si provvede ai sensi dell’articolo 13, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nei confronti dei soggetti accolti o trattenuti ai sensi degli articoli 20 e 21 e ai sensi dell’articolo 13, comma 5, del medesimo decreto legislativo nei confronti dei soggetti ai quali era stato rilasciato il permesso di soggiorno per richiesta asilo.

Capo IV - Revoca, cessazione e rinuncia della protezione internazionale

Art. 33. Revoca e cessazione della protezione internazionale riconosciuta

1. Nel procedimento di revoca o di cessazione dello status di protezione internazionale, l’interessato deve godere delle seguenti garanzie:
a) essere informato per iscritto che la Commissione nazionale procede al nuovo esame del suo diritto al riconoscimento della protezione internazionale e dei motivi dell’esame;
b) avere la possibilità di esporre in un colloquio personale a norma degli articoli 10, 11 e 12 o in una dichiarazione scritta, i motivi per cui il suo status non dovrebbe essere revocato o cessato.
2. La Commissione nazionale, nell’ambito di tale procedura, applica in quanto compatibili i principi fondamentali e le garanzie di cui al capo II.
3. Nel caso di decisione di revoca o cessazione degli status di protezione internazionale si applicano le disposizioni di cui all’articolo 32, comma 3.

Art. 34. Rinuncia agli status riconosciuti

1. La rinuncia espressa allo status di rifugiato o di soggetto ammesso alla protezione sussidiaria determina la decadenza dal medesimo status.

Capo V - Procedure di impugnazione

Art. 35. Impugnazione

1. Avverso la decisione della Commissione territoriale è ammesso ricorso dinanzi al tribunale che ha sede nel capoluogo di distretto di corte d’appello in cui ha sede la Commissione territoriale che ha pronunciato il provvedimento. Il ricorso è ammesso anche nel caso in cui l’interessato abbia richiesto il riconoscimento dello status di rifugiato e la Commissione territoriale lo abbia ammesso esclusivamente alla protezione sussidiaria. Il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, nei trenta giorni successivi alla comunicazione del provvedimento; allo stesso è allegata copia del provvedimento impugnato. Nei soli casi di trattenimento disposto ai sensi dell’articolo 21, il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, nei quindici giorni successivi alla comunicazione del provvedimento dinanzi al tribunale che ha sede nel capoluogo di distretto di corte d’appello in cui ha sede il centro.
2. Avverso la decisione della Commissione nazionale sulla revoca o sulla cessazione dello status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria, è ammesso ricorso dinanzi al tribunale competente in relazione alla Commissione territoriale che ha emesso il provvedimento che ha riconosciuto lo status di cui è stata dichiarata la revoca o la cessazione.
3. Tutte le comunicazioni e notificazioni si eseguono presso l’avvocato del ricorrente mediante avviso di deposto in cancelleria.
4. Il procedimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione monocratica con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio.
5. Entro cinque giorni dal deposito del ricorso, il tribunale, con decreto apposto in calce allo stesso, fissa l’udienza in camera di consiglio. Il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza sono notificati all’interessato e comunicati al pubblico ministero e alla Commissione nazionale ovvero alla competente Commissione territoriale.
6. La proposizione del ricorso avverso il provvedimento che rigetta la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria ai sensi dei commi 1 e 2 sospende l’efficacia del provvedimento impugnato.
7. La proposizione del ricorso avverso il provvedimento che dichiara inammissibile la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria ovvero avverso la decisione adottata dalla Commissione territoriale ai sensi dell’articolo 22, comma 2, non sospende l’efficacia del provvedimento impugnato. Il ricorrente può tuttavia chiedere al tribunale, contestualmente al deposito del ricorso, la sospensione del provvedimento quando ricorrano gravi e fondati motivi. In tale caso il tribunale, nei cinque giorni successivi al deposito, decide con ordinanza non impugnabile, anche apposta in calce al decreto di fissazione dell’udienza. Nel caso di sospensione del provvedimento impugnato al richiedente è rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta di asilo ed è disposta l’accoglienza nei centri di cui all’articolo 20.
8. La procedura di cui al comma 7 si applica, in ogni caso, al ricorso presentato dal richiedente di cui agli articoli 20, comma 2, lettera d), e 21. Il richiedente ospitato nei centri di accoglienza ai sensi dell’articolo 20, comma 2, lettera d), o trattenuto ai sensi dell’articolo 21 permane nel centro in cui si trova fino alla adozione dell’ordinanza di cui al comma 7.
9. All’udienza può intervenire un rappresentante designato dalla Commissione nazionale o territoriale che ha adottato l’atto impugnato. La Commissione interessata può in ogni caso depositare alla prima udienza utile tutti gli atti e la documentazione che ritiene necessari ai fini dell’istruttoria.
10. Il tribunale, sentite le parti e assunti tutti i mezzi di prova necessari, decide con sentenza entro tre mesi dalla presentazione del ricorso, con cui rigetta il ricorso ovvero riconosce al ricorrente lo status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria; la sentenza viene notificata al ricorrente e comunicata al pubblico ministero e alla Commissione interessata.
11. Avverso la sentenza pronunciata ai sensi del comma 10 il ricorrente ed il pubblico ministero possono proporre reclamo alla corte d’appello, con ricorso da depositarsi nella cancelleria della corte d’appello, a pena di decadenza, entro dieci giorni dalla notificazione o comunicazione della sentenza.
12. Il reclamo non sospende gli effetti della sentenza impugnata; tuttavia la corte d’appello, su istanza del ricorrente, può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa quando ricorrano gravi e fondati motivi.
13. Nel procedimento dinanzi alla corte d’appello, che si svolge in camera di consiglio, si applicano i commi 5, 9 e 10.
14. Avverso la sentenza pronunciata dalla corte d’appello può essere proposto ricorso per cassazione. Il ricorso deve essere proposto, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza. Esso viene notificato ai soggetti di cui al comma 6, assieme al decreto di fissazione dell’udienza in camera di consiglio, a cura della cancelleria. La Corte di cassazione si pronuncia in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 375 c.p.c.

Art. 36. Accoglienza del ricorrente

1. Al richiedente asilo che ha proposto il ricorso ai sensi dell’articolo 35, si applica l’articolo 11 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140.
2. Il richiedente di cui al comma 1 ospitato nei centri di cui all’articolo 20 rimane in accoglienza nelle medesime strutture con le modalità stabilite dal decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140.
3. Il richiedente trattenuto nei centri di cui all’articolo 21 che ha ottenuto la sospensione del provvedimento impugnato, ai sensi dell’articolo 35, comma 8, ha accoglienza nei centri di cui all’articolo 20 con le modalità stabilite dal decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140.

Capo VI - Disposizioni finali e transitorie

Art. 37. Riservatezza

1. Tutti i soggetti coinvolti nei procedimenti disciplinati nel presente decreto sono soggetti all’obbligo di riservatezza relativamente a tutte le informazioni ottenute nel corso del procedimento.

Art. 38. Regolamenti di attuazione

1. Con uno o più regolamenti da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono stabilite le modalità di attuazione del presente decreto.
2. Fino alla data di entrata in vigore dei regolamenti di cui al comma 1, continuano a trovare applicazione in quanto compatibili le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303, ed i riferimenti ivi contenuti alla domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato, si intendono sostituiti con domanda di protezione internazionale come definita dal presente decreto.

Art. 39. Disposizioni finanziarie

1. Per le finalità di cui all’articolo 4, comma 2, è autorizzata la spesa di euro 239.000 per l’anno 2008.
2. Per le finalità di cui all’articolo 4, comma 3, è autorizzata la spesa di euro 832.000 a decorrere dall’anno 2008.
3. L’onere derivante dall’attuazione dell’articolo 16, comma 2, è valutato in 3.200.000 euro annui a decorrere dall’anno 2008.
4. Per le esigenze di adeguamento dei centri, derivanti dall’articolo 20, comma 5, è autorizzata la spesa di euro 8.000.000 per l’anno 2008.
5. L’onere derivante dall’attività di accoglienza di cui agli articoli 20, commi 2, 3 e 4, 35 e 36 è valutato in euro 12.218.250 a decorrere dall’anno 2008 e la dotazione del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo di cui all’articolo 1-septies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, è aumentata di 6.600.000 euro annui, a decorrere dall’anno 2008, per i servizi di accoglienza gestiti dagli enti locali.
6. Per le finalità di cui all’articolo 24, comma 2, è autorizzata la spesa di euro 500.000 a decorrere dall’anno 2008.
7. All’onere derivante dai commi 1, 2, 4 e 6, pari complessivamente a euro 9.571.000 per l’anno 2008 e a euro 1.332.000 a decorrere dall’anno 2009, nonché a quello derivante dai commi 3 e 5, valutato complessivamente in 22.018.250 euro a decorrere dall’anno 2008, si provvede a valere sulla disponibilità del Fondo di rotazione di cui all’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
8. Il Ministero dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri derivanti dai commi 3 e 5, ai fini dell’adozione dei provvedimenti correttivi di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, comma 2, n. 2), della legge 5 agosto del 1978, n. 468, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al presente comma, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.

Art. 40. Abrogazioni

1. Sono abrogate le seguenti disposizioni:
a) articoli 1, commi 4, 5 e 6, 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39;
b) il decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303, a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui all’articolo 38.






Decreto Legislativo 28 febbraio 2008 n. 32
Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, recante attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri
(Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - N. 52 del 1° marzo 2008)

Art. 1. Modifiche al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30

1. Al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all’articolo 5 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «5-bis. In ragione della prevista durata del suo soggiorno, il cittadino dell’Unione o il suo familiare può presentarsi ad un ufficio di polizia per dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’interno da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Qualora non sia stata effettuata tale dichiarazione di presenza, si presume, salvo prova contraria, che il soggiorno si sia protratto da oltre tre mesi»;
b) all’articolo 18, comma 2, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «che costituisce causa di cancellazione anagrafica»;
c) l’articolo 20 è sostituito dal seguente:
«Art. 20 - Limitazioni al diritto di ingresso e di soggiorno
1. Salvo quanto previsto dall’articolo 21, il diritto di ingresso e soggiorno dei cittadini dell’Unione o dei loro familiari, qualsiasi sia la loro cittadinanza, può essere limitato con apposito provvedimento solo per: motivi di sicurezza dello Stato; motivi imperativi di pubblica sicurezza; altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.
2. I motivi di sicurezza dello Stato sussistono anche quando la persona da allontanare appartiene ad una delle categorie di cui all’articolo 18 della legge 22 maggio 1975, n. 152, ovvero vi sono fondati motivi di ritenere che la sua permanenza nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali.
3. I motivi imperativi di pubblica sicurezza sussistono quando la persona da allontanare abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona ovvero all’incolumità pubblica, rendendo urgente l’allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza. Ai fini dell’adozione del provvedimento, si tiene conto anche di eventuali condanne, pronunciate da un giudice italiano o straniero, per uno o più delitti non colposi, consumati o tentati, contro la vita o l’incolumità della persona, o per uno o più delitti corrispondenti alle fattispecie indicate nell’articolo 8 della legge 22 aprile 2005, n. 69, di eventuali ipotesi di applicazione della pena su richiesta a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per i medesimi delitti, ovvero dell’appartenenza a taluna delle categorie di cui all’articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o di cui all’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, nonché di misure di prevenzione o di provvedimenti di allontanamento disposti da autorità straniere.
4. I provvedimenti di allontanamento sono adottati nel rispetto del principio di proporzionalità e non possono essere motivati da ragioni di ordine economico, né da ragioni estranee ai comportamenti individuali dell’interessato che rappresentino una minaccia concreta e attuale all’ordine pubblico o alla pubblica sicurezza. L’esistenza di condanne penali non giustifica di per sé l’adozione di tali provvedimenti.
5. Nell’adottare un provvedimento di allontanamento, si tiene conto della durata del soggiorno in Italia dell’interessato, della sua età, della sua situazione familiare e economica, del suo stato di salute, della sua integrazione sociale e culturale nel territorio nazionale e dell’importanza dei suoi legami con il Paese di origine.
6. I titolari del diritto di soggiorno permanente di cui all’articolo 14 possono essere allontanati dal territorio nazionale solo per motivi di sicurezza dello Stato, per motivi imperativi di pubblica sicurezza o per altri gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.
7. I beneficiari del diritto di soggiorno che hanno soggiornato nel territorio nazionale nei precedenti dieci anni o che siano minorenni possono essere allontanati solo per motivi di sicurezza dello Stato o per motivi imperativi di pubblica sicurezza, salvo l’allontanamento sia necessario nell’interesse stesso del minore, secondo quanto previsto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata con legge 27 maggio 1991, n. 176.
8. Le malattie o le infermità che possono giustificare limitazioni alla libertà di circolazione nel territorio nazionale sono solo quelle con potenziale epidemico individuate dall’Organizzazione mondiale della sanità, nonché altre malattie infettive o parassitarie contagiose, sempreché siano oggetto di disposizioni di protezione che si applicano ai cittadini italiani. Le malattie che insorgono successivamente all’ingresso nel territorio nazionale non possono giustificare l’allontanamento.
9. Il Ministro dell’interno adotta i provvedimenti di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza dei soggetti di cui al comma 7, nonché i provvedimenti di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato. Negli altri casi, i provvedimenti di allontanamento sono adottati dal prefetto del luogo di residenza o dimora del destinatario.
10. I provvedimenti di allontanamento sono motivati, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato. Se il destinatario non comprende la lingua italiana, il provvedimento è accompagnato da una traduzione del suo contenuto, anche mediante appositi formulari, sufficientemente dettagliati, redatti in una lingua a lui comprensibile o, se ciò non è possibile per indisponibilità di personale idoneo alla traduzione del provvedimento in tale lingua, comunque in una delle lingue francese, inglese, spagnola o tedesca, secondo la preferenza indicata dall’interessato. Il provvedimento è notificato all’interessato e riporta le modalità di impugnazione e, salvo quanto previsto al comma 11, indica il termine stabilito per lasciare il territorio nazionale che non può essere inferiore ad un mese dalla data della notifica e, nei casi di comprovata urgenza, può essere ridotto a dieci giorni. Il provvedimento indica anche la durata del divieto di reingresso che non può essere superiore a dieci anni nei casi di allontanamento per i motivi di sicurezza dello Stato e a cinque anni negli altri casi.
11. Il provvedimento di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato e per motivi imperativi di pubblica sicurezza è immediatamente eseguito dal questore e si applicano le disposizioni di cui all’articolo 13, comma 5-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
12. Nei casi di cui al comma 10, se il destinatario del provvedimento di allontanamento si trattiene oltre il termine fissato, il questore dispone l’esecuzione immediata del provvedimento di allontanamento dell’interessato dal territorio nazionale. Si applicano, per la convalida del provvedimento del questore, le disposizioni del comma 11.
13. Il destinatario del provvedimento di allontanamento può presentare domanda di revoca del divieto di reingresso dopo che, dall’esecuzione del provvedimento, sia decorsa almeno la metà della durata del divieto, e in ogni caso decorsi tre anni. Nella domanda devono essere addotti gli argomenti intesi a dimostrare l’avvenuto oggettivo mutamento delle circostanze che hanno motivato la decisione di vietarne il reingresso nel territorio nazionale. Sulla domanda, entro sei mesi dalla sua presentazione, decide con atto motivato l’autorità che ha emanato il provvedimento di allontanamento. Durante l’esame della domanda l’interessato non ha diritto di ingresso nel territorio nazionale.
14. Il destinatario del provvedimento di allontanamento che rientra nel territorio nazionale in violazione del divieto di reingresso, è punito con la reclusione fino a due anni, nell’ipotesi di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato, ovvero fino ad un anno, nelle altre ipotesi. Il giudice può sostituire la pena della reclusione con la misura dell’allontanamento immediato con divieto di reingresso nel territorio nazionale, per un periodo da cinque a dieci anni. L’allontanamento è immediatamente eseguito dal questore, anche se la sentenza non è definitiva.
15. Si applica la pena detentiva della reclusione fino a tre anni in caso di reingresso nel territorio nazionale in violazione della misura dell’allontanamento disposta ai sensi del comma 14, secondo periodo.
16. Nei casi di cui ai commi 14 e 15 si procede con rito direttissimo. In caso di condanna, salvo che il giudice provveda ai sensi del comma 14, secondo periodo, è sempre adottato un nuovo provvedimento di allontanamento immediatamente esecutivo, al quale si applicano le norme del comma 11.
17. I provvedimenti di allontanamento di cui al presente articolo sono adottati tenendo conto anche delle segnalazioni motivate del sindaco del luogo di residenza o di dimora del destinatario del provvedimento»;
d) dopo l’articolo 20 sono inseriti i seguenti:
«Art. 20-bis - Procedimento penale pendente a carico del destinatario del provvedimento di allontanamento
1. Qualora il destinatario del provvedimento di allontanamento di cui all’articolo 20, commi 11 e 12, sia sottoposto a procedimento penale, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 13, commi 3, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
2. Il nulla osta di cui all’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, si intende concesso qualora l’autorità giudiziaria non provveda entro quarantotto ore dalla data di ricevimento della richiesta.
3. Non si dà luogo alla sentenza di cui all’articolo 13, comma 3-quater, del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, qualora si proceda per i reati di cui all’articolo 380 del codice di procedura penale.
4. Quando il procedimento penale pendente sia relativo ai reati di cui all’articolo 380 del codice di procedura penale, si può procedere all’allontanamento solo nell’ipotesi in cui il soggetto non sia sottoposto a misura cautelare detentiva per qualsiasi causa.
5. In deroga alle disposizioni sul divieto di reingresso, il destinatario del provvedimento di allontanamento, sottoposto ad un procedimento penale ovvero parte offesa nello stesso, può essere autorizzato a rientrare nel territorio dello Stato, dopo l’esecuzione del provvedimento, per il tempo strettamente necessario all’esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o di compiere atti per i quali è necessaria la sua presenza. Salvo che la presenza dell’interessato possa procurare gravi turbative o grave pericolo all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica, l’autorizzazione è rilasciata dal questore, anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare, su documentata richiesta del destinatario del provvedimento di allontanamento, o del suo difensore».
«Art. 20-ter - Autorità giudiziaria competente per la convalida dei provvedimenti del questore
Ai fini della convalida dei provvedimenti emessi dal questore ai sensi degli articoli 20 e 20-bis, è competente il tribunale ordinario in composizione monocratica»;
e) gli articoli 21 e 22 sono sostituiti dai seguenti:
«Art. 21 - Allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno
1. Il provvedimento di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell’Unione europea o dei loro familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, può altresì essere adottato quando vengono a mancare le condizioni che determinano il diritto di soggiorno dell’interessato ai sensi degli articoli 6, 7 e 13 e salvo quanto previsto dagli articoli 11 e 12.
2. Il provvedimento di cui al comma 1 è adottato dal prefetto, territorialmente competente secondo la residenza o dimora del destinatario, anche su segnalazione motivata del sindaco del luogo di residenza o dimora, con atto motivato e notificato all’interessato. Il provvedimento è adottato tenendo conto della durata del soggiorno dell’interessato, della sua età, della sua salute, della sua integrazione sociale e culturale e dei suoi legami con il Paese di origine. Il provvedimento riporta le modalità di impugnazione, nonché il termine per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore ad un mese. Se il destinatario non comprende la lingua italiana, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 20, comma 10.
3. Unitamente al provvedimento di allontanamento è consegnata all’interessato una attestazione di obbligo di adempimento dell’allontanamento, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’interno e del Ministro degli affari esteri, da presentare presso un consolato italiano. Il provvedimento di allontanamento di cui al comma 1 non può prevedere un divieto di reingresso sul territorio nazionale.
4. Qualora il cittadino dell’Unione o il suo familiare allontanato sia individuato sul territorio dello Stato oltre il termine fissato nel provvedimento di allontanamento, senza aver provveduto alla presentazione dell’attestazione di cui al comma 3, è punito con l’arresto da un mese a sei mesi e con l’ammenda da 200 a 2.000 euro».
«Art. 22 - Ricorsi avverso i provvedimenti di allontanamento
1. Avverso il provvedimento di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato di cui all’articolo 20, commi 1 e 2, e per motivi di ordine pubblico può essere presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma.
2. Avverso il provvedimento di allontanamento per motivi di pubblica sicurezza, per motivi imperativi di pubblica sicurezza e per i motivi di cui all’articolo 21 può essere presentato ricorso entro venti giorni dalla notifica, a pena di inammissibilità, al tribunale ordinario in composizione monocratica in cui ha sede l’autorità che lo ha adottato. La parte può stare in giudizio personalmente.
3. I ricorsi di cui ai commi 1 e 2, sottoscritti personalmente dall’interessato, possono essere presentati anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare italiana; in tale caso l’autenticazione della sottoscrizione e l’inoltro all’autorità giudiziaria italiana sono effettuati dai funzionari della rappresentanza. La procura speciale al patrocinante legale è rilasciata avanti all’autorità consolare, presso cui sono eseguite le comunicazioni relative al procedimento.
4. I ricorsi di cui ai commi 1 e 2 possono essere accompagnati da una istanza di sospensione dell’esecutorietà del provvedimento di allontanamento. Fino all’esito dell’istanza di cui al presente comma, l’efficacia del provvedimento impugnato resta sospesa, salvo che il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale ovvero sia fondato su motivi di sicurezza dello Stato o su motivi imperativi di pubblica sicurezza.
5. Sul ricorso di cui al comma 2, il tribunale decide a norma degli articoli 737, e seguenti, del codice di procedura civile. Qualora i tempi del procedimento dovessero superare il termine entro il quale l’interessato deve lasciare il territorio nazionale ed è stata presentata istanza di sospensione ai sensi del comma 4, il giudice decide con priorità sulla stessa prima della scadenza del termine fissato per l’allontanamento.
6. Al cittadino comunitario o al suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, cui è stata negata la sospensione del provvedimento di allontanamento sono consentiti, a domanda, l’ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale per partecipare al procedimento di ricorso, salvo che la sua presenza possa procurare gravi turbative o grave pericolo all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica. L’autorizzazione è rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare su documentata richiesta dell’interessato.
7. Nel caso in cui il ricorso è respinto, l’interessato presente sul territorio dello Stato deve lasciare immediatamente il territorio nazionale».

Art. 2. Disposizione finanziaria

1. All’onere derivante dalla traduzione del provvedimento di allontanamento ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera c), valutato in euro 370.000 per l’anno 2008, in euro 333.000 per l’anno 2009 ed euro 296.000 a decorrere dall’anno 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto ai fini del bilancio triennale 2008-2010 nell’Unità previsionale di base «Oneri comuni di parte corrente», istituita nell’ambito del programma «Fondi di riserva speciali» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’interno.
2. Il Ministro dell’interno provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 1, informando tempestivamente il Ministero dell’economia e delle finanze, anche ai fini dell’adozione dei provvedimenti correttivi di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge 5 agosto 1978, n. 468, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al primo periodo, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.

Art. 3. Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.




Decreto 4 giugno 2007
Istituzione del «Gruppo operativo mobile»
(Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - N. 50 del 28 febbraio 2008)

Il Ministro della Giustizia

Art. 1. Definizioni

1. Ai fini del presente decreto si intendono:
- per «dipartimento», il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria;
- per «capo del dipartimento», il capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria;
- per «G.O.M.», il Gruppo operativo mobile;
- per «direttore», il direttore del gruppo operativo mobile.

Art. 2. Compiti del G.O.M.

1. Il G.O.M., unità di livello dirigenziale non generale nell’ambito dell’ufficio del capo del dipartimento, è alle dirette dipendenze del capo del dipartimento che ne dispone l’impiego.
2. Il G.O.M. svolge i seguenti compiti:
a) cura le traduzioni ed i piantonamenti dei detenuti ed internati ad altissimo indice di pericolosità e con particolare posizione processuale che possono essere effettuate, per motivi di sicurezza e riservatezza, con modalità operative anche in deroga alle vigenti disposizioni amministrative in materia;
b) provvede, di regola, al servizio di custodia dei detenuti sottoposti al regime speciale previsto dall’art. 41-bis, comma 2, legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché dei detenuti che collaborano con la giustizia ritenuti dalla direzione generale dei detenuti e del trattamento di maggiore esposizione a rischio.
3. Il capo del dipartimento, inoltre, dispone l’utilizzazione di personale del G.O.M.:
a) nei casi previsti dall’art. 41-bis, comma 1, legge 26 luglio 1975, n. 354;
b) in ogni altro caso determinato dall’esigenza di fronteggiare gravi situazioni gestionali in ambito penitenziario.

Art. 3. Composizione del G.O.M.

1. Il personale del G.O.M. è nominato dal capo del dipartimento fra il personale appartenente ai ruoli del corpo di polizia penitenziaria e tra gli ufficiali del ruolo ad esaurimento del disciolto corpo degli agenti di custodia.
2. Per i soli compiti amministrativi è nominato personale appartenente al comparto ministeri, al quale non si applicano le disposizioni previste all’art. 5.

Art. 4. Direttore del G.O.M.

1. L’incarico di direttore è conferito dal capo del dipartimento ad un appartenente al ruolo dei dirigenti del corpo di polizia penitenziaria, per un tempo non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni, ed è rinnovabile per una sola volta.
2. Fino alla disponibilità di adeguate qualifiche del ruolo dirigenziale del personale del Corpo di polizia penitenziaria, alla direzione del G.O.M. è preposto un ufficiale generale del ruolo ad esaurimento del disciolto Corpo degli agenti di custodia, tenuto conto del percorso professionale, delle capacità professionali ed organizzative dimostrate e dei titoli acquisiti. Si applicano i termini indicati al comma 1.
3. Su delega del capo del dipartimento, il direttore dispone, anche con conseguenti provvedimenti amministrativi, l’impiego del personale posto alle sue dipendenze secondo la necessità richiesta dai servizi assegnati.

Art. 5. Contingente di personale

1. Con provvedimento del capo del dipartimento, su proposta del direttore, acquisito il parere della Direzione generale del personale e della formazione e sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del personale, è determinata nel massimo e nel minimo l’aliquota di personale del Corpo di polizia penitenziaria da destinare all’impiego nel G.O.M.
2. Il personale del Corpo di polizia penitenziaria accede al G.O.M. a domanda, a seguito del superamento di una selezione attitudinale e di un corso di formazione, organizzati dalla direzione generale del personale e della formazione.
3. La domanda di accesso e trasferimento al G.O.M. contiene la clausola espressa di accettazione della temporaneità dell’incarico e del successivo trasferimento alla sede di provenienza, salvo quanto previsto dal comma 5.
4. Il periodo di permanenza nel G.O.M. è pari a quattro anni, prorogabile una sola volta per un tempo non eccedente due anni.
5. Al completamento del periodo indicato al comma 4, il personale è trasferito a domanda alla sede di provenienza anche in sovrannumero, da riassorbirsi al verificarsi delle prime vacanze utili, ovvero ad altra sede secondo criteri individuati mediante accordi con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Il capo del dipartimento, su proposta del direttore, può disporre, secondo le procedure indicate agli articoli 8 e 9 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il trasferimento immediato nella sede di provenienza dell’appartenente al G.O.M. che abbia posto in essere comportamenti incompatibili con il servizio svolto.
6. Il servizio operativo espletato alle dipendenze del G.O.M. è computato secondo un criterio di maggiorazione progressiva del punteggio in funzione del tempo di permanenza, definito con provvedimento del capo del dipartimento, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

Art. 6. Requisiti per l’accesso al G.O.M.

1. La direzione generale del personale e della formazione provvede ad emanare apposito interpello per l’accesso al G.O.M., individuando il numero dei posti disponibili, prevedendo che il 10% degli stessi sia riservato agli agenti neoassunti, nel rispetto delle graduatorie finali dei corsi di formazione.
2. Gli agenti neoassunti ammessi frequentano un corso di formazione della durata di tre mesi, ai sensi dell’art. 8 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443.
3. Alla restante parte dei posti resi disponibili con l’interpello è assegnato personale appartenente ai ruoli della Polizia penitenziaria in possesso dei seguenti requisiti:
a) età non superiore a trentacinque anni per gli appartenenti al ruolo degli agenti e assistenti e non superiore a quaranta anni per gli appartenenti ai ruoli dei sovrintendenti e degli ispettori;
b) assenza di patologie anche se dipendenti da causa di servizio;
c) aver riportato nei rapporti informativi degli ultimi tre anni un giudizio non inferiore a «buono»;
d) completa disponibilità all’impiego nel G.O.M. in qualsiasi sede ove sia chiamato ad operare.
4. Il personale ammesso frequenta il corso di formazione previsto all’art. 5, comma 2, per la durata di tre mesi.

Art. 7. Reparti periferici

1. Il G.O.M. ha sede in Roma. Possono essere istituiti reparti periferici di collegamento del G.O.M. presso gli istituti ed i servizi dell’amministrazione penitenziaria per il tempo necessario per l’espletamento del servizio in tali luoghi. Il personale dei reparti periferici dipende dal direttore, nei limiti previsti dall’art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1999, n. 82.
2. Le responsabilità ed il coordinamento di tutte le attività dei reparti periferici possono essere affidate a personale del Corpo di polizia penitenziaria con qualifica non inferiore ad ispettore.
3. Il responsabile del reparto periferico ha l’obbligo di comunicare al Direttore e al direttore dell’istituto i fatti e gli elementi che riguardano i profili dell’ordine, della sicurezza e della disciplina del reparto.
4. Il direttore dell’istituto informa il responsabile del reparto periferico dei fatti e degli elementi che ritiene possano aver rilevanza per il mantenimento dell’ordine, della sicurezza e della disciplina del reparto.
5. Il responsabile del reparto periferico possiede autonomia operativa finalizzata all’espletamento dei compiti e delle responsabilità assegnatigli nell’ambito delle proprie competenze, ferma restando la subordinazione funzionale al comandante di reparto e, in ogni caso, al direttore dell’istituto in cui ha sede il reparto periferico.
6. Qualora sussistano eccezionali esigenze organizzative il capo del dipartimento, su proposta del direttore e sentito il direttore dell’istituto, può disporre che taluni servizi connessi all’operatività dell’incarico svolto dal G.O.M. siano affidati al personale dell’istituto presso cui è istituito il reparto periferico.
7. I reparti periferici sono istituiti e soppressi con provvedimento del capo del dipartimento.

Art. 8. Centri di servizio

1. Il G.O.M. dispone di centri di servizio ove vengono custoditi e mantenuti in perfetta efficienza gli automezzi ed il materiale in dotazione.

Art. 9. Servizio amministrativo-contabile

1. Il Direttore, sulla base della programmazione della spesa delineata dal direttore generale delle risorse materiali, dei beni e dei servizi, provvede alle spese di gestione, di esercizio ed alla manutenzione dei mezzi, compreso l’equipaggiamento, degli apparati strumentali, tecnici e logistici, alla gestione, alle spese di esercizio ed alla manutenzione degli apparati di telecomunicazione a distanza, alla manutenzione, ristrutturazione e adattamento degli immobili e degli impianti, nonché alle diverse spese per il personale alle dipendenze del gruppo e ad ogni altra necessità tecnico-operativa.
2. Il direttore generale per il bilancio e della contabilità, tenuto conto della rispondenza al piano di ripartizione delle risorse finanziarie, emette aperture di credito a favore del funzionario delegato del G.O.M. sui capitoli 1601, 1604, 1605, 1612, 1615, 1627, 1673, 1675, 1676, 1678, 1762, 7300, 7303, 7321, 7322, 7341 dello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia.

Art. 10. Relazione annuale del direttore del G.O.M.

1. Il direttore presenta annualmente al capo del dipartimento una relazione circa l’attività svolta, gli obiettivi perseguiti ed i risultati conseguiti.
2. Inoltre, il direttore trasmette periodicamente al capo del dipartimento resoconti informativi relativi alle attività gestionali ed operative del G.O.M.
3. I responsabili dei reparti periferici producono periodicamente analoghe relazioni al direttore.
Art. 11. Sicurezza e tutela del direttore del G.O.M.

1. Per ragioni di sicurezza e di tutela dell’incolumità personale, al direttore del G.O.M. è concesso un alloggio di servizio ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera b), decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 2006, n. 314.

Art. 12. Norme transitorie

1. Al fine di consentire la continuità gestionale ed operativa del G.O.M., per il personale che ivi presta servizio da almeno sei anni, i termini di permanenza sono prorogati di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
2. Il decreto ministeriale 19 febbraio 1999 è abrogato.


DECRETO 2 novembre 2007
Soppressione e riorganizzazione di enti/comandi dell’Aeronautica militare, ai sensi dell’articolo 3, comma 2 del decreto legislativo 28 novembre 1997, n. 464, così come sostituito dall’articolo 4, comma 1 del decreto legislativo 28 novembre 2005, n. 253
(Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - N. 31 del 6 febbraio 2008)

Il Ministro della Difesa

Art. 1.

Sono adottati i provvedimenti di soppressione e di riorganizzazione di cui in premessa, relativi ad enti o comandi dell’Aeronautica militare, indicati nelle tabelle 1 e 2, costituenti parte integrante del presente decreto, con le decorrenze indicate.






Decreto 22 gennaio 2008
Numero unico di emergenza europeo 112
(Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiali N. 59 del 10 marzo 2008)

Il Ministro delle Comunicazioni

Art. 1. Accesso al servizio 112 NUE

1. Dal centoventesimo giorno successivo all’entrata in vigore del presente decreto tutte le chiamate originate dalle reti telefoniche fisse e mobili verso i numeri di emergenza 112 e 113, devono essere consegnate ai punti di interconnessione con il formato di «Routing Number» di cui all’allegato 1 del presente decreto secondo le tempistiche di attivazione per Provincia previste in allegato 5. L’operatore al quale è affidata la raccolta delle chiamate verso i numeri di emergenza 112 e 113 è tenuto a garantire per un periodo di 24 mesi che le chiamate siano consegnate anche nel caso in cui pervengano ai punti di interconnessione secondo le modalità tecniche in uso prima dell’entrata in vigore del presente decreto.

Art. 2. Localizzazione del chiamante su rete fissa

1. Per tutte le chiamate verso i numeri di emergenza 112 e 113 originate da reti telefoniche fisse e per le quali viene richiesta dall’Autorità competente la prestazione di localizzazione del chiamante devono essere fornite le informazioni di cui all’allegato 2 del presente decreto secondo le procedure ivi descritte.

Art. 3. Localizzazione del chiamante su rete mobile

1. Per tutte le chiamate verso i numeri di emergenza 112 e 113 originate da reti telefoniche mobili e per le quali viene richiesta dall’Autorità competente la prestazione di localizzazione del chiamante devono essere fornite le informazioni di cui all’allegato 3 del presente decreto secondo le procedure ivi descritte.

Art. 4. Modalità e tempi di attuazione

1. Entro centoventi giorni dall’entrata in vigore del presente decreto sono attuate le disposizioni di cui all’art. 2, secondo la calendarizzazione riportata nell’allegato 5 al presente decreto e completata a cura dell’unità per il monitoraggio di cui al successivo art. 5.
2. Entro duecentosettanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto sono attuate le disposizioni di cui all’art. 3.
3. La fornitura delle informazioni di localizzazione è obbligatoria anche nel caso di chiamate originate da clienti che usufruiscono di servizi integrati fisso-mobile. Nel caso di chiamate originate da reti telefoniche fisse devono essere fornite le informazioni di cui all’allegato 2 del presente decreto secondo le procedure ivi descritte. Nel caso di chiamate originate da reti telefoniche mobili devono essere fornite le informazioni di cui all’allegato 3 del presente decreto secondo le procedure ivi descritte.
4. Per le procedure operative definite per la gestione dei dati di identificazione della linea e di localizzazione del chiamante nell’ambito delle attività di ricezione delle chiamate di emergenza da parte dei Centro Operativo 112/113, è garantito agli operatori di reti telefoniche fisse e mobili il rispetto delle previsioni del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196 - Codice in materia di protezione dei dati personali.
5. Le modalità operative e tecniche per lo scambio delle informazioni di localizzazione tra gli Operatori di telefonia fissa e mobile ed il CED Interforze - PSAP sono definite nell’allegato 4 del presente decreto.

Art. 5. Unità per il monitoraggio

1. Al fine di definire i tempi di diffusione del servizio 112 NUE sulle ulteriori province rispetto a quelle già indicate in allegato 5, coordinare e monitorare le attività per il completamento del progetto Numero unico per le emergenze (112 NUE) è istituita presso il Ministero delle comunicazioni un’unità di monitoraggio con il compito di coordinare le attività nei confronti degli Operatori fissi e mobili. Tale unità, coordinata dal Ministero delle comunicazioni, è costituita da rappresentanti del Ministero della difesa, del Ministero degli interni, del Coordinamento delle Forze di polizia e del CED Interforze.

Art. 6. Sanzioni

1. In caso di inosservanza alle disposizioni di cui al presente decreto si applicano le sanzioni di cui all’art. 98 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 - Codice delle comunicazioni elettroniche.

Art. 7. Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.




Decreto 6 marzo 2008
Individuazione, ai sensi dell’articolo 184, comma 5-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dei sistemi d’arma, dei mezzi, dei materiali e delle infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare e alla sicurezza nazionale
(Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - N. 67 del 19 marzo 2008)

Il Ministro della Difesa

Art. 1.

1. Ai fini dell’applicazione dell’art. 184, comma 5-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni, i sistemi d’arma, i mezzi, i materiali e le infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare e alla sicurezza nazionale sono così individuati:
a) tutti i materiali d’armamento di cui all’art. 2, della legge 9 luglio 1990, n. 185 e successive modificazioni, come individuati dal decreto del Ministro della difesa, di concerto con i Ministri degli affari esteri, dell’interno, dell’economia e delle finanze, e delle attività produttive, adottato ai sensi del comma 3 dello stesso art. 2;
b) le infrastrutture e le opere di cui all’art. 2, commi 9, 10, 11 e 13, del decreto del Presidente della Repubblica 19 aprile 2005, n. 170, le infrastrutture in uso all’Arma dei carabinieri per l’esercizio dei compiti concernenti l’ordine e la sicurezza pubblica e il contrasto alla criminalità, nonché quelle in uso al Corpo delle capitanerie di Porto per l’esercizio dei compiti d’istituto.